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venerdì 28 ottobre 2016

E' morto Luciano Rispoli, signore della televisione educata



Fonte: La Repubblica.it
di Silvia Fumarola

Volto storico della tv aveva 84 anni. Nella sua lunga carriera ha ideato 'Parola mia' e 'Il tappeto volante'

E' morto Luciano Rispoli, volto storico della tv. Nato a Reggio Calabria nel 1932, giornalista, conduttore radiofonico e televisivo,  già direttore del Dipartimento Scuola Educazione della Rai dal 1977 al 1987. Rispoli si è spento a Roma. "Luciano Rispoli è mancato ieri sera tardi nella sua casa di Casalpalocco", specifica il giornalista e scrittore Mariano Sabatini, a lungo suo collaboratore. "Con grandissima costernazione, e in accordo i la moglie e i figli, devo dare la triste notizia della scomparsa del popolare giornalista, autore e conduttore di programmi celeberrimi: Parola mia e Tappeto volante su tutti. Entrato in Rai, in seguito a un concorso per radiocronisti nel 1954 ricorda Sabatini- ha continuato a proporre la sua televisione civile e rispettosa anche dopo aver lasciato la tv pubblica, dal 1991, su Tmc e poi su altre emittenti, con un rientro in Rai nel 2002-2003". I funerali si terranno domani, 28 ottobre, a Roma, presso la Parrocchia di San Timoteo, viale Prassilia (zona Casal Palocco) alle 11.

DIPOLLINA Com'era bella la tv del pomeriggio, senza scandali e delitti

"Rispoli è mancato dopo una lunga malattia a 84 anni, compiuti il 12 luglio scorso. Io posso solo dire, al di là del grande dolore che provo in questo momento, che è stato un grande privilegio collaborare quindici anni con un padre fondatore della tv come lui. Da Rispoli ho imparato tanto. Tutto. E mi dispiace" conclude Sabatini  "che purtroppo questa Rai a cui aveva dato tantissimo, negli ultimi anni lo aveva dimenticato, provocandogli grande rammarico.

L'amore con la Rai nasce dal 1954, ovvero l’anno dell’avvio ufficiale delle trasmissioni. Rispoli vi approda per concorso, attraverso le selezioni  per radiocronisti e dopo un  provino con Vittorio Veltroni. Per la radio partecipa alle Radiosquadre, conduce il Buttafuori e partecipa all'ideazione della trasmissione cult Bandiera gialla (di cui inventa il titolo), di Chiamate Roma 3131 e della famosa Corrida di Corrado. In qualità di responsabile del settore varietà fa esordire Maurizio Costanzo per i testi di Canzoni e nuvole di Nunzio Filogamo, Raffaella Carrà (Raffaella col microfono a tracolla), Paolo Villaggio, a cui affida il primo programma dal titolo Il sabato del Villaggio e Paolo Limiti. Tra il 1977 e il 1987,  durante gli anni in cui ha diretto il Dipartimento Scuola Educazione (l’attuale Rai Educational), Rispoli ha proposto varie edizioni di Intervista con la scienza, protagonisti luminari della medicina e altre discipline, come l’astrofisica Margherita Hack.

Per il grande pubblico era "zio Luciano", come lo chiamva la pianista Rita Forte. Innamorato del suo lavoro, perfezionista, voce un po' nasale che ha ispirato parodie irresistibili (tra gli imitatori più famosi di Rispoli ci sono Fabio Fazio, Neri Marcorè, Pierluigi Oddi, Mario Zamma e Max Tortora), modi d'altri tempi, a tratti cerimonioso, ospitava nel suo salotto attrici e scrittori "per il piacere di ascoltare". Lo diceva lui stesso: "E' vero che a volte sono un po' cerimonioso. Ho fatto esercizi per parlare in modo più asciutto, meno iperbolico, ma non sono riuscito a cambiare una virgola, sono così. L'urlo, lo scandalo e la volgarità non hanno mai abitato nella mia televisione, per questione di rispetto". Il suo salotto televisivo era sempre affollato di ospiti; ha lanciato Melba Ruffo, Samantha De Grenet, Roberta Capua e Michela Rocco di Torrepadula.

Sposato con Teresa Betto, ha avuto tre figli. Le nozze furono celebrate da Padre Pio. " Il rito era fissato per le 4 del mattino" ha raccontato "Ci avvicinammo all'altare e dopo un po' arrivò. Era un uomo burbero, ai limiti della scortesia, frettoloso anche nella celebrazione del matrimonio. Dava la sensazione di adempiere con fatica e con fastidio agli obblighi enormi della sua vita di santo in terra". Quando ha compiuto 80 anni aveva confessato a Vanity Fair: "Mi avevano messo il pacemaker e non andava mai bene: a volte i battiti cardiaci erano troppi, a volte troppo pochi. C’era solo un momento in cui la frequenza era perfetta: quando il tecnico abbassava il braccio, la spia sulla telecamera si accendeva e io ero in onda". La televisione lo faceva stare bene.






mercoledì 26 ottobre 2016

I trecento di Goro e il loro slogan "prima gli italiani" sono la vergogna di questo Paese


Fonte: Huffington Post
di Deborah Dirani
                                
Non vedo uomini tra i 300 schierati a difesa del loro territorio: una nuvola di case sospese tra la nebbia del delta del Po. Non c'è Leonida a guidarli, non c'è valore nelle loro barricate. Se è per questo, comunque, non c'è neanche quel minimo sindacale di pietà che fin dai tempi di Atene e Sparta sono riservati a donne e bambini. Prima ci si preoccupa di mettere loro al sicuro, poi, gli uomini quelli tipo Leonida e non i leoncini della bassa padana, provvedono a sé.
Ma ieri sera a Goro, anzi a Gorino, 600 anime affastellate lungo la fine del grande fiume, le donne e i bambini (8 donne e 11 bambini) non solo non sono stati protetti ma sono stati cacciati via. Non c'era posto per loro tra quelle 600 anime bianche. Non c'era posto per quelle nere di nigeriani e ivoriani che scappano dalla miseria e si imbarcano in delle tinozze in cerca di una vita migliore.
"Noi qui non vi vogliamo", urlavano 300 (dico trecento!) dei 600 abitanti di questo avamposto di umanità. E sorridevano a favor di telecamere e macchine fotografiche nei loro giubbini firmati e colorati. Che certo: gli italiani hanno fame ma i soldi per i piumini più cool della stagione riescono sempre a metterli insieme. Cosa ridete? Mi chiedo io. Cosa sorridete soddisfatti di quella che considerate una vittoria del vostro diritto ma che in realtà è una delle sconfitte più rivoltanti di cui la storia porterà traccia. Perché certo quei 19 poveracci scappati da chissà dove non verranno a mischiarsi con voi, li hanno spediti (come pacchi postali mal recapitati) a un nuovo indirizzo. E voi potete starvene tranquilli in mezzo alla vostra nebbia, con le vostre cozze, con quell'umidità che ammuffisce le vostre case. Potete restarvene lì: 600 italiani dei quali, da italiana, mi vergogno.
Avete innalzato barricate di bidoni e di bancali per impedire che 19 esseri umani trovassero il rifugio minimo che si concede a chi ha patito un esodo. E dire che a messa ci andate e vi commuovete ogni volta al racconto di Maria che è stata costretta a partorire in una stalla e ad appoggiare suo figlio, appena nato, in quel che restava di una mangiatoia. Bene: sappiate che tra quei 19 esseri umani c'era una donna incinta e voi le avete chiuso in faccia la porta delle vostre case. Esattamente come fecero 2016 anni fa altri prima di voi. E sorridete, fieri di averla spuntata contro un prefetto che aveva disposto, soluzione straordinaria certo, la requisizione temporanea di un ostello in cui far trovare pace e riparo, almeno per un po', a questi poveretti.
Io vi vorrei guardare negli occhi uno a uno. Sarei curiosa di incontrare in vita mia della gente così cattiva. Sarei curiosa di entrare nelle vostre case per scoprire quella miseria che lamentate e che vi fa dire prima gli italiani. Sarei curiosa di vedervi intenti nel coltivare con convinzione quelle tradizioni che temete di perdere a causa "dell'invasione".
O forse no. Anzi, sicuramente è meglio di no, che non vi incontri mai, perché per vivere ho bisogno di mantenere fiducia nell'umanità e voi 300, che ieri sera avete chiuso la strada che portava al vostro paese e al vostro cuore, me ne avete scippata un bel po'. Perché non ci sono ragioni, no, no e no, per non avere pietà di donne e bambini che non hanno più una casa, che sono in una terra che non conoscono, in mezze a gente che non hanno mai visto e che manifesta nei loro confronti un odio ingiustificato e incomprensibile. Ché non sono loro, quei 19 esuli e nemmeno le migliaia che passano da qui in cerca di pace e fortuna, i responsabili dei vostri, ancora presunti, disagi, della vostra ancor più presunta povertà. Non sono questi disgraziati che vi hanno fatto perdere il posto di lavoro, che hanno fatto chiudere le fabbriche, che hanno aumentato la pressione fiscale. Averli chiusi fuori, avere sorriso vittoriosi di questo triste risultato vi qualifica, a voi 300, come uomini e donne senza cuore e allora meno male che vivete nascosti in mezzo alla nebbia perché non siete per niente un bello spettacolo.
 
 



                    

domenica 23 ottobre 2016

La ruota di Salerno non è una giostra





Fonte:Lucidartistasalerno.net

La ruota panoramica di Salerno non è una giostra ma un attrattore turistico inserito all’interno dell’evento Luci d’Artista». A dirlo  il direttore di Confcommercio Mariano Lazzarini le cui dichiarazioni sono riportate dal quotidiano Le Cronache in edicola oggi 23 ottobre 2016.  Si conta di staccare almeno 100 mila biglietti per tutto il periodo di permanenza della ruota a Salerno.
«L’iniziativa è stata finanziata interamente dalla società che non ha avuto contributi pubblici, quindi tutte le polemiche di questi giorni sono senza fondamenta – ha dichiarato Lazzarini – C’è stata una trattativa serrata per portare la ruota a Salerno visto che era contesa anche da Zagabria e infatti per la società è stata una vera e propria sfida quelli di inserire l’attrazione all’interno dell’evento di Luci d’Artista, una sfida alla fine accettata”.
Poi Lazzarini ha continuato: “La società ha sostenuto un notevole investimento di circa 140mila euro solo per il trasporto eccezionale della ruota. Ha acquistato 48 stalli da Salerno Mobilità per gli spazi occupati per il montaggio della struttura. Si tratta di una grande occasione per la città, è un enorme attrattore per i tantissimi turisti che verranno a visitare Salerno in quei mesi».
Inoltre il direttore di Confcommercio ha tenuto a precisare: “Questa non è una giostra, sia chiaro, ma un attrattore turistico. Ho trattato personalmente con l’imprenditore e la società per circa 8 mesi, perchè sapevo che avrebbe rappresentato una grande opportunità per Salerno. Ha già numeri da capogiro ed è una delle più alte in Europa. Basti pensare che ha anche acquistato una cassa a parte per l’energia elettrica e quindi il Comune di Salerno e i salernitani ne guadagneranno soltanto con questa nuova attrazione, oltre ovviamente alle Luci d’Artista”.
Infine Lazzarini ha annunciato: “Non solo ci sarà la possibilità di cenare “in aria” sulla ruota panoramica con serate a tema, ma stiamo lavorando anche per la colazione in alta quota. Si potrà infatti acquistare una cabina per 4 persone e per circa un’ora e mezza di tempo per poter consumare i pasti.
Ovviamente quando ci saranno serate del genere la ruota avrà dei ritmi molto lenti”. Insomma una polemica “montata” e smontata sia dal Comune di Salerno due giorni fa, sia ora da Confcommercio che vede nell’iniziativa soltanto una grande risorsa e opportunità per la città di Salerno
 
 







 

A Salerno, undicesima edizioni di Luci d’artista: i preparativi e le novità


Fonte:www.lapilli.eu
di Maria Serritiello


Continua incessante, in tutta la città, il montaggio delle istallazioni delle luci d’artista di Salerno, giunte all’undicesima edizione. Il 5 novembre è prevista l’accensione e la città, per svariati mesi, sarà la più illuminata d’Italia con i suoi 27 km a cingerla, in pratica nessuna zona è esclusa dalla luminosità e dalla bellezza. Le strade, i vicoli, le piazze si riempiranno di luce, proprio quando l’inverno accorcia e rende buie le giornate. Sono trascorsi 11 anni dalle prime timide istallazioni, che riprendevano i mosaici del duomo, poste in Via dei Mercanti, tanto criticate per via della poca luminosità. Ma si era all’inizio e nessuno avrebbe previsto il successo degli anni a venire, due milioni di visitatori, per fare di Salerno, il centro del turismo invernale di tutto il meridione. E così nuove istallazioni, in Piazza Flavio Gioia, al Corso Vittorio Emanuele, lungo la spiaggia di Santa Teresa, in Via dei Mercanti, e nella Villa Comunale si vanno ad aggiungere a quelle bellissime e d’autore degli anni precedenti. Le luminarie, che di giorno in giorno prendono corpo, pur non essendo accese, rendono la città festosa ed in attesa, gru, scale, operai, corpi luminosi, un fermento che fa bene alla vitalità e al dinamismo della città. Ad arricchire l’offerta turistica di coloro che verranno per la prima volta o per quelli che torneranno, quest’anno una novità assoluta, spuntata splendida nel sotto piazza della Concordia, l’istallazione di una ruota panoramica alta 55 metri, dalla quale ammirare il panorama mozzafiato della città e delle due costiere. La ruota è sbarcata a Salerno, dopo essere stata istallata per tutta l’estate a Rimini e ancor prima nella varie capitali internazionali come Londra, Lione, Bonn, Hong Kong, per citarne alcune. La ruota pesa 360 tonnellate, è composta da 28 cabine semichiuse, che è capace di far salire a bordo 168 persone a pieno carico. La ruota è stata realizzata nell’anno 2009 nelle città olandese di Amsterdam, la proprietà e la gestione sono dalla società Thewhell srl di Riccione. A bordo di essa, oltre che godere il più bel panorama, è possibile anche cenare, ogni giro costa 9 euro per gli adulti e 6 per i bambini. Ma non è tutto, giacché si aggiungono alla visioni delle luci anche altre offerte, per coloro che vogliono trascorrere in città giorni in serenità e di divertimento. Claudio Tortora, infatti, direttore artistico del Teatro del Delle Arti ha approntato una serie di spettacoli di tutto rispetto, che possono agganciarsi ai tours dei turisti. Altra novità dell’edizione di quest’anno sono le casette natalizie che si allungheranno fino alla zona orientale per non lasciare Pastena e Mercatello prive dell’atmosfera calda ed accogliente del Natale, ma tutto ciò sarà possibile goderne, nel mese di dicembre, quando le istallazioni prenderanno la caratteristica veste natalizia. Per intanto godiamoci il fermento laborioso degli operai, in attesa dello spettacolo che da 11 anni ci fa tornare ad essere bambini
Maria Serritiello
 
 

 

 

 

 

“Non è da tutti andare a Corinto” lo dice Geppino Lauriello al Caffè dell’Artista di Salerno

Fonte: www.lapilli.eu
di Maria Serritiello


 

Confermandosi Geppino Lauriello, Primario Emerito di Bronco pneumologia, scrittore e studioso del mondo antico e non solo, un affabulatore di gran classe, per i temi, che di volta in volta affronta al Caffè dell’Artista, l’associazione culturale che ogni lunedì tiene i suoi incontri, nella bellissima Sala Moka, al centro della città, lunedì 17 ottobre, ha trattato il tema “Non è da tutti andare a Corinto”. Proviamo a seguire quanto è stato descritto nella dotta conversazione, pur mantenendo leggerezza e soavità.

 

Prendendo spunto da una frase citata da Orazio nell’epistola 17 del I libro: …non è da tutti andare a Corinto (non omnibus licet adire Corynthum), Geppino Lauriello ha svolto un dettagliato excursus sulla ierogamia, ovvero sulla prostituzione sacra esercitata nel mondo antico ed in particolar modo a Corinto, un tempo notoria città di piacere e di fanciulle disponibili. La ierogamia, il cui apogeo può essere collocato tra V-IV secolo a. C. era un culto nato per iniziazioni rituali prematrimoniali di donne libere spontaneamente offertesi alla dea della fecondità e dell’amore nel tempio di Afrodite sull’Acro Corinto, di cui oggi non restano che scarse rovine. Una ritualità successivamente decaduta in seguito all’affidamento del compito a semplici ierodule, ovvero ad addette al tempio di modesta estrazione sociale, e ad etere, cortigiane provviste di una certa cultura, eleganti e raffinate, che partecipavano alle cerimonie religiose con musiche e canti.

 In definitiva la procedura aveva perduto l’aureola di sacralità ed era diventata una prostituzione vera e propria, anche se svolta seguendo una certa liturgia.

 

Il culto ierogamico era nato a Babilonia in Mesopotamia e ce lo descrive Erodoto, lo storico greco fiorito nel V secolo, probabile testimone oculare. Le donne si raccoglievano nel recinto del tempio dedicato alla dea in attesa di essere prescelte dal forestiero in visita. Questi poteva giacere con loro solo dietro il versamento di un’offerta obbligatoria particolarmente salata e dopo aver pronunziato una frase rituale. Da quel momento però, precisa lo storico, non ci sarebbe stata più somma bastevole per poter avere quella donna una seconda volta. 

La ierogamia fu fenomeno abbastanza esteso nel mondo arcaico. Da Babilonia e i paesi della Mesopotamia s’era diffuso in Asia Minore nella Lidia, poi in Fenicia,  quindi a Cipro, ad Erice in Sicilia, a Sicca in Numidia, a Corinto, diventato l’emblema, la rappresentazione simbolica del libertinaggio e delle follie erotiche, tanto da avere una serie impressionante di citazioni storiche e letterarie, riportate in gran parte dal relatore, anche a dimostrazione di una ricerca condotta con certosino impegno: Oltre Orazio, a parlarne sono Erodoto, Strabone, Eliano, Valerio Massimo, Diodoro Siculo, Pindaro, Ateneo, Diogene Laerzio, Ovidio, Pausania, Aristofane, Platone e perfino San Paolo nella Prima Lettera ai Corinzi.

 

Con l’avvento dei romani e la riduzione di Corinto a semplice capoluogo di provincia dell’impero, non si sentirà più parlare di ierogamia, anche se la città continuerà ad essere luogo di piacere e di sfrenatezze.  Ma con il sopraggiungere delle prime ombre del medioevo, anche il ricordo della Corinto di un tempo scomparirà del tutto, impietosamente soffocato dalle ceneri dell’oblio

Maria Serritiello.   
 
 

 

lunedì 17 ottobre 2016

La Clinica Santa Patrizia di Secondigliano chiude.


Fonte:www.lapilli.eu
di Maria Serritiello

Incredibile ma vero, la clinica Santa Patrizia di Secondigliano, chiude! Inequivocabile la scritta che lo annuncia all’entrata dell’edificio e nelle stanze degli ammalati. La clinica, del gruppo Ugliano, rilevata da una precedente gestione fallimentare, è un complesso di 90 posti letto, di assoluta eccellenza per le nascite, circa 1000 i bimbi che qui nascono ogni anno. Un numero considerevole che dà la dimensione dell’ottima professionalità svolta, proprio in una zona che non si trova al centro della City. Quella di Secondigliano, infatti, è una sorta di avamposto sociale che garantisce sicurezza e certezza di cura. Il bel palazzotto a tre piani, colorato di azzurro, ora ha le tapparelle ed il portone d’ingresso chiuso. Cerchiamo di capirne le ragioni:
La chiusura avviata il 15 ottobre 2016 della Clinica S. Patrizia di Secondigliano non rientra nella problematica della firma dei contratti, ma è una questione relativa al tetto di spesa a Lei assegnato, che fu calcolato in base alla media dei fatturati degli anni subito successivi al fallimento, ovviamente il conteggio diede un risultato inadeguato; tanto più se paragonato al tetto di cliniche con le medesime caratteristiche. Da allora, nonostante le reiterate richieste, la clinica continua a ricevere lo stesso compenso.
Si ribadisce che la struttura chiude soprattutto per la disparità di trattamento nella definizione del Budget, da cui consegue che il Tetto stesso venga raggiunto molto prima della fine dell’anno.
Le rassicurazioni generali del Governatore della Campania Vincenzo De Luca, il quale ha manifestato la volontà di affrontare i problemi delle strutture private convenzionate ed i loro tetti di spesa, fanno ben sperare e per questo anche per Santa Patrizia di Secondigliano e quella di Santa Maria La Bruna di Torre del Greco, nelle medesime condizioni. La proprietà, quindi, è fiduciosa nella figura del Governatore Vincenzo De Luca, per una soluzione della differente problematica che la riguarda ed auspica che ci sia un interlocutore disponibile all’ascolto, alfine di poter continuare ad assistere medicalmente la zona, ora deprivata di un’assistenza adeguata.
Maria Serritiello
 
 

A proposito del film "La verità sta in cielo"

 
 
Il 6 ottobre è uscito in tutte le sale il film di Roberto Faenza "La verità sta in cielo" sul caso della sparizione di Emanuela Orlandi. Essendo il rapimento di Emanuela  avvenuto tanto tempo fa è bene ricordarne i fatti che è poi la trama del film
 
Il 22 giugno 1983 Emanuela Orlandi, quindicenne cittadina vaticana, figlia di un messo pontificio, sparisce nel nulla dal centro di Roma, dando inizio a uno dei più clamorosi casi irrisolti mai accaduti in Italia e conosciuto anche all’estero. Sollecitata dallo scandalo “Mafia capitale” che attanaglia Roma ai giorni nostri, una rete televisiva inglese decide di inviare a Roma una giornalista di origine italiana (Maya Sansa) per raccontare dove tutto ebbe inizio e con l’aiuto di un’altra giornalista (Valentina Lodovini), inviata di un noto programma televisivo italiano, che ha scoperto una nuova pista, entra in scena un personaggio inquietante: Sabrina Minardi (Greta Scarano). E’ l’amante di Enrico De Pedis (Riccardo Scamarcio), meglio conosciuto come Renatino, il boss che ha saputo gestire meglio di ogni altro il malaffare della capitale, che, nonostante il suo passato, verrà sepolto nella Basilica di S. Apollinare, nel cuore di Roma, proprio accanto alla scuola di musica frequentata da Emanuela. La Minardi si decide a raccontare quanto afferma di sapere sul sequestro della ragazza, tra il percorso delle indagini, ipotesi, poteri forti e marci, depistaggi e omertà che si aggrovigliano.
E’ la verità? Quale intreccio indicibile si cela dietro i delitti rimasti impuniti nell’arco di trent’anni?
Il titolo del film è stato ispirato dalla frase pronunciata dal pontefice papa Francesco in una recente udienza con il fratello di Emanuela, Pietro: «Lei è in cielo»
 
Naturalmente nel film ci sono alcune finzioni per raccordare i fatti con il linguaggio del cinema , senza svisarne i contenuti.
 
L'operazione è stata onesta come lo sono i passaggi televisivi in" Chi l'ha visto" e quello in "Domenica in "di quest'anno condotta da Pippo Baudo.
 
Fabrizio PeronaciFabrizio Peronaci,, laureato in Scienze Politiche, appassionato di letteratura noir, Pasolini e poeti ermetici, lavora al Corriere della Sera dal 1992. Ha pubblicato con Pietro Orlandi il libro “Mia sorella Emanuela”. Nato lo stesso giorno di Fabrizio De Andrè, si occupa di cronaca nera e problematiche cittadine. Della sua città ama in particolare le banchine del     Tevere e la varia umanità agli angoli delle strade .
 
Su FB  oggi ha scritto, trovandosi in disaccordo con il film e il passaggio televisivo da Pippo Baudo che qui sotto riporto
 
Il caso di Emanuela Orlandi a "Domenica In"
La visibilità a tutti i costi non porta alla verità
Ma si', lo dico. Con tutto l'affetto sincero per Pietro, dal quale mi hanno diviso le ultime scelte (avallare l'ipotesi che fossero della sorella i gemiti del nastro fatto sentire in TV, sorvolare sulla voce di Marco Accetti sul lato B), non riesco ad applaudire la performance a Domenica In.
Scoprire che, su una vicenda complessa dalle numerosissime implicazioni storiche e giudiziarie, adesso il compito di fare domande venga attribuito a un pur bravissimo conduttore del sabato sera mi ha messo tristezza.
Non per Baudo, che è stato elegante e rispettoso, per quanto incapace di replicare alle molte inesattezze dette e ad alcune affermazioni totalmente infondate. Ma per il pubblico, indotto a credere che quella roba lì fosse fiction, infatti è di un film che si parlava, e che i fatti c'entravano poco, e infatti mica era un giornalista a fare le interviste.
Attenzione. L'esasperata ricerca della visibilità (il "purché se ne parli", per intenderci) può diventare a mio avviso una trappola, sottilmente ordita dallo stesso sistema al quale si chiede verità e trasparenza. Punta a banalizzare le questioni, a depurarle degli aspetti politicamente più gravi e in definitiva a costruire una verità alternativa, fittizia, non scomoda, falsa, con il beneplacito di chi esige giustizia. Fantastico, no?
Dispiace. Molto. Per le vittime che erano invece reali, quando furono sottratte alle loro famiglie. Per un Paese che, dando giustizia a Emanuela e Mirella, avrebbe potuto mettersi finalmente alle spalle le ombre del suo passato, il tempo della trame e della cattiva politica. Per il conformismo dilagante che, anche attorno a storie tristi e terribili, induce tanto persone a divagare verso l'intrattenimento piuttosto che esigere parole di verità da una informazione libera, coraggiosa e competente
 
Ho conosciuto Pietro Orlandi e Fabrizio Peronaci, a Salerno , la mia città, quando fu presentato il libro "Mia sorella Emanuela " e seguo il caso con passione ed affetto verso la famiglia Orlandi, per cui ho così risposto alle parole di Fabrizio 
 
"Fabrizio ho stima della tua ricerca di verità condotta fino ad oggi ma comprendo Pietro, per la miseria sono 40 anni che aspetta di sapere che fine ha fatto sua sorella...Il film l'ho visto e l'ho trovato rigoroso, tutte le notizie sono state raccolte in successione. Nessuno che segue il caso , da tanto, ha creduto nella giornalista che fa indagine, il linguaggio cinematografico è ben comprensibile, per cui nessuna verità distorta. Fabrizio la tua voglia di verità è quella di tutti noi ma la rabbia che prende nel vedere il film è innegabile, scuote dal torpore e dall'assuefazione del "va bene è andata così". Il film l'ho trovato onesto, come lo è stato il tuo libro e la tua ricerca, sono due linguaggi diversi, puntati, però, in una sola direzione: la verità. Ora abbiamo la parola scritta e la visione dei fatti, due maglio che uno. 'M' innervosisce che s'insabbi così spudoratamente la verità, questo potere che si prende il lusso di far sparire due fanciulle impunemente, è una cosa inaudita, insopportabile.E sai che ti dico, Fabrizio, che insabbiare per trent'anni è la prova della colpevolezza, non serve a nulla non mettere il nome alla parola fine, il nome c'è già ed è ancora peggio, perchè s'immaginano le più bieche illazioni. la chiesa dice "Io sono la via, la verità e la luce" Ecco dovrebbe ricordarsene..."
 
 
 

venerdì 14 ottobre 2016

Al Teatro Genovesi di Salerno "Uccelli, uccellacci e uccellini senza Pasolini, senza Totò e senza neppure Aristofane"

                                                      (foto Maria Serritiello)

Fonte:www.lapilli.eu
di Maria Serritiello

La rivisitazione libera, molto libera, dell'opera di Aristofane presentata dalla Compagnia teatrale "Ernesto & C”, per due sere di seguito, precisamente sabato 8 e domenica 9 ottobre, al teatro Genovesi di Salerno, ha molto divertito per aver rimaneggiato simpaticamente il testo del drammaturgo greco. Il regista Roberto Lombardi, che è anche l’autore di questa guittata scherzosa, ha preso spunto dall’opera di Aristofane, per una serie di divagazioni, tra il serio ed il faceto, su un possibile mondo ideale da costruire ex novo, in uno spazio libero dagli influssi divini e dalla cattiveria degli uomini, estensione molto spesso abitata dagli uccelli, nei loro momenti di libertà, quasi dimenticando il rapporto che gli stessi, in quanto esseri biologici, devono condividere con la madrepatria terra. Così, ogni occasione diventa un’opportunità per avviare l’operazione della dimenticanza, ora citando ritornelli musicali, metafore poetiche ed ora rimandi letterari e spunti di vita contemporanea, tutti legati al mondo che gli uccelli condividono con gli uomini. Tra lazzi, allusioni, gag, coralità fantasiose ed ancora, cambi continui di abiti e trasformazioni, sempre vivaci nei colori e nelle fantasie, gli interpreti sono stati chiamati a trasformismi ed a variazioni psicologiche, che per non esserci un canovaccio ben preciso, li ha visti impegnati, per poco più di un’ora, in uno sforzo recitativo non comune. Decisamente coraggiosa, perciò, la rappresentazione del pezzo, dove un filo sottilissimo ha fatto da spartiacque tra il tragico e il comico, mantenendo sul chi vive l’ignaro spettatore, che spesso deve essersi chiesto dove andasse a parare la pièce. Una scelta fantasiosa, quella del regista, al limite del laboratorio teatrale, dove la ricerca della parola e del gioco con essa, per creare situazioni paradossali, ha ricordato molto da vicino gli sproloqui comici di Alessandro Bergonzoni. Un’operazione ben riuscita che ha mantenuto vivida e sempre presente la difficoltà interpretativa dell'opera di Aristofane, nella quale si sono volute ricercare tante interpretazioni senza essere d’accordo su di una Pensare a dimenticanza farebbe un torto ad Aristofane, è più naturale pensare ad una filosofia di vita, molto verosimilmente della maturità. Bravi tutti gli interpreti: Angela Abate, Rita Basso, Anna Dalfino, Marisa Lambiase, Giulia Marchetti, Alfredo Marino, Catello Parmentola, Nicola Provenza, Dario Drago, ma bravo il Regista Roberto Lombardi che ha osato assemblare il tutto, mantenendo la problematicità di fondo. La scena disadorna, aria di occasionale incontro, con solo gruppi di sedie sovrapposte distribuiti sul palco, è di Ernesto &C, mentre il trucco e la direzione di scena è di Valeria Di Lorenzo.
 
Maria Serritiello
 
 
 

giovedì 13 ottobre 2016

Al Caffè dell'Artista di Salerno "Non è da tutti andare a Corinto"



Nobel per la letteratura a Bob Dylan



Fonte: Il Mattino.it
           Repubblica.it
           Wikipedia


Lo ha comunicato il Comitato dei Nobel a Stoccolma, l'annuncio è stato accolto dal boato dei presenti in sala. Sono vent'anni esatti dalla prima candidatura: nel 1996 fu indicato all'Accademia Reale Svedese come meritevole del prestigioso riconoscimento dal professore Gordon Ball

Il premio Nobel per la letteratura 2016 è andato a Bob Dylan «per aver creato una nuova espressione poetica nell'ambito della grande tradizione della musica americana». Il cantautore americano, 75 anni, ha conquistato il riconoscimento a vent'anni esatti dalla prima candidatura e nello stesso giorno della morte di Dario Fo, un altro Nobel per la letteratura che non era uno scrittore.

Nel settembre 1996 il menestrello del rock fu indicato all'Accademia Reale Svedese come meritevole del prestigioso riconoscimento dal professore Gordon Ball, docente di letteratura dell'Università della Virginia. A quella prima candidatura se ne aggiunsero altre da studiosi americani di importanti università Usa, ottenendo anche l'appoggio del poeta Allen Ginsberg, il cantore della Beat generation. All'epoca Ball spiegò che Dylan era stato proposto «per l'influenza che le sue canzoni e le sue liriche hanno avuto in tutto il mondo, elevando la musica a forma poetica contemporanea». Dai primi anni 2000 il nome di Bob Dylan è ricorso più volte nel toto-Nobel. Era dal 1993, quando vinse lo scrittore Toni Morrison, che il premio non andava a un americano.
 
 
 
 
« Per aver creato nuove espressioni poetiche nella grande tradizione della canzone americana. »
(Motivazione del Premio Nobel per la letteratura 2016)

Distintosi anche come scrittore, poeta, attore, pittore, scultore e conduttore radiofonico, è una delle più importanti figure degli ultimi cinquant'anni nel campo musicale, in quello della cultura popolare e della letteratura a livello mondiale.[2][3][4]
La maggior parte delle sue canzoni più conosciute risale agli anni sessanta, quando l'artista si è posto come figura chiave del movement, il movimento di protesta americano.[5] I suoi primi testi, fortemente influenzati dalla letteratura e dalla storia americana, affrontarono in modo innovativo temi politici, sociali e filosofici, sfidando le convenzioni della musica pop e appellandosi alla controcultura del tempo

 
 


 
 

Studente morto in un incidente Il liceo statale Regina Margherita di Salerno gli ha intitolato il laboratorio di fisica


Fonte: Il Mattino.it
di Vita Salerno

 Il liceo statale Regina Margherita di Salerno ha intitolato il laboratorio di fisica a Gerardo Farella, che nel luglio del 2015, appena diplomato, morì in un incidente d’auto insieme al suo amico Simone Rocco. Ieri mattina alle 10 la cerimonia. Presenti la preside, i compagni di classe, i professori, alcuni studenti dell’ultimo anno, il parroco che lo conosceva, la mamma ed il papà di Gerardo ed anche i genitori di Simone. Discorsi, ricordi, poi è stata scoperta la targa di dedica, con su una frase di Isabel Allende: «Non esiste separazione definitiva finché esiste il ricordo». Sinceramente commossa la preside Virginia Loddo: «Un momento di raccoglimento nel quale io per prima ho espresso l’orgoglio di aver avuto Gerardo nella nostra scuola, ricordando che ha rappresentato una delle eccellenze del nostro istituto. Un ottimo studente ed un ragazzo perbene, forte dei valori trasmessi dalla famiglia e consolidati nella scuola. Gerardo rappresenta per tutti i nostri ragazzi un esempio da percorrere». Il sentito ringraziamento dei genitori di Gerardo si accompagna ad un desiderio: «La scelta di intitolargli il laboratorio di fisica, materia che amava molto, significa tanto per noi - spiega  Angelo Farella, il papà - Vorrei riuscire a creare una fondazione che dia borse di studio per i ragazzi che scelgono materie scientifiche».
 
 

Addio Dario Fo, Premio Nobel della letteratura. Innovatore e uomo libero, dal teatro alla politica



Fonte: -Il fatto Quotidiano
            - Wikipedia
 
L'artista e intellettuale si è spento all'ospedale Sacco di Milano dove era ricoverato da circa due settimane. Nelle ultime ore i familiari erano stati avvisati dell'aggravarsi delle condizioni di salute. Renzi: "L'Italia perde uno dei grandi protagonisti del teatro, della cultura, della vita civile del nostro Paese". I parlamentari M5s: "Compagno di viaggio e punto di riferimento del Movimento"
 
Il primo a commentare è stato il presidente del Consiglio Matteo Renzi, da sempre al centro dei suoi attacchi satirici: “L’Italia”, ha detto il premier, “perde uno dei grandi protagonisti del teatro, della cultura, della vita civile del nostro Paese. La sua satira, la ricerca, il lavoro sulla scena, la sua poliedrica attività artistica restano l’eredità di un grande italiano nel mondo. Ai suoi familiari il cordoglio mio personale e del governo italiano”. Commossi i parlamentari M5s che in una nota hanno salutato “la guida morale del Movimento” (così lo ha definito su Twitter la deputata grillina Carla Ruocco): “La morte di Dario Fo”, si legge nella nota, “priva il Paese di una grande voce critica, una guida civile e spirituale. Ma priva pure il M5s di un punto di riferimento fondamentale, un compagno di viaggio allegro, geniale e profondo. Esprimiamo il nostro cordoglio più sentito per la scomparsa del premio Nobel e la nostra vicinanza al figlio Jacopo e a tutti coloro che, come noi, volevano tanto bene al grande maestro”. Così anche il sindaco di Milano Beppe Sala: “E’ stato uno dei migliori interpreti della storia del nostro tempo. Milano non dimenticherà i suoi insegnamenti. La scomparsa di Dario Fo ci colpisce nel profondo. Perdiamo uno dei più grandi rappresentanti della letteratura, del teatro e della cultura milanese e italiana”.
 
 
 Perché, seguendo la tradizione dei giullari medioevali, dileggia il potere restituendo la dignità agli oppressi. »
(Motivazione del Premio Nobel per la letteratura 1997)
 
Dario Fo (Sangiano, 24 marzo 1926Milano, 13 ottobre 2016[1]) è stato un drammaturgo, attore, regista, scrittore, autore, illustratore, pittore, scenografo e attivista italiano.
Firma
Vincitore del premio Nobel per la letteratura nel 1997 (già candidato nel 1975.I suoi lavori teatrali fanno uso degli stilemi comici propri della Commedia dell'arte italiana e sono rappresentati con successo in tutto il mondo. In quanto attore, regista, scrittore, scenografo, costumista e impresario della sua stessa compagnia, Fo è uomo di teatro a tutto tondo.
È famoso per i suoi testi teatrali di satira politica e sociale e per l'impegno politico di sinistra. Con la moglie Franca Rame fu tra gli esponenti del Soccorso Rosso Militante.

 

 

 
 

giovedì 6 ottobre 2016

Con i Blue Champagne inizia l’anno sociale del Caffè dell’Artista di Salerno




Fonte: www.lapilli.eu
di Maria Serritiello

Il 3 ottobre scorso, presso la prestigiosa “Sala Moka”, sita nel centro della città, in Corso Vittorio Emanuele 104 di Salerno, si è inaugurato l’anno sociale, 2016/2017, del “Caffè dell’Artista”, associazione culturale aderente all’U.N.I.A.C. Il Caffè dell’Artista è uno dei maggiori contesti culturali della città, per la mole d’incontri svolti nei vent’anni di attività, e proprio quest’anno ne ricorre il ventennale. In un giorno del 1996 e precisamente il 23 luglio, Florinda Battiloro, Maria Luisa Bergamasco, Anna Cipriani, Lucio Ronca, Edda D'Acunto, Rosetta Fruttu, Anella Vitolo, sentirono l’esigenza di vivere un’esperienza artistica- letteraria, di frequentarla, di produrla e di sperimentarla assieme a tante altre persone che con loro condividessero tale desiderio. Per nome fu scelto quello che ricordava gli antichi Caffè letterari, dove ad incontrarsi furono poeti, pittori, filosofi, artisti di ogni genere per parlare d'arte, e non solo.
Così, da quel giorno, ogni settimana, precisamente il lunedì, da ottobre a giugno, al Caffè dell’Artista si è parlato e si parla di letteratura, poesia, musica, arte, filosofia, religione, neuroscienza ed attualità sociale. Un bell’impegno a mantenere il tempo degli incontri, ma il pubblico è sempre tanto interessato da rendere lieve l’organizzazione del tutto.
A rallegrare l’incontro della prima serata ci hanno pensato loro i “Blue Champagne” una simpatica ensemble vocale, che ha per repertorio i successi del “Quartetto Cetra”.  “Quando nel mio jukebox c’è un disco dei Platters” cantano Giampiero Pierro, Marida Niceforo, Andrea Iannone, Marco De Simone, Edoardo Attanasio ed ecco venirci incontro i tanti altri successi del famoso quartetto degli anni ‘40 di Felice Chiusano, Lucia Mannucci, Tata Giacobetti e Virgilio Savona. I testi di molte canzoni, cantate dalle Blue Champagne, sono ironici ma sempre garbati, mai fuori dalle righe e impiantati su di una vocale polifonica, finemente arrangiata. Le voci sincroniche, nei vari toni, rendono un buon effetto ed il risultato finale è ottimo. A volte le canzoni si prestano anche ad un accenno di teatralità che le Blue Champagne non si lasciano sfuggire come ad esempio nel brano “Sola me ne vo per la città”, innestata con l’arrangiamento di fondo del famoso brano di Paolo Conte “It’s wonderful”, sicché il ripetere< via, via> diventa un contro canto divertente. Le canzoni si susseguono < <Aveva un bavero Il Visconte di Castelfombrone, Un disco dei Platters, Che centrattacco!!!, Nella vecchia fattoria, Vecchia America, Un bacio a mezzanotte, Concertino, I ricordi della sera>>per citarne alcune e un'Italia in bianco e nero si materializza nella sala, vecchi ricordi e colonna sonora di tante sere trascorse ad ascoltare la radio, prima e successivamente a guardare tutt’insieme la tv, l’unico canale. La vita era semplice allora, solo l’essenziale, il superfluo si sognava ad occhi aperti. E sguardi sognanti si sono visti in sala, nostalgia di un tempo giovanile, aiutata dal canto dei bravi interpreti, le cui voci, limpide è modulate, ricreano nell’ascoltarle.
La loro formazione, per tracciarne in breve la storia, prende corpo da un sogno nel cassetto di due persone, che un giorno s'incontrano e scoprono di essere accomunate dalla stessa passione: la musica di un genere, nobile qual si voglia, ma desueta. Volerla far rivivere, anche come memoria di costume presso i giovani che tutto consumano senza conservarne traccia, fu tutt’uno e nel maggio del 2013, danno vita ai Blue Champagne. La scelta dello stile propende per un accompagnamento strumentale acustico, con chitarra e pianoforte, e una sezione vocale polifonica.  Oltre ai brani dei Cetra, il repertorio ingloba pezzi dello swing americano ed italiano degli anni ‘40-‘50 e tutti gli arrangiamenti sono curati dagli stessi componenti del gruppo. Nel finale e dopo aver allietato il pubblico per ben due ore, i Blue Champagne si congedono con un motivo di Perry Como, cantante melodioso americano e “Caterina”, questo il titolo del brano, arrangiata dal gruppo, è diventata frizzante, divertente e perfino trascinante, così come conviene in un finale allegro.
 
 Maria Serritiello
 


 

Irno Etno Folk Festival

 


           Percorsi naturalistici e Tanta bella musica







lunedì 3 ottobre 2016

Il Teatro In-Stabile di Salerno presenta "La cantatrice calva"l



Presso il Teatro In- Stabile
IC San Tommaso D'Aquino
Via Nicola Buonservizi 21 (Fratte) Salerno
Sabato 29 Ottobre 2016
alle ore 21,00
Domenica 30 Ottobre
alle ore 19,00


                     La Cantatrice Calva
                        di Eugenio  Ionesco

                 Regia di  Emanuela Tondini

"Questa maledetta vita" di Raffaele Urraro









Fonte:  Invito- evento

Domenica 9 ottobre 2016
alle ore 10,00
presso Villa delle Ginestre
di Torre del Geco


                                                         Raffaele Urraro

                                "   Questa Maledetta Vita"

                                       Olschki     Editore


Cura l'incontro: Prof.re Armando Maglione 

Raffaele Urraro

Raffaele Urraro è nato a San Giuseppe Vesuviano dove tuttora vive e opera. Dopo aver insegnato italiano e latino nei Licei, ora si dedica esclusivamente al lavoro letterario. Giornalista pubblicista, collabora come redattore alla rivista di letteratura e arte «Secondo Tempo» diretta da Alessandro Carandente, ma suoi interventi critici, con saggi e recensioni, sono presenti anche su molte altre riviste. Ha pubblicato numerose raccolte di poesie, saggi di poetologia e di critica letteraria, ha condotto varie ricerche nel campo della cultura popolare vesuviana e, relativamente alla letteratura latina, insieme a Giuseppe Casillo ha prodotto varie collane di classici e una storia della letteratura. Presso l’editore Olschki ha pubblicato, nel 2008, Giacomo Leopardi: le donne, gli amori.


 
 
 
 
 
 
 




La Madonna delle Grazie di Piazza Portanova




A  questa  capellina tengo molto. Da bambina ci passavo con la mamma, ogni volta che c'incamminavamo per Via Mercanti. Il ricordo, però,  più vivo,  è legato alla pratica pasquale dei sepolcri. Il giorno dopo del giovedì, il Venerdì Santo, io e la mamma facevamo l'ultimo sepolcro sempre là. La cappellina era inondata di profumo di viole, la viola ciocca, di colore bianco e violaceo, che fiorisce proprio in questo periodo. Il sepolcro era preparato, con tantissime piantine di grano,  dinanzi ad una bellissima deposizione pittorica, conservata al di sotto della Cappella, appena scesi due gradini. Il sole filtrava una lama di luce nell'oscurità del luogo, mentre sostavamo in preghiera, poi la luminosità piena del giorno di Piazza Portanova ci portava altrove. Ancora oggi, quando sono di passaggio, sempre mi fermo, per invocare l'aiuto divino, ma anche per ritrovare me bambina dinanzi al bel dipinto e ricordare spaccati di vita, trascorsi con la mia dolce mamma
Maria Serritiello


Fonte: SalernoToday
di Francesco Bove

Salerno: il miracolo della Madonna delle Grazie in piazza Portanova
Nel 1895 un miracolo salvò il quadro della Madonna delle Grazie che fu commissionato, nel '700, da alcuni cittadini salernitani per alleviare le pene dei condannati a morte.
 
A molti salernitani è ben nota la cappellina della Madonna delle Grazie che si trova in piazza Portanova, all'ingresso del centro storico di Salerno. Ma non da tutti è conosciuto l'evento miracoloso che ha salvato il quadro della Madonna nel 1895. Il dipinto ad olio presente nella cappella, infatti, era stato commissionato, nel '700, da alcuni cittadini per dare conforto ai condannati a morte che si recavano al patibolo sito proprio in piazza Portanova. Nel 1895, però, i proprietari del palazzo, vedendo il dipinto rovinato dal tempo, decisero di far costruire un muro di fronte l'immagine sacra per adibire quello spazio a  deposito. Secondo quanto si legge in una copia conforme di un documento, redatto in quell'occasione da Andrea Conforti, curato della parrocchia di Sant'Agostino, quando già i muratori avevano iniziato a costruire il muretto che avrebbe coperto la vista della Madonna ai salernitani, il quadro da quasi nero che era diventato negli anni, iniziò a schiarirsi fino a diventare completamente bianco. Inizialmente si pensò ad un atto vandalico, ma anche a seguito di tentativi di lavaggio del quadro il colore bianco non veniva via. Molti salernitani, quindi, iniziarono a gridare al miracolo affollando, in poco tempo, la piazza tanto da far intervenire i carabinieri per controllare la folla.
Salerno: il miracolo della Madonna delle Grazie in piazza Portanova
La porzione di muro costruita venne prontamente abbattuta e vennero accese candele e lumi sotto il quadro, ormai bianco, della Madonna delle Grazie. Solo in serata, quando gran parte della folla si era dispersa ed erano rimasti solo alcuni fedeli ed i carabinieri, il quadro tornò all'originale splendore
 
 


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