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lunedì 27 febbraio 2023

Stefano De Clemente al Teatro Ridotto di Salerno con lo spettacolo “Siamo un grande popolo”, il 25 e 26 Febbraio.


Fonte:www.lapilli.eu
di Maria Serritiello 

Una new entry al Teatro Ridotto di Salerno, per due sere consecutive, il 25 e il 26 Febbraio, con l’augurio di far parte, in modo stabile della schiera dei comici di successo, che sono passati nel piccolo tempio del cabaret ma, tanto importante nello scoprire il vero talento. E’ Stefano De Clementepremio della Critica, non a caso, al Premio Charlot 2013, ad esibirsi, non prima di essere introdotto da Marco Cristi, il miglior monologhista e vecchia conoscenza del Ridotto. Per lo spettacolo dal titolo, “Siamo un grande popolo”, Stefano si è avvalso delle battute create da Francesco Burzo, autore, tra l’altro di Peppe Iodice, in Peppe Night e di Antonio ColuRsi per le luci, l’audio e la Regia.

Ed eccolo, alto, bruno, camicia bianca, stirata senza una grinza, che più tardi lamenterà la sbavatura di rossetto per l’impeto di un abbraccio, tra il pubblico dei primi posti, aggredire la scena per quasi due ore, senza un attimo di tregua, con una raffica mitragliante di sketch e battute che hanno deliziato il pubblico. La sua comicità si basa su temi semplici del quotidiano, comprensibili al largo pubblico. Le sue battute sono divise in due tempi, la descrizione della situazione o del personaggio preparatorie e il colpo finale, ovvero la conclusione, quella che fa ridere di gusto. Il pubblico lo ascolta con attento interesse, perché sa che solo alla fine ci sarà l’esplosione. Una scarica di adrenalina pura, che investe anche i presenti e che lo apprezzano per quel suo darsi senza riserva. E’ accattivante in scena, le persone mature, tra il pubblico lo adottano subito, i giovani, invece, si identificano per quel suo modo energico di affrontare la scena, magari meno la vita. Si è accorto a trent’anni di riuscire simpatico presso le persone, di catturarle con le battute spontanee per cui ha scelto di fare il comico e lo fa anche bene. I suoi monologhi sono pregni di temi comuni: la mamma e le fisime del risparmio, la disgrazia del primo figlio, il covid quale nemico invisibile, l’uso della dad, il ballo, i viaggi, la ragazza social e la ragazza che guida. Temi che ci appartengono, in alcuni casi ci affliggono quotidianamente e se c’è Stefano che li ridicolizza, che soddisfazione!

Stefano di suo è un ragazzo tormentato e certi suoi piccoli gesti involontari, la dicono lunga sulla matassa delle spinte emozionali che lo assillano e che, lungi dall’essere un peso, costituiscono per lui una sorta di ossatura psicologica che lo tengono sulla scena con energia, vitalità, elettricità, dinamicità infinita. Sfrondare certe esuberanze e fare chiarezza nella propria mente, al fine di presentare un prodotto lustro e sgorgante da una filosofia di vita a 360 gradi, gli darebbe la convinzione che lottare potrebbe essere più attraente che non. Il problema è interno più che legato ai capelli frontali che continuamente minacciano di rubare la scena e che ostinatamente lui si preoccupa di riallineare

Siamo giunti alla fine e Stefano ci consegna il suo mondo interiore con dei versi di infinita tenerezza: Se sarai la mia donna. Il pubblico del Ridotto, da stasera te lo augura.

Maria Serritiello

www.lapilli.eu





domenica 26 febbraio 2023

Se telofonando potessi dirti addio, ti chiamerei...




 Addio a Maurizio Costanzo

di Maria Serritiello

Una larga fetta di vita  l'abbiamo vissuta in tua compagnia. Le ore piccole, una consuetudine serale con il tuo Maurizio Costanzo Show, per ammorbidire l'insonnia. Con "Se telefonando", l'attesa di una chiamata affettiva, diventò morbida ed avvolgente, se si ascoltava abbracciati su di una pista da ballo, . Tante persone ti devono il successo, a tanti hai cambiato la vita. Ora che da domani, concluso l'omaggio, non ci sarai saremo più soli a non sentirci dire " boni", da buon padre.

Ti ricorderemo, puoi esserne certo 


Maurizio Costanzo è stato un giornalista, conduttore televisivo, conduttore radiofonico, sceneggiatore e paroliere italiano.
Nascita: 28 agosto 1938, Roma
Morte: 24 febbraio 2023, Roma
Coniuge: Maria De Filippi (s. 1995), Marta Flavi (s. 1989–
1995), Flaminia Morandi (s. 1973–1984)
Figli: Gabriele CostanzoCamilla CostanzoSaverio Costanzo







giovedì 23 febbraio 2023

“Allo stesso punto. Però a nata parte” commedia buffa di Paolo Capozzo del Teatro 99 posti, 2° spettacolo del Festival Nazionale XS città di Salerno.



 

Fonte:www.lapilli.eu

di Maria Serritiello

In scena il 19 febbraio, per la seconda serata del Festival Nazionale XS città di Salerno, a cura della Compagnia dell’Eclissi della città, i Co.C.I.S. - Teatro 99 Posti di Mercogliano, con una commedia buffa di Paolo Capozzo dal titolo “Allo stesso punto. Però a nata parte”.

Con Paolo Capozzo, anche attore, Maurizio Picariello e Vito Scalia.

Ai 200 spettatori presenti, la scena si mostra priva del sipario, dipinta da fogliame in bianco e nero, sono alberi, ma anche quinte. Due personaggi, Compà Prisco e Compà Mostino appesi a due corde penzolano addormentati. Due burattini che attendono il risveglio, chiusi come sono nel teatro e dimenticati da tutti. Sono attori, senza una parte, né del pubblico che li ascolta, eppure loro solo quello sanno fare, recitare, ma cosa? Quale ruolo? Davanti a quale pubblico? I due si svegliano in un teatro abbandonato, probabilmente chiuso per la pandemia e si accorgono di essere rimasti là come fantasmi. Per più di vent’anni sono stati i personaggi principali dello spettacolo “Storie di Terra di suoni e di rumore”, ma ora Prisco e Mostino conoscono vecchie battute, che non fanno più presa, ma poi su chi? Si ritrovano, così, a dubitare perfino della loro esistenza, tanto da farli dire “Quanne si chiure lo sipario, nui simmo vivi o simmo muorti?”

Due poveri Zuorri, così detti, per essere dei nullatenenti, che usano un linguaggio improbabile, una sorta di meta-dialetto irpino, fatto di termini cilentani, lucani e pugliesi. I due per sopravvivere devono inventarsi nuovi personaggi, ci provano più volte, ma nulla può sembrare adatto, stanno quasi per gettare la spugna, quando da un vecchio cascione, abbandonato e polveroso, trovano un faldone lasciato nel fondo, nel quale sono custoditi alcuni testi teatrali. Superate le prime incertezze, cominciano a prendere confidenza con gli scritti, sicché, nelle loro battute, si riconoscono piacevolmente i capolavori teatrali di Shakespeare, Beckett, De Filippo, tra i più noti. Inizia, così la prova recitativa dei due Zuorri, che riaccende le loro esistenze, tramutando il vecchio spettacolo in qualcosa di nuovo, pur partendo dallo stesso punto. Una sorta di commedia dell’arte dove Mustino e Prisco, alla ricerca della loro identità, si rivelano attori di elevata professionalità, due maschere, ben impostate che fanno di loro, personaggi bizzarri, stravaganti, burleschi, appassionati, eppure accattivanti. Il canovaccio approssimativo nel quale si sviluppa l'improvvisazione degli attori è ben calibrato e quando ai due si aggiunge un terzo personaggio, il pezzo si completa, la rappresentazione risulta godibilissima e la morale balza chiaramente, cioè il viaggio di conoscenza. L’oscurità magica del teatro e la capacità di guardarsi dentro, sia pure con personaggi inventati, ha smosso la ricerca di sé, invitando a guardare il reale da varie angolazioni, a cambiare, partendo dal noto, ovvero sia dallo stesso punto però da un’altra parte.

Bravo l’autore, Paolo Capozzo, a stimolare lo spettatore con un pezzo diverso per rappresentazione, maschere, scenografia, linguaggio, costumi ed interpretazione: Maurizio Picariello, Vito Scalia.

Regia, scene e luci: Gianni Di Nardo

 

Maria Serritiello

www.lapilli.eu











sabato 18 febbraio 2023

il Carnevale, raccolta di notizie

 




Fonte il web

selezione notizie: Maria Serritiello


Carnevale locuz. carne-levare "togliere la carne", riferito in origine al giorno precedente la quaresima, in cui cessava l'uso della carne.

In passato il mascheramento rappresentava un temporaneo rovesciamento dell'ordine precostituito, da cui derivava anche la pratica dello scherzo e della dissolutezza. Si trattava, inoltre di una forma di scherno nei confronti dei potenti ma anche dei vizi e dei tipi umani.

Per i cristiani il periodo del Carnevale viene indicato come “Tempo di Settuagesima” nei paesi di tradizione cattolica e viene inteso come periodo preparatorio immediatamente precedente la riflessione e riconciliazione con Dio propria della Quaresima.

Origine. La ricorrenza trae le proprie origini dai Saturnali della Roma antica o dalle feste dionisiache del periodo classico greco. Durante queste festività era lecito lasciarsi andare, liberarsi da obblighi e impegni, per dedicarsi allo scherzo e al gioco

Per saperne di più

*I Saturnali: Una delle più diffuse e popolari feste religiose di Roma antica, che si celebrava ogni anno, dal 17 al 23 dicembre, in onore di Saturno, antico dio romano della seminagione. I Saturnali, per il loro carattere, ricordano assai da vicino il nostro carnevale; mentre, per l'epoca dell'anno alla quale ricorrevano - il solstizio d'inverno - possono essere a proposito ravvicinate al nostro ciclo festivo di Natale e Capodanno.

*Feste dionisiache: Le Dionisie erano, nell'antica Grecia, celebrazioni dedicate al dio Dioniso, nel corso delle quali venivano messe in scena rappresentazioni teatrali tragiche e comiche. Tali rappresentazioni erano di tipo competitivo: una apposita giuria stabiliva la classifica una volta conclusi gli spettacoli.

Quando è stato inventato il carnevale? I primi festeggiamenti del Carnevale risalgono al VIII secolo, quando veniva organizzato un banchetto con tanti cibi e bevande prima del digiuno. Durante questo periodo veniva sovvertito l'ordine sociale e si nascondeva l'identità dietro una maschera.

La tradizione italiana di indossare maschere risale al Carnevale di Venezia nel XV secolo e per secoli è stata un'ispirazione per il teatro greco e la commedia.

Il Carnevale comincia ufficialmente il 17 gennaio, con la festività del “Santo del porcellino”, così denominata per l'usanza di consumare prodotti suini durante la festa di Sant'Antonio Abate.

Il Carnevale italiano più famoso è quello di Venezia, il cui nome appare già in documenti del 1094 a proposito di “pubblici divertimenti”. Nasce come “festa pubblica ufficiale” nel 1296 quando il Senato dichiarò festivo il giorno precedente la Quaresima. Naturalmente questo era solo il momento clou di festeggiamenti che duravano molto più a lungo.

Carnevali italiani

Carnevale Di Viareggio.

Carnevale Di Ivrea.

Carnevale Di Fano.

Carnevale Di Putignano.

Carnevale Di Ronciglione.

Carnevale Di Mamoiada.

Carnevale Di Cento

Carnevale Di Acireale

Carnevale Di Montescaglioso

Carnevale Tempio Pausania

                                ****Palma Campania***

 

Poesie

(Il vestito di Arlecchino - Gianni Rodari)

Per fare un vestito ad Arlecchino

ci mise una toppa Meneghino,

ne mise un’altra Pulcinella,

una Gianduia, una Brighella.

Pantalone, vecchio pidocchio,

ci mise uno strappo sul ginocchio,

e Stenterello, largo di mano

qualche macchia di vino toscano.

Colombina che lo cucì

fece un vestito stretto così.

Arlecchino lo mise lo stesso

ma ci stava un tantino perplesso.

Disse allora Balanzone,

bolognese dottorone:

'Ti assicuro e te lo giuro

che ti andrà bene li mese venturo

se osserverai la mia ricetta:

un giorno digiuno e l’altro bolletta!'.

 

(Il girotondo delle maschere - G. Rodari)

È Gianduia torinese

Meneghino milanese.

Vien da Bergamo Arlecchino

Stenterello è fiorentino.

Veneziano è Panatalone,

con l’allegra Colombina.

Di Bologna Balanzone,

con il furbo Fagiolino.

Vien da Roma Rugantino:

Pur romano è Meo Patacca.

Siciliano Peppenappa,

di Verona Fracanappa

e Pulcinella napoletano.

Lieti e concordi si dan la mano;

vengon da luoghi tanto lontani,

ma son fratelli, sono italiani".

 

(Carnevale vecchio e pazzo - Gabriele D'Annunzio)

Carnevale vecchio e pazzo

s’è venduto il materasso

per comprare pane, vino,

tarallucci e cotechino.

E mangiando a crepapelle

la montagna di frittelle

gli è cresciuto un gran pancione

che somiglia ad un pallone.

Beve, beve all’improvviso

gli diventa rosso il viso

poi gli scoppia anche la pancia

mentre ancora mangia, mangia.

Così muore il Carnevale

e gli fanno il funerale:

dalla polvere era nato

e di polvere è tornato".

 

P.S Il funerale di Carnevale nella tradizione popolare: Carnuà pecché si muorte t’è mangiate a carne e puorche

 

La Zeza. "Zeza", una rappresentazione carnevalesca tipica delle culture contadine della Campania

 

La Canzone di Zeza è una forma di lamento ritualizzato attraverso il quale si celebra la morte di Carnevale.

 

È una commedia popolare, messa in scena, fino alla metà degli anni Cinquanta, da gruppi di attori improvvisati: si sviluppa sul contrasto, interamente cantato, tra un uomo e una donna, tra il vecchio e il nuovo, in un conflitto intergenerazionale in cui si celebra la sconfitta per castrazione di Pulcinella, il quale, invano contro sua moglie Zeza, si oppone al matrimonio della figlia Vicenzella con Don Nicola.

 

il gruppo operaio E Zezi di Pomigliano d’Arco, ha lavorato sulla Canzone di Zeza, rielaborandola e proponendola anche al di fuori del periodo di carnevale. Con la Canzone di Zeza –

 

Il Carnevale di Montemarano è una festa popolare che evoca l’identità storica e culturale della comunità dei Montemaranesi, custodi attenti dei propri riti e costumi”, sette giorni di musica, tarantella, laboratori, approfondimenti, cibo e vino.  I montemaranesi, girano il paese in una sorta di processione, guidata dal ‘caporabballo’, riconoscibile dal suo tipico vestito bianco con mantellino rosso, richiamando antichi gesti legati a culti pagani”. Il Carnevale di Montemarano, infatti, va oltre la festa, è un evento che coincide con la storia di un popolo che nei movimenti rotatori, nei passi ritmati e nelle figure mascherate, richiama i riti agricoli ripercorrendo il passaggio dall’inverno alla primavera, tempo di risveglio e di fioritura, auspicio e speranza per un raccolto abbondante e una stagione florida.

 

 

Proverbi

A Carnevale ogni scherzo vale.

A Carnevale ogni scherzo vale …e chi si offende è un gran maiale!

Le maschere si vendono solo di Carnevale.

Il Carnevale al sole, la Pasqua al fuoco.

Quando il padre fa Carnevale, ai figlioli tocca far Quaresima.

La gola, il ballo e il gioco in Carnevale, vidi ogni anno a qualcuno esser fatale.

L’amore nato in Carnevale muore in Quaresima.

Non è sempre Carnevale.

Chi non gioca a Natale, chi non balla a Carnevale, chi non beve a san Martino [11 novembre], è un amico malandrino.

 

Maria Serritiello






 

 


L’Associazione Culturale Prometeo di Torre del Greco in visita a Salerno

 


Fonte:www.lapilli.eu

di Maria Serritiello


Domenica 12 Febbraio 2023, l’Associazione Culturale Prometeo di Torre del Greco, ha organizzato un’escursione turistica nella città di Salerno, per due visite importanti: La mostra interattiva su Gustav Klimt, esposta nella chiesa dell’Addolorata del Complesso Monumentale di Santa Sofia in Piazza Abate Conforti e il Duomo Normanno, fatto erigere da Roberto il Guiscardo, per ingraziarsi i Salernitani, per averli invaso.

Così dall’8 dicembre, fino all’8 marzo, nella chiesa sconsacrata dell’Addolorata vi è in mostra il pittore viennese Gustav Klimt, che gli amici della Prometeo hanno voluto visitare.

 

Diario della giornata

 

Klimt Virtual Experience and Images, uno straordinario viaggio nel mondo del pittore, considerato uno dei più significativi artisti della secessione viennese, lo straordinario viaggio è stato realizzato con il patrocinio del Comune di Salerno, promosso dalla ProCulTur e prodotto e organizzato dalla Alta Classe Lab con la Next Event. Le immagini delle maggiori opere, rigorosamente riprodotte, i disegni degli ambienti, dove ha vissuto l’artista e le riproduzioni dei vestiti, sono stati esposti con grande maestrie e il sito oscuro fa risaltare, ancor più, gli squarci di luce-oro, dei quadri, entrati nella cultura popolare, quali: Giuditta,  il Bacio,  L’Albero della vita, Maternità.

Per tutti i partecipanti, grazie alla tecnologia VR, l'eccezionale opportunità di immergersi a 360° nei colori e nelle atmosfere dell’artista viennese, vivendo all’interno dei quadri stessi. Con il supporto degli oculus, strumento di ultimissima generazione per il mondo virtuale, si è potuto rivivere tutto l'incanto degli scenari che hanno ispirato l’arte di Klimt.

La visita ci ha pienamente soddisfatti

Una breve pausa per il pranzo e via alle 15,30 all’appuntamento con il parroco del Duomo: Don Michele Pecoraro, che ci farà da guida per la conoscenza di questa splendida realtà architettonica e religiosamente significativa. Don Michele ci accoglie affabilmente, anzi ci dice di portare i suoi saluti al Cardinale Domenico Battaglia, le sue qualità di affabulatore nato e appassionato, con il suo linguaggio popolare e colto che tanto successo riscuote con chiunque ha la possibilità di relazionarsi con lui, sono subito evidenti. Ed allora il passato diventa una bella occasione per un tuffo nella religiosità archetipa e per riappropriarsi di essa, sia pure per il tempo di una visita di gruppo.  Il racconto si fascia dello splendore delle immagini e la storia della cripta si offre a visioni dolcemente familiari, abbaglianti e sapientemente equilibrate. Non si finirebbe più, sia per la passione commovente che anima don Michele Pecoraro, sia per la raccolta bellezza del luogo, ma il treno non sa niente, se non degli orari ed allora con rammarico ci allontaniamo, non prima di una preghiera e benedizione comunitaria e con la promessa di ritornare.

Maria Serritiello

www.lapilli.eu



 

sabato 11 febbraio 2023

I Cattivi di Cuore di Imperia, con “Il Raccolto” aprono il 14 esimo Festival Nazionale XS Città di Salerno

 


Fonte: www.lapilli.eu

di Maria Serritiello

Con uno spettacolo intenso ed in alcuni tratti di estrema durezza, ha avuto inizio, con I Cattivi di Cuore di Imperia, il 14esimo Festival Nazionale XS città di Salerno organizzato dalla Compagnia dell’Eclissi, in collaborazione con l’I.S.S. Genovesi-Da Vinci, presso il teatro Genovesi di Salerno.

Il Raccolto”, di Giorgia Brusco, è il titolo del pezzo di 75 minuti, presentato dai Cattivi di Cuore di Imperia, più volte presenti e premiati al Festival XS, interpretato dalla stessa autrice: Giorgia Brusco e da Chiara Giribaldi, ed a farle eco per le due sorelle adolescenti: Ilaria Pettinelli, Federica Chichi.

 Regia Gino Brusco

In una stanza poco illuminata, dai colori smorti, come la tenda messa sotto lago della macchina da cucire, che troneggia il luogo, mentre intorno regna il disordine acuito da scatole di cartone e pezze sparse alla rinfusa, si ascolta una gelida telefonata, depositata nella segreteria telefonica: “Anna sono Bea, volevo dirti che la mamma è morta”. Agganciata la cornetta, la donna senza un minimo di emozione, sia nella voce che nel volto, inizia la sua vestizione, come un prete all’altare, in effetti cambia gli indumenti, ma non migliora il suo personale. E’ pronta, adesso, per interpretare la donna che si è sacrificata per assistere la madre dispotica ed anziana a cui ha chinato il capo per tutta la vita. Naturalmente è piena di livore, non ha una sua famiglia, ha perso il fidanzato, non si è dedicata al lavoro al di fuori le mura domestiche, insomma non ha uno straccio di vita propria e morta la madre deve fare i conti per quello che non è stata e non è. I pensieri, rimuginati della donna, ridotta a larva, si accalcano nella mente e diventano visibili allo spettatore, attraverso uno stratagemma scenico, ingigantito da un falso piano, sul quale e dietro ad un velo trasparente, si vedono le due sorelle fanciulle, già esprimere le loro diversità. Ilaria Pettinelli, Federica Chichi.

La stanza, espressione della vecchia, cerbero di casa, che è ancora là con la sua presenza ingombrante, anche adesso che non c’è più, resta vuota per frazioni di secondi ed ecco che si palesa l’altra sorella, con vestiti, presenza e disinvoltura del tutto diversi, il che fa presagire di lì a poco, lo scontro malevole e frontale.

E dunque “Il raccolto”, ovvero l’insondabile cognizione del dolore di gaddiana memoria, qui innescato da un insano senso della maternità, inteso come diritto/dovere di indirizzare a proprio insindacabile piacere il destino delle proprie figlie, che vivono in modo diverso, il loro problematico attaccamento.  Ne emergono due figure, che sul palco, quasi dimentiche di essere sorelle, non riescono mai ad attingere ad un comprensibile e giustificabile sentimento di fratellanza, finendo con l’acuire a dismisura il loro astio, fino ad arrivare, nel giorno della possibile riconciliazione, ad una rottura ancora più tombale della morte stessa. Segno dei tempi? Colpe della società attuale? Morte del divino, ennesimo saggio sui disagi esistenziali o coraggiosa gola profonda di dinamiche familiari di genere, spesso associate a maternità e bontà?  L’opera di Giorgia Brusco, che la dice lunga sulle esperienze professionali e teatrali e sulla sua capacità letteraria di esplicitare con tanta immediatezza certe problematiche, servendosi di un linguaggio diretto, senza fronzoli, ma attento alla resa teatrale, crea i presupposti per consegnare nelle mani del regista, materiale ricco e dettagliato, per rendere uno spettacolo godibilissimo, di facile presa sul pubblico.

Attrici spettacolari, Giorgia Brusco e Chiara Giribaldi per essere capaci di rendere al massimo del credibile una differenza caratteriale, oltre che di età tra di esse. E pensare che gli anni che le separano non dovrebbero essere poi tanti a credere ai rimandi legati all’ adolescenza delle due sorelle. Tacchi a spillo per Anne, babbucce per Bea, nasino all’insù per la prima, camuso per la seconda, pantaloni attillati e gonna dimessa, coraggiosa, brava, talentosa e spigliata l’una, precisa, atavica, dettagliata e minuziosa l’altra.

Ed eccole, ancora una volta, una di fronte all’altra a scarnificare dalle loro anime, tutto il malsano accumulato, malgrado l’affettività familiare. Per Bea una ferita morale che finirà col diventare mortale Una ferita che si va strutturando, già durante l’adolescenza, quando deve confrontarsi con lo strapotere della sorella minore Anna, più dotata di talento, volontà e vitalità per la quale il futuro già pronto le si spalanca davanti, certo non tutto rase e fiori, vedi il lascivo zio che gli procura i soldi e vita meno miseranda, ma in cambio pretende licenziosità e prestazioni ignobili. 

Si sarà posta Bea domande precise e urgenti su chi fosse lei e cosa volesse dalla vita ed ha cominciato a piagarsi illudendosi di celebrare al meglio la sua vita dedicandosi alle cure della madre anziana, ma di certo arpia del sentimento filiale, sicché anche di questa sua esperienza, le piaghe e le ferite morali, anziché migliorare o scomparire, sono diventate più profonde e incancrenite, completando il quadro psicologico nel momento in cui la madre, è sempre più aggredita da demenza senile, tanto da non riconoscerla più, accusandola, anzi, di voler attentare al suo patrimonio, alla sua roba, per dirla alla Verga, invocando sua figlia Anna, che non ha esitato a lasciare la sua casa e con essa sua madre. Alla fatica immane di Bea si aggiunge, con tanto male, l’irriconoscente figura materna, sia pure con l’attenuante della demenza. Per Bea questi sono dettagli, contano e scolpiscono di più, in un rigurgito di lucidità, le domande che ancora deve farsi, prima di incartapecorirsi nella pesante e greve cattiveria. Ebbene la composizione del quadro psicologico delle ferite morali, che hanno costellato la sua esistenza, getta una luce nuova e densa di prospettive, al fine di contribuire ad una rielaborazione, da parte della povera Bea, della propria condizione, aiutandosi a crearsi i presupposti di una vita più serena.

 È’ fin troppo facile accusarla di miseria morale e di scarsa spinta motivazionale, ma la mente, specie quella di una adolescente, fa strani scherzi e questo l’autrice, penso, lo sappia. È’ proprio in quel periodo dell’esistenza che vanno prendendo piede e forma le convinzioni più strutturate o destrutturanti della nostra psiche. Riflettere è il minimo che possiamo e dobbiamo fare per dare dignità al nostro essere umani.

L’Inizio del Festival XS, al Teatro Genovesi, ha lasciato tutti pieni di domande sospese, come la cognizione del talento con le sue spinte motivazionali, la meschinità o miseria culturale e sociale, il distorto senso di maternità, le ferite morali, l’alienazione che esita nella demenza e che fa rima con l’irriconoscenza, la sindrome postraumatica con crollo finale, l’inevitabile separazione o frattura susseguente. I tanti possibili, ma non esaustivi aspetti della galassia psiche, che l’autrice tratteggia molto bene, come gli aspetti negativi costitutivi delle personalità dei suoi personaggi, facendo compiere un iter completo alla povera Bea che, partendo dalla cognizione del dolore sviluppa un quadro preciso e dettagliato di ferite morali che sfociano in una depressione aggressiva e marcata niente di più che una morte annunciata. Sullo sfondo, ma non meno vivo il ritratto di una madre che domina con la sua assenza e che crede di dover scandire il futuro delle figlie, mai rendendosi conto delle sue poche qualità di donna e madre. Grazie a Dio, un’icona dell’altro ieri, lontana mille miglia dalla sensibilità femminile delle donne di oggi e se ancora persistono, tali esemplari, vanno, per fortuna, velocemente scomparendo.

Maria Serritiello

www.lapilli.eu 



 

 

 

 

giovedì 9 febbraio 2023

Le Cose che pensano UCRAINA 2022 2023 Installazione testimonianze fotografie


 



Fonte: www.lapilli.eu

di Maria Serritiello


Cominicato Stampa

 

Armando Cerzosimo             Rita Martinova

 

Col patrocinio morale  del Comune di Salerno

 

Presentano

 

Le Cose che pensano

 

UCRAINA  2022 2023

 

Installazione testimonianze fotografie

 

Salerno 9-15 febbraio 2023

 

 

 

Info.: Camera Chiara  Galleria Sala Posa  Tel. 089 227796  cell.: +39 3391308817 

 

 www.cerzosimo.com
 info@cerzosimo.com

 

 

 

 

Armando Cerzosimo e Rita Martinova, unitamente a Cristina Tafuri, hanno presentato, ospiti della Vicesindaco Paky Memoli, la settimana di eventi ad un anno dall’invasione russa della terra Ucraina, che si svolgerà dal 9 al 15 febbraio negli spazi della Galleria Camera Chiara



 

Si è giunti ad un anno di guerra. La guerra non si è fermata un istante. Avanza la strage di vite innocenti, le città si trasformano in cimiteri mentre, sullo sfondo rimane sempre la minaccia della guerra mondiale e la catastrofe atomica. In questa situazione, massima è l’impotenza dei popoli che non vedono una via d’uscita da questa follia. Tuttavia, la Storia insegna che quando tutto sembra perduto, quando la speranza diventa impossibile, allora scatta un moto d’indignazione che viene dal profondo, una chiamata collettiva che unisce persone di fedi e culture diverse in un unico pensiero, in un’unica azione. E’ l’annuncio di un popolo che si ribella al linguaggio bellico con cui governanti e mass media veicolano lo sdoganamento della guerra, introducendo un linguaggio realistico, scevro di retorica, che postula una riconversione della politica e l’abbandono delle categorie che hanno costruito il conflitto e insediato l’inimicizia fra i popoli. Il linguaggio universale è quello dell’Arte ed Armando Cerzosimo e Rita Martinova hanno immaginato una settimana di eventi, a favore del popolo ucraino, col patrocinio morale del Comune di Salerno, che si svolgerà da Giovedì 9 a mercoledì 15 febbraio negli spazi della Galleria Camera Chiara, sita nel centro storico di Salerno, in via Giovanni da Procida 9.

 

 Una settimana di riflessione, di testimonianze, di arte e di bellezza, per alzare un muro alla circolazione dell’odio e dell’inimicizia, per sostenere quanti si prendono cura delle vite degli altri, sempre, comunque e dovunque, senza distinzioni di alcun genere, per continuare ad essere solidali con gli Ucraini e con le vittime di tutte le guerre dimenticate che continuano a insanguinare il mondo, con quanti si oppongono alla guerra, con chi è costretto a farla e con le vittime della persecuzione, con tutti i bambini e le bambine, le donne e gli uomini di ogni età che pagheranno, comunque le dure conseguenze della guerra, in Italia e nel resto del mondo, per vivere insieme la Costituzione Italiana, che recita: “Ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”. Ospite della manifestazione la vicesindaco Paky Memoli, la quale nel marzo scorso ha toccato con mano il dolore e la paura di quella popolazione che sentiamo ancora lontana. “Sono partita da Salerno, in qualità di medico, per andare a prendere oltre cento tra donne e bambini al confine con la Polonia, attraverso il corridoio umanitario. Durante il viaggio, oltre a offrire l’assistenza di base, ho dovuto cercare di tranquillizzare bambini segnati dalle bombe, dai rifugi, dal timore di andare a scuola, i quali ad ogni minimo rumore sobbalzavano immaginando echi di esplosioni. E’ questa una iniziativa benefica alla quale ho immediatamente aderito, in particolare perché espressa attraverso il linguaggio dell’arte, che va oltre la parola, comunicando l’ineffabile”.  “Volutamente la luce è fredda – afferma Armando Cerzosimo rivelando le ragioni estetiche delle sue immagini in mostra - come il freddo che attanaglia nelle livide albe oppressi e oppressori. Poco importa se una guerra sia giusta o ingiusta, ma conta il non dimenticare che ci sono dolori e morti e pianti e paure da affrontare per chi sognava un futuro”. “Sono fotografie di donne e fanciulli ucraini, testimoni inquietanti dell'orrore, della tragicità di questi tempi, vittime di una guerra che sta distruggendo un popolo e il suo territorio. La concreta realtà della vita, dove sembra incombere un sospetto di amor morti , si è portata al centro dell'operazione fotografica di Armando Cerzosimo – dichiara il critico d’arte Cristina Tafuri - perché, come in tutti i tempi, il tema del dolore e della morte, spingono l'uomo a figurarsi varie forme di sopravvivenza. In queste fotografie il fondo scuro dal quale le figure e l'ambiente si staccano con evidente nettezza, conferisce al contrasto visivo un ' eco metafisica, quasi cristallizzata. Ogni persona ha in mano un oggetto, un libro, un quadro, le cose che pensano, sineddoche singolare, che ci rimanda alla loro terra, alle loro cose, a tutto quello che hanno lasciato. Ancora una volta, come la bellezza delle foto di Armando Cerzosimo ci suggerisce, è sempre l'arte che viene in nostro soccorso”.

 

“Le Cose che pensano Ucraina  20222023 - Installazione, testimonianze e fotografie”, avrà il suo taglio del nastro giovedì 9, alle ore 19, in una serata che vedrà la partecipazione del Critico d’Arte Cristina Tafuri, della Dottoressa Rita Martinova e della Vice Sindaco di Salerno, nonché Assessore alle Pari Opportunità Paky Memoli. Il giorno successivo, venerdì 10 febbraio, alle ore 19, dibattito su “La fotografia come messaggio”. Davanti ad un’immagine non si deve mai essere spettatori passivi, ma è necessario porsi la questione dell’intenzionalità: chiederci chi ci sta mostrando quell’immagine, e a quali fini, a chi serve quell’immagine? (uno scoop mediatico, un fine ideologico, politico, commerciale…). Allo stesso modo, l’interpretazione non potrà dipendere rigidamente da metodi o griglie troppo schematiche. Dovrebbe piuttosto essere un’attività dialettica, che sappia mettere in relazione tra loro tutti i fattori, le forze in gioco, le contraddizioni. La disamina del tema vedrà in dialogo Armando Cerzosimo, Marco Russo e Rita Martinova, per capire le implicazioni più sottili delle immagini, che ci riveleranno aspetti nuovi.

 

 Sabato 11 febbraio, alle ore 18, si svolgerà un’asta di beneficenza, il cui ricavato sarà devoluto alla popolazione Ucraina tramite la Croce Rossa Italiana Sezione di Salerno, presieduta dal Dottore Antonio Carucci. Battitore di quest’asta il giornalista Gabriele Bojano, affiancato dal critico d’arte Cristina Tafuri e dalla Dottoressa Rita Martinova. Due i lotti di opere del massimo artista ucraino contemporaneo, Ol’Svol’d, il cui motto è "Chi vive, chi non vive per se stesso, chi vive la vita per gli altri". Ol’svol’d, un maestro dell’informale, nel 2009 ha scelto una guida spirituale e ha iniziato a creare gli Tsvetnosties L'obiettivo e il significato della sua vita è salvare l'umanità attraverso la costruzione di gallerie in tutto il mondo e la collocazione di immagini spirituali energetiche. Solo dal 2019 gli Tsvetnosties sono stati presentati in più di 60 eventi mondiali su larga scala, ricevendo riconoscimenti internazionali tra cui il "Best Artist of the year 2020". Gli Tsvetnosties sono parte integrante parte del progetto "Ol'svol'd Tsvenosti", il cui obiettivo è collocarli nelle gallerie di tutto il mondo, in modo che attraverso la purificazione e la trasformazione di ogni singola persona che interagirà con loro, potrà avvenire la trasformazione dell'umanità, attraverso la loro contemplazione e il trovarsi e ri-trovarsi nel loro campo energetico.

 

“Questa iniziativa – ha affermato Rita Martinova - nasce come ringraziamento alla comunità salernitana per aver accolto le donne ucraine rifugiate insieme ai loro figli dalla ingiusta e ingiustificata guerra che così profondamente ha colpito l’Ucraina. Un anno fa iniziava questa terribile guerra che ha sconvolto tutto il mondo. Ho sentito forte il desiderio, io che vivo qui a Salerno da oltre venti anni, di aiutare in qualche modo il mio popolo. Mi sono data da fare per aiutare le mamme con i loro figli ad inserirsi nella nostra comunità anche attraverso l’insegnamento della lingua italiana. Ho conosciuto il maestro Armando Cerzosimo un anno fa, anche lui desideroso di aiutare la martoriata Ucraina. E’ nata, così, l’idea di organizzare una mostra fotografica dedicata alle donne rifugiate e contemporaneamente anche una mostra di pittura sacrale di un grande artista ucraino contemporaneo Ol’svol’d, il quale, generosamente ha messo a disposizione diverse sue opere”.

 

Lunedì 13 febbraio, alle ore 19, si discuterà sul tema dell’accoglienza, del sostegno al popolo in guerra, con Antonia Autuori Presidente della Fondazione Comunità Salernitana e Tommaso D’Angelo direttore del quotidiano Le Cronache, i quali hanno organizzato un viaggio umanitario, al quale ha partecipato anche il Vice-sindaco Paky Memoli, in qualità di medico, lo scorso marzo, attraverso il quale, con due pullman, hanno portato lontano dalle atrocità della guerra oltre cento profughi ucraini, accogliendoli e sistemandoli, poi, in città e nell’intera provincia salernitana, offrendo un segno tangibile di vicinanza al popolo ferito e destabilizzato dall’invasione russa. Ultimo incontro, prima del finissage fissato per il 15 febbraio, martedì 14, alle ore 19, con le testimonianze di donne ucraine, che hanno i loro mariti, i loro cari in guerra, in trincea, sul tema “L’amore ai tempi della guerra”.

  

Ufficio Stampa Studio Cerzosimo

 

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domenica 5 febbraio 2023

I pregevoli Concerti fatti in casa Gallozzi



 Di Maria Serritiello


E’ di venerdì scorso la ripresa della piacevole consuetudine, sospesa per il lungo periodo pandemico, dei concerti fatti in casa, dove per fatti in casa, stanno quei deliziosi preserali in casa della Prof.ssa Pina Gallozzi, Presidente Provinciale e Salerno dell’Associazione Culturale Cyprae, che tanto si adopra per la crescita dei giovani talenti.

L’Associazione Culturale Cypraea, fondata nel 1983 nella Penisola Sorrentina da Cecilia Coppola, docente di lettere classiche, scrittrice e pittrice, dà la possibilità a giovani di tantissime nazioni dalle Americhe all’Europa, dall’Asia all’Africa di incontrarsi, di confrontarsi e divenire portavoce di messaggi di pace nel rispetto dei popoli, di amore per la tutela della natura e di conoscenza e di fusione della storia delle loro civiltà.

Ad esibirsi, dinanzi ad una ristretta cerchia amicale ed accompagnato al pianoforte dalla mentore Pina Gallozzi, è il giovane Giuseppe Vitolo di Nocera Inferiore, classe 2001, dotato di grande capacità strumentale, nel qual caso: il violino.

Ha eseguito il primo movimento della Sonata per violino e pf, detta “La Primavera”, dialogando sistematicamente con la parte pianistica con la consapevolezza della struttura beethoveniana.

L’intento preromantico dell’autore è stato evidenziato nell’incontro scontro tra impeto e scorrevolezza, nello svolgimento del tema principale e dei suoi incisi, che nel duo ha espresso con chiarezza. Sicuro nell’impostazione tecnica conferitagli dalla costanza nello studio quotidiano e da basi didattiche che gli hanno fornito i giusti mezzi per affrontare una sonata molto nota e ricca di insidie tecniche ed interpretative.

A seguire, il talentuoso violinista, si è prodotto in un giusto bis, richiesto con calorosi applausi, in una sonata di Ysaye per solo violino. Nell’esecuzione, il violinista ha dimostrato consapevolezza della decodificazione dei segni musicali, autonomia esecutiva e sensibilità espressiva, catturando l’attenzione degli ascoltatori senza cedere nella concentrazione interpretativa.

 

Un cammeo musicale è stato offerto, a seguire, con grande commozione dalla padrona di casa, inseguendo il filo della memoria della Shoà, con un pezzo tratto dal concerto di Terezin, un posto autonomo d’insediamento ebraico, detto dai nazisti, ma in effetti un ghetto come tutti gli altri. Una musica struggente, commovente che richiama il sacrificio degli artisti che furono ingannati e finirono gasati come i tanti milioni di ebrei, infatti loro lo erano.

Una piccola sorpresa è stata l’esibizione, ad inizio concerto, di Giovanni Bellosguardo, un fanciullo di appena 9 anni, di cui sei passati ad esercitarsi e ad apprendere i segni del suono. Brani eseguiti: Bossi Valentini Topolini e Canzone della mamma Una bella certezza per il futuro e la Prof Gallozzi lo sa.  

Maria  Serritiello