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domenica 31 ottobre 2010

Al Maximall di Pontecagnano: Reality in Gallery


MIEI SCRITTI

FONTE:WWW.LAPILLI.EU
DI MARIA SERRITIELLO


Quattro ragazzi, per diciassette giorni, sotto l’occhio delle telecamere, 24 ore su 24, vivono all’interno di Maximall, il centro commerciale di Pontecagnano (Sa). Il Reality Show, organizzato e somigliante in tutto e per tutto a quello più noto, il “Grande Fratello”, della tv commerciale, giunto, ormai, all’undicesima edizione, ha avuto inizio il 22 ottobre scorso, per terminare il 7 novembre prossimo. “Reality in Gallery al Maximall” può essere seguito 24 ore su 24 via internet, cliccando sul sito www.realityingallery.it. L’iniziativa, la prima in Italia organizzata all’interno degli spazi di un centro commerciale, è stata voluta fortemente dalla Direzione del Centro Maximall, unitamente alla collaborazione di tutti i negozi della galleria di Pontecagnano. Non sono mancati gli sponsor: Mobilificio Domus Arredo, Last minute and Go, Telecolore, Radio Bussola24, per sostenere l’impegno del centro commerciale.

Davide, Daniela, Vito e Katia vivono un sogno, restando chiusi all’interno di un negozio della galleria e sono visibili al pubblico attraverso le vetrine trasparenti. I quattro ragazzi, quasi tutti ventenni, provenienti da Eboli e Battipaglia, sono bene inseriti nella realtà in cui vivono, lavorano, studiano, si divertono come i loro coetanei.

I concorrenti hanno deciso di partecipare al Reality, dopo un’accurata selezione che li ha consacrati vincitori, un po’ per gioco e un po’ per potersi concedere, in caso di vittoria, il viaggio premio a Sharm El Sheik, posto in palio. Anche per i visitatori del sito, che possono seguire in diretta i 4 ragazzi e votarli, c’è un premio di consolazione, ossia concorreranno ad un’estrazione finale, un pacchetto “Boscolo Gift” per un weekend, con destinazione a scelta. Tutti contenti intorno a loro: madre, padre, fratelli e sorelle, amici e perfino i fidanzati/e, che tifano, votano e fanno votare attraverso due modalità: on site e on line.

Come trascorrono il tempo, 17 giorni non sono pochi a stare chiusi come pesci in una palla, Davide, Daniela Vito e Katia? Praticamente stravaccati sui divani che fanno parte dell’arredo del negozio, oppure a terra sulla morbida moquette, parlando, dibattendo, non si sa bene su cosa, approfondendo l’amicizia, nata all’interno della vetrina, fuori erano dei perfetti sconosciuti e giocando a carte, ci tengono a farlo sapere, costruite con le loro mani. I ragazzi, infatti, non hanno nient’altro a disposizione che carta e pennarelli colorati. Vivaddio, a volte, la necessità aguzza l’ingegno! Eppure vederli dietro ai vetri, privati volontariamente del sole e dell’aria, chiusi e sacrificati, fanno un certo effetto, una certa tenerezza, là, prigionieri ci sono rinchiusi pur sempre i nostri ragazzi, i nostri i giovani nutriti e cresciuti, da almeno dieci anni da Maria De Filippi con i suoi “Amici” e “Uomini e Donne”, seguiti a ruota e per non essere da meno da “X Factor e L’Isola dei Famosi” della tv pubblica.

Ragazzi emancipati Davide , Daniela, Vito e Katia, certo, che conoscono approfonditamente le tecniche e i meccanismi informatici, ma impastati di sommaria cultura, quella che gli fa desiderare un utile immediato, quello a lungo termine poi si vedrà. Costantemente aggrappati al presente, considerano questa del Reality, un’esperienza da non perdere, un’esperienza in più, una delle tante da aggiungere alla loro giovane formazione. Si reputano quasi degli eroi a vivere come fanno in una condizione prigioniera, hanno barattato con disinvoltura la libertà per un viaggio che solo uno di loro vincerà, ma tutti e quattro, per 17 giorni, saranno al centro di una galleria commerciale, protagonisti assoluti di un sito internet, come vedette, come quelle del loro programma preferito e si capisce quale. Un vantaggio da non trascurare e in alcun modo considerato dai protagonisti, in tutto questo c’è, infatti, per 17 giorni ai ragazzi sarà impedito di guardare la tv, un’occasione unica, una bella cura disintossicante, un premio nel premio ma certamente non considerato da loro, nel giusto valore.

Maria Serritiello

sabato 30 ottobre 2010

L'Amaca di Michele Serra


L'AMACA

Fonte:Repubblica — 29 ottobre 2010
di Michele Serra


Lo so che non sta bene ridere delle disgrazie altrui, ma questa bufala della "nipote di Mubarak" è irresistibile. La ragazzaè marocchina,e il Marocco sta all' Egitto come la Svezia al Portogallo. Ma trattandosi di cucirle addosso un' aura di rispettabilità esotica, vuoi mettere l' Egitto? Lo avrebbe fatto anche Totò: "Quella? Ma non lo sai? E' la nipote di Mubarak. La madre è una faraona. Il padre ha almeno un paio di piramidi. E noi la tratteniamo in questura? Brigadiere, mi faccia il piacere. Non facciamoci sempre riconoscere!". Prossimamente sugli schermi di Berlusconia: la regina di Saba, nello splendore del Technicolor, in uno scenario di passione e di fasto. Minneahaha, la principessa Sioux, che cavalca a pelo il suo cavallo bianco (quello di Pino Silvestre Vidal). E naturalmente Gungala, la vergine della giungla, che sfugge alle brame dei suoi spasimanti volando di liana in liana, indossando solo un perizoma di leopardo. La vedo male per le oneste attricette di casa nostra, surclassate da giovanissimee avvenenti coloured. Sarà un nuovo dramma, l' ennesimo, della globalizzazione.

venerdì 29 ottobre 2010

Il fattore "Bunga bunga"


QUADERNO A QUADRETTI
RUBRICA DI MARIA SERRITELLO

C’è ancora qualcuno che non conosce la barzelletta del Bunga bunga, si??? E allora è colpa vostra se si continua a raccontarla. Un tempo le barzellette le raccontavano i comici, che per loro bravura, buona o meno che fosse la storiella, facevano ridere a chi le ascoltava. Da un po’ di tempo in qua le barzellette, purtroppo, le raccontano i politici che le recitano male e le ripetono all’infinito, per fare i “piacioni”. Chi ride allora? Quelli che gli stanno attorno, i quali per strappare favori venderebbero anche l’anima, figurarsi a prodursi in una stolta risata, oppure ride l’uomo della strada che a certe sottigliezze della vita non bada. A noi che conosciamo la barzelletta del "Bunga, bunga", ormai alla celebrazione del giubileo, non resta che vergognarci per come e da chi siamo rappresentati. “ …Due ministri del goveno Prodi vanno in Africa, su un ‘isola deserta e vengono catturati da una tribù di indigeni. Il capo tribù…ecc ecc”. Una noia insopportabile oltre a dover costatare all’interno della barzelletta un clima colonialista, che attualmente non ci compete , per cui con i latini la famosa locuzione “Risus abundat in ore stultorum”.

p.s. E' il 1985, quando l'esordiente Claudio Bisio,nello spettacolo "Comedians" raccontava la barzelletta del "Bunga bunga" al Teatro dell'Elfo di Milano.Dal successo dello spettacolo, Gino e Michele ebbero l'idea di fondare un locale, nel quale fare esibire i comici. Nacque così,l'anno successivo il locale "Zelig"che oggi è la trasmissione comica, scritta da Gino e Michele e condotta da Claudio Bisio,sulle reti di Berlusconi.

giovedì 28 ottobre 2010

La solidarietà, un nome sempre più astratto


QUADERNO A QUADRETTI

RUBRICA DI: MARIA SERRITIELLO


Il Fatto
A Pont Saint Martin,quattromila anime,al confine tra Valle d'Aosta e Piemonte, otto famiglie non hanno i soldi per pagare la mensa scolastica dei propri figli. Di queste otto, quattro sono italiane, tre marocchine e una indiana. Il loro debito è finito sul web. La gogna informatica è stata giustificata, innanzitutto perchè tra gli elencati ci sono anche gli italiani, per cui non c' è stata discriminazione e poi perchè il comune si è attenuto alle regole. La procedura a Pont Saint Martin, infatti, segue il seguente iter: avvertimento ai morosi tramite msn, poi con una telefonata diretta e infine con una lettera, affinchè possano chiedere l'esenzione per difficoltà economiche. Nessuna delle otto famiglie ha risposto ad uno degli avvertimenti, per cui si è proceduto alla pubblicazione in web. A conti fatti, le famiglie italiane hanno un debito di 129 euro e 90 centesimi, che con gli interessi sono diventati 144 euro e 31 centesimi, mentre una delle famiglie marocchine, avendone tre di figli è arrivata, con gli interessi a 1624 euro e 35 centesimi.


Il Commento
Per una simile cifra valeva la pena mettere alla berlina le famiglie e gli stessi bambini? Certo non c'è stata discriminazione tra nativi e stranieri ma tra quelli che possono permettersi di mangiare e quelli a cui manca il necessario nutrimento, si. E poi, questo grande occhio mediatico sempre puntato su ogni nostra azione che, guarda caso, non è mai una buona azione e poco, ci vorrebbe per tramutarla tale.

mercoledì 27 ottobre 2010

Aeroporto di Salerno.Dal primo dicembre si torna a volare


CRONACA


FONTE:FULLTRAVEL.IT
DI MARIA STEFANIA BOCHICCHIO

La notizia era nell'aria già da qualche giorno ma, in mancanza di precise indicazioni da parte di Alitalia (che abbiamo interpellato una settimana fa circa,) abbiamo atteso tempo più maturi per parlare di questa novità nei cieli italiani. Oggi però ci accorgiamo che la Sea Aeroporti di Milano ha inserito nell'operativo i voli Salerno - Milano (e ritorno) in partenza dal 1° dicembre con due voli giornalieri, sebbene al momento non sia ancora possibile acquistare i biglietti.
I voli Salerno - Milano saranno operati alle ore 6.45 (arrivo a Malpensa alle ore 8.35) e alle ore 17.40 (atterraggio a Milano alle 19.20). Per quanto riguarda il ritorno, da Milano la prima partenza della giornata è fissata per le ore 9.15, la seconda alle ore 19.55.
Al contrario dei voli operati in passato, di cui parlammo a suo tempo, questa volta riteniamo che i nuovi voli in partenza dall'aeroporto Salerno Costa d'Amalfi abbiano orari molto azzeccati ed utili, soprattutto per un target business. Si spera dunque che, viste le frequenti promozioni Alitalia e gli orari più confacenti ai bisogni dell'utenza, l'Aeroporto di Salerno Costa d'Amalfi possa ritrovare nuovo slancio, diventando punto di riferimento per il territorio circostante."

In Svezia i rifiuti di Napoli e il caos si sposta a Salerno


CRONACA

FONTE:LA STAMPA.IT
DI GUIDO RUOTOLO


Quella parola che nessuno vorrebbe più sentire pronunciare è rimbombata ieri mattina nella sala della prefettura di Salerno. «Il prefetto Sabatino Marchione è stato chiaro - dice il sindaco di Serre, Palmiro Cornetta - quando ha ammesso: “Siamo in emergenza”.
Salerno non ha più un buco dove portare i suoi rifiuti. Avellino e Caserta non sono più disponibili, l’inceneritore di Acerra neppure. Perciò vogliono che si riapra la discarica di Macchia Soprana. Noi diciamo no». Che incubo. Macchia Soprana, la rivolta. E poi la chiusura nel 2007.

E adesso che succederà? Speriamo che il sindaco si sbagli, che quest’ultimo sacrificio di centomila e passa tonnellate di rifiuti non crei nuove e drammatiche tensioni. E’ che all’improvviso quel meccanismo fragile del ciclo dei rifiuti in Campania si è inceppato. In queste ore il sottosegretario Guido Bertolaso - a proposito, l’annuncio del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, di esautorare l’azienda Asìa dalla gestione della discarica Cava Sari non si è concretizzato ancora - e il governatore Stefano Caldoro insistono nel rappresentare la situazione sotto controllo e in via di soluzione.

Ma i vecchi fantasmi del campanilismo, del partito trasversale dell’emergenza, del fronte del no stanno tornando sulla scena. L’ex governatore della Campania, Antonio Bassolino, ritenuto uno dei responsabili dell’emergenza del 2008, scrive sul suo blog: «In queste settimane si è purtroppo tornati a quei terribili momenti del 2008 e i cumuli di immondizia hanno ripreso a soffocare la città e la provincia. Sono tornate le manifestazioni di piazza. Ancora più preoccupante è la fuga e il rimpallo delle responsabilità da quando é ripresa l’emergenza». Serre e la sua antica discarica. E c’è un’altra novità che sa anch’essa d’antico: i treni per trasferire all’estero i nostri rifiuti.

Un mese fa, la Regione, preoccupata per i problemi tecnici dell’inceneritore di Acerra, ha emesso un bando di «manifestazione d’interesse». E positive risposte sono arrivate dalla Svezia e dalla Norvegia. Dice Alessandro Bratti, Pd, Commissione bicamerale sui rifiuti, in missione con la commissione in Germania: «Qui l’interesse per i rifiuti italiani è altissimo. Rispetto al 2007 i costi si sono abbassati. La Germania li prenderebbe a occhi chiusi. La Sicilia, da quanto ci risulta, sta trattando con l’Olanda». Ma in Germania, rivela Bratti, sono in corso inchieste giudiziarie per capire dove sono stati smaltiti senza autorizzazioni i rifiuti campani. Il sospetto è che vi sia stato un giro di mazzette italiane e tedesche.

«Ci hanno spiegato che una discarica in Alta Sassonia ha accettato rifiuti, 30.000 tonnellate, che non poteva accogliere». Ore convulse, nei palazzi napoletani. Per fronteggiare la crisi, per pacificare le popolazioni vesuviane, per impostare la campagna elettorale per le comunali a Napoli. Il presidente della Provincia, Luigi Cesaro, Pdl, si è sempre battuto contro la seconda discarica a Terzigno. E adesso annuncia: «Mi accingo a firmare una nuova ordinanza per impedire che nell’inceneritore di Acerra finiscano i rifiuti delle altre province. Da parte mia caldeggerò le ipotesi di trasferimento di quote di rifiuti all’estero, per fronteggiare la fase critica. Ho fatto un’indagine di mercato e ho la certezza che spedendo i rifiuti all’estero possiamo anche risparmiare».

Le altre Province, anche loro Pdl (tranne Benevento), hanno protestato e si sono rivolte al Tar quando il governatore Stefano Caldoro ha firmato una ordinanza che spalmava per una settimana i rifiuti napoletani nelle varie discariche regionali. Insomma, si sono opposte. Adesso, Cesaro blocca loro l’utilizzazione dell’inceneritore di Acerra. La coperta è stretta. Se Terzigno non si apre, da qualche parte devono finire i rifiuti. Caldoro, ottimista, dice che al massimo in due anni gli inceneritori di Salerno e Napoli Est saranno in funzione.
E nell’attesa? Nel pieno delle proteste di Terzigno e dei paesi vesuviani, il 14 ottobre, il generale Mario Morelli, responsabile dell’Unità di struttura di governo per l’emergenza rifiuti, viene sentito dalla Commissione bicamerale sui rifiuti: «In provincia di Napoli oltre che alle discariche e ai siti di stoccaggio provvisori, passammo a un progetto esecutivo che riguardava la discarica di Terzigno, cava Vitiello.

Sottolineo quest’ultimo fatto in quanto non eravamo riusciti a realizzarla perché ci eravamo impegnati nella realizzazione delle altre discariche e il tempo ormai non lo consentiva. Abbiamo, quindi, trasferito il progetto esecutivo, laddove era già tutto pronto per poter iniziare le lavorazioni. Infatti i due termovalorizzatori di Napoli e di Salerno non erano stati realizzati, impianti che erano importanti e fondamentali per chiudere il ciclo nella sede dell’impiantistica che avrebbe consentito di aprire un minor numero di discariche».
Adesso Bertolaso dice che Cava Vitiello non si apre più e che altre sono le soluzioni che si stanno definendo. Speriamo che non sia un bluff.

L'Amaca di Michele Serra


L'AMACA

FONTE: L'Amaca Repubblica — 26 ottobre 2010
DI MICHELE SERRA


Qualcosa si sta muovendo, nella testa di quell' imperscrutabile corpaccione che è l' opinione pubblica. La ricerca di Ilvo Diamanti pubblicata ieri su questo giornale indica il crescente successo della tivù di inchiesta e dei programmi di approfondimento. E la speculare crisi dei tigì e delle trasmissioni che odorano di propaganda o di divagante inconsistenza. È come se la bolla di irrealtà (un' irrealtà organizzata, azzurra e incipriata come il suo leader carismatico) nella quale siamo vissuti per anni cominciasse a fare flop. La foga maniacale con la quale il leader e i suoi fedelissimi, a partire dall' «editto bulgaro», si sono accaniti contro l' informazione indipendenteo dissonanteo semplicemente non conforme, non era il corollario marginale di un progetto politico. Era il progetto stesso. Il progetto prevedeva la costruzione di un vasto consenso fondato su una proiezione immaginaria: quella di un' Italia spensierata, benestante e gaudente. La sinistra "triste" e "invidiosa" era il nemico da indicare alla folla plaudente. E gli squarci di realtà che l' informazione, nonostante tutto, riusciva a inquadrare, erano un odioso boicottaggio. Uno schemino semplice semplice, ma molto efficace. Non teneva conto, però, di un fattore piuttosto importante: che non era vero niente. - MICHELE SERRA

martedì 26 ottobre 2010

Marcegaglia: «Per risolvere la crisi rifiuti seguire il modello Salerno



TUTTOCITTA':SALERNO


NOTTURNO SALERNTANO

FONTE:CORRIERE DEL MEZZOGIORNO

Anche la presidente di Confindustria Emma Marcegaglia, a Napoli per l’iniziativa «Orientagiovani», interviene sulla questione rifiuti sottolineando come Salerno sia un esempio positivo da seguire. «Bisogna fare cose strutturali che non sono mai state fatte» ha dichiarato la Marcegaglia che, per mostrare un esempio di cosa si può fare, ha aggiunto: «Non bisogna andare in Danimarca o in Svezia, basta andare a Salerno che in due anni è passata dal 7 al 75% nella raccolta differenziata», un fatto che dimostra che «anche in Campania si può fare». «Serve la strumentazione che esiste dappertutto, discariche dove necessario, e termovalorizzatori dove necessario - dice la leader degli industriali - Il problema è che c’è stato un immobilismo totale e dopo due anni siamo di nuovo in emergenza, con impatti drammatici sull’immagine di Napoli, sul turismo e sulla popolazione» «Io chiedo che veramente - aggiunge -, al di là delle colpe del passato, bisogna che le amministrazioni provinciali, regionali, e anche il governo, agiscano per mettere in piedi subito questa strumentazione».

LUCI D'ARTISTA 2010 A SALERNO

FONTE: COMUNE DI SALERNO




C'è tanta attesa per l'edizione 2010 di 'Luci d'Artista', l'evento natalizio che tanto successo ha avuto nelle edizioni scorse e che quest'anno promette di essere ancora più affascinante. 'Luci d'Artista' (per tutti gli amici che non lo conoscono) è un evento della durata di 3 mesi circa (novembre - gennaio) durante il quale installazioni artistiche di luminarie natalizie, addobberano la maggior parte della città di Salerno, specialmente alcune piazze e parchi cittadini, motivo per il quale, la maggior parte degli assi viari della città mostra già tali installazioni pronte per essere accese. Quest'anno l'inaugurazione di Luci d'Artista è prevista per venerdì 5 novembre e sono, al momento, pochissime le anticipazioni trapelate per l'edizione 2010. Parrebbe che a differenza dell'anno scorso, la Villa Comunale nei pressi del Teatro Verdi sarà illuminata quasi completamente, mentre a Piazza Flavio Gioia, il tema delle installazioni avrà a che fare con pianeti e costellazioni. Sono previste modifiche anche per l'Albero di Natale di Piazza Portanova che passerà dal bianco che lo ha caratterizzato l'anno scorso, ad un colore caldo. Lo stesso albero dovrebbe essere anche circa 2 metri più alto. Ma la vera novità di Luci d'Artista 2010 è nell'organizzazione dell'evento. Quest'anno sono stati approntati dei pacchetti turistici per l'occasione che consentiranno a tanti turisti di poter raggiungere Salerno e pernottarvi a prezzi molto vantaggiosi. Di seguito tutte le indicazioni per programmare le festività natalizie a Salerno.

"Nel corso di una conferenza stampa convocata per martedì 19 ottobre alle ore 10.00 presso il Salone del Gonfalone nel Palazzo di Città del Comune di Salerno in via Roma sono stati illustrati i dettagli dei pacchetti turistici promossi dagli operatori del settore d’intesa con la Civica Amministrazione in occasione di Luci d’artista.
All’incontro con la stampa hanno preso parte il Sindaco di Salerno Vincenzo De Luca, l’Assessore al Turismo Vincenzo Maraio, l'Assessore alle Attività Produttive Alfonso Buonaiuto, i rappresentanti degli operatori turistici aderenti all’iniziativa.
I pacchetti prevedono speciali agevolazioni per il soggiorno in città durante “Luci d’artista” la cui inaugurazione è prevista per venerdì 5 novembre. Con tali pacchetti speciali si punta ad incentivare ulteriormente la permanenza in città con evidenti benefici per il settore ricettivo, commerciale, enogastronomico.
L'accordo con i Direttori responsabili degli alberghi a 4 stelle, a 3 stelle, degli ostelli, e dei bed&breakfast, e con le agenzie di viaggio e i tour operators, formalmente sottoscritto tra il Comune di Salerno e gli operatori prevede le seguente condizioni da applicare:

a) Hotel 4 stelle:
camera doppia €. 80,00 compresa prima colazione;
camera singola €. 60,00 compresa prima colazione;
terzo letto €. 20,00;
bambini fino a 12 anni = gratuità;
offerta valida per minimo 2 notti;
b) Hotel 3 stelle:
camera doppia €. 65,00 compresa prima colazione;
camera singola €. 45,00 compresa prima colazione;
terzo letto €. 15,00;
bambini fino a 12 anni = gratuità;
offerta valida per minimo 2 notti;
c) Ostelli:
€. 12,00 al giorno a persona compresa prima colazione;
offerta valida per minimo 2 notti;
d) Bed and Breakfast:
camera doppia €. 50,00/ 70,00 compresa prima colazione;
camera singola €. 35,00/ 50,00 compresa prima colazione;
terzo letto €. 10,00;
offerta valida per minimo 2 notti.

I suddetti prezzi sono soggetti a disponibilità e validi nei week end dal 05/11/2010 al 31/01/2011 per luci d’artista (con esclusione di 6/8 dicembre - 24/27 dicembre - 30 dicembre/02 gennaio).
I pacchetti possono essere acquistati contattando le seguenti Agenzie di viaggio e Tour Operators: Fly Back Travel & Tour, Giramondo Viaggi, Curcio Viaggi Salerno, Terre Libere Viaggi ed Eventi, Il Globo Celeste, Getur - Irno Viaggi, De Cesare Viaggi, Barbirotti Viaggi, Beraviaggi s. a. s., City Break Viaggi e Turismo, Amarc Viaggi, Travel Before, Buenos Dias Viaggi & Vacanze, Dapro Viaggi Tour Operator, Agenzia di Viaggi Elitaria s.p.a., South and Coast, Travel Slot, Agenzia di Viaggi Tre Coccinelle, TVT - Tor Vergata Travel, Kudi Kudi Viaggi e Turismo, Italica in Tour, Welcome Travel Sorrisi e Vacanze."

L'Amaca di Michele Serra



L'AMACA

FONTE: LA REPUBBLICA.IT


Repubblica — 23 ottobre 2010 pagina 36 sezione: COMMENTI

Rimiro su YouTube Bruno Vespa che gioca con le macchinine davanti al plastico della villetta di Avetrana. Si vede un uomo maturo e ormai quasi anziano, professionista affermato, che prova un palese piacere nel maneggiare dei modellini d' auto. Non fa "brum brum" con la bocca, ma si capisce che gli piacerebbe. Il pretesto è la riproduzione di un delitto. Ma l' azione è puramente ludica. Il plastico della villetta è bellissimo, con le palme, i muri di mattoni, il cancello. Mi ricorda (in scala maggiore, e più realistico) le casette dei trenini Marklin e Rivarossi di quando ero bambino. Avessi otto anni adesso, pregherei i miei genitori di regalarmelo per Natale. Vorrei trovare sotto l' albero anche quelle macchinine. Luccicano. Vorrei che aggiungessero nella scatola del gioco da tavolo "Avetrana" anche i pupazzetti della vittima, dello zio, della cugina, dell' amica della cugina. Poi vorrei anche dello zucchero filato, una scatola di Lego, le freccette e il nuovo Risiko che ha anche i sommergibili (io ho solo quello con i carrarmati e gli aeroplani). Sfortunatamente, non ho più otto annie nessuno mi regala più queste cose. Beato Bruno Vespa, che otto anni ce li ha ancora. - MICHELE SERRA

Benvenuti al Sud


LA RECENSIONE
DI MARIA SERRITIELLO
www,lapilli.eu

Benvenuti al Sud

Alberto direttore delle poste di una cittadina della Brianza, aspira, pressato dalla moglie, a trasferirsi a Milano. Il trasferimento non è così semplice, per ottenerlo e scalare la graduatoria, si finge invalido. Smascherato da un severo ispettore, Alberto ottiene, sì, il trasferimento ma al sud, per due anni, a S. Maria di Castellabate, provincia di Salerno, per essere precisi. Con le lacrime agli occhi, l’insegna della Lombardia sotto il braccio, staccata per ricordo, con il suo bel carico di pregiudizi, già emigrante e al suono di “O mia bella Madunina…” percorre in macchina l’autostrada del sole. Un primo ostacolo lo deve affrontare subito, sulla Salerno Reggio Calabria, ma quanti altri ne dovrà superare? Alberto comincia a pensare che i due anni al sud saranno i più brutti della sua vita. Pian piano, però, vinta la diffidenza iniziale, scoprirà un sud diverso da come i pregiudizi lo figurano.

Commento: L’indiscusso successo di botteghino dà ragione ad un film che nulla ha di originale, a cominciare dalla trama, che è un remake della geniale commedia francese “Bienvenue chez le ch’tis”, portata sullo schermo da Dany Boon, incassando tre milioni di euro, per essere stato visto da 20 milioni di francesi e 800.00 italiani, per finire ad una sceneggiatura che nulla ha di divertente, se non qualche bozzetto e ad una fotografia, in sostanza, non eccezionale. Un film basato sui luoghi comuni più scontati, dove i pregiudizi sono l’intreccio originale. Non fa ridere sapere che il nord conosce sommariamente i luoghi geografici: Santa Maria di Castellabate, provincia di Napoli e che il sud è un concentrato caricaturale, quando non è pregiudizio puro. L’ironia della macchietta non si evince, anzi si alimenta il contrario, nonostante il pensiero di Miniero, a cui piace considerare il film come il superamento della diatriba nord–sud. Anche la figura dell’impacciato postino, ovvero Alessandro Siani, vorrebbe sottilmente rifare il verso alla poetica insicurezza di Massimo Troisi. Niente di più blasfemo! Ed infine perché i meridionali sono sempre chiamati, da quelli del nord, a passare l’esame? Perchè solo alla fine, superata la diffidenza, si accorgono che al sud si vive e si mangia bene, che c’è cordialità, accoglienza e senso d’amicizia? Fa ridere tutto ciò? Eppure, molti, moltissimi, stando agli incassi, hanno scelto questa risata grassa. Peccato!

Interpreti

Claudio Bisio, è perfetto nelle vesti del direttore milanese, è se stesso, non compie nessuno sforzo interpretativo, quasi fosse a Zelig, contornato dai comici del programma. Certo è simpatico ed intenerisce, quando ad una ad una deve smontare le sue credenze sul primitivo sud.

Alessandro Siani, che nel film doveva essere la testa di ariete della risata, si riduce a fare da spalla a Bisio e a lanciare solo qualche battuta efficace. Eppure è conosciuto per la sua scoppiettante comicità e per i suoi monologhi a raffica, ma nel film risulta molto sacrificato.

Naturale, bella e brava, Maria, ovvero, Valentina Lodovini, con il suo perfetto accento partenopeo, lei toscana di adozione e al suo primo film leggero.

Anche Angela Finocchiaro caratterizza bene, la petulante moglie milanese, ossessionata dall’ordine, dall’igiene e dal trasferimento a Milano del marito .

Veri cammei, poi, sono le interpretazioni dei consumati attori: Giacomo Rizzo e Nando Paone, un valore aggiunto al film.

Luca Miniero.

Il regista italiano, Luca Miniero, è specializzato in commedie che affrontano i conflitti culturali dell'Italia e rappresenta quel cinema caricaturale che vuole abbattere stereotipi e pregiudizi.(!) Dopo la laurea in Lettere Moderne, si trasferisce a Milano, dove comincia a girare numerose campagne pubblicitarie sia per prodotti industriali che per trasmissioni televisive. Assieme all'amico Paolo Genovesi firma il primo cortometraggio, Piccole cose di valore non quantificabile (1999), poi decide di passare al lungo. Negli anni successivi studia, scrive e dirige Incantesimo napoletano (2002), ponendo l'attenzione sul conflitto sociale tra Italia del nord e del sud, attraverso la figura di una ragazza napoletana innamorata delle tradizioni milanesi.

Spunti di riflessioni

L’intolleranza tra nord e sud è una pura invenzione, stando alle risate collettive, amplificate dal film. Si ride tanto a cinema. … ecco, appunto al cinema!
Curiosità

E’ già pronto, dato il successo di botteghino, il sequel “Benvenuto al Nord”. Pare che non ci salveremo tanto facilmente dai pregiudizi, ma per questa volta dovremo risalire lo stivale!

Frasi del film

"Il forestiero che viene al sud piange due volte, quando arriva e quando parte".

"-Quant’è ?

-L’abbiamo fatto per amicizia

-Non ci conosciamo neanche

-Ci conosceremo"

Giudizio

Sufficiente

Benvenuti al Sud.

Regia:Luca Minieri

Interpreti: Claudio Bisio, Alessandro Siani,Valentina Lodovini, Angela Finocchiaro, Giacomo Rizzo, Nando Paone, Naike Rivelli



Maria Serritiello
www.lapilli.eu

domenica 24 ottobre 2010

TV, TV


LA TELEVISIONE

LA TELEVISIONE TRA CATTIVA MAESTRA E GRANDE IRONIA IN DUE VIDEO DI YOU TUBE






Ansiosi e aggressivi. Se i cani vanno in terapia





FONTE: LA REPUBBLICA.IT
di ELENA DUSI


Abbiamo le stesse sindromi. I comportamenti sono più diffusi di quanto si creda. Test su nuovi farmaci aiuteranno a curare anche noi

FRA CANI e padroni l'intesa è al primo sguardo. Ma gli uomini e i loro migliori amici non condividono solo voglia di affetto, solitudine o ansia. Osservare il comportamento di Solo, un border collie di 11 anni arruolato in un progetto di ricerca dell'università della California, aiuta a capire il perché. Solo inizia a tremare, uggiolare e correre per rifugiarsi in un luogo protetto ogni volta che sente un tuono. I fuochi d'artificio gli provocano veri e propri attacchi di panico, simili a quelli osservabili negli uomini.

L'esperienza è stata vissuta da tanti padroni, che sorridono e rincuorano i loro amici con una dose extra di carezze. Ma lo psichiatra Steven Hamilton, docente all'università della California di San Francisco, osservando il comportamento degli animali ha pensato di studiarli per capire meglio come funzionano le malattie degli uomini. E trovare nuove vie per curarle.

Solo e gli altri esemplari arruolati nello studio vengono trattati con antidepressivi e ansiolitici. Le loro reazioni avverse o gli eventuali miglioramenti sono annotati con cura dai ricercatori. Il funzionamento dei due tipi di farmaci è infatti sovrapponibile in uomini e cani, così come le percentuali di successo del trattamento. "Le similitudini sono evidenti" commenta Hamilton in un dossier dedicato dalla rivista Nature al "nuovo miglior amico degli psichiatri". E questo è vero soprattutto per gli animali con un pedigree: la rigida selezione genetica cui sono stati sottoposti negli ultimi due secoli, da un lato, ha fatto nascere malattie sia fisiche che mentali sconosciute ai meticci, dall'altro, ha reso i genomi più omogenei, facilitando la ricerca dei frammenti di Dna legati ai vari disturbi psichici.

"I cani - spiega Guoping Feng, genetista del Massachusetts Institute of Technology - sono l'unico modello esistente in natura per studiare i disordini psichiatrici. E sono anche perfetti per essere mappati geneticamente".
Una statistica della Tufts University stima che il 40 per cento dei 77 milioni di cani statunitensi soffrano di un non meglio precisato "disturbo comportamentale". Cifre difficili da verificare, ma che bastano ad alimentare un marketing per gli psicofarmaci che coinvolge anche gli animali domestici e che dà un contributo importante ai 15 miliardi di dollari che ogni anno i proprietari Usa spendono per i loro cani.

Gli psichiatri della California hanno deciso di sfruttare le somiglianze fra uomini e animali da compagnia per fini di ricerca, forti della conoscenza del Dna dei quattro zampe e della corrispondenza che alcuni geni coinvolti nelle malattie psichiatriche hanno fra le due specie.

Cane e uomo, a livello genetico, si rispecchiano in malattie come la narcolessia (caratteristica dei dobermann), nei disturbi ossessivo-compulsivi (riscontrati nei bull terrier, pastori tedeschi, danesi e golden retriever, che a volte si mordono fianchi e zampe fino a ferirsi o inseguono la coda roteando in modo ossessivo) o nei deficit di attenzione che sono stati notati in alcuni labrador impiegati come guida per ciechi.

La decisione di affidare la ricerca ai cani - dove la diagnosi precisa di disturbi psichiatrici è ancora più difficile che negli uomini - è un sintomo di quanto stagnante sia la situazione nella cura delle malattie mentali. Un'inchiesta pubblicata da Science a luglio, intitolata "Is Pharma running out of brainy ideas?" raccoglie tutti i casi di grandi aziende farmaceutiche intenzionate a chiudere i loro laboratori per lo sviluppo di nuovi farmaci.
La GlaxoSmithKline secondo la rivista è pronta ad abbandonare i settori di analgesici e antidepressivi, mentre AstraZeneca avrebbe deciso di chiudere alcuni centri di ricerca per medicinali contro schizofrenia, disturbo bipolare, depressione e ansia.

"La realtà - spiega a Science Thomas Insel, direttore dell'Istituto nazionale per la salute mentale negli Usa - è che da anni in questo campo non ci sono farmaci o idee nuove. E quasi nulla dà speranza al settore delle malattie mentali". Spetta ora ai migliori amici dell'uomo smentire la tesi sconsolata dello psichiatra.

Epidemia di colera ad Haiti


CRONACA

FONTE: LA REPUBBLICA.IT

Emergenza sanitaria sull'isola già duramente colpita dal terremoto del gennaio scorso: duemila contagiati. Si tratta del ceppo più pericoloso della malattia. L'Oms conferma: non si registravano casi da oltre un secolo

Le autorità di Port-au-Prince hanno proclamato lo stato di emergenza sanitaria di fronte al dilagare del colera. Secondo il bilancio delle autorità locali l'epidemia ha causato in pochi giorni la morte di almeno 200 persone e circa duemila casi di contagio, ma è un bilancio purtroppo destinato a salire. "Si tratta del ceppo più pericoloso, il tipo 01", ha annunciato il ministro della Salute haitiano, Alex Larsen, confermando così la presenza della malattia sull'isola, già duramente provata dal terremoto del 12 gennaio 1 scorso. Anche l'Organizzazione mondiale della Sanità, inizialmente cauta sulla natura dell'epidemia parlando di 150 morti per "dissenteria acuta", ha confermato che si tratta di colera. Il governo e le organizzazioni internazionali adotteranno misure urgenti per bloccare il diffondersi della malattia, mobilitando tutte le forze a disposizione.

Migliaia di persone colpite dai principali sintomi della malattia, come diarrea, vomito e febbre alta, sono ricoverate in ospedale. Le autorità locali stanno indagando sulle cause, probabilmente provocate dalla pessima qualità dell'acqua potabile. L'epidemia si è diffusa nella regione di Artibonite, che accoglie migliaia di rifugiati del sisma del gennaio scorso che ha devastato la parte settentrionale dell'isola causando la morte di 250mila
persone e oltre un milione e mezzo di senzatetto che vivono accampati nelle tende. Anche se l'epidemia è contenuta nella zona a nord di Port-au-Prince, le agenzie di aiuti umanitari rimangono in stato di allerta per evitare che la malattia posso propagarsi negli accampamenti dei sopravvissuti al terremoto situati a nord della capitale, dove non è stato finora segnalato nessun caso. Squadre di sanitari stanno comunque monitorando gli accampamenti.

La situazione d'emergenza è stata confermata anche dall'Organizzazione mondiale della sanità (Oms). L'esame rapido di alcuni campioni di feci erano già risultati positivi al colera, ma per la conferma finale l'Oms aspettava i risultati delle analisi condotte in laboratorio dall'uffico regionale della Pan American Health Organization. Su richiesta delle autorità di Haiti, le organizzazioni umanitarie hanno cominciato a fornire assistenza con la mobilitazione di squadre mediche, l'invio di esperti e forniture mediche.

Mentre l'allarme si diffonde anche nella vicina Repubblica Dominicana, che ha lanciato un programma di prevenzione, il presidente di Haiti, René Preval, ha convocato una nuova riunione d'emergenza per decidere come affrontare il dilagarsi della malattia e quali raccomandazioni dare alla popolazione. Il timore delle autorità di Port-au-Prince è che l'epidemia si propaghi rapidamente proprio a causa delle condizioni in cui vivono le centinaia di migliaia di terremotati ospitati nei campi di accoglienza "C'è la massima allerta, dobbiamo restare mobilitati 24 ore su 24 per aiutare il governo a far fronte a questa situazione", ha detto il presidente dell'Associazione dei medici haitiani, Claude Surena, chiedendo agli ospedali privati di accettare i pazienti e fornire loro le cure il più rapidamente possibile.

Sul campo sono già all'opera le organizzazioni internazionali che hanno prestato aiuto anche dopo il sisma di gennaio. La Croce Rossa Italiana (Cri) stanno lavorando per distribuire 30 mila litri di acqua potabile nel dipartimento di Artibonite. Nella stessa regione si sono immediatamente recate anche le equipe di Medici senza frontiere che, in collaborazione con le autorità sanitarie locali, stanno trattando i pazienti e predisponendo misure necessarie alla prevenzione del contagio. Da gennaio scorso il colera ha causato in Nigeria 1.555 vittime su un totale di oltre 38 mila casi. Ma l'Oms precisa che nel Paese africano il colera è una malattia endemica, mentre non lo è ad Haiti: sull'isola caraibica non si registravano casi da oltre un secolo.

sabato 23 ottobre 2010

E’ dimostrato: le galline hanno una loro forma d’intelligenza


CURIOSITA'

FONTE:TISCALI NOTIZIE
DI OSCAR GRAZIOLI



Scrivo oggi di galline. Sì proprio quelle considerate stupide, tanto da meritarsi alcuni famosi detti, quali “hai il cervello di una gallina” Se avrete la pazienza di leggere queste poche righe vi farò ricredere e vi darò anche una buona notizia, invece delle solite tristi e drammatiche.Se si prendono, come esempio delle galline ammassate in un capannone, o peggio in batteria si potrebbe fare un ardito paragone con la piazza gremita dai seguaci di un dittatore che applaudono, ripetono gli slogan urlati dal capo e compiono gli stessi gesti all’unisono. Dei perfetti imbecilli, incapaci di pensare con la propria testa. In questi casi, direi che le capacità cognitive di una gallina non sono poi così lontane da quelle di una persona.In realtà le galline hanno una loro forma d’intelligenza piuttosto evoluta. Gli esprimenti di Zayan e Domken, all’università belga di Louvain. Hanno dimostrato che questi animali si organizzano in gruppi gerarchici, sono capaci di distinguere tra individui familiari o estranei e, di conseguenza, le galline sottomesse nel loro pollaio si comportano in modo remissivo di fronte alle conoscenti, mentre attaccano quelle estranee.Zayan è poi riuscito a dimostrare, attraverso sofisticati esperimenti che prevedevano l’uso di diapositive e filmati, che le galline riconoscono un individuo da un solo e piccolo particolare del suo corpo. Nel cervello di questi uccelli si forma una sorta di immagine fissa e reale dei vari modi in cui un proprio simile si può presentare, sia come estraneo che come soggetto noto, non solo con l'esperienza reale, ma anche tramite immagini.Secondo Lea e Ryan, ricercatori inglesi, le galline sanno fare quello che neanche a noi è concesso perché, fossero uomini, sarebbero in grado di riconoscere due neonati in una foto di classe delle scuole medie. Galline e uccelli hanno parti del cervello molto più sviluppate dei mammiferi e sono in grado di comunicare tra loro con più di 20 “vocaboli” molti dei quali servono ad avvertire in caso di pericolo e persino a capire se l'eventuale predatore viene dall'aria oppure da terra.Nei mie primi anni di lavoro ho seguito numerosi allevamenti in gabbia e a terra di galline ovaiole. Se quelle a terra non ballavano (4 – 5/metro quadrato) quelle in gabbia erano una faccenda da lager. Quattro galline dentro una gabbia di neanche un metro quadro per tutta una vita (quasi un anno).Per fortuna, e vengo alla buona notizia, la Coop ha deciso che non venderà più uova di galline in gabbia ma soltanto quelle provenienti da animali allevati a terra, all’aperto (en plein air) o biologiche. Anticipando la data del 2012 (che poi magari subirà il solito rinvio) fissata dall’UE per la cessazione delle batterie, la Coop ha “liberato” 560.000 galline dalla schiavitù, come già avviene da anni nei paesi del nord Europa.Con una nostra scelta, e qualche centesimo in più per uovo, possiamo determinare la schiavitù o la libertà (relativa) di milioni di galline che, ancora nel nostro paese, non riescono letteralmente a muoversi all’interno di una gabbia metallica.

La tv che vuole scioccare i telespettatori sfrutta i bambini e convoca un figlio di camorrista


LA TV

FONTE:TISCALI NOTIZIE
DI MARIANO SABATINI


Le scelte dei dirigenti Rai che rendono la vita difficile allo storico “Zecchino d’oro”, a cui tutti o quasi (compresi i nostri figli) devono ore di ingenua felicità, non li capirò mai. O meglio, li capisco fin troppo bene. Sono gli stessi che continuano a diramare comunicati entusiastici sugli ascolti dei mostriciattoli che si esibiscono, inciampando tra le ampie gonne e le battutacce di Antonella Clerici, a “Ti lascio una canzone”, il mercoledì, in prima serata, su Raiuno. Il format - tanto per rasserenare gli animi dei lettori di TiscaliNotizie - è caratterizzato dalla medesima assenza di scrupoli che hanno indotto gli autori del “Grande fratello 11” ad assoldare certi figuri.È scontato, tra persone civili (e io mi annovero tra queste), che un figlio di camorrista – se davvero lontano dal malaffare, e sottolineo “se”, le cronache e il tempo ce lo diranno – e ancor più un transessuale abbiano diritto di presenza in tv. Meno accettabile che siano catapultati per cinque mesi in tv, scelti nell’ambito delle “mostruosità”, in senso latino: in quanto giovane uomo in odore di mafia e in quanto giovane donna avvenente, e con una protuberanza in più. Pescati, entrambi, nel mazzo dei potenziali fenomeni da fiera.Altrimenti, se la reale motivazione fosse stata sensibilità e desiderio di giustizia sociale, non avrebbero divulgato né il contenuto degli slip di una, né la paternità del Giordano junior. Al contrario, il casting di tipo zoologico ha necessità di far fruttare le sue trovate… E dico di più, che una platea di 6 milioni di telespettatori conviva quotidianamente, per esigenze di spettacolo, con la parola camorra fidelizza l’idea che il “cancro” non sia poi così letale.Ma torniamo ai bimbi canterini della Clerici. L’altra sera c’era in giuria Roberto Vecchioni, una lunga gloriosa parabola artistica e d’insegnamento. Lui è l’autore di Luci a San Siro ed altri capolavori, tipo le canzoncine, deliziose, dei “Barbapapà”… ma adesso chi le canta più? Ormai i bambini cantano le canzoni da adulti, ha fatto notare il professor Vecchioni. Ed ecco che il genio dell’artista mette il dito nella piaga purulenta. Il massimo stridore, come il gesso sulla lavagna di scuola quando ancora il gesso c’era e non lo dovevano portare da casa i genitori, suscitato da “Ti lascio una canzone” è il protagonismo esasperato a cui vengono spinti bambini e adolescenti dalle ugole d’oro.Spesso si dice, per giustificare l’operazione, che si tratta di un gioco. Volentieri si chiama in causa lo “Zecchino d’Oro”, benché tra un po’ non lo si potrà più fare perché, per i dissidi con la Rai, i fieri fraticelli dell’Antoniano potrebbero spedirlo su Sky. Ravviso una sottile differenza: “Ti lascio una canzone”, con la connivenza di genitori dalle frustrate velleità di protagonismo, alimenta la brama divistica di piccoli cittadini che dovrebbero avere altri trastulli; mentre lo “Zecchino d’oro” tiene tutto nell’alveo della festicciola, contenuta anche nello spazio di pochissime puntate ravvicinate. Senza l’incontenibile dirompenza della prima serata che dà ebbrezza e quando si dissolve, in un seienne o dodicenne, può lasciare cicatrici indelebili. Obbligandoli a recitare un testo in musica pensato per gli adulti, “Ti lascio una canzone” stravolge la natura profonda dell’infanzia.
Prendiamo l’esempio di una bambina chiamata a replicare un cavallo di battaglia di Iva Zanicchi, Testarda io. Brano struggente, di una donna dimenticata, tradita, maltrattata. Interpretata da una bimba, la performance raggiunge vette di grottesco che non possono non umiliare la piccola cantante: “Non so mai perché ti dico sempre sì” – recitano le parole, con allusione sessuale. – “Testarda io che ti sento più di così e intanto porto i segni dentro me / per le tue strane follie per la mia gelosia/ la mia solitudine sei tu…”. Una bambina! Caspita, una bambina! Tra un po’ vorrà andare a “X Factor” e poi a Sanremo, poi magari tornerà come ospite a “La prova del cuoco”, dove si ricongiungerà con la sua madrina televisiva. Se tutto ciò non dovesse accadere, come probabile, avremo una frustrata in più in circolo.Aggiungo che la riflessione è uguale per il clone di Canale 5, “Io canto” con Gerry Scotti, ma in quanto copia conforme non merita una recensione dedicata.

venerdì 22 ottobre 2010


PERSONAGGI

Antonio Aloisi, meglio conosciuto come Uccio Aloisi (Cutrofiano, 1 ottobre 1928 – Cutrofiano, 21 ottobre 2010), è stato un cantante e suonatore italiano.

Uccio Aloisi è stato un cantore di musica popolare, tra i personaggi più popolari e apprezzati della tradizione musicale salentina della pizzica; è stato ospite di numerose edizioni della Notte della Taranta a Melpignano, nella Grecìa Salentina.

Nato in una famiglia contadina, Uccio Aloisi è stato il fondatore, insieme ad Uccio Bandello ed Uccio Melissano, del gruppo de Li Ucci, storico gruppo salentino custode della tradizione popolari degli "stornelli", canti di lavoro e di amore spesso improvvisati al ritmo del tamburello. La riscoperta per la musica popolare legata al fenomeno della Taranta portarono il gruppo ad esibirsi anche al di fuori dei confini regionali, in Italia e all'Estero.

Unico superstite del gruppo, Aloisi ha dato vita ad un proprio gruppo, gli "Uccio Aloisi Gruppu" con il quale si esibisce in eventi su tutto il territorio nazionale e con il quale ha prodotto diverse raccolte di musica popolare.

Aloisi è stato uno degli ospiti fissi del concerto della Notte della Taranta che gli ha permesso di collaborare anche con artisti di fama internazionale come i Buena Vista Social Club.

Nel 2005 è stato uno dei personaggi principali del film documentario Craj di Davide Marengo.

Non ci sono più le battute di una volta


CINEMA

FONTE:REPUBBLICA.IT


Il New York Times è certo: il cinema non offre più frasi indimenticabili


Quand'è stata l'ultima volta che siete usciti dal cinema con quella bella battuta che vi era rimasta in testa? "La vita è come una scatola di cioccolatini" diceva Forrest Gump: ma il contenuto non è più dolce come una volta. Le frasi memorabili del grande schermo non sono soltanto una curiosità da appassionati: sono anche l'indice della vitalità dell'arte.

Cinque anni fa l'American Film Institute chiese a un panel di 1500 operatori del cinema di stilare la classifica delle battute migliori. Nella top ten il film più giovane aveva trent'anni: Guerre Stellari. La frase celebre? Suvvia: "Che la forza sia con te". La forza, oggi, sia con chi si lancia nella titanica impresa. Perché almeno il capolavoro della fantascienza ci provava. Ma oggi? Dove trovare una battuta capace di gareggiare con le grandi?

Per dire, al numero uno la classifica di Hollywood incorona, e va bene, l'immortale Via col vento: "Francamente, mia cara, me ne infischio". E al numero due svetta l'altra battuta del cinema più famosa di tutti i tempi: "Gli farò un'offerta che non può rifiutare". Da Il Padrino, ovviamente. E chi si sognerebbe oggi di sfidare questi pesi massimi? Il web, per esempio, ha eletto a battuta del momento la frase tuonata da Liam Neeson, che nello Scontro dei Titani ha la ventura di impersonare il grande Zeus. E quale sarebbe la frase degna di cotanto film? "Liberate il Kraken!".

No, non ci sono più le battute di una volta. Il New York Times, che non vuole farsene una ragione, ha provato a chiederlo agli esperti: perché? Chissà: forse, è la risposta raccolta, perché magari oggi in un film conta più l'immagine, e anche qui, come nel resto del mondo sempre più virtualizzato, la parola è la prima a scomparire. "Certo io non ci sto a dare la colpa agli scrittori, non sono loro ad aver perso il talento", dice un mostro sacro, che naturalmente è uno scrittore, come Laurence Mark. Ecco, Mark, per esempio, è lo sceneggiatore di Jerry Maguire, l'autore di una delle frasi d'amore (spezzato) più famose degli ultimi anni: "You had me at hello!" dice Renéé Zelleweger a Tom Cruise che vuole riconquistarla. E già qui si apre un altro dibattito. La traduzione italiana rende giustizia alla battuta? "Mi avevi già convinta al ciao!", dice lei tra le lacrime e delusa. E non sta parlando, come qui sembrerebbe, di un famoso motorino, ma vuole soltanto dire che lui l'aveva saputa convincere a prima vista: ma adesso...

Dare la colpa alla traduzione non ci esime ovviamente dal ritornare alla domanda principale: perché la battuta non scatta più come una volta? Un capolavoro come Casablanca, per dire, ha ben sei frasi nella top cento dell'American Film Institute, a partire dalla mitca "Suonala ancora, Sam". E invece Eric Roth, lo sceneggiatore di Munich e Il curioso caso di Benjamin Button, confessa al New York Times di faticare a trovare una sola mezza battuta memorabile nello script che pure giudica notevole di The Social Network. Però, via, forse è un po' prevenuto. "Non si tratta di essere ossessionati: si tratta di esse motivati!": così, nel film, il ragazzo che inventerà Facebook si giustifica davanti alla ragazza che ama. E non vi sembra una frase da ricordare?

La verità è che anche le battute da film, in questo mondo espanso da Internet all'infinito, si perdono nel vuoto della specializzazione. Per esempio, trent'anni fa un cult come i Blues Brothers diventò subito universale, e tutti ci ricordiamo ancora la frase che il neonazista dell'Illinois confessa al suo capo mentre precipitano insieme in auto nel fiume: "Ti ho sempre amato!". E invece oggi ci si specializza perfino al cinema.

Tutto è nicchia. Prendete l'ultimo film del rampollo di Quentin Tarantino, quel Robert Rodriguez già autore del Mariachi. Il suo nuovo film, Machete - storia di un ex poliziotto messicano immigrato negli Usa che fa tutto, appunto, ma proprio tutto col machete - è stato applaudito dalla critica e da pochi fan. Ma nell'indifferenza del grande pubblico la frase celebre che quest'anno i fan del cinema hanno eletto sul cinema è proprio la sua. Immortalato mentre gli passano un cellulare per lanciare l'allarme col messaggino, quel gigante tutto cuore e senza cervello sbotta: "Machete don't text!".
No, volete mettere l'universalità di una volta. Il Clint Eastwood di "Coraggio... fatti ammazzare": una frase così mitica che è diventata il titolo dell'ultimo episodio dell'Ispettore Callaghan. Oppure, un pochino più giù nell'Olimpo, lo Schwarzenegger di Terminator 2: "Hasta la vista, baby". Neppure chi si confronta con le sue stesse glorie del passato regge il confronto. Prendete Oliver Stone e il primo Wall Street: "L'avidità è giusta". E prendete il sequel appena uscito 15 anni dopo: "Tu smetti di dire bugie su di me e io la smetterò di dire la verità su di te". Bella, per carità: ma un po' involuta.

E invece la grandezza di certe battute stava tutta nella loro laconicità. Fino a Forrest Gump, ancora lui, con quello slogan che è diventato una specie di manifesto degli ingenui di tutto il mondo: "Stupido è chi lo stupido fa". No, non ci sono più le battute di una volta. E se qualcuno prova a convincervi del contrario, via, sapete già come smontarlo: "Lascia perdere, Jack: è Chinatown".

Ue, congedo di paternità obbligatorio, in Italia proposta bipartisan: "Partiamo con quattro giorni


CRONACA

FONTE:TISCALI NOTIZIE


L’Unione europea prova a rivoluzionare gli equilibri familiari del vecchio continente con un’innovativa politica dei congedi parentali. Dopo la nascita di un bebè, i padri avranno due settimane obbligatorie col 100% dello stipendio mentre le madri ne avranno 20. Per il momento è una proposta della commissione Europea che deve ancora passare al vaglio del Parlamento e del Consiglio Ue, ma il segnale è importante anche per un paese come il nostro che, in materia di tutela della maternità, ha una delle legislazioni più favorevoli dell'intera Europa ma manca quasi del tutto di una cultura della paternità. Le deputate Barbara Saltamartini (PdL) e Alessia Mosca (Pd), sono le prime firmatarie di due proposte di legge per l`introduzione delcongedo obbligatorio di paternità alle quali sta lavorando la Commissione Lavoro della Camera.L’onorevole Alessia Mosca ci spiega a che punto è la versione italiana del congedo di paternità e in cosa si differenzia dalla direttiva Ue.
“Innanzitutto voglio dire che quella proveniente dall’Unione Europea è una notizia che ci ha resi molto lieti. Comporta un’innovazione che speriamo sia di stimolo per il nostro Paese il quale, soprattutto sui congedi di paternità, è molto indietro rispetto ad altri che negli ultimi 10 anni hanno già provveduto, prima della decisione europea, ad inserire almeno qualche giorno di astensione obbligatoria dal lavoro aumentando il ruolo attivo dei padri nella condivisione del lavoro di cura all’interno della famiglia. La proposta mia e della Saltamartini si basa proprio sull’esperienza di questi paesi pionieri ed è già a un buon punto visto che i due documenti originari sono stati unificati.”
Cosa prevede quest’unica proposta?
“Prevede quattro giorni di congedo obbligatorio nei primi tre mesi di vita del figlio. Siamo ancora indietro rispetto alla proposta Ue di due settimane, di questo ci rendiamo conto, ma abbiamo fatto questa valutazione perché vorremmo a tutti i costi portare a casa almeno il principio del cambiamento culturale. Come sappiamo siamo in un momento di tagli da tutte le parti e ci rendiamo conto che si deve trattare di qualcosa di realizzabile.”Stati come Francia e Regno Unito hanno votato contro la direttiva Ue ritenendola troppo onerosa per un momento di crisi come questo.
“Sì ma nonostante la crisi economica noi insistiamo sul principio. È chiaro che da un punto di vista pratico 4 giorni non sono risolutivi ma si tratta di uno stimolo alla visione del ruolo dei padri. Il nostro paese ha bisogno di questo cambiamento culturale. Abbiamo infatti osservato che anche pochi giorni obbligatori producono un effetto traino sulla possibilità di usufruire dei congedi facoltativi, istituto spesso ignorato dalle famiglie italiane.”Il congedo obbligatorio per i padri è un istituto a difesa della di paternità o un estremo tentativo di obbligare gli uomini ad assumersi una parte degli oneri che in genere sono solo femminili?
“Io non parlerei della difesa di una categoria rispetto all’altra. La cosa importante è investire nella famiglia e nella cura dei figli. Certamente la funzione della nostra proposta è anche quella di evitare che l’impegno gravi sono su una parte, che in genere è quella femminile, ma il principio è che i figli sono un bene di tutti e la loro cura non deve gravare solo sulla famiglia ma sulla collettività intera. Non si tratta di difendere qualcuno ma di rilanciare l’idea di investire pubblicamente nel rilancio della famiglia.”

Che favore incontra la vostra proposta di legge?
“All’inizio abbiamo avuto delle difficoltà ma ora abbiamo l’ok di massima da parte di tutti i gruppi, compresa la Lega che era la più recalcitrante. A questo punto il dato politico è acquisito e stiamo valutando le questioni più pratiche, ossia quelle dei costi. La prossima settimana abbiamo una riunione per le valutazioni economiche e di bilancio.”Pd e Pdl sono agli antipodi su quasi tutto.

Lei e l’onorevole Saltamartini rappresentate un’eccezione. Come è nato il vostro connubio?
“Io credo che questa esasperata distanza tra maggioranza e opposizione su cose che, per altro, non hanno alcuna ricaduta pratica, sia uno dei motivi che allontanano la gente dalla politica. Spero che lavorare insieme su questioni concrete, che non hanno nessun motivo per creare divisioni preconcette, sia un modo per dimostrare che la politica sa anche dare delle risposte pratiche e si può riavvicinare alle cose di tutti i giorni

giovedì 21 ottobre 2010

“Arsenico”. Cena con delitto, al “Cube” di Salerno





SPETTACOLO

FONTE:WWW.LAPILLI.EU
DI MARIA SERRITIELLO

Quella di venerdì 22 ottobre, al Restaurant bar “Cube” di Salerno, sarà una cena particolare. L’invito a gustare manicaretti, nell’accogliente locale di Via Dogana Vecchia n°30, nel cuore della movida salernitana, è invitante ma non rassicurante, perché chi vi si recherà , sa già che gli verrà servita una cena con delitto, condita con arsenico. Il potente veleno, “l’Arsenico”, altro non è che il titolo del il giallo, offerto ai commensali, tra una portata e l’altra, dal Cube e sceneggiato con eccezionale bravura dagli attori Brunella Caputo e Davide Curzio. Già nella passata stagione, Bruna e Davide hanno riscosso tanto successo di pubblico, con la fortunata serie di cene e delitto, da bissare anche quest’anno, per gli appassionati. La “Cena con delitto”, sperimentata dal Restaurant-bar è un’esclusiva del locale di Salerno per tutta la Campania. A riscrivere la sceneggiatura, per adattarla al luogo, è la brava Brunella Caputo, una giallista convinta, tanto da essere ella stessa un personaggio uscito dall’invenzione di Ellery Queen. Gli eccellenti attori sono coadiuvati, nella performance, da Teresa Di Florio e da due pezzi da 90 del jazz salernitano e non solo:Stefano Giuliani (sax) e Aldo Vigorito (contrabbasso). I virtuosi musicisti, della musica più libera, conosciuti ed apprezzati sia nell’ambito salernitano che in quello internazionale, creano con la loro musica l’atmosfera giusta per gustare a pieno la rappresentazione. Non manca la suspense, mista a semplice e coinvolgente convivialità, infatti, il pubblico, ad un certo punto delle indagine, interviene e con gli elementi raccolti saprà individuare esso stesso l'assassino.
Il delitto servito a cena, altro non è che la trasposizione del radio giallo molto in voga negli anni ’40, con durata 20/25 minuti. I gialli, essendo trasmessi per radio, un mezzo di grande fascino per favorire la fantasia, erano accompagnati dalle suggestioni e dai suoni particolari di un rumorista, antico mestiere oggi scomparso, grazie agli effetti speciali creati al PC, ma che per oltre cento anni ha accompagnato la vita della radio.



Venerdì 22 ottobre, alle 21 in punto, la cena si colorirà di giallo, senza che una goccia di sangue si sparga tra i commensali…. ce lo auguriamo!



Maria Serritiello
www.lapilli.eu

Chelsea Hotel, da Mark Twain ai Sex Pistols


I LUOGHI DELLA MEMORIA


FONTE:La REPUBBLICA.IT

Il mitico albergo nel quartiere bohemien di Manhattan è schiacciato dai costi di manutenzione. Qui hanno transitato scrittori, musicisti, attori: tutti i divi e i loro fan. Ha testimoniato di tragedie e creazioni immortali di grandi geni, spesso squattrinati e ospitati gratis. Hillary e Bill Clinton se ne innamorarono al punto da chiamare così la loro figlia. Il suo futuro è incerto.

La camera numero 100 non c'è più ma i pellegrini sconclusionati del punk continuano a bussare ancora alla porta del Chelsea Hotel per chiedere della stanza dove finì nel sangue la storia d'amore di Sid & Nancy. La camera 822 invece è quella dove svernava Madonna, che una notte si tirò fin lassù Basquiat, l'artista: e quello famoso, ai tempi, era lui. Al piano di sotto strimpellava Bob Dylan, che aveva rubato il nome al poeta che al Chelsea Hotel era morto alcolizzato, Dylan Thomas ("Questa sera ho fatto il record: 18 wishkey"), e che era impazzito sui dischi introvabili di Harry Smith, il musicologo e mago che credeva di essere figlio del satanista Alistair Crowley, e dal giardino all'ultimo piano del Chelsea Hotel, durante un plenilunio, aveva disotterrato uno zombie - che alla clientela dell'albergo per la verità sembrava solo uno dei tanti strafatti che frequentavano la hall. Anche Jack Kerouac e William Burroughs si spingevano fin lì, per andare a trovare Herbert Hunke, il tossico e ladro che aveva ispirato l'Urlo di Allen Ginsberg: Burroughs, che era il più anziano di tutti, vestiva come un signore di un'altra epoca, e all'inizio Hunke scappava perché pensava fosse un poliziotto in borghese.

Mi ricordo bene di te al Chelsea Hotel, cantava Leonard Cohen, e si ricordano bene del Chelsea Hotel tutti quelli che hanno sognato New York almeno una volta nella vita, tutti quelli che l'hanno inseguita nelle canzoni, nei quadri, nei film, nei romanzi e nelle poesie, insomma tutto quello che l'albergo sulla 23esima strada sembrava essere stato costruito per evocare. E pensare che quel monumento alla bohéme era stato pensato, invece, per rappresentare le magnifiche sorti e progressive della borghesia: nel 1884 era l'edificio più alto di Manhattan e quindi del mondo, un immenso condominio di lusso svettante lì, in quella frontiera della città che fuori dai confini di Dowtown - da Wall Street a Washington Square fino al Village - si stava scoprendo metropoli. Solo anni dopo, 1905, il condominio si trasformò in ricchissimo hotel. E solo anni dopo il ricchissimo hotel infine decadde: per risorgere in mito.

Da ieri, questo mito è in vendita. Stanley Bard, il manager che fino a tre anni aveva portato avanti la tradizione di famiglia - con il motto che rovesciava il titolo di quel disco di Frank Zappa, "Non siamo qui per far soldi", e infatti per gli artisti c'era sempre un "pagherò" - dopo aver ceduto la gestione della hall si è arreso anche alla volontà dell'altra dozzina di azionisti. Toppi milioni di dollari andrebbero scommessi per rimettere in piedi la Vecchia Signora di Chelsea. Troppe ammaccatture: troppa umidità. E così è toccato al "Wall Street Journal", il quotidiano della finanza - cioè l'unico giornale che in più di cent'anni quasi nessuno dei miserabili del Chelsea Hotel avrà mai sfogliato - svelare ai newyorchesi che quel tesoro di polvere rischia di andare perduto per sempre: magari trasformato in uno di quei boutique hotel che fioriscono in città e che sono fascinosissimi, per carità, ma quanto un frigorifero.

Bard giura che l'albergo era ancora in attivo e in fondo è vero. Il ristorante El Quijote, uno dei primi spagnoli di New York, è dal 1934 che non ha un tavolo vuoto, e da qualche tempo nel sottoscala, per darsi un tono, l'hotel aveva aperto anche il Chelsea Room, dove sciamavano ragazzini che però neppure sapevano quali fantasmi avevano popolato quel tempio. Ma è la ristrutturazione che è diventata insostenibile: come una cattedrale di cemento dell'Europa dell'Est, il Chelsea muore schiacciato dal peso della sua grandezza, dai costi della sua manutenzione. E pensare che qui si fermarono Mark Twain e Thomas Wolfe - il primo, quello di "October Fair", il maestro dei beat: quello del "Falò delle Vanità" lo bazzicò però da gran cronista. E pensare che qui scendeva la grande Sarah Bernhard - oltre, s'intende, a Stormeé de Larvieré, la prima drag queen.

Ci sono passati tutti, al Chelsea Hotel. Qui Arthur C. Clarke scrisse "2001 Odissea nello spazio". E qui Andy Warhol ambientò "Chelsea Girl": con Nico e gli altri suoi ragazzi. Qui Joni Mitchell scrisse quella "Chelsea Morning" che fece innamorare Bill e Hillary Clinton: che Chelsea chiamarono appunto la loro signorina, poveretta quando l'ha scoperto. E giù giù: da Dee Dee Ramone dei Ramones ai giorni nostri. Da Patti Smith ad Abel Ferrara.

Quanti nomi? Sulle "Leggende del Chelsea Hotel", Ed Hamilton ha scritto un libro pieno di tanti aneddoti quante pulci potevano contenere le sue stanze: tantissime. E il Chelsea Hotel rivive anche in uno degli ultimi grandi romanzi scritti sulla Grande Mela dopo l'11 settembre: quel "Netherland" di Joseph O' Neill che il "New York Times" ha paragonato addirittura al Grande Gatsby.

Mi ricordo bene di te al Chelsea Hotel, cantava Leonard Cohen. Dice l'ultima leggenda pulciosa che la canzone fu ispirata da un giochino, diciamo così, che gli fece Janis Joplin. E che la stanza numero 100, quella dove Sid Vicious dei Sex Pistols uccise Nancy Spungen, fu cancellata invece dai proprietari, stanchi del casino che ci facevano i punk ogni volta che chiedevano di fermarsi. E adesso?

La città che non dorme mai è il teatro di alberghi che sono una favola. Il Plaza che sorveglia Central Park, per esempio. O il Waldorf Astoria che è "la casa dei presidenti" quando vengono a New York. Ma questa era tutta un'altra storia. "I remember you well in the Chelsea Hotel / That's all, I don't even think of you that often". Mi ricordo bene di te al Chelsea Hotel, questo è tutto: in fondo, non ti penso neppure così spesso.

Leonard Norman Cohen (Montreal, 21 settembre 1934) è un cantautore, poeta e compositore canadese.Leonard Cohen è nato a Montreal nel 1934 da una famiglia ebraica immigrata nel Canada. Suo padre era di origini polacche e sua madre di origini lituane.

Fin dai tempi dell'università a Montreal, Leonard Cohen si dedica alla poesia. La sua prima raccolta vede la luce nel 1956, con il titolo di Let Us Compare Mythologies. In questo periodo si incontra con alcuni amici poeti, in un congresso informale di lettura e critica dei rispettivi componimenti. Un primo album di reading, contenente otto poesie recitate da Cohen, esce nel 1957 con il titolo di Six Montreal Poets. Nel 1961 viene pubblicata la raccolta di poesie The Spice-Box of Earth.

Trasferitosi a Hydra, un'isoletta della Grecia, famoso rifugio di artisti d'ogni genere, pubblica nei primi anni sessanta raccolte di poesie (tra cui Flowers for Hitler, fiori per Hitler) e due romanzi, Il gioco preferito (1963) e Beautiful Losers (1966). Nel primo di essi alcune righe denotano l'importanza data alla parola e nello stesso tempo la difficoltà sovente di comprenderla:

« Vorrei dire tutto ciò che c'è da dire in una sola parola. Odio quanto possa succedere tra l'inizio e la fine di una frase »


La sua canzone Suzanne (del 1966) ne decreta il successo universale a livello musicale. Alla musica si avvicina grazie alla cantante e amica Judy Collins che per prima ne interpreta alcune canzoni e lo esorta a tentare la fortuna con la musica.

Altri brani celebri di Cohen sono: Famous Blue Raincoat, The Partisan, So Long Marianne[1], Chelsea Hotel #2, Sisters of Mercy,Allelujah,cantata da Bob Dylan
Autore di testi toccanti, arrangiatore geniale e cantante dalla "voce di rasoio arrugginito" ("Sono nato così, non avevo scelta, sono nato con il dono di una voce d'oro..." canta in Tower of Songs), rivoluziona la figura del cantautore avvicinandolo al poeta

mercoledì 20 ottobre 2010

Sicurezza, Olanda, spray Dna sui luoghi per rintracciare i ladri


CURIOSITA'

FONTE:TISCALI NOTIZIE

"Se rubi, sei segnato". Il cartello è ben esposto all'esterno di un McDonald's di Rotterdam, in Olanda, per avvertire che il locale è provvisto di un nuovo e rivoluzionario sistema di allarme. Un sistema che spruzza un velo invisibile e inodore che segna con un Dna sintetico chiunque lo oltrepassi, avvertendo - allo stesso tempo - la centrale di polizia. Lo spray contiene una sorta di Dna che contraddistingue il luogo o l'oggetto, consentendo alla polizia di riconoscere il colpevole di un furto o di un'effrazione. A parlare dell'innovativo sistema è oggi il 'New York Times'. La polizia, in realtà, non ha ancora mai arrestato nessuno con questo sistema, sviluppato in Gran Bretagna da due fratelli, secondo cui l'obiettivo è quello di dissuadere i ladri, piuttosto che di arrestarli. Il sistema di prevenzione del crimine, comunque, sembra piacere alle autorità cittadine, che ne stanno promuovendo l'uso anche per 'segnare' macchine fotografiche e altri oggetti di valore. L'università di Rotterdam, per prima, lo ha utilizzato per proteggere i suoi 4.000 computer.

Per le donne il fitness, gli uomini invece preferiscono il calcio e la bici


INDAGINE

FONTE:TISCALI NOTIZIE

Lo sport è sempre più rosa: secondo dati Istat l`incremento dell`adesione femminile all'attività fisica ha superato per ritmi di crescita quello maschile (+5,3% rispetto a -0,9%). E aumenta il numero delle rappresentanti del gentil sesso che si dedica alla propria forma fisica anche dopo i 40 anni."Vent’anni fa le donne che praticavano sport in età adulta erano veramente poche - spiegano gli esperti della Sigascot, la Società Italiana di Chirurgia del Ginocchio, Artroscopia, Sport, Cartilagine e Tecnologie Ortopediche -. Oggi, grazie alla diffusione delle palestre e a un bisogno sempre più espresso di benessere e forma fisica, si assiste ad una larga partecipazione femminile allo sport anche dopo i 40 anni".Alcuni sport si connotano come prettamente femminili, mentre per altri la quota di uomini praticanti è sempre superiore. Ginnastica, aerobica, fitness e cultura fisica risultano essere maggiormente diffusi fra le donne (39,5% rispetto al 15,3% degli uomini), così come il nuoto (26,6% rispetto al 16,9%), la danza e il ballo (13,5% contro l'1,4%) e la pallavolo (8% rispetto al 3%), mentre per tutte le altre attività la quota dei maschi praticanti è sempre superiore a quella delle donne.In particolare alcune discipline si configurano come prettamente maschili: fra queste il calcio (praticato dal 39,7% degli uomini a fronte dell'esiguo 1,5% delle donne), il ciclismo (9,6% rispetto al 2,9%), il tennis (7,7% rispetto al 3,7%), la caccia e la pesca (praticate esclusivamente dagli uomini). Nella scelta dell'attività da praticare sarebbe bene prima consultare il proprio medico: "Esistono dei limiti funzionali e biomeccanici di cui, soprattutto le donne, devono tenere conto nella scelta ", spiega Piero Volpi, medico sportivo e presidente del Comitato Sport di Sigascot."Le donne hanno una biomeccanica del ginocchio più sfavorevole rispetto all’uomo in certe discipline, e inoltre hanno una massa muscolare meno sviluppata che può andare incontro a problemi in attività come il basket o la pallavolo. Per questo motivo è importante che la scelta dello sport sia sì individuale e che incontri il gusto personale, ma deve esserci anche un indirizzo del medico di base o dello sport che consigli qual è la disciplina migliore per le proprie caratteristiche", conclude l’esperto.

Un francobollo dedicato a Sordi


CINEMA

FONTE: ANSA.IT

Collezione filatelica dedicata a Sordi, Gassman e Fellini

Sara' presentata a Roma, a Palazzo Bucardi, sala Biblioteca Alberto Sordi, il 26 ottobre prossimo, la collezione filatelica a edizione limitata dedicata al grande attore italiano, realizzata da Poste Italiane su proposta della Fondazione Alberto Sordi.

Un francobollo che sara' emesso il 28 ottobre, fara' parte di un trittico per celebrare tre grandi protagonisti del cinema

martedì 19 ottobre 2010

Sì alla retroattività del Lodo Alfano


POLITICA


FONTE:TISCALI NOTIZIE

La commissione Affari costituzionali ha approvato con 15 voti a favore e 7 contrari l'emendamento del relatore Carlo Vizzini al lodo Alfano in base al quale ''i processi nei confronti del presidente della Repubblica o del presidente del Consiglio, anche relativi a fatti antecedenti l'assunzione della carica, possono essere sospesi con deliberazione parlamentare''. Hanno votato a favore 13 senatori del Pdl e Lega piu' il senatore finiano Maurizio Saia e il senatore dell'Mpa. L'opposizione ha detto che con questo emendamento si e' creato un mostro giuridico.

C’è vita nel teatro: è Giorgio Albertazzi


TEATRO


FONTE:TISCALI NOTIZIE
DI OLIVIERO BEHA


Leggevo con emozione intellettuale nei giornali di fine settembre: “ Scoperto un nuovo pianeta ritenuto il gemello della Terra: lo hanno annunciato alcuni ricercatori della California e di Washington. E’ grande tre volte la Terra e orbita a una distanza che lo situa al centro di quella che viene definita la ‘zona abitabile’, cioè la giusta distanza da una stella. Ciò rende possibile trovare acqua sulla superficie dei pianeti e li rende dunque ‘abitabili’. Gli studi che hanno reso possibile…”. Ecc.ecc.La notizia è poi sparita dai media. Riapparirà presto, magari, proprio come una stella da osservare con il naso all’insù. Molto più vicino a noi, al centro della nostra terra personale, della nostra vita di tutti i giorni, delle emozioni, della cultura “alta” e “bassa”, c’è il teatro. E in particolare il teatro non/teatro o meta-teatro o para-teatro che ormai da qualche anno realizza Giorgio Albertazzi, nel pugno degli attori indimenticabili del Novecento che resiste impavido ancora oggi, venerabile, venerando e giovanissimo.A differenza degli altri grandissimi, ultimo specifico Carmelo Bene, Albertazzi ha però cercato fortissimamente e trovato di recente l’elitropia del teatro: la pietra filosofale che ficca la vita sul palcoscenico e il palcoscenico nella vita, la passerella sospesa nel vuoto delle nostre anime che si riempiono di quel “passaggio” così rischioso sull’abisso, la “grazia” insieme etica ed estetica che trasforma l’attore in tutti noi e tutti noi in quel particolare “attore”, che agisce per noi e con noi nel senso più letterale e figurato insieme del termine.Tutto ciò, la vita su questo nuovo e insieme vecchissimo pianeta, esattamente come per quello segnalato all’inizio, l’ho trovato non per caso sabato scorso nella penultima replica di “Lear”, a Roma, al Teatro India (ancora visibile quest’anno a Napoli, dal 22 al 27 ottobre prossimi, al Nuovo Teatro Nuovo). ”Lear” è una pesante e insieme pregiatissima opera di William Shakespeare sul rapporto padre/figlie, potere e senso del potere, vuoto/pieno dei sentimenti e delle persone ecc. Prima di “Lear” si ricordano decine e forse centinaia di spettacoli di teatro shakespiriano resi memorabili da Albertazzi, da quell’ “Amleto” in inglese che lo ha reso immortale nel tempio naturale dei connazionali del “Bardo” in poi, e recentemente (ma che vuol dire questo avverbio per un artista così?) o quasi quelle “Memorie di Adriano” di cui gli spettatori solitamente riferivano “Sono ormai le memorie di Giorgio”, tanto era riuscito a penetrare nell’anima più inaccessibile dell’imperatore della Yourcenaire.Ma con “Lear” è un’altra cosa. Non sto a raccontarvi lo spettacolo, è come spiegare le poesie, se non addirittura le barzellette (non paia troppo “profano” il riferimento, l’ironia di Albertazzi riesce a tenere insieme i vari registri della parola, fino alla barzelletta). Albertazzi, più vicino ai 90 che agli 80, non è semplicemente Lear, un’idea di Lear, un’interpretazione di Lear, il vecchio re che non richiesto, “gratuitamente”, divide in vita, anzitempo, il suo regno tra le figlie con il casino umano e di potere che ciò prevedibilmente avrebbe comportato e comporta, ieri come oggi. Non farebbe notizia, un gran Lear, l’ennesimo, di Giorgio “favorito” dagli anni naturalmente nella parte.Il punto è che non è una “parte”: Albertazzi fa Albertazzi mentre fa Lear e viceversa, spiega Lear idealmente a tutti noi, in primis a lui stesso, spiega Albertazzi “nella fine del cammin di nostra vita” a lui e a noi, riempie un palcoscenico, non-palcoscenico ma scena qualunque di un qualunque momento della nostra quotidianità, delle nostre domande abituali, formulate oppure no. Albertazzi fa un’unica parte in questo “Lear” mostruoso non tanto e solo di bravura (non farebbe notizia…) ma di senso, di risposta in itinere a queste domande: la parte è quella della nostra esistenza comune, di un denominatore umano che coglieva Shakespeare allora e raramente coglie qualcuno oggi, in tempi balordi e impoveriti dalla mancanza di scintille dell’acciarino interiore.C’è vita, sì, nel teatro, se il teatro fa la parte della vita, c’è vita in questo nuovo/vecchio “pianeta abitabile” dove le parole sono l’acqua che lo rende vivibile, che ci restituisce la sete e la possibilità di dissetarci, il senso e il suono, il significante e il significato, rompendo tutte le solite “pareti” di circostanza o se volete la distanza siderale del cosmo. Questa è cultura non venduta all’incanto, ma mani che si stringono su quel vuoto che comunque sotto fa paura. Sotto la passerella sulla quale a rischio e fatica ondeggiamo, intendo, Giorgio, il suo gruppo di attori, gli spettatori ubriachi di verità meta-teatrale in una drammaturgia del necessario, io che scrivo e voi che leggete. Almeno, mi sembra così…

Forse i libri di carta hanno stufato, ma non è detto che con l'e-book i giovani leggeranno di più


UNIVERSO SCUOLA

FONTE:TISCALI NOTIZIE
DI MARCO LODOLI

Ricordo ancora la breve conversazione con una mia studentessa del primo, una quattordicenne che andava piuttosto male, tanto che fu bocciata e subito cambiò indirizzo, ma che secondo me aveva una bella testa. E’ stato un paio d’anni fa. Io la incitavo a leggere, ad accordare almeno un minimo di fiducia alle parole scritte da uomini e donne grandi, geni che possiamo incontrare solo aprendo un libro: insistevo e lei teneva lo sguardo basso e scuoteva la testa. “Guarda che ti perdi qualcosa di bello, io adesso sto leggendo i racconti della Mansfield, sono emozionanti, commoventi, profondi, mi piacerebbe se li leggessi anche tu.”E quella ragazzina ha alzato gli occhi e mi ha detto, dritto per dritto: “I libri sono una cosa vecchia”. Lo dicono in tanti, non è una novità, non mi sono sorpreso neppure quella volta. Ma lei non intendeva banalmente che leggere è una noia, uno strazio, una rottura infinita – come appunto ripete la maggioranza degli italiani. Lei mi spiegò che non le piaceva proprio l’oggetto libro, quel parallelepipedo fatto di tanti fogli di carta inchiostrata, con quella copertina e quell’odore e quella consistenza. Il libro per lei, quattordicenne di borgata, era una forma antiquata per trasmettere un sapere, un piacere, un’avventura. “Per quelli della mia età che sono cresciuti davanti al video, al computer, allo schermetto del telefonino, le pagine dei libri sono come le foglie gialle, roba caduta, autunno. Se le storie fossero presentate in un altro modo, forse leggerei, forse.”E io improvvisamente ho intuito che aveva ragione. Non ragione in assoluto, perché sui libri ovviamente io la penso in un’altra maniera, a me piace l’odore della carta, la rilegatura, quei caratteri, quel peso nella tasca quando vado in giro. Però la ragazza mi spiegava perfettamente com’è cambiato il tempo. Prima era così, ora è cosà. Prima c’erano quelli che si divoravano la carta scritta - metaforicamente ma anche concretamente, un mio professore all’università strappava il bordi delle pagine e li masticava – e ora ci sono tanti ragazzi nati nel 1992, nel ‘95, nel ’97, che cercano altri strumenti per avvicinare un pensiero, una narrazione. E per loro, ma forse per tutti, finalmente è arrivato il momento dell’e-book.Tutte le maggiori case editrici stanno riversando parte del loro catalogo e quasi tutte novità nella nuova forma. Basterà possedere un lettore adatto per scaricarsi e godersi il nuovo libro di Ammaniti o il saggio di Citati: e costerà molto di meno. Sta per accadere una vera rivoluzione, e sono curioso di vedere quanti libri in più si leggeranno ora che piccolo un accrocco elettronico può contenere una biblioteca intera. I ragazzini leggeranno di più? Sarà cool sfogliare un bel libro sull’Ipad? O nemmeno l’e-book ce la farà a smuovere gli indifferenti? Forse per amare un libro e trasportarselo dentro servirebbe un imbuto magico da appoggiare sulla fronte: si versano le parole e non si fa nessuna fatica, tutto cola dentro spensieratamente