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martedì 28 gennaio 2020

L’Artista Ettore Cerrato e la splendida sua mostra “Santini & brillantini”





Fonte:www.lapilli.eu
di Maria Serritiello
E’ stata esposta, dal 27 dicembre fino al 6 gennaio scorso, nel bel mezzo del centro storico di Salerno, irradiato dalle luci d’artista, una splendida mostra dal nome Santini & Brillantini dell’artista Ettore Cerrato, non nuovo a composizioni originali. La mostra, poco propagandata ed è stato un vero peccato, data la sua peculiarità, antichi santini rivestiti da brillantini luminescenti di grande effetto, è stata esposta al primo piano di Giuliana’s Showroom, in Via dei Mercanti. Per ammirare tale fattura basta immettersi nelle minuscole stanze, che riparano tutta l’esposizione come un allargato scarabattolo per presepi, per ritrovarsi abbagliati dalla luce, dalla luminescenza, dai riflessi cristallin, espansi ovunque. La pregevole collezione di antichi santini su pergamena e rifilata da merletti, posseduti da Ettore Cerrato, appartengono ad antica tradizione.
Il Santino, infatti, ha rivestito fin dalle sue origini, intorno al XV secolo, un’importanza fondamentale per la diffusione della religione cristiana. Il leggere ed il sapere era appannaggio di pochi, così la raffigurazioni sacre ebbero un forte impatto sul popolo. Senza voler fare la storia della diffusione dei santini, qualche notizia può risultare utile, ad esempio sapere che i santini si estesero, come ce li ha presentati Ettore Cerrato, nei monasteri all’epoca della Controriforma con la tecnica del Canivet.  I sostenitori di questa corrente ritenevano necessario tener impegnate le monache in pratiche di lavoro manuale. Il ricamo e il decoro di paramenti sacri era caldamente incoraggiato, così come quello di corredi destinati ad acquirenti privati, che col loro denaro contribuivano al sostentamento del monastero. Inizialmente i santini su carta pergamena, riportavano al centro un ovale su cui veniva dipinta la figura sacra, successivamente vedevano come una necessità il fatto di tener impegnate le monache in pratiche di lavoro manuale. Il ricamo e il prestigio di paramenti sacri era incoraggiato, così come quello di corredi destinati ad acquirenti privati, che col loro denaro contribuivano al sostentamento del monastero. Inizialmente i Santini su pergamena, riportavano al centro un ovale su cui veniva dipinta una raffigurazione sacra, successivamente Ben presto queste la voriazioni si diffusero anche al di fuori del monastero suore ed educande iniziarono ad arricchire le proprie opere con stoffa, perline, fili d’oro o d’argento, nastri, e tutto ciò che potevano suggerire loro la fantasia e la creatività.
Ettore Cerrato, riprendendo questa antica tradizione, ai più sconosciuta, dove il mordi e fuggi culturale ha raggiunto livelli colmi, ha creato veri e propri capolavori luminescenti. Alcune Madonne, di sua proprietà, le ha rivestite con broccati e sete di San Lecio, ha restaurato alcune teche dove sono al sicuro i pastori della sacra famiglia, rivestita d’accapo dallo stesso artista. Non si è risparmiato Ettore Cerrato e più paziente delle monache conventuali ha ricoperto con raffinata eleganza, che gli è congeniale, anche una serie di uova pasquali, racchiusi in delle scatole di plexiglas, che non hanno nulla da invidiare a quelle Fabergé, se non che non sono pezzi di gioielleria, voluti alla corte di tutti gli zar di Russia.

Ettore Cerrato, l'artista dall' acuta sensibilità e dal gusto raffinato, nel quotidiano, da diversi anni è in quiescenza. Nel passato lavorativo, è stato un distinto bancario, addetto all'ufficio estero. Ora, nel tempo libero si dedica con passione a diversi hobby. Di successo un’altra sua mostra, anni addietro, fatta di fiori secchi pressati, cosicché riesce a conservare intatta, se non addirittura ad esaltare, la bellezza dei fiori. I santini rivestiti con perline e altre luminosità c’introducono in un mondo di religiosità e di bellezza estetica inimmaginabile, per cui è facile avere uno slancio di fede, mentre si guardano i capolavori colorati creati con tanto amore dall’artista Ettore Cerrato.

Maria Serritiello
www.lapilli.eu












lunedì 27 gennaio 2020

“Il linguaggio delle nuvole” è il secondo romanzo di Carmine Rago

   


di Maria Serritiello

 Edito nel 2019 da Largo Editore di Agropoli “Il linguaggio delle nuvole” è il secondo romanzo di Carmine Rago, nato a Salerno nel 1958. Ha già pubblicato, nel 2009 “Amore amaro” con discreto successo. L’autore coltiva numerosi interessi, oltre la scrittura, tra i quali il restauro di mobili antichi. E’ impegnato anche nel sociale, allenando un gruppo di giovani impegnati in campionati di pallavolo. Il linguaggio delle nuvole tratta delle vicende personali e familiari di Andrea Giordano e del suo modo di legare le sue e le altrui vicende terrene, alla forma e al linguaggio delle nuvole, convinto com’è che è in esso, in qualche modo, c’è è scritto il filo conduttore terreno della vita di ognuno, se solo si sapesse scrollare di dosso il gravame della realtà e sapesse stabilire, appunto, con le nuvole il giusto rapporto. Una relazione, la sua, capace di utilizzare la leggerezza delle nuvole, il loro continuo trasformismo esistenziale, incapaci, però, di materializzarsi staticamente in forme prestabilite e fare di esso un modo, quello consapevole, di approcciarsi alla problematica della vita. Cosa tutto sommato apparentemente semplice, se non fosse per il rischio di perdere in tenacia e in certi casi ferocia esistenziale tanto da essere più sapiens che lupus.  Si corre il rischio di una vita osservata ma non vissuta, pensata ma non gestita o non sempre voluta, di rinunciare per qualche verso al libero arbitrio, di cui non godono di certo le nuvole, figlie come sono di condizioni esterne alle quali non possono opporsi. Di rinunciare a quella forma di consapevolezza maturata con la conoscenza scientifica di come sono andate le cose nel tempo immemorabile della vita e che fa di noialtri esseri viventi entità minime lanciate a folle velocità a bordo di un pianeta quasi inesistente nel cosmo immenso, entità minime che tuttavia hanno la possibilità, il destino è le aspettative che le rendono uniche eccezionali ed irripetibili artefici della propria esistenza. Il rischio è proprio questo e gli eventi che investono il signor Andrea Giordano confermano quanto esplicitato. Padre quasi per caso di due figli voluti da una compagna egoista cannibale immatura e forse malata si ritrova a vivere una vita che avrebbe voluta diversa e alla quale riuscirà per certi versi a sottrarsi solo alla morte della figlia, avvenuta in un incidente d’auto, guidata dalla madre che per fortuna si salva. Il dolore della perdita della figlia, convince il sig.re Giordano che il suo debito è stato ampiamente pagato e che forse può ricominciare a pensare di poter dare una nuova figura materna a suo figlio frequentando la maestra dello stesso. Un’ indagine psicologica più accennata che elicitata del personaggio principale, una più caratterizzata in senso negativo per la di lui moglie, percorrono il lavoro affiancandosi a certi tratti fuggevoli o più incisivi delle figure dei figli. Ne viene fuori una sorta di pathos dolente ma mai esasperato che caratterizza un poco tutto il lavoro e lo rende in qualche modo godibile.

Maria Serritiello


mercoledì 15 gennaio 2020

Antonello Costa al Teatro delle Arti di Salerno con lo spettacolo “Ridi con me terapia comica di gruppo”.


Fonte: www..lapilli.eu
di Maria Serritiello


Si ricomincia bene al Teatro delle Arti, dopo la pausa delle vacanze natalizie, con Antonello Costa ed il suo spettacolo, Ridi con me terapia comica di gruppo”, andato in scena sabato 11 gennaio 2020. Anche questa volta, il direttore artistico Gianluca Tortora, della stagione umoristica “Che Comico 2019-2020”, ha saputo scegliere il meglio della risata. Ed è questo lo scopo di Antonello Costa, far ridere come terapia di gruppo, perché “rridere”, come lui pronuncia, siciliano doc di Augusta, se ne guadagna in salute. Nel ricettario della sua terapia comica ci sono 87 personaggi che alterna nelle sue serate in giro per l’Italia: Roma, Torino Milano, Bologna, Palermo, Catania e tante altre città, per planare a Salerno, intervallato da 4 spumeggianti ballerine, che a vederle volteggiare sul palco, accompagnate da fasci di luci, dai colori alterni, veramente ci si sente meglio. Una di esse è la sorella, la piccola di casa Costa, talentuosa in tutti gli spacchi musicali, ma di più in quello della    danza del ventre. Cantante, ballerino, attore comico e show man, uno spettacolo, il suo, che fa della sobrietà e della buona organizzazione un suo specifico punto di forza. Mai volgare o sciatto o banale, comico e ammiccante quanto basta, umoristico e politicamente corretto nello impianto e fluido nel suo svolgersi, per cui lo spettacolo accompagna gli spettatori per due ore buone e lo fa con una delicatezza, frutto di lavoro e impegno continuo, nel controllare con attenzione tutti i dettagli e dando una dedizione psico-fisica a tutti i personaggi che scarrozzano sul palco: Don Antonino, Tony Fasano,  la frase tormentone “Cosa, Che cosa” con la o chiusa, tutta pugliese, il grassone della dieta ed ancora macchiette, omaggio a Totò e Charlie Chaplin, elegante ballerino di tiptap e di break dance, facendo il verso ad uno snodato Michel Jackson, ed ancora Arcangelo Bottiglia, Bella bè, Uomo di mondo, con un divertente ed asemantico grammelott geografico e  Karefastcose sul ritornello di Luna di Gianni Togni. Un protagonista che fa della sua poliedricità, gestita senza sforzo apparente, la sua arma vincente. Con un parlare forbito e mai banale introduce i suoi personaggi, i suoi obbiettivi e le sue aspettative, con una voce ben modulata e con un senso del ritmo ben supportato da un fisicità atletica non indifferente, classe 1970, canta e balla per tutta la serata, due ore sono un bell’impegno, eppure a fine spettacolo lo si ritrova fresco, elettrico e nessun segno di stanchezza sul viso. Le barzellette, suscitano ilarità e umorismo sottile. E allora ci riesce facile considerarlo un vero attore di varietà, nella scia di quelli che l’hanno preceduto. La regia è sua, i testi anche, bene assemblati, adatti a curare, da bravo dottore, gli spettatori, la coreografia invece è di sua sorella Annalisa Costa. Abbandonando il teatro ci si accorge che la terapia comica di gruppo ha funzionato, abbiamo tutti il sorriso sulle labbra, grazie al dott.re Costa.

Maria Serritiello
www.lapilli.eu