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lunedì 29 febbraio 2016

Rossella Gregorio campionessa europea di sciabola femminile



E' salernitana, Rossella Gregorio, la  campionessa europea di sciabola femminile ed oggi ricevuta dal Sindaco Vincenzo Napoli al comune di Salerno.

                                                       BRAVA


Oscar a Morricone, mia vita avventurosa



Fonte:Ansa.it

Dedica premio a Maria, poi a letto con qualche rimpianto

LOS ANGELES, 29 FEB - Oscar ad Ennio Morricone per la colonna sonora di The Hateful Eight di Tarantino. Dopo la standing ovation il maestro si è ritirato in albergo senza partecipare ai festeggiamenti. A 87 anni il modo migliore per celebrare è una notte di riposo stando accanto agli affetti: la moglie e il figlio Giovanni che l'ha accompagnato sul palco e ha tradotto per lui il discorso di accettazione. Ennio Morricone ha dedicato una vita alla musica e al cinema, e questa dedizione ha comportato qualche rinuncia a livello personale. ''Ho avuto - ha detto - una bella vita, avventurosa, ma avevo l'impressione di perdermi qualcosa. Mia moglie però c'era, c'era sempre, e per questo dedico l'Oscar a lei. Per la sua pazienza". L'Oscar per la colonna sonora di The Hateful Height di Tarantino è arrivato alla sesta nomination. La prima candidatura era arrivata nel 1979 per I giorni del cielo
 
 

Un Galà al Delle Arti di Salerno per i 50 anni teatrali di Claudio Tortora


Fonte:www.lapilli.eu
di Maria Serritiello
Avere 50 anni di teatro e non mostrarli, è una certezza di gioventù anche per noi che lo seguiamo da altrettanti anni. Il lui, che così bene porta l’età, è Claudio Tortora che, il giorno 24 febbraio, ha festeggiato il mezzo secolo di vita teatrale al "Delle Arti", ormai sua fortezza. Nessun timore, quindi, sbirciare il vortice degli anni trascorsi nei filmati proiettati su di un grande schermo, immagini che ce li restituiscono belli e gagliardi. Ed eccolo il baffuto e giovane Claudio, al tempo di "Domenica in" RAI 1 con Pippo Baudo, poi in "Sereno variabile", in "Fantastico" come autore e talent scout, in "Mi Raccomando" e in,"Splash". Sono anni giovanili e pure così importanti per la sua carriera, voluta fortemente fin dall’infanzia, quando presso il ristorante “La Casina Rossa” di Torre del Greco, a soli 4 anni, cantava Maruzzella, il repertorio di Sanremo e Carosone, senza sbagliare né i motivi né le parole. All'epoca però, la vita di spettacolo non era ben vista dai genitori, i quali sognavano, nel futuro del proprio figlio, un posto sicuro, dopo aver compiuto i necessari studi. Ma tant'è la passione di Claudio è stata più forte, e meno male, molte delle meravigliose manifestazioni non ci sarebbero state.
Claudio Tortora è un vero uomo di spettacolo, sa cantare, e anche bene, famose sono le sue serate all'insegna della musica anni ‘60, sa far ridere, oltre che con "La Rotonda", un trio che si è imposto nella storia del teatro comico salernitano e in quello italiano, con il personaggio di "Spalletta", il guappo di cartone dell'Agro, sa scrivere testi teatrali, ma anche per spettacoli televisivi, tra cui il Festival di Sanremo, sa elaborare pagine a contenuto sociale, storie, favole e poesie,  sa creare eventi di grande caratura, come il Premio Charlot, l'importante format della comicità italiana dal quale sono passati i più significativi comici nazionali. Da ben 12 anni è il Direttore artistico del "Delle Arti" di Salerno, spazio ricavato dall'ex seminario regionale, l'unico in Italia ad avere, al suo interno, una sala cinematografica e una per rappresentazioni teatrali, oltre che uno spazioso foyer. Qui le arti dello spettacolo ci sono tutte, non si tralascia nulla, ognuno trova il suo spazio di svago e di divertimento. Con sagacia mette su ogni anno pregevoli stagioni teatrali per un pubblico che lo segue fedelissimo.
E così nel teatro affollato fino all'inverosimile, nessuno è voluto mancare, per tributargli l'affetto e la stima per le sue doti artistiche ed umane, è apparso visibilmente commosso. In effetti Claudio è un uomo schivo, la sua è la natura della timidezza, malgrado il piglio disinvolto con il quale approccia il pubblico dal palcoscenico.
La serata ha inizio, le luci calano e lui solo, abito scuro, dinanzi al leggio, ad alta voce ci esprime i suoi pensieri, le sue passioni, cosicché racconta, parla, canta e guarda ballare i bravi ballerini di Pina Testa. Tutto il suo mondo interiore, di cose sentite, vissute sofferte o anche in allegria, passano dinanzi ai nostri occhi. Momenti magici e sentimentali, come quelli della commedia su Chaplin e sull'uomo medio, da lui scritte, ma ancor più dalla lettera che Renata Tafuri, sua moglie, legge non senza emozionarsi ed emozionarlo.
Si cambia registro, come succede spesso, repentinamente, in teatro e la manifestazione tocca punte di autentica comicità, quando a salire sul palco, in aiuto a Claudio, sono Gaetano Stella e Giuliano Avallone, ricomponendosi, sia solo per una sera, nel trio "La Rotonda". Eppure a distanza di tanti anni, il pezzo sul teatro classico, fatto da loro, fa ancora ridere e tanto! Sulle note di It's wonderful di Paolo Conte, Claudio sciorina con una serie di "Che", con voce forte e vibrante, che altro non sono che la sua vivace protesta per le storture del mondo da cui è circondato, una chiara denuncia che trova d’accordo tutti in sala.
Infine ci saluta dandoci appuntamento per altri anni ancora, da spendere per un spettacolo di contenuto, di sentimento e di esempio per le generazioni che premono. Auguri maestro! Il più bel compleanno teatrale che si potesse avere.
 
Maria Serritiello
 
 
 

domenica 28 febbraio 2016

Toledo Suite di Enzo Moscato al Teatro Diana di Salerno



Fonte:www.lapilli.eu
di Maria Serritiello

Il mondo emozionale di parole e canzoni di Enzo Moscato, è dentro lo spettacolo “Toledo Suite”, presentato in due serate, 19 e 21 febbraio, al Teatro Diana, sala che si apre sulla parte nuova e più bella del Lungomare di Salerno. L’attore-chansonnier, 67 anni il prossimo 20 aprile, attraverso brani di Brecht, Duras, Viviani, Weill, Lou Reed e Taranto, compie un raffinato percorso musicale, aiutato dalla musica di Pasquale Scialò e da Mimmo Palladino per i disegni realizzati.
La scena è volutamente scarna, cupa, senza nessun arredo, se non una sedia al centro, ricoperta da un drappo rosso, con a lato un leggio, interamente addobbato da tondi e scenografici pomodorini. Il fondale è nero, intorno un velario su cui s’imprimono, di volta in volta, scritte ossute di un bianco iridescente. Circonda il tutto, una serie di lucine colorate, intermittenti, a mo’ di luminarie, per trasferirci repentinamente nei vicoli della Via Toledo, addobbata per i suoi santi, indistintamente, laici e religiosi. Quando entra in scena Enzo Moscato, con l’aria dimessa, in punta di piedi, sistemandosi in un angolo, si comprende che vuole mantenere l’attenzione, non su di lui, ma su ciò che si vede, si sente e si evoca. Così tra canzoni, scritti, brani musicali ed immagini visive si snoda l’intero spettacolo di quasi due ore. Accompagnato da un violino, Paolo Sasso, a volte struggente, da una chitarra, Claudio Romano, a segnare il ritmo e dalle percussioni, Paolo Cimino, sapientemente calibrate, tanto da essere l’alter ego di Enzo, si ascoltano canzoni, che hanno fatto il volto pittoresco di una città, tanto bella e tanto maltrattata. Accanto a “Palomma”, la notissima di Armando Gill, a “Romanzetta”, a “Cerasella”, a “Che m’hè ‘mparate a fa?”a “Na voce e na chitarra e’ o poco ‘e  luna”, ad “Anema e core” a “Lusingame” ed a “Scalinatella”, il fior fiore di una produzione che ha accompagnato intere generazioni, troviamo brani composti dallo stesso Moscato, musica di Pasquale Scialò, come: “Toledo suite”, “Diva”, “Il porto di Toledo” che modernamente ci spingono all’indietro. Enzo Moscato dal raffinato intellettuale qual è, ha inserito nella scelta dei brani, perfino un pezzo in lingua giapponese, che senza sforzo linguistico viene cantato amabilmente e con dolcezza, come geisha suggerirebbe. I brani letti fanno affiorare i vicoli, il popolo e tutta quella gente che si affida alla musica per librarsi, per evadere dalla complicata realtà in cui sono costretti a vivere il quotidiano. E non è bello il concreto che si para, prostitute, spacciatori, protettori, micro criminalità, accanto e senza alcuna differenza sociale, a persone oneste, lavoratori e timorati. Questo il volto di Via Toledo, il quartiere della sua infanzia, nello spettacolo affettivamente omaggiato.  E poi c’è il linguaggio che Enzo Moscato usa, una sorta di cantilena che si rifà all’infanzia, quando le parole hanno magia per i suoni arcaici che si tirano dietro, quei suoni che mescola sapientemente a francesismi, a latino, a greco per farne un solo impasto. Per “Scalinatella longa, longa, strettulella, strettulella…” è bastato il movimento del drappo rosso, ondulato dalle sue mani, per entrare nella tormentata passione di un innamorato deluso, il resto lo fa la sua voce, morbida, confidenziale, dai toni che si ascoltano nel passaggio da un vicolo all’altro. Un recital solo come formula scenica, ma per le suggestioni e le emozioni che trasmette è un vero pezzo di magistrale teatro. “Toledo fa paura, ma no è anima pura, non è l’oscurità, o munne cheste sa…” canta Enzo Moscato ed è quello che pensano tutti mentre si allontanano, canticchiandone il motivo
 Maria Serritiello
 
 

All’archivio di Stato di Salerno si è esibito il giovane chitarrista Giacomo Monteleone


                                                     (Foto Maria Serritiello)

Fonte:www.lapilli.eu
di Maria Serritiello

I 20 anni li compirà il prossimo 26 febbraio, a dircelo è la Prof.ssa Pina Gallozzi, presidente di Salerno e Provincia dell’Associazione culturale Cypraea, nel presentare il chitarrista Giacomo Monteleone, al suo concerto all’Archivio di Stato di Salerno, il 23 febbraio.
Giacomo Monteleone, nativo di Siano, ha iniziato gli studi all’età di 9 anni, sotto la guida del Maestro Aniello Chierchia Vaccaro presso l’Accademia Mousikè di Castel San Giorgio, diretta dal M° Vincenzo Corrado. Attualmente frequenta il terzo anno del Triennio Superiore Specialistico di primo livello “chitarra indirizzo solistico” presso il Conservatorio di Musica “D. Cimarosa” di Avellino, con il M° Lucio Matarazzo. Scorrendo il suo curriculum si legge che segue corsi di perfezionamento con chitarristi di fama internazionale tra i quali: Aniello Desiderio, Christian Saggese, Arturo Tallini, Andrea De Vitis, Alberto Mesirca e che ha partecipato a diversi concorsi internazionali ed europei, attestandosi tra i primi posti, tra cui: V Concorso Europeo Giovani Musicisti “Luigi Denza” di Castellamare di Stabia; Concorso Internazionale “I Musici di San Lorenzo” di Eboli.
Svolge attività concertistica sia come solista che in formazioni cameristiche e si è esibito alle rassegne: Un viaggio oltre le note (Castel San Giorgio), Riflessi(oni) in Musica 2011 (Salerno), Georges Bizet Guitar Ensemble (Piano di Sorrento), Falaut Campus (Salerno).
La chitarra su cui Giacomo suona è una Giuseppe Gagliardo
Gli arpeggi, che risuonano nella sala Bilotti, sono di una perfetta esecuzione e mandano letteralmente in visibilio il pubblico presente, che applaudendolo tanto, lo costringono ad eseguire ancora due pezzi a concerto terminato.
Alla domanda rivoltagli, dove si collocherebbe in una scala di valori, risponde con una valutazione di sette pieno. Vive la sua condizione di “numero primo” in modo semplice e naturale, impegnandosi a migliorare e a perfezionare le sue capacità, nonché a controllare la propria condizione psicologica, all’atto dell’esibizione. Una chicca che c’incuriosisce molto ce la fa notare lui stesso e riguarda la suoneria dell’Nokia, presa dalle prime note del Gran Vals di F. Tarrega, per cui nessun musicista attuale può rivendicare la paternità. 
Il Programma del concerto: 
F. SOR – Sonata op.15b (Meissonnier)
M. CAST. - TEDESCO – No hubo remedio (da Caprichos de Goya op.195)
H. VILLA-LOBOS   – Studio n.1
A. BARRIOS – Julia Florida 
M. GIULIANI – Variazioni sul tema della Follia di Spagna op.45
R. DYENS – Songe Capricorne
F. TARREGA – Gran Vals
J. TURINA – Hommage à Tarrega 
 
Maria Serritiello
 
 
 

Concerto-Matinée degli allievi del liceo musicale “M. Galdi” di Cava de Tirreni allo Yachting Club Salerno

                                                      (foto:Maria Serritiello)

Fonte: www.lapilli.eu
di Maria Serritiello

Un dilettevole Concerto-Matinée è stato offerto domenica 21 febbraio, dallo Yachting Club Salerno, presidente Diana De Bartolomeis, che ha ospitato gli allievi del liceo musicale “M. Galdi” di Cava de Tirreni, diretti dal Maestro Ivan Iannone. Prima dell’esibizione dell’orchestra da camera, preceduta da quella di chitarra classica, del bravissimo allievo Luigi Aversa del secondo livello del liceo musicale “G.Martucci” di Salerno, la Presidente Diana De Bartolomeis, nel dare il benvenuto agli ospiti, ricorda le varie attività del club, che coniugano la sua naturale vocazione agonistica- sportiva e attività diretta alla valorizzazione del mare e alle sue tradizioni con attività culturali. Tanti i personaggi passati per l’accogliente sede, sita all’interno del porto turistico “Masuccio Salernitano” dove il mare quasi la lambisce, tra cui: Daniela Brancati, già direttrice di Rai 3, Alessandro Zannini, Leonardo Becchetti, Professore dell’Università Tor Vergata di Roma, Arturo Bascetta, scrittore-editore e personaggi salernitani, gli scrittori: Piera Carlomagno, Tina Cacciglia, Paolo D’Amato e Rocco Papa. Fiore all’occhiello dello Yachting Club Salerno è il Trittico del sole "Trofeo Angelo Maria Belmonte”, giunto, quest’anno, alla ventiseiesima edizione e dedicato alla figura dell’imprenditore scomparso.
L’orchestra da camera, formata da 15 elementi, chiusi nella loro mise di colore nero, è stata introdotta dalla Prof.ssa Pina Gallozzi, Presidente provinciale dell’Associazione Culturale Cypraea, che si occupa prevalentemente di musica e di giovani talenti. La formazione dei giovani è la seguente:
Primi violini
Carmen Senatore*
Nicole Vitale 
Chiara Ricciardi 
Jamila Ruggiero 
Secondi violini 
Vincenzo della Monica* 
Maria Pia Di Marino 
Elvira Esposito 
Terzi violini 
Alessia Sorrentino*
Martina Virtuoso 
Giovanni D'Arienzo 
Violoncelli 
Ludovica Ventre*
Giorgia Somma 
Alessandra Scognamiglio 
Aurora Matonti
Basso continuo
Gianluca Buonocore 
I brani eseguiti sono:
Jesus bleibet meine Freude BWV 147- di J.S. Bach 
Hornpipe dalla Suite in Fa maggiore, HWV 348 - di G.F. Händel
Concerto per archi e basso continuo RV 115 - A. Vivaldi  
Tra gli ospiti presenti, che hanno affollato il raffinato incontro, da auspicarne in seguito, anche per l’orario prescelto, Elena Ostrica Presidente del Centro Artisti Salernitani, che insieme all’associazione Cypraea hanno stipulato un interessante, quanto fecondo, gemellaggio con lo Yachting Club Salerno.
Maria Serritiello
 
 
 

martedì 23 febbraio 2016

Tornano a Salerno le Notti di Barliario


Fonte :f.b

Le Notti di Barlairio, seconda edizione.

Venerdì 26 febbraio

0re 9:30 - Fondazione Carisal - Cinzia Giorgio - Storia pettegola d' Italia, i sussurri dei salotti e i complotti dei politici, nei retroscena dei fatti di sangue, dall'Italia antica ai giorni nostri con Piera Carlomagno e Brunella Caputo e gli alunni del liceo classico De Sanctis

Ore 20:00 - Teatro del Giullare - I libri di...
Luca Martinelli
Margherita Oggero
Enrico Pandiani
Piergiorgio Pulixi
Da Sherlock Holmes agli investigatori irregolari e ai poliziotti corrotti, come cambia l'indagine...
presenta Luca Crovi
Reading teatralizzato dai testi degli autori con Brunella Caputo, Teresa Di Florio e Concita De Luca

Sabato 27 febbraio

Ore 9:30 - Fondazione Carisal - Luca Martinelli - Il giallo d'enigma per eccellenza
con Cristina Marra e gli alunni del liceo classico Tasso

Ore 11:00 - Fondazione Carisal - Talk Show - Il crimine tra fiction e realtà
modera Massimiliano Amato (la cronaca nera e giudiziaria)
Margherita Oggero (la televisione)
Luca Crovi (la critica)
Francesco Durante (i festival)
Corrado De rosa (la mente)
Diego De Silva (il romanzo)

Ore 15:30 - Sulle tracce di Barliario
Percorso guidato dagli scrittori noir salernitani, Tina Cacciaglia, Rocco Papa, Carmine Mari, Matteo De Chiara, tra i vicoli della città antica
presenta Sabrina Prisco
Partenza dal Chiostro del Duomo di Salerno

Ore 18:30 - The Black Monday - I libri di...
Cinzia Giorgio - presenta Piera Carlomagno
Roberto Costantini - presenta Massimiliano Amato
Letture di Brunella Caputo

Ore 20:00 - Aperitivo con gli scrittori

Ingresso libero per tutti gli incontri
Prenotazioni "Sulle tracce di Barliario" al 347.2932918

Porto delle Nebbie ringrazia
Fondazione Carisal
Lloyd's Baia Hotel
Costruzioni Notaroberto
De Cesare Viaggi
Cerzosimo fotografia
Arti grafiche Caggiano
 
 

LETTERA DI UMBERTO ECO AL SUO NIPOTINO


Fonte : Espresso del 21-2.2016

L’Espresso ha pubblicato ieri questa meravigliosa lettera di Umberto Eco al suo nipotino. Ognuno di noi dovrebbe leggerla e prendere esempio, per imparare a sfruttare la memoria e le capacità cognitive che possediamo ma che non sviluppiamo mai a sufficienza.
 
Caro nipotino mio,
non vorrei che questa lettera natalizia suonasse troppo deamicisiana, ed esibisse consigli circa l’amore per i nostri simili, per la patria, per il mondo, e cose del genere. Non vi daresti ascolto e, al momento di metterla in pratica (tu adulto e io trapassato) il sistema di valori sarà così cambiato che probabilmente le mie raccomandazioni risulterebbero datate.

Quindi vorrei soffermarmi su una sola raccomandazione, che sarai in grado di mettere in pratica anche ora, mentre navighi sul tuo iPad, né commetterò l’errore di sconsigliartelo, non tanto perché sembrerei un nonno barbogio ma perché lo faccio anch’io. Al massimo posso raccomandarti, se per caso capiti sulle centinaia di siti porno che mostrano il rapporto tra due esseri umani, o tra un essere umano e un animale, in mille modi, cerca di non credere che il sesso sia quello, tra l’altro abbastanza monotono, perché si tratta di una messa in scena per costringerti a non uscire di casa e guardare le vere ragazze. Parto dal principio che tu sia eterosessuale, altrimenti adatta le mie raccomandazioni al tuo caso: ma guarda le ragazze, a scuola o dove vai a giocare, perché sono meglio quelle vere che quelle televisive e un giorno ti daranno soddisfazioni maggiori di quelle on line. Credi a chi ha più esperienza di te (e se avessi guardato solo il sesso al computer tuo padre non sarebbe mai nato, e tu chissà dove saresti, anzi non saresti per nulla).
Ma non è di questo che volevo parlarti, bensì di una malattia che ha colpito la tua generazione e persino quella dei ragazzi più grandi di te, che magari vanno già all’università: la perdita della memoria.
È vero che se ti viene il desiderio di sapere chi fosse Carlo Magno o dove stia Kuala Lumpur non hai che da premere qualche tasto e Internet te lo dice subito. Fallo quando serve, ma dopo che lo hai fatto cerca di ricordare quanto ti è stato detto per non essere obbligato a cercarlo una seconda volta se per caso te ne venisse il bisogno impellente, magari per una ricerca a scuola. Il rischio è che, siccome pensi che il tuo computer te lo possa dire a ogni istante, tu perda il gusto di mettertelo in testa. Sarebbe un poco come se, avendo imparato che per andare da via Tale a via Talaltra, ci sono l’autobus o il metro che ti permettono di spostarti senza fatica (il che è comodissimo e fallo pure ogni volta che hai fretta) tu pensi che così non hai più bisogno di camminare. Ma se non cammini abbastanza diventi poi “diversamente abile”, come si dice oggi per indicare chi è costretto a muoversi in carrozzella. Va bene, lo so che fai dello sport e quindi sai muovere il tuo corpo, ma torniamo al tuo cervello.
La memoria è un muscolo come quelli delle gambe, se non lo eserciti si avvizzisce e tu diventi (dal punto di vista mentale) diversamente abile e cioè (parliamoci chiaro) un idiota. E inoltre, siccome per tutti c’è il rischio che quando si diventa vecchi ci venga l’Alzheimer, uno dei modi di evitare questo spiacevole incidente è di esercitare sempre la memoria.

Quindi ecco la mia dieta. Ogni mattina impara qualche verso, una breve poesia, o come hanno fatto fare a noi, “La Cavallina Storna” o “Il sabato del villaggio”. E magari fai a gara con gli amici per sapere chi ricorda meglio. Se non piace la poesia fallo con le formazioni dei calciatori, ma attento che non devi solo sapere chi sono i giocatori della Roma di oggi, ma anche quelli di altre squadre, e magari di squadre del passato (figurati che io ricordo la formazione del Torino quando il loro aereo si era schiantato a Superga con tutti i giocatori a bordo: Bacigalupo, Ballarin, Maroso eccetera). Fai gare di memoria, magari sui libri che hai letto (chi era a bordo della Hispaniola alla ricerca dell’isola del tesoro? Lord Trelawney, il capitano Smollet, ildottor Livesey, Long John Silver, Jim…) Vedi se i tuoi amici ricorderanno chi erano i domestici dei tre moschettieri e di D’Artagnan (Grimaud, Bazin, Mousqueton e Planchet)… E se non vorrai leggere “I tre moschettieri” (e non sai che cosa avrai perso) fallo, che so, con una delle storie che hai letto.
Sembra un gioco (ed è un gioco) ma vedrai come la tua testa si popolerà di personaggi, storie, ricordi di ogni tipo. Ti sarai chiesto perché i computer si chiamavano un tempo cervelli elettronici: è perché sono stati concepiti sul modello del tuo (del nostro) cervello, ma il nostro cervello ha più connessioni di un computer, è una specie di computer che ti porti dietro e che cresce e s’irrobustisce con l’esercizio, mentre il computer che hai sul tavolo più lo usi e più perde velocità e dopo qualche anno lo devi cambiare. Invece il tuo cervello può oggi durare sino a novant’anni e a novant’anni (se lo avrai tenuto in esercizio) ricorderà più cose di quelle che ricordi adesso. E gratis.
C’è poi la memoria storica, quella che non riguarda i fatti della tua vita o le cose che hai letto, ma quello che è accaduto prima che tu nascessi.

Oggi se vai al cinema devi entrare a un’ora fissa, quando il film incomincia, e appena incomincia qualcuno ti prende per così dire per mano e ti dice cosa succede. Ai miei tempi si poteva entrare al cinema a ogni momento, voglio dire anche a metà dello spettacolo, si arrivava mentre stavano succedendo alcune cose e si cercava di capire che cosa era accaduto prima (poi, quando il film ricominciava dall’inizio, si vedeva se si era capito tutto bene – a parte il fatto che se il film ci era piaciuto si poteva restare e rivedere anche quello che si era già visto). Ecco, la vita è come un film dei tempi miei. Noi entriamo nella vita quando molte cose sono già successe, da centinaia di migliaia di anni, ed è importante apprendere quello che è accaduto prima che noi nascessimo; serve per capire meglio perché oggi succedono molte cose nuove.
Ora la scuola (oltre alle tue letture personali) dovrebbe insegnarti a memorizzare quello che è accaduto prima della tua nascita, ma si vede che non lo fa bene, perché varie inchieste ci dicono che i ragazzi di oggi, anche quelli grandi che vanno già all’università, se sono nati per caso nel 1990 non sanno (e forse non vogliono sapere) che cosa era accaduto nel 1980 (e non parliamo di quello che è accaduto cinquant’anni fa). Ci dicono le statistiche che se chiedi ad alcuni chi era Aldo Moro rispondono che era il capo delle Brigate Rosse – e invece è stato ucciso dalle Brigate Rosse.
Non parliamo delle Brigate Rosse, rimangono qualcosa di misterioso per molti, eppure erano il presente poco più di trent’anni fa. Io sono nato nel 1932, dieci anni dopo l’ascesa al potere del fascismo ma sapevo persino chi era il primo ministro ai tempi dalla Marcia su Roma (che cos’è?). Forse la scuola fascista me lo aveva insegnato per spiegarmi come era stupido e cattivo quel ministro (“l’imbelle Facta”) che i fascisti avevano sostituito. Va bene, ma almeno lo sapevo. E poi, scuola a parte, un ragazzo d’oggi non sa chi erano le attrici del cinema di venti anni fa mentre io sapevo chi era Francesca Bertini, che recitava nei film muti venti anni prima della mia nascita. Forse perché sfogliavo vecchie riviste ammassate nello sgabuzzino di casa nostra, ma appunto ti invito a sfogliare anche vecchie riviste perché è un modo di imparare che cosa accadeva prima che tu nascessi.
Ma perché è così importante sapere che cosa è accaduto prima? Perché molte volte quello che è accaduto prima ti spiega perché certe cose accadono oggi e in ogni caso, come per le formazioni dei calciatori, è un modo di arricchire la nostra memoria.

Bada bene che questo non lo puoi fare solo su libri e riviste, lo si fa benissimo anche su Internet. Che è da usare non solo per chattare con i tuoi amici ma anche per chattare (per così dire) con la storia del mondo. Chi erano gli ittiti? E i camisardi? E come si chiamavano le tre caravelle di Colombo? Quando sono scomparsi i dinosauri? L’arca di Noè poteva avere un timone? Come si chiamava l’antenato del bue? Esistevano più tigri cent’anni fa di oggi? Cos’era l’impero del Mali? E chi invece parlava dell’Impero del Male? Chi è stato il secondo papa della storia? Quando è apparso Topolino?
Potrei continuare all’infinito, e sarebbero tutte belle avventure di ricerca. E tutto da ricordare. Verrà il giorno in cui sarai anziano e ti sentirai come se avessi vissuto mille vite, perché sarà come se tu fossi stato presente alla battaglia di Waterloo, avessi assistito all’assassinio di Giulio Cesare e fossi a poca distanza dal luogo in cui Bertoldo il Nero, mescolando sostanze in un mortaio per trovare il modo di fabbricare l’oro, ha scoperto per sbaglio la polvere da sparo, ed è saltato in aria (e ben gli stava). Altri tuoi amici, che non avranno coltivato la loro memoria, avranno vissuto invece una sola vita, la loro, che dovrebbe essere stata assai malinconica e povera di grandi emozioni.
Coltiva la memoria, dunque, e da domani impara a memoria “La Vispa Teresa”.
 
 
 
 

Un viaggio tributo alla musica di Amy Winehouse al Novecento di Fisciano



Una nuova serata all'insegna della buona musica.

Sabato 5 Marzo 2016 al Novecento ore 21:30, un viaggio tributo alla musica di Amy Winehouse.

Le sonorità, l'attitudine, l'intensità di un'artista unica, rivivono, per una sera sul palco del 900.

Live Show con:
Francesca Simonis: Voce
Fabrizio Spista: Sax tenore, ewi
Angelica Parisi: Tastiere e cori
Luca Masi: Basso elettrico
Ivano Petti: Batteria


Fonte F.b



lunedì 22 febbraio 2016

All’ottava Edizione Festival Teatro XS città di Salerno debutta la compagnia teatrale C.L.A.E.T. di Ancona con “Oh Mio Dio” di Anat Gov




Fonte:www.lapilli.eu
di Maria Serritiello

Si è dato il via, al teatro Genovesi di Salerno, domenica 14 febbraio, all'ottava edizione del Festival Teatro XS. Otto anni di meritati successi per gli organizzatori della Compagnia dell'Eclissi e per come la manifestazione è seguita, 112 spettatori al debutto. Sette sono gli incontri che termineranno il primo maggio nella serata di premiazione. La novità di quest'anno è l'aggiunta di tre proiezioni inserite nella programmazione, per affrontare il rapporto tra cinema e teatro. A debuttare, domenica scorsa, è stata la compagnia teatrale C.L.A.E.T. (Centro lettura attività espressive teatrali) di Ancona, con un lavoro complesso: "Oh Dio mio" della drammaturga israeliana Anat Gov.


La psicologa Ella, il cui nome in ebraico vuol dire quercia, si trova a dover analizzare un paziente sconosciuto, tale Signor “D”, che a telefono le chiede un appuntamento urgente. Ella è single con un carico di una figlia autistica, appassionata di chitarra, che occupa tutti gli spazi della sua vita incolore. Quando il paziente fa il suo ingresso nello studio, arredato in maniera minimale ed abbellito da svariati palloncini bianchi, segnali sia di una presenza infantile nella casa, che di un effetto "nuvole" alludente al cielo da cui proviene il Signor D, inizia tra i due un serrato dialogo con battute sagaci all'interno di uno spettacolo di un'ora e mezza circa.
Lo sconosciuto, che ha bussato alla porta di Ella è niente di meno che Dio, a pezzi per aver 5000 anni e più di solitudine, dei quali sente il peso e la disperata voglia di affondare ogni cosa in un nuovo diluvio universale. Dopo l'iniziale stupore Ella cerca di analizzare il paziente in maniera del tutto normale, trascurando l'onnipotenza dello stesso. Ne seguono situazioni esilaranti alla Woody Allen, con humor secco senza dare spazio ad equivoci religiosi. Il Dio seduto nello studio della psicologa su di una poltrona di cartone pressato, dal design pregevole, simbolo della semplicità ma anche di fragilità, non è lo spirito illuminato, il Creatore di ogni cosa, ma è la divinità profondamente depressa, tanto da mettere in discussione se stessa.
Proseguendo nell'analisi, il dialogo tra i due affronta in maniera comica il Vecchio Testamento, la figura di Adamo, quella di Caino e più di tutte quella di Giobbe. L'artista che è in lui è stato cancellato dalla sua disistima, lui che rimane comunque il Sommo Creatore. La solitudine di 2000 e passa anni si fa sentire e quello di cui ha bisogno è Amore. Ella in un abbraccio finale glielo trasmette. Un testo sagace di pura marca yiddish e le battute che si susseguono sono dilettevoli. Un "botta e risposta" tra i due, disinvolto sia pur affrontando concetti profondi di analisi religiosa.
Ella non crede all'esistenza di un Dio e l'autismo della figlia ne sarebbe una riprova. I due dopo il percorso di analisi, non facile, si ritrovano a scambiarsi i ruoli e cioè: Dio sperimenta una fragilità tutta umana e l'uomo (Ella) si eleva a spalla sulla quale il Potente si adagia. Poco credibile il finale nel quale la fanciulla autistica, miracolata, suona e canta l'Alleluia di Leonard. Cohen. Un trionfalismo religioso troppo a buon mercato che Anat Gov poteva risparmiarselo, tanto più che insinua in Ella l'idea che la mela regalatale dal Signor “D” venga da altre mani.
Molto bravi i due attori, Diego Ciarloni e Ilaria Verdini, per aver mandato a memoria un testo solo apparentemente leggero ma che per il suo insito indottrinamento poteva risultare ostico. Vestito di bianco da capo a piedi, un po' dandy, spiccano sul volto gli occhialini scuri, che nascondono lo sguardo di una divinità decadente. Un giovane normale, Dio, niente a che fare con capelli e barba canuti dell'iconografia tradizionale, volutamente anonimo, perché potesse risultare credibile e preso in considerazione dalla psicologa. Dal canto suo, Ella, molto spigliata nella recitazione, con il tono ciarliero alla Giuliana Loiodice, ha caratterizzato bene il personaggio segaligno, poco attraente e oltremodo sfortunato. Accattivante la partecipazione di Simone Paolella, voce e chitarra, sognante ed infantile Noemi Boncompagni a caratterizzare la sua condizione di diversa. Buona la Regia di Diego Ciarloni, l’Aiuto Regia di Ilaria Verdini e dei Collaboratori tecnici: Angela Ursi e Paola Giovenco
Infine una nota sul l'autrice Anat Gov, scomparsa nel 2012, che con un testo da teatro dell'assurdo, ha provato a divertire sia pure analizzando il difficile rapporto tra Dio e l'uomo sin dalla creazione del mondo.
Maria Serritiello

sabato 20 febbraio 2016

Andrea Binetti e la sua passione per l'operetta



Fonte: F.B.

 


I giovedì in musica al C.C.C. Luigi Francavilla di Salerno

 
 
 

Morto Umberto Eco, addio al semiologo scrittore autore de 'Il nome della rosa"


 
Fonte Ansa.it

Chi non legge a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria. Chi legge avrà vissuto 5000 anni: c'era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l'infinito. Perché la lettura è un'immortalità all'indietro



         Fonte: profilo FB
 
È vero, Maestro: chi legge c'era all'epoca di Caino e Abele, alle porte di Troia, quando sono state costruite le piramidi. La lettura, lo hai detto tu, è un'immortalità all'indietro. Ma certe scritture, la tua tra queste, sono immortali anche nell'altro verso.
Addio all'autore del più grande romanzo thriller italiano. Ma arrivederci a ogni volta che ti rileggeremo.
Maurizio de Giovanni
 

Aveva 84 anni. Il cordoglio di Renzi e l'omaggio dei suoi lettori sui social
 
Lutto nel mondo della cultura per la scomparsa a 84 anni di Umberto Eco. Verrà commemorato nella sua città d'adozione, Milano. Il feretro del grande scrittore, filosofo e semiologo dovrebbe essere esposto nel corso di un rito civile al Castello Sforzesco. Sarebbe questo, secondo indiscrezioni, l'orientamento dei parenti: un rito civile che dovrebbe tenersi martedì prossimo, alle 15, al Castello Sforzesco.
Eco, nato ad Alessandria il 5 gennaio del 1932,  è deceduto alle 22:30 di ieri nella sua abitazione. Tra i suoi maggiori successi letterari 'Il nome della rosa' del 1980, che ispirò il film di Jean-Jacques Annaud  e 'Il pendolo di Foucault' (1988). Il suo ultimo libro critica al giornalismo, 'Numero zero' (LA RECENSIONE ANSA) è stato pubblicato lo scorso anno da Bompiani. Oltre che di romanzi di successo internazionale, nella sua lunga carriera Eco è stato autore di numerosi saggi di semiotica, estetica medievale, linguistica e filosofia.
 
Profondo cordoglio per la scomparsa di Umberto Eco è stato espresso ai familiari dal Presidente del Consiglio Matteo Renzi. "Esempio straordinario di intellettuale europeo, univa una intelligenza unica del passato a una inesauribile capacità di anticipare il futuro", sottolinea Renzi che con lui si era intrattenuto a Milano, a Expo, lo scorso giugno assieme al Presidente francese Francois Hollande, proprio sui temi della identità europea, dell'innovazione scientifica, della memoria e della lotta contro l'intolleranza. "Una perdita enorme per la cultura, cui mancherà la sua scrittura e voce, il suo pensiero acuto e vivo, la sua umanità", conclude il presidente del consiglio.
 
 
 

 
 
 

 





“ Piscature” di Raffele Viviani al teatro Delle Arti attraverso un percorso sensoriale




Fonte:www.lapilli.eu
di Maria Serritiello


Nel foyer “Peppe Natella” del Teatro Delle Arti di Salerno, venerdì12 febbraio, c’era il mare e con esso la risacca ondulante, strascicata sulla riva, un artificio tecnico che ha reso magicamente il suono di questo elemento, così presente nella nostra città. Ma a colpire gli spettatori, chiamati per assistere al dramma di Raffaele Viviani “E Piscature”, non è stato solo il suono dell’acqua salata, bensì l’intero percorso sensoriale, uno spettacolo nello spettacolo, compiuto, prima di arrivare a sedersi. Il Delle Arti si presta, per lo spazio di cui dispone, a sperimentare nuove forme di spettacolarità, utilizzando e coinvolgendo, come per venerdì scorso, i sensi. Una bella intuizione del gruppo TeatroNovanta, che, aiutati da Salvatore Acconciagiochi, della Bottega San Lazzaro, insostituibile per la sua manualità e responsabile professionalità, hanno trasformato il foyer in un borgo marinaro, per cui tutti gli attrezzi, reti, “spaselle” nasse, lampare, funi, ancore, utili alla pesca, hanno invaso il percorso ed il palcoscenico. Sul mormorio degli spettatori, che a passi lenti e gustando le tartine, cosparse di burro ed alici nostrane, dell’industria salernitana IASA si accingono ad entrare all’interno, si eleva la voce di Tommaso Fichele, accompagnato dal suono della chitarra di Fabio Notari

La scena, all’interno, si presenta a sipario aperto, con il mare, un fondale filmato, che la lambisce, mentre gruppi di pescatori vanno, vengono, parlano, rammendano le reti e sperano in un futuro migliore. Sulla destra, tirata a secco, un gozzo, su cui dipinto si legge il nome di “Peppe”, un chiaro riferimento, come anche la lampara accesa, fiamma votiva, a chi non c’è più. Sulla sinistra, invece, è ben visibile una misera baracca, congegnata in modo da poter seguire contemporaneamente il fuori della corte marinara e il di dentro della catapecchia, arredata con pochi oggetti e dove alla parete troneggia il quadro di Sant’Anna, simbolo di unità familiare. I pescatori che animano la scena lavorano per Cumpà Domenico (Gaetano Stella), secondo marito della zi Carmela (Elena Parmense) e patrigno di Catarina (Serena Stella) e Cicciariello (Antonello Ronga). Con loro nella baracca vive anche zi Austino, detto cient’anni (Matteo Salazano), nonno, da parte di padre, dei due ragazzi. La trama è semplice e descrive coralmente la vita di stenti a cui è soggetto il pescatore, sia esso padrone che aiutante. La storia si accende, quando Cumpà Domenico, un uomo burbero e rude, che ha un cattivo rapporto con Cicciariello, tanto da venire alle mani, rende espliciti i torbidi sentimenti amorosi verso la giovane Catarina. Approfittando dell’assenza di tutti i componenti del capanno e dei pescatori che stazionano, per lo più sempre dinanzi al povero ricovero, Cumpà Domenico, in preda alla furia amorosa, la violenta. Nessuno si accorge di nulla, né la madre, che insegue l’unione della famiglia, né il nonno, che cerca di dare affetto e buoni consigli. Solo Cicciariello, scopre la malefatta, dopo aver strappato la confessione alla sorella, vedendola in difficoltà, per cui non gli resta altro che vendicarla. Con un ingenuo stratagemma di una festa di pacificazione, a cui tutti sono invitati, il giovane attira il patrigno nella barca e non visto da nessuno, lo affonda a mare.

Il dramma si conclude tra lo stupore dei pescatori, che non si danno pace per l’orrenda fine del loro padrone e i pianti lamentosi della moglie, che professa in continuazione l’onestà e la dirittura morale del marito.

“E Piscature” è il terzo appuntamento, dei quattro, inserito nella rassegna “Napul’è mille culure”, che affronta attraverso i testi, il policromatismo della città. Foschi, passionali e sanguigni i colori del dramma di Viviani, rappresentato in maniera corale dal gruppo dei pescatori, bravi a caratterizzare e a differenziare i personaggi l’uno dall’altro

A spasellara– Chiara De Vita
Pascale ‘o spasellaro – Antonello Cianciulli
‘o Turrese – Giovanni Caputo
Siccetella – Manuel Mascolo
Gennarino – Alfio Battaglia
Giuvannella – Martina Iacovazzo
Zufia – Lucia Di Mauro
Santella – Lucia Voccia
Fortunatina – Alessandra Galdi
Mammiluccia – Daniela Abate
Luciana – Elisabetta Condorelli
‘o Puzzulano – Daniele Nocerino
Capitone – Mauro Collina
Temmone – Michele Ceruso
Pilo ‘e purpo – Gennaro Della Rocca

Un particolare plauso va a Matteo Salzano per aver caratterizzato in maniera speciale “zi Austine, il vecchio saggio, tremolante sulle ginocchia e voce strascicata, che ha esperienza e conosce come va vissuta la vita. Una eccellente interpretazione che ha fatto la differenza dello spettacolo. A distinguersi per impegno, sentimento e disinvolta recitazione sono stati Gaetano e Serena Stella, chiamati ad affrontare una difficile prova teatrale, per essere loro un padre ed una figlia nella vita reale. L’imbarazzo per il tema trattato è stato brillantemente superato per la bravura recitativa, consumata in Gaetano, fresca e giovane in Serena. Altra stella a brillare è stata zi Carmela, Elena Parmense, che ha dato un’interpretazione precisa dell’ingenua madre, tanto da non accorgersi del disastro familiare, un personaggio eduardiano, dove al posto del presepe, c’è l’unità familiare a tutti i costi. Infine un sanguigno Antonello Ronca, convincente nella parte del vendicatore della sorella, costretto a vivere e ad uccidere secondo le regole ferree di un’organizzazione tribale quale quella dei pescatori, immaginati e poi scritti da Raffaele Viviani.
Maria Serritiello
 
 
 
 

 



lunedì 15 febbraio 2016

Al teatro Ridotto Gennaro De Rosa vincitore del Premio Charlot 2015


 
 
 
 
 
Fonte :www.lapilli.eu
di Maria Serritiello
 

Al teatro Ridotto Gennaro De Rosa vincitore del Premio Charlot 2015

Per due sere consecutive e precisamente il 13 e 14 febbraio, il Teatro Ridotto di Salerno, direttore Gianluca Tortora, ha ospitato Gennaro De Rosa, il vincitore del Premio Charlot 2015, la rassegna della comicità più importante d’Italia.

Prima dell’inizio della sua performance, in camerino, gli chiedo di conoscerlo più da vicino (n.d.r.) e lui molto amabilmente accetta. Mi bastano poche battute per individuare in lui la dote naturale della comunicazione, che non è solo mestiere. Semplice, spontaneo, un sorriso quasi ingenuo su di un volto rassicurante, è il classico bravo ragazzo della porta accanto. Ogni tanto gli passa una punta di malizia sul viso, ma è lo scugnizzo che si fa spazio. Magro, occhi neri, capelli tagliati corti ed un leggero strato di barba spalmato sul viso, non si riesce, in lui, ad immaginare il fanciullo di 86 Kg della sua infanzia, eppure, lo è stato, con una dose massiccia di comicità, grazie alla quale oggi è un cabarettista che si sta facendo strada. Dalla sua ha l’umiltà di chi vuole migliorarsi, ha partecipato, infatti a due laboratori, a Napoli ed a Bari, studia i personaggi e le gag con cura, osservando la sua città, Napoli, una fonte inesauribile di umorismo. E’ un buon monologhista, non tira quasi il fiato, il suo spettacolo “Le cose non stanno bene” è un grosso calderone di barzellette, battute sulla famiglia, sui giovani, sulla crisi, sui soldi che sono sempre pochi, sulle cose che un tempo andavano in un modo ed oggi non più così, sulla fidanzata, prima e moglie, dopo, un repertorio che coglie ogni spettatore. Gennaro De Rosa ha anche una bella voce, infatti inizia lo spettacolo cantando “Sambaccussi” del grande Pino Daniele, per dare un certo taglio a tutta la sua esibizione, perché poi sceglie brani di Carosone “O russo e a rossa”, facendo cantare anche il pubblico e “O sarracino”, per continuare con “E allora” di Armando Gill, portato al successo dall’ indimenticato Roberto Murolo, una selezione, la sua, ispirata alla sapiente classicità napoletana. Non è stato sempre un solista, Gennaro De Rosa, infatti ha fatto parte del trio comico “I tre per tre”, esibendosi con loro, in estate, a Paestum, quando il Premio Charlot si era trasferito nella zona dei templi. Ancora non si dedica totalmente allo spettacolo, tutti i giorni per lavoro è rappresentante di detersivi, si augura di poter calcare il palcoscenico, se il successo lo arride. Ha 35 anni, diploma liceo scientifico, è sposato ed ha due belle bambine di 3 e 6 anni. Si scrive da solo i testi dei suoi monologhi, ogni volta che ne sente l’impulso, non legge molto, ma ascolta e partecipa al dibattito politico ed ama i grandi comici, da Totò a Troisi. Gli chiedo quale sia stato il consiglio più utile ricevuto “E luvà mano” (di desistere), mi risponde divertito ed autoironico, ma è ovvio che io la pensi al contrario, se una semplice sua battuta mi rallegra tanto.

Maria Serritiello
 

venerdì 12 febbraio 2016

Al C.C.C “L. Francavilla” s’incontrano tre associazioni culturali della città


Fonte: www.lapilli.eu
di Maria Serritiello



Una serata artistica a tutto tondo, quella di lunedì 8 febbraio, in cui si sono riunite, presso il C.C.C. “L. Francavilla”, presidente Giovanni Paracuollo, appoggiato a casa Ruggiero di Via Lungomare Colombo, l'Associazione Centro Artisti Salernitani, l'Associazione Culturale Cypraea (sez. di Salerno e provincia), l'Associazione Yacthing Club Salerno e il C.C.C. L. Francavilla, ospitante.
La manifestazione, un bel l'esempio di associazionismo culturale, ha avuto come tema: "Ispirazioni Salernitane" e ad essa hanno partecipato artisti, poeti e musici.
Lungo le pareti dell'accogliente sede sono state esposte le opere di: Antonio Caroniti, scultore; Silvana Valese, ceramista; Rolando Lambiase pittore; Elena Ostrica, pittrice; Ferdinando Bove, pittore e Giovanna Orilia pittrice. Il commento ai quadri e le interviste agli autori sono state curate da Elena Ostrica e Nunzia Clarizia.
Per la poesia si sono esibiti: Rosalba Fieramosca, Vittorio Pesca e Chiara Rispoli.
Nel contesto artistico non è mancata la musica, che è stata espressa dai giovani clarinettisti: Sabrina Mercurio, Simone Esposito, Gerardo Aliberti, Raffaele De Maio, Pierfrancesco Senatore, Kauan Santoriello, del Liceo Musicale “Galdi” di Cava de' Tirren, diretti dal Prof.re Gioacchino Zito. Un repertorio musicale di tutto rispetto con brani tratti da Vivaldi, Mozart, Peter Warlock e Giuseppe Verdi. Due ore serene e godibili trascorse in assenza di bigia quotidianità. Conclusasi la parte artistica il conviviale, tra i presenti, è stato acceso dall'ottima cena, approntata da Francesco Stanzione del Delirium Pub. Il successo della serata ha fatto sì che di questi incontri ce ne saranno altri a seguire.
 
Maria Serritiello
 
 

giovedì 11 febbraio 2016


Fonte: In rete

 26 /27/ 28 febbraio  2016
Circolo Arci Mumble Rumble
Salerno
Ottava Edizione
 
 
 

La Compagnia dell’Eclissi al Teatro Genovesi con Il delitto all’isola delle capre di Ugo Betti

 
Fonte:www.lapilli.eu
di Maria Serritiello
 
Già al suo apparire, alto, cappello a larghe falde calato sulla testa, bisaccia in spalle ed andatura sicura, risulta un personaggio ostile.  In effetti gli basta poco per scompaginare la quiete vita, sebbene poco appagante, delle tre donne che abitano la deserta isola. Esteticamente bella la scena di Luca Capogrosso, come anche la locandina, che ne annuncia lo spettacolo, è costruita in modo da fare entrare d’impeto nel magico ed addormentato, mondo pastorale, di una indefinita isola mediterranea. E se ne odono i suoni, il campanellino tintinnante delle capre, il fruscio setoso del vento e se ne avverte la calura dal pozzo che può abbeverare e se ne scorge il colore sia della sera, dai lumi accesi che del giorno, per l’affaccendarsi nella casa. Pia ed Agata, vestite di nero, rispettivamente sorella e vedova del padrone di casa, defunto in guerra e Silvia, sua figlia, poco più di una fanciulla, sono un perfetto trio da tragedia greca e così essa si svolge, tra passione folle e lucida vendetta. E così anche il posto, deserto e popolato solo da cupide capre, è simile ad una reggia omerica in cui si consuma l’attesa e dove la cisterna diventa un’ara sacrificale, mentre Pia, Agata e Silvia sono sempre più simili a tre parche, intente a filare, con la conocchia e l’aspo, la morte. Ed essa non tarda ad arrivare, nella maniera più orrenda, per vendicare l’offesa arrecata in modo esplicito, senza alcuna forma e nessuna riserva alle tre donne dall’insinuante forestiero.
Un dramma, quello di Ugo Betti, rappresentato poche volte ma sicuramente il più interessante, forte, pregnante ed esplicito nei modi e negli atti. Le tre donne, ognuna pervertita dalle voglie di Angelo, infatti non se ne risparmia nessuna, sono il suo angelo vendicatore ed il pozzo la sua condanna. Alcuni passaggi, quelli tra madre e figlia, sono particolarmente inquietanti e violenti, essere rivali e per lo stesso uomo, scatena in loro bassi istinti. La vendetta cova sia in Silvia, violentata e forse prena di lui, che in Agata, divisa tra l’amore materno, molto rude e l’aspra gelosia che ne prova. Solo Pia, sebbene innamorata, riesce con la fuga, in cui coinvolge la nipote, a sfuggire al triste epilogo. Silvia e Pia si sono allontanate dall’isola è questo che voleva Agata per salvare Angelo ed avere la sua parte di orrenda felicità. La fune che srotola all’interno, della cisterna, inutilmente, in modo convulso ed in preda ad una frenesia amorosa, è l’evidente prova che la sua anima e tutto il resto sono ormai persi per sempre.
Una rappresentazione perfetta, confezionata in maniera esemplare, ad iniziare dal buio di scena che è fosco, quanto lo sarà il testo, per continuare con la musica di Nick Cave, compositore australiano ed il canto evocativo di Savina Yannatou, con gli abiti, così curati di Angela Guerra e con gli oggetti pastorali a formare l’impianto scenico. E poi i protagonisti, eccezionali, non hanno sbagliato nulla della loro interpretazione, tutti adatti al ruolo da Roberto Lombardi, con la sua sicumera, spavalderia fisica e la voce impostata giusta, ha reso il più possibile ostile il suo personaggio, tant’è che il suo crepare nel pozzo, fa orrore ma solleva anche.
Marianna Esposito, immensa nella sua interpretazione, stigmatizza il personaggio con occhi, mani, corpo, camminata, voce, mobilità del viso, insomma con tutta se stessa. La sua freddezza ansiosa di essere “femmina” per Angelo, perché stanca di solo capre da pascolare, le danno una ferinità animale che travasa tutta sugli spettatori.
Buona la prova di Marika Mancini, una ventata di freschezza recitativa nel cupo dramma, ha reso bene l’innocenza prima e la voglia lasciva in seguito.
Lea Di Napoli, è la prima ad incontrare lo straniero, l’invasore della forzata sua quiete e se ne sente subita attratta. Pia vuole la sua parte e ciò lo esprime bene, Lea Di Napoli, interpretando in modo eccellente il ruolo. Come sempre la regia di Uto Zhali è curata, raffinata e di grande stile.
 
Maria Serritiello