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domenica 30 dicembre 2012

Addio Rita, da oggi più soli tutti ma principalmente noi donne che nella sua intelligenza potevamo specchiarci




FONTE: VIRGLILIO NOTIZIE

Addio a Rita Levi Montalcini, una vita dedicata alla ricerca

Nobel per la medicina si è spenta in casa a Roma. Nel 2001 fu nominata senatrice a vita



E' morta oggi nella sua casa di Roma Rita Levi Montalcini, premio Nobel per la Medicina nel 1986. Nominata senatrice a vita nel 2001 dall'allora presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, aveva 103 anni. Nata a Torino nel 1909, si è laureata in Medicina all'Istituto di Anatomia umana della stessa Università. Fin dai primi anni universitari si dedica agli studi sul sistema nervoso. A seguito della promulgazione delle leggi razziali, per proseguire le sue ricerche sui processi del differenziamento del sistema nervoso, si reca in Belgio (1938). Durante la guerra si rifugia nell'astigiano e successivamente in clandestinità a Firenze. Nel 1947 viene invitata alla Washington University di St. Louis nel Missouri. Nel 1951 è in Brasile per poter eseguire gli esperimenti di colture in vitro presso l'Istituto di biofisica dell'Università di Rio de Janeiro, dove, nel dicembre dello stesso anno, tali ricerche le consentono di identificare il fattore di crescita delle cellule nervose (Nerve Growth Factor, noto con l'acronimo NGF). Questa scoperta le valse, nel 1986, il Premio Nobel per la Medicina. Al ritorno da St. Louis, nell'inverno 1953, si unisce al suo lavoro un giovane biochimico, Stanley Cohen, che utilizzando il sistema in vitro da lei ideato, identifica una frazione proteica tumorale dotata della proprietà di stimolare la formazione dell'alone fibrillare attorno a gangli coltivati in prossimità di frammenti di tumore. Stabilitasi definitivamente in Italia, nel 1969, assume la direzione dell'Istituto di Biologia Cellulare del Cnr a Roma fino al 1989. Dal 1993 al 1998 presiede l'Istituto dell'Enciclopedia Italiana Treccani. Ma nella sua lunga carriera è membro delle più prestigiose accademie scientifiche nazionali e internazionali, quali l'Accademia Nazionale dei Lincei, l'Accademia Pontificia delle Scienze, l'Accademia delle Scienze detta dei XL, la National Academy of Science e la Royal Society. E anche presidente onorario dell'Associazione Italiana Sclerosi Multipla. E' stata impegnata fino all'ultimo nell'attività scientifica e nel campo sociale attraverso la Fondazione Rita Levi-Montalcini Onlus, della quale era fondatrice e presidente, una Fondazione che ha lo scopo di venire in aiuto alle giovani donne dei paesi dell'Africa nel sostegno all'istruzione a tutti i livelli. Nel 2005 ha costituito l'Istituto Europeo di Ricerche sul Cervello, con l'acronimo EBRI (European Brain Research Institute), del quale era presidente, che si propone di svolgere attività di ricerca nel campo delle neuroscienze. E' stata autrice di numerose pubblicazioni su riviste e di volumi scientifici.








Vita, storie e racconti di Camilleri:





Lo scrittore ricorda l'infanzia in Sicilia, il suo passaggio dall'essere fascista al comunismo, l'esperienza culturale del dopoguerra. E parla del suo presente: "Penso tre romanzi alla volta e non mi deprimo". "Ma oggi mi manca la noia lucida di Moravia

di ANTONIO GNOLI

Fonte : La Repubblica.it

Alla quattordicesima sigaretta, numero verificato sommariamente nel posacenere accanto alla poltrona, Andrea Camilleri tira un sospiro. Non è il segnale di un congedo. Ma sono trascorse due ore durante le quali lo scrittore ha snodato e riavvolto la sua vita. Ama parlare e lo fa con affabulazione e quel tanto di civetteria di chi ha una naturale consuetudine con il teatro. Camilleri, e in questo è davvero poco siciliano, è un estroflesso. Mi fa pensare a uno scrittore acustico, le cui sonorità, rumori, voci riempiono la sua produzione fluviale.

Alla quattordicesima sigaretta, dicevo, quest'uomo che sta per entrare nell'ottantottesimo anno, sospira. Ed è un suono lungo e lieve. Come il fiato di un animale di bosco che va a cadere su una frase che regge tutta la conversazione: "Delle cose che ho fatto di nessuna mi pento. E se le turbolenze si sono a volte scatenate nella mia vita ho imparato, come Conrad, a non considerarle una minaccia ma la prova che possiamo uscirne salvi".

Ho appreso da qualche parte che Joseph Conrad fu tra le sue prime letture.
"Beh, sì. Insieme a Melville e agli scrittori russi. Ero un bambino fragile che si ammalava di frequente, passando delle meravigliose giornate a letto. La televisione non era ancora stata inventata. La radio era intrasportabile. Esauriti i fumetti, soprattutto L'Avventuroso e L'Audace non restava che chiedere a mio padre di leggere i suoi libri. Mi imbattei ne La follia di Almayer di Conrad. E poi in Moby
Dick
, di cui capii solo l'avventura, ma non quello che la balena stava a significare. Nella biblioteca di papà, che aveva un fiuto per le buone letture, colsi i primi Simenon, quando ancora si firmava Georges Sim".

Suo padre cosa faceva?
"Era ispettore delle compagnie portuali della Sicilia del Sud. Un posto rispettabile che si era trovato dopo il fallimento della miniera di zolfo del nonno, dove lui lavorava. Del resto il matrimonio tra mio padre e mia madre era stato un "matrimonio di zolfo"".

Ossia?
"Quelle unioni che avvenivano tra proprietari di solfatare. Era una specie di dote che veniva assegnata in cantare di zolfo. Una "cantara" era poco più di un quintale. Ho un documento in cui c'è scritto che il figlio di Stefano Pirandello, Luigi, sposerà la figlia di Giuseppe Portolano. Quei matrimoni erano il solo modo che i siciliani facoltosi immaginarono per contrastare la forza delle compagnie minerarie".

Dove avveniva tutto questo?
"Nella zona di Porto Empedocle dove sono nato. C'era un grande porto, poi decaduto e un vasto retroterra contadino. I miei nonni avevano una bella proprietà di terreno a mandorle e frumento. Ci andavo finita la scuola. E mia nonna Elvira, essendo io figlio unico, divenne la mia compagna di giochi. Parlava con gli oggetti, inventava le parole e una volta mi presentò a un grillo con nome e cognome. Fu lei a raccontarmi le avventure di Alice nel paese delle meraviglie. Aprì la mia fantasia. Era un personaggio, come del resto suo fratello medico: lo zio Alfredo, la pecora nera della famiglia".

Di cosa era accusato lo zio Alfredo?
"Di essere un antifascista. Eravamo tutti fascisti. Mio padre aveva fatto anche la Marcia su Roma. Io ero un giovane balilla. Lui niente. Lui era lo stravagante. Pensi che in certe giornate si sdraiava in perizoma sul terrazzo di casa, dopo essersi spalmato di miele le giunture. Si faceva pungere dalle api dicendo che faceva bene alle articolazioni. Non credeva nella medicina tradizionale. Scoprii nella sua biblioteca un manuale di Yoga, che però non lessi".

Diceva di essere stato fascista.
"Come tanti. Smisi di esserlo nel 1942 in seguito a due fatti scatenanti. Il primo fu un libro che cambiò la mia vita: La condizione umana di André Malraux. Mi turbò profondamente. Rivelandomi, tra l'altro, che i comunisti non erano come ce li avevano raccontati a casa".

Il secondo?
"Partecipai a Firenze alla riunione internazionale della gioventù fascista. C'erano giovani come Giorgio Strehler e Ruggero Jacobbi. Parlò il capo della "Hitler-Jugend", Baldur von Schirach, e spiegò cosa era per lui l'Europa: cioè un'enorme caserma nazista abitata da un pensiero unico. Non ci sarebbe stato altro. Tornai sconvolto e abbandonai il fascismo".

E cosa accadde a quel punto?
"Molte cose successero. Diventai comunista. Finì la guerra. E cominciai a mandare in giro i primi racconti e alcune poesie. Con un certo successo. Ungaretti mi incluse in un'antologia di poeti scelti da lui. Era il 1947 e volevo andarmene dalla Sicilia. Nel 1949 vinsi la borsa di studio per l'Accademia nazionale d'Arte drammatica. Venni a Roma e cominciai a studiare regia con Orazio Costa".

Che città trovò?
"Bellissima. Potevi avvicinare qualsiasi persona e questa ti dava retta. Cominciai a frequentare il giro degli artisti. Si incontravano da Canova, allora il Luxor: Ciccio Trombadori, Giulio Turcato, Mario Mafai, a volte Alberto Savinio, al cui genio ci si poteva solo inginocchiare. Sì, Roma era straordinaria. Solare. Unica. In alcuni punti, per esempio dove io abitavo, in piazza della Giovane Italia, c'erano ancora le mandrie che risalivano".

Era un mondo la cui sparizione Pasolini avrebbe rimpianto.
"Pasolini era un antropologo delle borgate. Con lui, che conobbi a fondo, mi lasciai male".

Perché?
"Pretendeva di applicare i suoi principi cinematografici al teatro. Io, che allora lavoravo alla Rai, gli dissi: tu vuoi fare recitare sul palcoscenico gente che non l'ha mai fatto. Ma a teatro non funziona. Discutemmo ferocemente a casa di Laura Betti. Poi ci lasciammo con l'idea di riprendere la discussione. Invece è morto nel modo che sappiamo".

Che idea si è fatto della sua morte?
"L'hanno ammazzato per bullaggine. Non credo al delitto politico. Personaggi come lui - pieni di irruenza anche se non sempre erano nel giusto - oggi mancano. Sento perfino la mancanza di uno come Moravia: noioso, ma lucido. Ma chi mi manca veramente è la Betti".

Cosa aveva in più?
"Era una donna straordinaria. Meravigliosa. Un giorno a Torino, uscendo da un ristorante, vediamo una grande scritta dentro l'androne di un palazzo: "Non abusate dei luoghi comuni". Porca miseria dico io: che portiere intelligente! Entriamo e Laura gli grida: siamo perfettamente d'accordo con lei. E lui serio: lasciano sempre carrozzine e biciclette. Ci deluse".

Cos'è il fraintendimento?
"È ciò che manda all'aria un sacco di relazioni umane. Ma senza il fraintendimento non ci sarebbe l'interpretazione. La lingua perderebbe una risorsa fondamentale. E di conseguenza anche i romanzi ne risentirebbero".

So che il suo primo romanzo ha avuto molti rifiuti.
"Furono dieci gli editori che dissero no. Alla fine ne feci una riduzione per uno sceneggiato televisivo e a quel punto un editore di libri a pagamento lo pubblicò in cambio di una pubblicità sui titoli di coda. Fu come togliere un tappo. Scrissi immediatamente il secondo romanzo che inviai a Garzanti: Un filo di fumo. E poi un saggio, La strage dimenticata che Elvira Sellerio pubblicò. Da allora passarono otto anni senza che io scrivessi più nulla".

Cosa la frenava?

"Il teatro. Mi assorbiva e mi condizionava. Poi una sera, alla fine di uno spettacolo su Majakovskij, Elvira, di cui ero diventato molto amico, venne a salutarmi e mi disse: quando mi dai il prossimo romanzo? Aveva intuito che una fase della mia vita si era conclusa".

Come fu il rapporto con la Sellerio?
"Fu una donna straordinaria, dotata di un'intelligenza calda. Negli ultimi anni Elvira, che era stata molto bella, cominciò a sentirsi giù fisicamente. Non le piaceva più apparire. E ora che ci penso anche Sciascia negli ultimi tempi tese a scomparire. In genere, la vecchiaia e la malattia producono questo effetto. Che in noi siciliani si amplifica. Somigliamo ai gatti che si vanno a nascondere prima di morire".

Lei come vive questa stagione della sua vita?
"Con la consapevolezza che in ognuno di noi avvengono mutamenti legati all'età. Non capisco certi miei coetanei che si deprimono perché non possono andare più a donne o si devono infilare la dentiera. Io dico spesso che quando veniamo al mondo ci hanno dato un ticket nel quale è compreso tutto: la giovinezza, la felicità, la speranza, la malattia, la morte. È inutile farsi venire la depressione. C'è un tempo fisiologico che ci dice cosa fare".

A volte facciamo di tutto per non ascoltarlo.
"Lo so benissimo. E si spaventerebbe se le dicessi che c'è stato un tempo in cui ogni mattina bevevo una bottiglia di whisky. Lo reggevo benissimo e questo fu il male. Poi, un giorno ero a Vienna con mia moglie e una delle tre figlie. Avvertii un peso spaventoso sul cervello e cominciai a farfugliare parole incomprensibili. In quel momento il sangue esplose dal naso con violenza inaudita".

Era un ictus?
"Sì, per fortuna si spezzò senza arrivare al cervello. Nella clinica in cui fui ricoverato il dottore - che aveva un cognome inquietante, si chiamava Sodoma - lasciò che il sangue defluisse per alcune ore. E mi salvai. La mia paura non fu tanto quella di morire ma di restare nell'impossibilità di pronunciare una frase di senso comune. Capii che il bere era stata la causa. Tornai a casa. Presi una bottiglia di whisky e la misi sulla scrivania. Duellai per una settimana. Alla fine dissi a mia moglie: prendila e offrila agli amici. Così smisi di bere".

Ma vedo che non ha smesso di fumare.
"La sigaretta mi piace. La lascio a metà e non l'aspiro. Anche il medico che mi ha visitato tre mesi fa si è meravigliato: le vene sono sgombre, il cuore funziona alla perfezione. Se smetto di fumare muoio".

E a tavola?
"Mangiare mi piaceva. Devo controllarmi. La pasta, i fritti, gli insaccati, li faccio mangiare a Montalbano. Mi fa rabbia! A volte mi viene la tentazione di farlo ammalare".

È così forte il coinvolgimento?
"È una nostra proiezione".

Quanti romanzi ha scritto su Montalbano?
"Mi pare venti, più quattro libri di racconti".

Se vi aggiunge il resto ha una produzione impressionante.
"Non ho "negri" come qualcuno insinua. Lo giuro".

Come fa?
"Penso a due o tre romanzi contemporaneamente. Poi, come di incanto, una di queste storie prende il sopravvento. E perché questo accada occorre che la forma e il tempo narrativo siano in me evidenti. Mi alzo molto presto, mi faccio la barba, mi vesto perché detesto la trasandatezza, vado al computer e dalle sei e mezza fino alle dieci scrivo".

Scrive molto. Legge altrettanto?
"Meno. Purtroppo dall'occhio sinistro non vedo più e l'altro è affetto da un glaucoma".

Le provoca ansia?
"Ansia no. Impaccio sì. Pazienza".

Grazie ai libri è diventato ricco.
"Non me l'aspettavo. Immaginavo una vecchiaia dignitosa da pensionato Rai. E invece questa grande ricchezza mi ha dato il gusto di poter donare molte cose. Però il tenore di vita mio e di mia moglie è rimasto quello che avevamo prima".

Come vive questa crisi che attanaglia il paese?
"Con mia moglie ci diciamo spesso una cosa. Tutti i soldi che abbiamo guadagnato si possono perdere. Ma siamo in un'età in cui non ci importa più niente. Con tutti i problemi che ti pone, la vecchiaia ha anche qualche piccolo vantaggio".

È in arrivo a gennaio il suo nuovo romanzo: Tuttomio, una storia di amore e di perdizione.
"Una storia decisamente sgradevole. In passato mi hanno accusato di essere buonista. In realtà mi piace sperimentare il buono e il cattivo. Qui entro nel mondo femminile".

Da siciliano?
"La cosa più precisa di noi uomini siciliani la disse Verga e poi la riprese Brancati. Ci definì degli ingravida balconi".






Un anno in più o un anno in meno?


Ho un pò trascurato il blog ...prometto di ripigliare la consuetudine per il 2013

Buon Anno a tutti

sabato 1 dicembre 2012

Ilva, trovato il cadavere dell'operaio disperso a Taranto


Fonte: Quotidiano.Net

E’ stato ritrovato in mare il cadavere dell’operaio disperso a Taranto dopo essere stato travolto da una tromba d’aria. Cortei a Genova. Napolitano: "Solidale vicinanza con i lavoratori"

Taranto, 30 novembre 2012 - E’ stato ritrovato in mare dai Vigili del Fuoco il cadavere dell’operaio 29enne dell’Ilva disperso dall’altroieri a Taranto dopo essere stato travolto da una tromba d’aria. Il corpo dell’uomo è stato trovato all’interno della cabina della gru -individuata ieri a circa 30 metri di profondità - che era stata sbalzata in mare dalla forza del vento. Sono ora in corso le operazioni di recupero del cadavere. Francesco Zaccaria, di 29 anni - nato a Taranto e residente nella frazione di Talsano - era scomparso nelle acque di mar Grande, all’altezza del quinto sporgente del porto industriale, nell’area demaniale concessa all’Ilva.




martedì 27 novembre 2012

Mercatini di Natale a San Mango Piemonte (Sa)


Una bella iniziativa di Creativamnete 20, a  San Mango Piemonte, per aiutare i bambini del Burchino-Faso
Non facciamo mancare il nostro sostegno.



lunedì 26 novembre 2012

A proposito della gente a cui non va bene mai niente




Fonte: L'Arcinapoletano di  Pietro Treccagnoli

Questa parabola è dedicata a tutti i detrattori della mia città, Salerno, a cui non va bene mai niente per partito preso, seduti come sono sul frascone. A tutti costoro vorrei invitare a ridisegnare la "Città ideale " di artista anonimo***, prodursi in uno straccio di proposta anzicchè in una critica vuota. Pensare al "particulare" o ad arare l'orticello (di pullanchelle) era uno stile praticato dai monaci certosini, non mi pare che lo siano, se sono sempre in giro per la città, a rilevare ciò che non gli  garba.

Per sfuggire alla strage degli innocenti di Erode, san Giuseppe, la Madonna e il Bambino si erano incamminati sulla via per l'Egitto. Maria, con il piccolo Gesù, viaggiava seduta su un asino, guidato a piedi da san Giuseppe. La gente che li vede passare non esita a criticarli. «Ma guardate quella donna, lei sta comodamente seduta sull'asino e fa andare a piedi il suo anziano marito». I tre profughi, sentiti i commenti, decidono di fare a cambio. San Giuseppe a dorso dell'asino e la Madonna a piedi. Il nuovo gruppo di persone che incrociano non esita a commentare duramente: «Che uomo snaturato, lui, come un padrone, sull'asino e la povera moglie con il figlioletto a piedi, che crudeltà». San Giuseppe e la Madonna allora decidono di salire tutt'e tre a dorso dell'animale. «Ma che famiglia insensibile» commenta la gente. «Tutt'e tre su quella povera bestia. La uccideranno». Al che la Sacra Famiglia decide di scendere dall'asino e di proseguire a piedi. Non gliela fanno buona: «Ma che avari, non salgono sull'asino per paura di consumarlo».

La morale della favola è molto semplice. Qualunque cosa si faccia si è sempre criticati da chi, come si dice a Napoli, se ne sta comodamente seduto sul frascone. Non succede solo a Napoli, ci mancherebbe. Ma da queste parti il vizio di sparlare produce da tempo effetti distorti, perché la vox populi è sempre e comunque considerata la vox Dei, anche se si tratta di una vox insulsa, spesso ignorante più del ciuccio della parabola.

* P.s Naturalmente ciò che viene attribuito al modo di fare di Napoli è da leggersi Salerno

***Per saperne di più

La Città ideale è un dipinto tempera su tavola (67,5x239,5 cm) di autore ignoto, databile tra il 1480 e il 1490 e conservato nella Galleria Nazionale delle Marche a Urbino. L'opera, una delle immagini simbolo del Rinascimento italiano, vide la luce alla raffinata corte urbinate di Federico da Montefeltro ed è stata alternamente attribuita a molti degli artisti che vi gravitarono attorno: tra i nomi proposti ci sono Piero della Francesca, Luciano Laurana, Francesco di Giorgio Martini. Altri studiosi sono propensi ad attribuire l'opera all'ambiente della Firenze laurenziana ed alla riflessione in corso intorno all’opera di Vitruvio, individuando l'autore in Giuliano da Sangallo e nella sua scuola, arrivando a ipotizzare una collaborazione di Botticelli. Non mancano attribuzioni anche a Leon Battista Alberti, del quale sarebbe l'unica prova pittorica.






venerdì 23 novembre 2012

32 anni fa il 23 novembre

A ROSA SABIA E ANNA PIEGARI
NON VI DIMENTICHERO' MAI, CARE, CARE LE MIE ALUNNE
LA VOSTRA PROF
SCUOLA MEDIA STATALE RICIGLIANO(SA)








giovedì 22 novembre 2012

Studente suicida a Roma

Fonte: Ansa.it

Straziante messaggio della madre su Fb. La rabbia degli amici del 15enne

Forse perché così mi pare ancora di parlarti, forse per questo entro ed esco dal tuo profilo, indosso il tuo pigiama,cerco tra i tuoi appunti, i tuoi disegni, le tue cose". Sono queste le parole affidate a Facebook dalla madre del quindicenne di Roma che si sarebbe suicidato martedì sera perché da alcuni compagni additato come gay. "Voglio abbracciare i tuoi amici - scrive - perché voglio abbracciare te e tutto il tuo mondo. Non capiamo, non accettiamo. Ti vogliamo con noi e BASTA!".
Nel suo profilo la donna ha messo una foto di lei e del figlio che sorridono abbracciati verso l'obiettivo di una macchina fotografica. "Intanto - scrive, con lo strazio di una madre che vede morire il proprio figlio - papà ed io domani saremo da te per quell'ultimo bacio che tu dovevi a noi, perché così avrebbe dovuto essere per natura. Ci mancano le tue battute, le tue risate, le tue urla. Ci manca tutto. Anche il rumore dei tuoi passi quando giravi per casa nel silenzio della notte. Tutto di te! Eri ancora così acerbo, capace di un amore così grande, tu che ancora non avevi dato il tuo primo bacio. Con tutto l'amore che posso, riposa in pace figlio mio adorato".
Intanto la Procura di Roma ha avviato una inchiesta. Le indagini sono al momento senza indagati o ipotesi di reato. Non si esclude che si possa successivamente arrivare ad ipotizzare l'istigazione al suicidio.
ZINGARETTI, LOTTARE CONTRO PREGIUDIZIO  "Lo chiamavano 'il ragazzo dai pantaloni rosa'. Su Facebook c'era una pagina in cui veniva preso in giro dai suoi compagni di scuola. Aveva 15 anni e ieri si è tolto la vita. E' una storia terribile, ma dobbiamo raccontarla perché tutti si rendano conto di quanto fa male l'omofobia, delle conseguenze terribili che offese e battute possono avere sulla vita delle persone". Lo scrive su Facebook il presidente della Provincia di Roma Nicola Zingaretti. "C'é chi vuole imporre - aggiunge - le proprie paure e le proprie ossessioni. Noi dobbiamo continuare a lottare contro l'ignoranza e il pregiudizio, perché tutti siano liberi e felici di essere se stessi".
VENDOLA, ENNESIMA VITTIMA DEL PREGIUDIZIO 'Non è giusto morire a 15 anni. Oggi piangiamo la vita spezzata di un ragazzino, l'ennesima vittima dell'ignoranza e dei pregiudizi". Lo afferma Nichi Vendola dopo la notizia dello studente suicidatosi a Roma. "Piangiamo - prosegue Vendola - una vittima dell'omofobia ma anche della vigliaccheria di una politica incapace di rispettare le diversità e la dignità di ogni singola persona. Piangiamo per l'offesa continua ai diritti e al sentimento di umanità, per la violenza del filo spinato con cui si stringe a tenaglia l'esistenza di tanti individui. Non possiamo, non vogliamo dimenticarlo: l'intolleranza e l' ipocrisia sono killer spietati. Uccidono ogni giorno".
RABBIA DEGLI  AMICI C'é tanta rabbia tra gli amici del quindicenne suicida a Roma due giorni fa e additato da alcuni compagni come gay. Tanto che qualcuno aveva persino creato un falso profilo Facebook per denigrarlo, profilo dove ora il nome del giovane risulta storpiato e simile solo per assonanza ma declinato al femminile. E che si riempie di minuto in minuto della rabbia dei compagni del ragazzo. "La pagherete spero in qualche modo. L'ignoranza che regna nelle vostre teste ha ucciso un ragazzino di 15 anni e voi ne siete colpevoli al 99%", questo scrive più di un utente. "Vergogna!", scrive uno; "Dovrete fare i conti con la vostra coscienza per il resto della vita", gli fa eco un altro. E ancora: "Che quello che è successo vi serva per rendervi conto di quanto fa male essere derisi", "Siete il tumore del mondo, il marcio dell'umanità, la sporcizia del genere umano", si legge ancora. In una gara di solidarietà gli amici del ragazzo stanno mettendo la sua foto sui loro profili, lo salutano, lo abbracciano
QUETA SERA FIACCOLATA A ROMA  "E' successo ancora. Questa volta a Roma si è tolto la vita uno studente di un liceo della capitale perché vittima di attacchi omofobici. A soli 15 anni il peso delle discriminazioni quotidiane da parte dei compagni di scuola lo ha schiacciato fino al punto di spingerlo a farla finita". Così gli studenti della Rete della Conoscenza che stasera hanno indetto una fiaccolata alle 19.30 in via di San Giovanni in Laterano (Colosseo). "Sotto gli occhi increduli di tutti si è consumato un altro gesto estremo, che sottolinea non solo il fallimento di un ambiente scolastico inadeguato sul profilo della prevenzione al bullismo omofobico - dice Mauro Patti, responsabile area tematica Lgbtq della Rete della Conoscenza - ma che rappresenta la dolorosa cifra di un fallimento culturale e politico di un Paese. In primis è responsabile la politica per i suoi ripetuti silenzi, dal momento in cui manca una volontà legislativa concreta per lanciare una battaglia seria contro ogni forma di omo, lesbo/transfobia nei luoghi della formazione e di lavoro in Italia. "La vera patologia è che in questo Paese esiste ancora una profonda paura e disgusto verso il diverso" continua Alice Graziani, membro dell'esecutivo nazionale della Rete della Conoscenza. Per Giuseppina Tucci, responsabile Lgbtq dell'Unione degli Studenti "ci sono ancora docenti che raccontano alle proprie classi che gli orientamenti non eterosessuali sono patologici. Per questo lo strumento per combattere lo stigma sociale e la violenza che ne scaturisce non può essere solo lo sbandieramento di un "numero amico" a cui rivolgersi, c'é bisogno dello Stato che si schieri e che si adegui alla cultura che cambia". "Oggi il dolore di questa perdita deve sollecitare tutti a convincersi che in questo Paese non si può più morire di omofobia. Per questo le studentesse e studenti dell'Unione degli Studenti, di Link Coordinamento Universitario e della Rete della Conoscenza - si legge nella nota - invitano le scuole e le associazioni ad aggregarsi stasera a Roma alle 19.30 in via di S. Giovanni in Laterano (Colosseo) alla fiaccolata di solidarietà per lo studente e la sua famiglia (evento facebook), che si protrarrà fino all'istituto Cavour. Si invita tutti a indossare un capo rosa, il colore che amava indossare il ragazzo morto








martedì 20 novembre 2012

L'intervallo

FONTE: WWWLAPILLI.EU
DI MARIA SERRITIELLO

Non si sa che cosa abbia combinato la ragazza rinchiusa in un edificio abbandonato alla periferia  degradata di Napoli. Di certo si sa che dovrà vedersela con il "boss" di turno. Veronica, questo è il nome della ragazza, è piacente dall'alto dei suoi sedici anni, sicura di sé, sfacciata. Salvatore, l'involontario secondino che le affiancano, invece, è un bravo ragazzo, timido che con la camorra non ha nulla a che fare. Tutti e due per un giorno intero, saranno reclusi e dovranno attendere il capo contro cui Veronica ha sgarrato, per la punizione esemplare.
Commento
Documentarista napoletano, Leonardo Di Costanzo esordisce bene nella finzione cinematografica, dirigendo una vera perla, presentata alla 69° Mostra Cinematografica di Venezia, nella sezione Orizzonti. "L'intervallo" s'incentra su di uno spaccato di vita marginale e suburbana dell'area napoletana e gli interpreti, Veronica e Salvatore, sono il prodotto di una periferia che man mano sposta verso  il centro i modi comportamentali. Lei sicura, aggressiva, eternamente sulla difensiva, tracotante, spregiudicata, eppure semplice. Lui, Salvatore, un bravo ragazzo, orfano di madre, per tutto il giorno va in giro con il carrettino, a racimolare la sussistenza, vedendo bevande fresche, come del resto fa il padre. Sulla loro gioventù, a tratti finanche poetica, cala l'ombra della malavita, mostrando il volto cupo per l'intera durata del film, ma è solamente nel  finale che appare. Per tutto il tempo, invece, si guardano due adolescenti alla scoperta di se stessi, attenti all'ambiente che li circonda e la casa abbandonata, l'ospedale psichiatrico "Leonardo Bianchi", alla calata Capodichino, in cui sono rinchiusi, è ricca di spunti e curiosità. Dopo i primi momenti di tensione, i ragazzi si parlano, è inevitabile ed attaccano a discutere sulle  problematiche della loro ristretta e rassegnata esistenza, trovando anche punti in comune. È vero non è un film sulla camorra, come si potrebbe pensare ma su due adolescenti che si affacciano alla vita, dovendo scegliere da che parte stare. La mano del documentarista si vede in tante scene, esteticamente belle.
Gli interpreti
I protagonisti: Alessio Gallo e Francesca Riso, questi i loro nomi non di scena, sono due ragazzi di strada di Napoli, selezionati e scelti tramite un workshop di teatro. All'interno della trama, Veronica e Salvatore, i due ragazzi prigionieri, si muovono con agio, sono disinvolti ed espressivi, sostenendo il ruolo con naturalezza anche perché, tolta la ragione per cui sono costretti a stare insieme, è la loro stessa vita di adolescenti ad essere rappresentata. La tematica giovanile  trattata ha carattere globale, il sogno di una vita diversa, quella desiderata da Veronica e Salvatore, è uguale alla periferia di Napoli così come lo è a New York, sicché ad essere differente è solo l'ambientazione, ma la sostanza non cambia. Il dialetto che parlano con i sottotitoli è molto stretto, inevitabile per aggiungere autentica veridicità ai personaggi. Un racconto per immagini, un bel racconto, nel quale ci sono tutti gli elementi fiabeschi: il luogo abbandonato e sconosciuto, l'orco che là li ha rinchiusi, la coalizione tra prigioniera e guardiano e la capacità estrema di salvezza, superata la prova. Bravi, proprio bravi i due giovani attori che dalla strada, per il cinema, si sono tirati dietro vitalità e realismo.
Il regista
Leonardo Di Costanzo, nato ad Ischia nel 1958, si è laureato  all'Orientale con una tesi in storia delle religioni. Vive tra Parigi e la città partenopea. È noto soprattutto in Francia, per i suoi tanti documentari, andati in onda  sulle televisioni di mezza Europa. Nel 1987, Di Costanzo firma il suo primo documentario: "Margotte e Clopinette", un film di 22 minuti. Nel '98  gira "Prova di stato" e  nel 2006  un altro film documentario: Odessa.
 Per saperne di più
Il film si è guadagnato due premi all'interno della 69° Mostra Cinematografica di Venezia: Premio Fipresci, nella sezione "Orizzonti"  e Premio Pasinetti.
 Il premio"Fipresci", (Fédération Internationale de la Presse Cinématographique), è la federazione internazionale della stampa cinematografica, fondata nel giugno del 1930 a Parigi, con sede a Monaco di Baviera.
Premio Francesco "Pasinetti", è uno dei premi collaterali della Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia ed è dedicato a Francesco Pasinetti, regista, sceneggiatore, critico cinematografico e fotografo italiano.
Il titolo, "L'intervallo", si rifà a quello scolastico, una sorta di zona neutra, nella quale Veronica e Salvatore, come allievi di scuola, riescono a crearsi uno spazio di gioco e di discussione, malgrado l'ingombro camorra.
Spunti di riflessione
 L'adolescenza è l'età più ingrata ma la più bella, peccato non poterla vivere due volte.
Il Cast
Il regista: Leonardo Di Costanzo
Gli attori: Alessio Gallo e Francesco Riso.
Giudizio: ottimo
Maria Serritiello


Massimo Ranieri in Viviani Varietà al Verdi di Salerno


FONTE:WWW.LAPILLI.EU
DI MARIA SERRITIELLO

Con Massimo Ranieri, a Salerno da giovedì 25 a domenica 28 ottobre, si è riaperto il Teatro Comunale "G. Verdi", per dare vita alla stagione di prosa 2012-2013. "Viviani Varietà", è lo spettacolo di poesia, parole e musica, di uno spaccato di vita dell' artista napoletano, nato a Castellammare di Stabia, il 10 gennaio 1888 e portato in scena dalla regia di Maurizio Scaparro, che ne è anche l'ideatore.
 La rappresentazione è ambientata sul piroscafo "Duilio" e si riferisce al viaggio verso l'Argentina, precisamente a Buenos Aires, della compagnia teatrale di Raffaele Viviani in tournée. Due tempi di cinquanta minuti l'uno, in cui Massimo Ranieri, naturalmente nella parte di Viviani, prova e riprova lo spettacolo da rappresentare, sia sulla nave al passaggio dell'equatore e sia in tournée. Con gli attori della compagnia e cinque musicisti, è  il mondo popolare e pittoresco di Raffaele Viviani ad essere protagonista. Una sorta di teatro nel teatro, le prove, che vanno avanti per tutta la prima parte e nelle quali Massimo Ranieri è l'efficace direttore, di edoardiana maniera di "Uomo e Galantuomo",  di un gruppo di diseredati: acquaiolo, venditore di cozze, finanche clandestini, marito e moglie incinta e sciantose per  avvenenza, dai quali cerca di ricavare una qualche capacità artistica e una certa presenza scenica. Raffaele Viviani, contemporaneo di Eduardo, da lui sostanzialmente si differenzia, in quanto si occupa principalmente di mendicanti, venditori ambulanti e  di popolo minuto, un'umanità disperata, che vive in perenne lotta per soddisfare i bisogni primari. Così sul palcoscenico, tra versi, monologhi e canzoni accompagnate dalla "mossa" si presentano i vari personaggi che comporranno lo spettacolo, nella seconda parte. Ranieri -  Viviani, con il cappello, un borsalino bianco, calato sulla fronte, cravatta allentata e gilet sagoma torace, si esibisce  con naturalezza nella parte del direttore, cosicché guida, interrompe e mostra lui stesso come vanni eseguiti i pezzi, vuoi che siano ballati o recitati e vuoi che siano solo cantati. Ed ecco che irrompe in teatro, la sua voce possente e modulata, per ascoltare, in successione: O sapunariello  'O guappo 'nnammurato 'A lavannarella , O malamente, pezzi conosciuti, che il pubblico trae dalla memoria, apprezza e sottolinea con applausi  entusiasti.
Attualmente Massimo Ranieri è l'unico artista in grado di portare in scena Raffaele Viviani per come sente i personaggi, essendo passato per la loro stessa condizione, per come canta, un' estensione la sua voce mai incrinata, per come recita, getta l'anima, per l'espressività scavata e la gestualità calibrata ed opportuna. Un elegante  varietà, rappresentato con i suoi riti, che non tralascia: la macchietta, la canzone popolaresca, la caricatura, il canto a "fronne e limone" e il ruolo del cantante di "giacca", non dimenticando neanche i monologhi, significativi e ancor oggi attuali. Lo spettacolo godibile e di buon inizio per la nuova stagione del "Verdi", si è avvalso della collaborazione per le elaborazioni musicali di  Pasquale Scialò, docente del Conservatorio Statale di Musica di Salerno "G. Martucci".  
Con Massimo Ranieri: Ernesto Lama, Roberto Bani, Angela De Matteo, Mario Zinno, Ivano Sciavi, Ester Botta,  Rhuna Barduagni, Antonio Speranza, Simone Spirito, Martina Giordano. Orchestra: Massimiliano Rosati (chitarra), Flavio Mazzocchi (pianoforte),  Mario Guarini (contrabbasso), Donato Sensini (fiati), Mario Zinno (batteria). Movimenti coreografici: Franco Miseria. Regia: Maurizio Scaparro
Maria Serritiello
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Ciro Giustiniani al Ridotto di Salerno

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DI MARIA SERRITIELLO

Sabato 20 e domenica 21 è iniziata la rassegna "Che comico 2012-2013" al "Ridotto" di Salerno. Direzione artistica di Gianluca Tortora. Alla programmazione che terminerà il 17 marzo, con un periodo d'interruzione dal 2 dicembre al 12 gennaio, ha dato inizio un pezzo da novanta, Ciro Giustiniani, vincitore del premio Charlot 2007.  Per la seconda volta al Ridotto, il comico di San Giorgio a Cremano, ha presentato il suo nuovo  spettacolo, dal titolo "Stress", esibizione molto piacevole per le battute a raffica che ha sventagliato sul pubblico. Giustiniani è un monologhista di eccezione per via della dirompente capacità verbale che usa in rapida successione. Di parole non ne sbaglia una e tutte suscitano risate divertite, sottolineate, ogni volta, dall'applauso del pubblico. Come la maggior parte degli attuali comici napoletani, Ciro Giustiniani  fa parte della folta schiera di artisti, provenienti dal Tam di Napoli e  dallo show "Made in Sud", la risposta napoletana a Zelig, che va in onda su Sky, ma dal 7 novembre anche sul secondo canale della tv nazionale. Buon improvvisatore riesce a tradurre in comicità qualsiasi argomento, sicché nelle sue tirate ridicolizza i costumi, la società, la famiglia, le abitudini, l'amore. Viso aperto, sorriso spontaneo, taglia XL e simpatia trascinante,  fa passare in fretta il tempo teatrale. Soprannominato jukebox della comicità, il pezzo che lo consacra  è quello della settimana di pasqua, dove i riti religiosi si confondono con quelli della tavola. Uno scoppiettio di battute, una migliore dell'altra  e l' applauso ed  il successo che si guadagna, presso il pubblico, sono tutti meritati.
Backstage
Arrivo un po' prima dello spettacolo per incontrarmi con Ciro Giustiniani e rivolgergli qualche domanda. Sono sorpresa dalla sua altezza, quest'estate, sul palcoscenico del Premio Charlot a Paestum, non mi era sembrato tanto alto, forse il fondale degli imponenti  templi rendono, rispetto alla loro grandezza, tutti più piccoli.
D) Dì la verità, il tuo inizio  da comico è iniziato tra i banchi di scuola?
R) Si, fin dalle elementari, divertivo i miei compagni ma è al Ragioneria, istituto frequentato da me, che  mi sono realmente testato, in special modo quando la mia comicità non irritava i professori, anzi,  mi aiutava ad avere con loro un buon rapporto.
D) Ricordi il debutto?
R) Ogni volta è come la prima volta, come negli spettacoli dell'azione cattolica dei domenicani ai quali da ragazzo ho partecipato.
D) Quando hai pensato  seriamente di passare al professionismo?
R) Non c'è stato un pensiero o un momento particolare, è venuto da sé
D) Vincere il Premio Charlot ti ha avvantaggiato nella carriera?
R) Sicuramente. Mi ha dato visibilità presso il pubblico, ma non è stato  facile partecipare alla kermesse di Claudio Tortora, per ben due volte, severamente il patron mi ha spedito a casa, mi diceva che non ero pronto. Aveva ragione, mi ha incitato e ho lavorato sodo per migliorarmi. Nel 2007 mi sono ripresentato ed ho addirittura vinto. Gran bella soddisfazione.
D) Come considera l'esperienza di Made in Sud ?
R) Importante per me e per i comici del sud. Il "Tam" di Napoli, sito in Piazza Amedeo, è l'unica risposta credibile meridionale a "Zelig" di matrice nordica. Al Tam, laboratori e provini vanno avanti per tutta la settimana, con un test finale affidato al pubblico in sala. Gli spettacoli di "Made in Sud" nascono da un impegno serio.
D) I tuoi divertenti  monologhi da chi sono scritti?
R) Li scrivo io, in collaborazione con Angelo Venezia e i Duo  per Due, di Made in Sud,  con  la supervisione di Mormone e Mariconda
D) Come consideri il pubblico del Ridotto?
R) Espertissimo e ben educato alla comicità, che non vuol dire risata facile. Il lavoro capillare compiuto da 25 anni, da Caludio Tortora, ed adesso da Gianluca, suo figlio, ha dato buoni risultati. Giustamente il teatro "Ridotto" è considerato il tempio del Cabaret ed esservi con uno spettacolo, ad inaugurazione di stagione, un grande onore.
L'appuntamento è per il prossimo weekend, il 27-28 ottobre con il Mago Elite in "La magia del cabaret".
Maria Serritiello


La Gioconda al Verdi di Salerno

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DI MARIA SERRITIELLO

 Al Teatro Comunale Giuseppe Verdi di Salerno si è inaugurata la stagione lirica 2012 - 2013,  con "La Gioconda", opera in quattro atti di Amilcare  Ponchielli, su libretto di Arrigo Boito, firmato con lo pseudonimo di Tobia Gorrio. La regia e i costumi sono stati curati da Maurizio Di Mattia. L'opera rappresentata poche volte sulle scene italiane è stata fortemente voluta, al Massimo cittadino, dal Maestro Daniel Oren, direttore artistico dal 2007, che si è fatto sostituire, nella direzione,  perché impegnato nel tour della Cina, dal Maestro israeliano, Yishai Steckler. Gioconda, l'interprete principale è stata il soprano cinese, Hui He, un ruolo che ben si  adatta alla sua vocalità e per il quale si sente portata, tanto d'aver firmato il contratto a rappresentare, nel 2014,  l'opera a Berlino. Hui He, vincitrice del premio Placido Domingo, nel 2000, a Salerno è già nota per avere nel 2007,  interpretato  con successo il ruolo di  Cio Cio San nella Madama Butterfly.  L'opera, dopo la prima di mercoledì 17 ottobre è stata replicata fino a domenica 21, quando, al posto di Hui He, si è alternata Seda Ortac, la brava soprano di nazionalità turca.
Trama
Gioconda si prende cura di sua madre, una devota cieca e ama Enzo non riamata. Barnaba, informatore del consiglio dei dieci, a sua volta, è innamorato di Gioconda, ma dopo l'ennesimo rifiuto di lei, medita di vendicarsi sulla cieca e  lo fa diffondendo il dubbio, presso Zuanè, il regnante, che sia stata la cieca la ragione della sua sconfitta alla regata.   La calunnia si diffonde tra il popolo che si scaglia contro la donna. Né Gioconda, né, Enzo, riescono a sottrarla alla furia della gente, quando sopraggiungono Laura Adorno (di cui Enzo è innamorato) e suo marito Alvise Badoero, nobile veneziano e inquisitore di stato. La nobildonna intercede presso il marito, che riesce a salvare la cieca, la quale, riconoscente, dona a Laura un rosario. Enzo ritrova la sua Laura, l'amore perso e tenta la fuga con lei. Quando il marito scopre la tresca le porge il veleno, l'unico in grado di lavare l'onta. Interviene provvidenziale Gioconda, cambia il veleno letale in uno blando, che le procura solo la morte apparente. Scoperto il marito per l'eccidio, risultato ingannevole ad opera di Gioconda, e tornato libero Enzo, imprigionato da costui, i due amanti, al risveglio di Laura, si riuniscono felici. A Gioconda non resta che la morte piuttosto che unirsi a Barnaba, al quale si era promessa pur di salvare la vita ad Enzo.
La Gioconda fu rappresentata con successo per la prima volta a Milano, nel 1876 ma per rappresentarla alla Fenice di Venezia, il compositore Ponchielli, vi apportò modifiche che furono ulteriormente variate nella versione tenuta al teatro dell'Opera di Roma. Una gestazione travagliata la definitiva stesura ma che consacrò Ponchielli come il più importante musicista italiano dell'epoca dopo Verdi. La Gioconda è un'opera che si basa, sviluppandolo, su  materiale preesistente della tradizione culturale; i personaggi si muovono all'interno del clima appassionato e fosco delle repubbliche marinare e Venezia si presta a fondale di tutta la rappresentazione. I personaggi attori, rappresentano sé stessi ed il coro, quasi sempre in scena, osserva, partecipa, spasima, si addolora ed è felice insieme ai protagonisti. Un telaio shakespeariano sul quale i due autori hanno poggiato l'impianto dell'opera, infatti si ravvisano alcune analogie tra  Laura, la donna amata da Enzo, a cui Gioconda dà la morte apparente, attraverso un veleno, per salvarla,  e la stessa morte della "Giulietta" del grande drammaturgo inglese. Innovative e geniali, per cui l'opera non si appesantisce, sono le continue entrate ed  uscite dei personaggi, dei  balletti come ad esempio "la furlana", messo lì non per allungare lo spettacolo ma  per una piacevole interruzione e della processione che con lentezza e devozione si appropria della scena, particolari utili che fanno lievitare lo spettacolo. A dirla tutta la storia rappresentata è fievole, l'intreccio è debole ed anche se i personaggi vivono sentimenti contrastanti e forti, come l'amore e l'odio, non riescono a suscitare ricordevoli emozioni. Enzo, ad esempio, è un personaggio staticamente romantico che per avere l'amore di Laura si basa sul sentimento disperato e generoso di Gioconda, in continua lotta con se stessa, mentre Laura, è donna che sa rischiare, sa spingersi oltre per un vero sentimento  Si capisce, così, che le donne  di quest'opera sono più attive, più intuitive degli uomini, presi quasi tutti da sentimenti possessivi e rancorosi, fanno squadra, si proteggono vicendevolmente e solo per la legge ingrata dell'amore, una sarà felice, tutto a scapito dell'altra che, melodrammaticamente, si darà la morte. Costruita in stile grand-opera francese, la storia di Gioconda è tratta dal romanzo "Angelo, tiranno di Padova" di V. Hugo,  con musiche orecchiabilissime e con l'inserimento al terzo atto del famoso balletto "La danza delle ore" che, nella versione del "Verdi", è stato curato dalle coreografie di Pina Testa. Melodramma italiano, "La Gioconda" su modello importato dalla Francia,  che all' inizio del secondo atto, un "Tableau vivant", con il canto dei marinai sulla tolda, ispirò a  Ponchielli  un dialogo musicale  tra gli strumenti dell'orchestra. Tutta l'opera ha per scena l'interno di un veliero che contribuisce a creare un'atmosfera di grande coralità e di interazione tra i personaggi. Di buon temperamento scenico e di  bravura canora tutti gli interpreti:
Gioconda Hui He - Seda Ortac (21 ottobre), Laura Adorno Luciana D'Intino, Alvise Badoero Carlo Striuli, la cieca Francesca Franci, Enzo Grimaldo Hugh Smith, Barnaba Lado Ataneli, Zuàne - barnabotto Angelo Nardinocchi, un cantore-un pilota Massimiliano Travagliati, Isèpo Francesco Pittari, Orchestra Filarmonica Salernitana Giuseppe Verdi, Coro del Teatro dell'Opera di Salerno, Coro di Voci Bianche del Teatro "Giuseppe Verdi" di Salerno, Direttore d'Orchestra Yishai Steckler, Regia Maurizio Di Mattia, Maestro del Coro Luigi Petrozziello, Scene Davide Gilioli, Artista video Jean-Baptiste Warluzel, Maetro del Coro di Voci bianche Silvana Noschese, Coreografie Pina Testa.
Grande lirica, al Teatro Comunale "Giuseppe Verdi, con interpreti internazionali e allestimento di grande pregio che oltre ai salernitani entusiasti, ha richiamato in città appassionati, prenotandosi  il loro posto al " G. Verdi", anche dal resto d'Italia, Germania, Svezia e Giappone.
Prossimo appuntamento "Madama Butterfly" di Giacomo Puccini, da mercoledì 28  novembre al 2  dicembre del 2012.
    
Maria Serritiello





Ottava Edizione del Delle Arti Scuola

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DI MARIA SERRITIELLO

Per promuovere il programma dell'ottava edizione del "Delle Arti Scuola" ai rappresentanti dell'istruzione salernitana, dirigenti e docenti, Gaetano Stella ed Elena Parmense hanno offerto in replica lo spettacolo, "Gambrinus 1900" già presentato con successo, quest'estate all' Arena del Mare di Salerno. Dodici gli spettacoli,  realizzati per avvicinare i piccoli alunni delle elementari e quelli più giovani, delle medie e delle superiori, al teatro. Il progetto teatrale è realizzato in collaborazione con il Comune di Salerno, "Animazione 90", si avvale della collaborazione, per alcuni testi di Ciro Villani e si propone, ogni anno, come momento di sinergia tra spettacolo e didattica, con un unico intento, appassionare da piccoli al teatro per avere spettatori nel futuro. Un successo, come le passate edizioni e anche questa, 2012- 2013, prevede la tournée di alcuni spettacoli della rassegna, presso  il teatro Sistina di Roma, in varie date, tra cui "Il nuovo canto di natale", in occasione del bicentenario della nascita di C. Dickens, "Anna Frank" in memoria della Shoah e  "Il mago di Oz".
Programmazione  e date:  "Favoleria" 7 novembre 2012; " Io speriamo che me la cavo" 13 novembre 2012;  "Miseria e nobiltà" 27 novembre 2012;  "Il nuovo canto di Natale" 3 dicembre 2012;  "Anna Frank" 21 gennaio 2013;  "Il mago di Oz" 1 febbraio 2013; "Cecè e Bellavista" 21 febbraio 2013;  "L'Inferno" 5 marzo 2013;  " Il tesoro del Barbone" 20 marzo 2013;  "Al lupo, al lupo" 9 aprile 2013; "Odissea the Musical" 16 aprile 2013;  "Nella vecchia fattoria" 2 maggio 2013.
Un ventaglio di offerte per tutti i gusti, dalla favola, alla commedia musicale, da pezzi celebrativi,  al teatro d'autore. La mattinata teatrale prevede anche la possibilità di sostare per il pranzo (colazione al sacco) e visione nel pomeriggio delle "Luci d'Artista" di Salerno. L'inizio degli spettacoli è dalle ore 10 fino alle ore 12. La direzione artistica è a cura di Gaetano Stella mentre la direzione organizzativa è affidata ad Elena Parmense.
"Gambrinus 1900"
Passano proprio tutti gli intellettuali che contano a Napoli,  all'inizio del '900, per il  Caffè Gambrinus, tra cui Pasquale Mario Costa, Ferdinando Russo, Gabriele D'Annunzio, Antonio Cardarelli, Libero Bovio, Salvatore Gambardella, Giovanni Capurro, autori di melodie napoletane, le più belle, entrate a far parte del patrimonio poetico- artistico del mondo e Lina Cavalieri, la sciantosa, "la donna più bella del mondo". Così lo spettacolo è sì la storia del Caffè Gambrinus, ma nel contempo celebra l'esponente maggiore, il frequentatore abituale: Salvatore Di Giacomo. Musica e poesia fanno da padrone, accompagnate dalla bravura degli artisti, dalla scioltezza  dei dialoghi, dalle battute divertenti e da una recitazione ben  caratterizzata. Due ore di spettacolo lieve ed erudito, nelle quali si apprende quasi tutto della vita intima ed artistica del grande poeta napoletano, Salvatore Di Giacomo, i cui versi hanno dato vita a canzoni memorabili. Accurata la regia di Gaetano Stella, nelle vesti anche di Salvatore Di Giacomo e bravi tutti gli attori, tra cui Elena Parmense, Matteo Salsano e  Chiara De Vita, i ballerini e i cantanti del cast.
Maria Serritiello


Bella Addormentata


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DI  MARIA SERRITIELLO

Quattro storie intense e drammatiche s'intrecciano tra loro. Sullo sfondo un fatto reale, il trapasso di Eluana Ingrao, la giovane donna in coma da 17 anni, avvenuta il 9 febbraio 2009 di dolce morte. L'opinione pubblica, per l'accadimento così drammatico, nella realtà, si divise in due. La finzione filmica si avvia proprio dal voto del parlamento, chiamato ad esprimere  l'atto di liberazione o di condanna, a seconda come  si considera, vuoi per ragioni personali o politiche, la triste storia della giovane donna. Si apre, così, in uno dei senatore un profondo caso di coscienza, aggravato, ironia della sorte, dal  pensiero della figlia opposto al suo. La ragazza, dal suo canto, mentre si reca ad Udine per manifestare dinanzi alla clinica, dove finirà la vita di Eluana, s'innamora di Roberto che a sua volta è il guardiano di suo fratello, insano di mente. Una grande attrice, la terza storia, si è ritirata dalle scene per assistere, sostenuta da una grande fede,  la figlia in coma irreversibile. Infine un ultimo personaggio si aggancia agli altri,  rappresentando  il disagio di vivere da drogata.
Il Commento
Non è un brutto film, "Bella addormentata", presentato al Festival Cinematografico di Venezia, in odore di premiazione, come miglior film italiano, anzi  l'eccezionale Toni Servillo getta luce immensa sul personaggio del parlamentare, da lui interpretato, come sempre in maniera superba e di conseguenza su tutto il film. Per il resto solo un ammasso di trame, l'una nell'altra, con  le problematiche trattate troppe  ed inutili che hanno in qualche modo disperso il tema fondamentale dell'eutanasia. E' vero, Eluana non è rappresentata fisicamente  e non è la bella addormentata del film, ma la storia che Bellocchio mette insieme, è comunque posticcia come non è veritiero il realismo di cui si serve per rappresentare alcune scene. Sintomatico, infatti è il ruolo del medico che assiste notte e giorno la paziente drogata, eludendo i tempi regolari della sua professione. Ogni personaggio delineato dal regista ha un disagio singolare per cui il film inevitabilmente si appesantisce e nessuna storia ha presa sullo spettatore. Resta Bellocchio, un acuto osservatore della realtà che nel film riprende e  con le incongruenze che le sono proprie, messe in risalto da un fondale insostituibile qual è la televisione, sinuosa e presente in tutte le scene.  Va sottolineata una finezza della regia, una citazione filmica per gli appassionati cinefili, ove  nelle prime scene, da uno schermo televisivo si assiste ad  uno spezzone del film "La vera storia della signora delle camelie" interpretata da una giovanissima Isabelle Huppert, la stessa attrice che nel film di Bellocchio con dosata raffinatezza e mostrando per intero i segni del tempo, interpreta la madre- attrice. Il film si è guadagnato due riconoscimenti, il "Premio Brian" e il "Premio Marcello Mastroianni", assegnato al giovane Fabrizio Falco (il fratello insano).  Elegante è la colonna sonora di Carlo Crivelli che distribuisce tensione al film, mentre la sapiente fotografia di Daniele Ciprì, getta luci caravaggesche su tutta la pellicola.
Gli interpreti
Tutti bravi gli interpreti nel proprio ruolo, ad iniziare dall'eccezionale Toni Servillo, che delle sue interpretazioni, ogni volta, ne fa un capolavoro. Buona la prova sia di Alba Rohrwacher che quella di Michele Riondino (il giovane Montalbano della tv), anche se i loro personaggi sono fugaci. Divertente è il monologo, castiga-costume, del parlamentare psichiatra, interpretato dal bravissimo attore di teatro Roberto Herlitzka, il quale fa la sua arringa tra vapori e sudori di in una sauna. Convince, per la naturalezza, Pier Giorgio Bellocchio, figlio d'arte, nei panni del medico-missionario in cui si  è calato.
Il Regista
Marco Bellocchio (Bobbio, 9 novembre 1939) è un regista, sceneggiatore e produttore  cinematografico italiano. Fin da piccolo alle scuole salesiane mostra un certo interesse per il mondo del cinema e la sua irriverenza verso i canoni clericali lo porta ad essere considerato un ribelle. A Bobbio segue molto il cinematografo locale appassionandosi alla regia. Nel 1959 frequenta il Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, e - sotto la guida di Andrea Camilleri - nel 1962 acquisisce il diploma di regia per poi proseguire a Londra i suoi studi sul cinema. Tornato in Italia lavora al suo primo lungometraggio. A Bobbio, suo luogo di nascita, in provincia di Piacenza, all'età di 26 anni, dirige "I pugni in tasca" (1965), in cui già si nota il suo anticonformismo, così come nei successivi: "La Cina è vicina" (1967, presentato al Festival di Venezia e vincitore del Gran Premio della Giuria  e "Il popolo calabrese ha rialzato la testa" (1969). La sua  lunga carriera di regista è costellata di successi e di riconoscimenti, il suo è un talento che suscita fermenti, discussioni, approfondimenti di problemi. Con "Bella addormentata" affronta il tema dell'eutanasia e la difficoltà di avere una legislazione in materia di fine vita.
Per saperne di più
"Il Premio Brian".  Dal 2006, l'Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti assegna un premio per il miglior film presentato alla Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia. Il "Premio Brian", dal nome del film satirico del gruppo comico inglese Monty Python "Brian di Nazareth", è conferito a «un film che evidenzi ed esalti i valori dal laicismo, cioè la razionalità, il rispetto dei diritti umani, la democrazia, il pluralismo, la valorizzazione delle individualità, le libertà di coscienza, di espressione e di ricerca, il principio di pari opportunità nelle istituzioni pubbliche per tutti i cittadini, senza le frequenti distinzioni basate sul sesso, sull'identità di genere, sull'orientamento sessuale, sulle concezioni filosofiche o religiose».
Spunti di riflessione:  L'eutanasia: la malattia in più da affrontare
Il Regista: Marco Bellocchio
Gli Attori: Toni Servillo, Isabelle Huppert, Alba Rohrwacher, Michele Riondino, Maya Sansa, Brenno Placido, Fabrizio Falco, Roberto Herlitzka, Pier Giorgio Bellocchio e Gian Marco Tognazzi.
Giudizio : Buono
Maria Serritiello

mercoledì 31 ottobre 2012

Nell'ex Salid di Salernoper l'inaugurazione "Anna Cappelli"di Annibale Ruccello




di Maria Serritiello

L' ex Salid, sulla Lungoirno, la vecchia fabbrica di mattoni dismessa, interamente ristrutturata, dal 17 ottobre, è sede del teatro stabile d'innovazione, Fondazione Salerno Contemporanea. Il taglio del nastro è avvenuto alla presenza del Sindaco Vincenzo De Luca, dell'assessore alla Cultura del Comune di Salerno, Ermanno Guerra, del Rettore dell'Università degli Studi di Salerno, Raimondo Pasquino, del Presidente della Fondazione Salerno Contemporanea, Antonio Bottiglieri, e del Direttore della Fondazione Salerno Contemporanea, Igina Di Napoli, mentre alle 21, dello stesso giorno, in scena il primo spettacolo, dal titolo "Anna Cappelli", uno studio particolare di Annibale Ruccello. Lo spettacolo, nell'adattamento diretto da Pierpaolo Sepe, è interpretato dalla bravissima Maria Paiato.
"Entrare in questa sala è una grande emozione - ha detto il Sindaco Vincenzo De Luca - Una delle idee guida del nostro programma era rappresentata dal richiamo ad Edimburgo, quale città dell'eccellenza in ambito teatrale: poteva apparire come un' ambizione eccessiva, ma pian piano il lavoro che stiamo svolgendo ci sta portando a divenire un punto di riferimento per la cultura. In un luogo prima degradato, che ora è un ambiente meraviglioso, ideale per questo genere di iniziative, in pochi anni è nato un vero e proprio polo culturale. Questa è una grande sfida per Salerno".
Anna Cappelli
Nell'Italia degli anni '60, Anna Cappelli, è una donna di provincia che lavora al Comune e vive presso una signora, in una stanza in affitto. In ufficio incontra l'amore in un ragioniere, Tonino Scarpa, proprietario di un appartamento. Anna decide di andare a vivere con lui ma Tonino non vuole sposarla, anzi dopo tanti anni vissuti insieme, finisce col cacciarla di casa, per trasferirsi a sua volta in Sicilia. Una delusione troppo grande a cui Anna risponderà con la follia e con l'amore trasformato cannibale, l'unico ormai in grado di soddisfarla e capace di nutrire la sua disperata fame di affetto.
Annibale Ruccello
Annibale Ruccello nacque a Castellammare di Stabia, si laureò con il massimo dei voti in filosofia a Napoli nel 1977, con una tesi in antropologia culturale sulla Cantata dei pastori di Andrea Perucci Il suo interesse fu subito rivolto alla cultura popolare della Campania e di conseguenza al lavoro di ricerca che da anni Roberto De Simone stava realizzando con la Nuova Compagnia di Canto Popolare . Iniziò a recitare a Torre del Greco presso la fondazione del Teatro del Garage di Gennaro Vitiello, laddove esordirono anche altri noti artisti come Mario Martone ed Enzo Moscato. Ritornando da Roma, morì in un drammatico incidente automobilistico sull'autostrada Roma -Napoli, nel 1986, alla guida dell'auto c'era Stefano Tosi, attore napoletano, deceduto assieme ad Annibale; così si spezzò la sua promettente carriera. Il suo primo lavoro autonomo è del 1960: Le cinque rose di Jennifer.
Lo spettacolo in replica fino a domenica, darà il via al progetto "Il corpo della lingua", riflessioni sull'opera del giovane autore, precocemente scomparso. Prossimo spettacolo "Ferdinando" il capolavoro di Ruccello, da giovedì 25 a domenica 28 ottobre.

Maria Serritiello