Programma dei mesi di ottobre, novembre
e dicembre 2023
26 ottobre, giovedì: In occasione del centenario della nascita dello scrittore Italo Calvino,
conferenza tenuta dall’EmeritoChiarissimo Professore dell’Università “Federico II di Napoli” Francesco
D’Episcopo.
31 ottobre, martedì, ore 21,00, presso Chiesa Santa Apollonia, via San
Benedetto
spettacolo sul Mito Deianira e
musica.
13 novembre, lunedì, ore 17,00, presso Ente Turismo via Velia 15: Incontro con l’arte: pittori, poeti
e scrittori del nostro territorio.
14 dicembre, lunedì, presso sala Giunta della Provincia di Salerno ore
16,00: Premio
intitolato al Prof. Cosmo Sallustio Salvemini e interventi del Chiar.mo Prof.
Gaetano Pecora (Presidente del Centro Studi Salveminiani di Napoli) e del
Chiar.mo Prof. Francesco D’Episcopo. Sarà presente il Prof. Alessio Falconio
Direttore di Radio Radicale di Roma. L’evento sarà registrato da Radio
Radicale. Interverrà il Presidente della Provincia di Salerno.
Giovedì 26 Ottobre 2023 "Il Caffè Dell'Artista" di Salerno,
Presidente la Prof.ssa Florinda Battiloro,ha inaugurato l'anno sociale con una dotta relazione su Italo Calvino, in occasione del centenario della sua nascita, tenuta, con profonda leggerezza, dal Prof.re Francesco d'Episcopo.
In sintesi, il suo intervento
Nato a Santiago de Las Vegas
– Cuba il 15/10/1923 da padre Agronomo e madre Biologa, morto nel 1985. La sua
famiglia si trasferì da Cuba a Sanremo in Italia ed i genitori vollero
ricordare le loro origini chiamando il proprio figlio Italo. E’ stato un grande
scrittore e paroliere, ha spaziato tra romanzi e favole; un Intellettuale di
grande impegno politico, civile e culturale. Infatti, durante la seconda guerra
mondiale è stato un partigiano, dopo il conflitto egli si iscrisse al Partito
Comunista, ma dopo circa sei anni lasciò questa tessera perché deluso da alcuni
comportamenti assunti dal Partito. E’ stato uno degli scrittori più importanti
del Novecento in Italia, alcune opere: “Le città invisibili”, “Il barone
rampante”, “Sotto il sole del giaguaro”, “Il sentiero dei nidi di ragno”, hanno
travalicato anche il nostro Paese per avere un successo internazionale.
Calvino, oltre ad essere un fervido scrittore, fu Editore per Einaudi, quindi
Editore di se stesso e con una forte capacità manageriale. Nel 1950 collaborò a
Riviste tra cui “Il Politecnico” di Vittorini ed alcuni Quotidiani. In questo
periodo tutti i suoi romanzi furono accolti con grande stima dalla Critica
Internazionale. Nel 1966 si trasferì a Parigi e da lì collaborò con il Corriere
della sera e la Repubblica fino al 1984. Dopo fu invitato a tenere lezioni
all’Università di Cambridge, alla Harward University e preparò “Le Lezioni
americane” che vennero pubblicate postume. Nel libro “Le Città invisibili” vi è
una sospensione del tempo, giocando attraverso l’imitazione di quello che è il
suo modello: Marco Polo, e descrivendo città partendo dal Medioevo, fino a
quelle contemporanee. Nella sua vita a Parigi egli apparve molto interessato
alla Narrativa dell’Ottocento, poi conobbe gli Strutturalisti e i Formalisti e,
attraverso questi, concepì un nuovo modo di scrivere in Letteratura. Fu un
ammiratore di Duras, Borges e Puig. Calvino fu un avido lettore, che formò il
suo pensiero verso un nuovo modo di intendere la scrittura: ogni cosa descritta
poteva avere un diverso seguito, tutto poteva essere possibile nell’evolversi
delle dinamiche comportamentali individuali e sociali. Il linguaggio usato
dall’autore è complesso, ma facile da captare, fu un Avanguardista e vide la
Letteratura come Scienza delle eccezioni, in cui ogni Scrittore, di opera in
opera, si mette alla prova variando, sperimentando, osando ogni volta in campi
diversi: dalla Linguistica alla Antropologia, dalla Semiotica all’Astrofisica,
dalla Biologia alla Psicoanalisi, tutto è un serbatoio di immagini narrative.
Egli spazia dal genere avventuroso a quello erotico, dall’apocalittico a quello
spionistico, ed ogni volta resta in sospeso la trama appena abbozzata con i
personaggi del racconto lasciati ad un destino sconosciuto, poiché i veri
protagonisti sono il Lettore e la Lettrice che vivono una storia d’amore tra
loro. Una cassettiera con tanti cassetti che si aprono rivelando le loro
sorprese, un gioco ironico sulla scrittura e sulle sue potenzialità, una
interazione completa con il lettore, che può diventare un Deus ex machina, come
avviene oggi in certe narrazioni che vediamo al cinema, che spesso vengono
definite “Mentalist Story”, in cui le possibilità finali di un racconto possono
variare grazie alla personale interpretazione e visionarietà. In questo Calvino
è stato un precursore a livello psicologico del nostro tempo.
Nei giorni scorsi si è
tenuta un’interessante personale dell’artista AnnaCiufo, presso
“dal 1948 Bar Napoliello” in Via Tevere di Pontecagnano dal titolo “Foemina”
L’artista, nata a Formia,
ma Salernitana di adozione, ha iniziato ad interessarsi all’arte pittorica
intorno ai 12 anni. Più tardi stimolata, incoraggiata e seguita dal proprio
docente di disegno e storia dell’arte, ha affinato la propria tecnica,
partecipando a numerose collettive di giovani artisti. Con un considerevole
curriculum professionale e molteplici esposizioni, la pittura di Anna Ciufo
si esprime sempre in favore dei diritti delle donne, della presa di coscienza
verso gli ultimi e sguardi rivolti alla natura. Una nota particolare, Anna
Ciufo, in passato, per un breve periodo ha collaborato da Salerno per
Lapilli, recensendo mostre.
La personale “ Foemina”
esposta “nel Bar Napoliello” in Pontecagnano dal 1948 e ne ha
tutti i segni, ha dato chiarore al luogo, reso opaco dal tempo, gli stessi
anziani, seduti attorno ad un tavolino di legno rettangolare, intenti allo
svago serale, sapevano di quadro antico: “I giocatori di carte” di Paul
Cézanne.
Da premettere (n.d.r.)
che sono particolarmente attenta ai lavori dell’artista, vuoi per la tenacia
che mette nella sua voglia di ritagliarsi un suo spazio pittorico ed una sua
personalità, vuoi per l’aerea spazialità dei suoi colori chiari, vedi le opere
di dimensioni maggiori e per la delicatezza del tratto, mai duro o violento. Nell’esposizione
dei quadri, poi, ad occhio attento, si scorge tutto il suo pathos nell’affrontare
il “problema femminile”. Il numero ridotto (peccato) di piccole essenze
pittoriche della donna, nei vari suoi momenti esistenziali, sono tutti resi con
eleganza e decisione. I tratti essenziali, esaustivi ed accoglienti, sono la visione
di una donna presente e significativamente importante. L’uso di colori, quasi
mai accesi o vistosi, ben riposiziona la donna in una visione ampia e
rasserenante, una presenza fatta di accoglienza e comprensione. I quadri di dimensione
più estesa, parlano di una artista che non ha perso ancora la speranza di un
mondo più dolce, più chiaro, più motivante, più accogliente nella diversità e
più decisamente volto a dare felicità! È’ questo alla fine il mondo cui
dobbiamo aspirare tutti ed Anna Ciufo può accompagnarci
con i suoi quadri
Ad iniziare il ciclo
delle rappresentazioni, per la stagione teatrale 2023/2024, al Piccolo
Teatro del Giullare, è una pièce di forte impatto, scritta da Francesco
Maria Siani, un Salernitano talentuoso che vive in Francia.
All’inizio, tutta la
scena è al buio, un sottofondo di piatti metallici di un’invisibile batteria,
ora in crescendo, ora diminuendo d’intensità, crea un’aspettativa allarmante;
poi la luce fioca rischiara un angolo del salotto, dove, accanto ad un tavolino
su di una poltrona, c’è un uomo, con il plaid tirato sulle gambe, radio accesa
per ascoltare la parlata di alcuni politici. In giro per la stanza con vestiti
dimessi, capelli raccolti all’indietro e strofinaccio della polvere tra le
mani, presumibilmente sua moglie, ascolta umilmente le invettive dell’uomo.
Costui è un soggetto con nessuna parola garbata, né verso i politici avversari in
ascolto, né verso sua moglie che ha tutta l’aria di essere invisibile in quella
casa. Con una parlata marcatamente meridionale, siamo, però, in una città del
nord, Saverio arringa malamente i politici, ce l’ha con i comunisti e rimpiange
“lui” che manteneva l’ordine, quando, l’Italia era nelle sue mani. Sbraita a voce
alta, gli si gonfiano le vene della gola tanto è il tono elevato, ma non si
ferma, anzi oltre ai comunisti aggiunge all’imprecazione nell’ordine: i
drogati, gli omosessuali, gli emigrati. Si comprende bene che non è felice
della sua vita, è sofferente, l’arteriosclerosi lo tormenta. Intanto la moglie
gira per casa come un’ombra, lo accudisce e placa con dolcezza i suoi scatti
d’ira. Per suo conto ha una decisione da prendere, è ammalata e vuole andar via
in silenzio, accompagnata dalla buona morte. La coppia ha un figlio che
andandosene da casa ed allontanandosi, vive all’estero. La donna, dopo aver
rassettato la casa, compiuti i gesti usuali, che a nessuno interessavano, messi
i libri, gli scritti ed altri oggetti ricordevoli nel baule troneggiante la scena,
saluta il marito, che come sempre urla improperi ed insulti, una volta in più
nei suoi confronti. Marta esce dalla vita, ma resta in scena come fantasma, scalza,
umile e dolce nel voler aiutare il figlio a recuperare il rapporto con il
padre. Il dramma si fa complicato, quando tra bisticci, urla e aggressioni
fisiche da ambo le parti, padre e figlio tentano un ravvicinamento, attraverso
verità inconfessabili e vissuto ingannevole. Un atto unico che per un’ora e
venti minuti senza interruzione, poca luce e la stessa scena, per tutto il
tempo, prova a rappresentare oscure dinamiche familiari, unite a feroce scontro
generazionale.La pièce si conclude come nessuno se l’aspetta,
un’eredità, sia pure di sentimenti, che danno speranza ad un’umanità sempre più
incarognita.
Un’interpretazione
magistrale quella dei gemelli più noti del teatro salernitano, saputi come figli
di quei mostri sacri dal nome: Regina Senatore e Alessandro Nisivoccia,
riunitisi in scena dopo i 14 anni. Ci si accinge ad ascoltarli con reverenza,
cercando di scoprire in loro una certa eredità teatrale, una qualche
inflessione di voce possente di Alessandro o un tremolio addolcito di
Regina.Ed è così, scorgere i genitori,
in loro due, è stata un’emozione indicibile per un pubblico che conosce il
rimpianto. Degni figli, hanno caratterizzato perfettamente i loro personaggi,
superando se stessi, per questa raggiunta maturità artistica.
Una menzione particolare
la merita Andrea Palladino, bravo nel caratterizzare, Enzo, il figlio
della coppia, amato in modo smodato dalla madre, viceversa maledetto dal padre,
l’odio gli esce dal corpo, tant’è la forza recitativa, per impattarsi contro il
genitore. La regia di Francesco Petti è stata perfetta, attento com’è
stato a fare del dramma, un pezzo ricordevole, anche per le immagini costruite
in penombra, come quella, per esempio, di Enzo tra le braccia della madre, dopo
aver conosciuta la verità, sul baule disvelato, si ricompone una piccola pietà
michelangiolesca con il più dolce sottofondo musicale: Barber Adagio for Strings, Op.11
Maria Serritiello
www.lapilli.ru
Lo spettacolo viene ripetuto il 14 e15 ottobre, sabato ore 20,30 e domenica alle 18,30
Con “26 e 4 Remake”, ha
avuto inizio la stagione teatrale “Destinazione Comicità, presso il teatro
laboratorio Santa Margherita, nella zona orientale di Salerno, che va avanti
dal 30 settembre 2023, fino al 15 aprile 2024, con 8 spettacoli+ 2 in omaggio,
alla cifra di 70 euro , alla portata di chi si vuole distendere con il sorriso
o anche con la risata. Due spettacoli, ogni volta, il sabato sera alle 21,00 e
la domenica in replica alle 19,15.
26 e 4,
i numeri fortunati, dove 26 è la farmacia e 4 il teatro, simboli ispiratori
della scrittura di Lello Casella, che ne è anche il regista, oltre che abile
interprete. I due atti hanno come luogo fisso, proprio la farmacia, riprodotta
con artistica precisione, per fare da sfondo alle vicissitudini dei 5
protagonisti: Saverio, Lulù, Rafilina, Arturo e Franchetielle, ovvero
Ciro Girardi, Antonello Cianciulli, Roberta Manzo, Maria Luisa Pirri e Lello
Casella Ed il numero 4? Centra, oh si che centra, in quanto Arturo, che si
spaccia per dottore, altro non è che un miserevole teatrante, innamorato cotto
della bella Lulù, ma che non disdegna le altre, tipo la languida Rafilina. La
prima parte è di preparazione, i personaggi sono delineati con i loro desideri
amorosi e teatrali, quelli di Saverio il farmacista, per esempio, che paga
perfino Arturo, sempre a corto di soldi, pur di avere la parte di Romeo, nello
spettacolo in preparazione. Sia la prima parte che la seconda è intervallata da
spacchetti musicali, danzati mirabilmente da un pregevole corpo di ballo, su
coreografie di Valeria Alfano del Polo delle Arti con musiche scelte dall’antica
melodia napoletana. Lo spettacolo, continua con l’esilarante drammatizzazione
di Giulietta, Ciro Girardi e Romeo, Antonello Cianciulli, basta
vederli nei panni di scenaper ridere con gusto come la rassegna
teatrale vuole. Abbandonati i panni dei due infelici innamorati ritornano nella
farmacia per rappresentare, insieme a Lello Casella e Roberta Manzo, l’atto
unico di Eduardo De Filippo “Pericolosamente”,scritto nel 1938.
La gag è divertente ed è
ben caratterizzata; gli interpreti, ognuno per la propria parte, hanno dato il
meglio di sé. Bravo Lello Casella nel rifinire lo spettacolo,
incastrando tutti i personaggi e nel creare una piacevole contaminazione con
testi noti e di valore. L’ambientazione anni ’20, il recitato marcato e le
battute spesso a doppio senso hanno creato un clima di assoluta spensieratezza.
Lo spettacolo viene
replicato fino all’8 ottobre
Note conoscitive
Il Teatro Laboratorio
Santa Margherita, nella zona orientale della città di
Salerno, è sorto nel 2019, nella struttura, che post terremoto ’80, è servita
da chiesa.Il teatro laboratorio nasce
con l’intento di favorire attivitàche tendano a sviluppare
la socializzazione nell’area extra scolastica ed extra familiare. Un teatro di
quartiere, dunque, un centro di cultura permanente che possa liberare le
creatività.
Il Teatro laboratorio S.
Margherita è il teatro popolare della zona orientale, con 100
posti a sedere, confortevole ed a 100
metri dall’uscita della tangenziale di Pastena-Giovi e con ampio parcheggio
gratuito.
Inoltre il teatro dispone
di una dependance di oltre 200 posti “Il Giardino dell’Arte” per
dare continuità al lavoro progettuale, anche, durante il periodo estivo.
Nostalgico, delicato e profondo omaggio ai Pink Floyd utilizzato per aprire la breccia nel muro dell'indifferenza verso il mondo ultras.
L' urlo della presenza costante dei tifosi, alla pari del potente coro dei bambini del brano Another Brick in The Wall, riuscirà ad abbattere le rigide regole imposte dal calcio moderno?
È un desiderio di ribellione.
È stato tutto un gioco di luci ed ombre, tra un' eclissi di luna e le sfolgoranti facce di un diamante. Alla pari si è districata la squadra in campo, risultando essere ancora double face, aggressiva rintuzzante e spavalda per un' ora di gara, fragile, impaurita e disunita fino alla fine.
Sousa sembra aver riconquistato la fiducia dei suoi, la società dovrà compiere la restante parte dell'opera di ricucitura ma sappiano tutti che ormai il muro della paura è infranto, saremo anche pazzi ma la Salernitana sarà PER SEMPRE.
Parole e musiche dei Pink Floyd, coreografia di Gigi Pacifico, palcoscenico Stadio Arechi di Salerno.
A Gigi Pacifico, l'ideatore della coreografia va il nostro grazie, dal più profondo del cuore granata
“La forma
dell’esistenza”di Brunella Caputo da un
idea di Davide Curzio, pressoApollonia Hub di Salerno, all’interno
della rassegna “ La notte dei Barbuti”
Ce ne sono pochi di
spettacoli come quello andato in scena, giovedì 28 settembre, presso Apollonia
Hub di Salerno, all’interno della Rassegna “La notte dei Barbuti”,
direzione artistica di Brunella Caputo, nella chiesa di Sant’Apollonia. “La
forma dell’esistenza” è il titolo della particolare pièce, tratta da
un’idea di Davide Curzio e resa teatralmente, con testi di pregevole
scrittura, da Brunella Caputo, che ne ha curato anche la regia.
La chiesa di
Sant’Apollonia è il giusto spazio per accogliere un teatro di nicchia, un
teatro che si presenta senza sipario, di fronte allo spettatore con la
semplicità della bellezza propria. Lo sguardo, nell’attesa dell’inizio, si
volge all’altare, metà coperto dallo schermo nero, unica quinta, al pulpito di
legno, sollevato da terra, al pavimento bianco e nero, lustro e di forma
particolare, si è già nel bello, introduzione a quello che verrà dopo e
perfettamente.
Alle 21:15 in punto, a
teatro pieno, l’inizio ed il sogno rientrerà in ciò che assisteremo.
Dadà è un piccolo bambino
di 5 anni, forse meno, quando per la prima volta incontra la musica, senza più
farne a meno, nel salotto buono della casa dei nonni. Gli oggetti che arredano
il luogo, a cui non ha accesso, ma lui ben elude la stretta sorveglianza, sono
tutti desiderabili, come la penna stilografica, che sedendosi sopra si
schiaccia, permettendo la fuoriuscita dell’inchiostro. Il divano tanto protetto
è contaminato dal liquido nero e con esso il divieto sempre più stretto. Il
desiderio di entrare in quella stanza proibita, prende ancor più forma, cosi
che Dadà scopre la radio ed il grammofono con il piatto di metallo su cui
girano, aiutati da un braccetto ed una puntina, quasi invisibile, dischi a 78
giri e dove il suono si ascolta, meraviglia, su tutti e due i lati. Ogni volta
che può corre nella stanza, accende la musica e con un maccherone di zito lungo,
dirige l’immaginaria orchestra, che suona solo per lui: “Maestro, maestro” immagina
di sentirsi chiamare e quell’euforia infantile non lo ha abbandonato più, anche
oggi che di anni ne sono passati, la musica, è divenuta compagna di vita, tanto
di sentirsela dentro, mentre adulto, lo troviamo di spalle a dirigere sul
podio, orchestrali immaginari “l’Adagietto di Gustav Malher. Così
l’inizio
Per un’ora e più,
all’interno di Sant’Apollonia si ascoltano le note meravigliose di Handel,
Mahler, Strauss e la canzone napoletana, frutto di una ricerca di brani e
di testi, ossatura dello spettacolo. La felice combinazione di scelta musica e
di testo recitato con la melodiosa ed appassionata voce di Brunella Caputo,
“ Lascia la spina, cogli la rosa…”, di quella stupendamente narrante di Davide
Curzio e di quella cantata dalla splendida soprano Silvia Sammarco, fanno
di questo spettacolo una rara preziosità.
E’ un viaggio nella
conoscenza musicale indiscussa di Davide Curzio, nella unicità delle parole di
Brunella Caputo e nel canto ammaliante della soprano, una sirena per bravura,
bellezza ed espressività soave, uno per tutti la cantata dello “Zoccolaro”.
La levità di Brunella, avvolta da un abito nero e lunghi capelli sciolti sulle
spalle, l’avanzata dal fondo del teatro, di estrema eleganza, la coreografa
e non solo , un unicum insostituibile, Virna Prescenzo vi ha messo di suo,
unita alla commozione di aver creato un pezzo irripetibile per il suo Dadà, si,
perché Davide e Dadà sono la stessa persona e Brunella ne ha voluto raccontare
la magica storia, è stato, questo, un momento di grazia per ognuno presente.
L’attaccamento, che dono prezioso!
E poi i raccordi di vita e di amore dei musicisti, con i quali abbiamo
saputo di Mahler, di Strauss, accompagnati da canzonicome “Funiculì, Funiculà’,‘A Serenate d’ ‘rose, “Oje rose meje. Si
dorme chesta fata, scetátela cu chesta serenata…” un recitato appassionato
di Brunella in una rara occasione di dialetto. Tutto ha funzionato in modo completo,
uno spettacolo appassionato, elegante, sapiente; si esce dalla chiesa
sconsacrata con un pieno di magia, di sogno e di puro amore, tanto da poter dire
che è vero, la musica è la forma dell’esistenza e la tua, Dadà, ha questa forma,
ora lo sappiamo!
Allora piccolo, grande Dadà
ci sei riuscito a dirigere con la bacchetta vera, abbandonando il maccherone, con
perfetta espressività rapita, nell’assecondare la tua musica preferita, su di
un podio di teatro e nulla ha a che fare con te, se quel podio non è reale, il
sogno, che bella invenzione e il tuo sogno, Dadà, è meraviglioso!