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sabato 12 ottobre 2019

A Ventotene terminano le mie vacanze (diario 3° ed ultima parte)



Continua...3° ed ultima parte
Maria Serritiello


Sono fuori dall'ospedale, in autoambulanza, che tra due ore e tredici minuti mi condurrà al Fatebene Fratelli di Napoli. Fa molto caldo e sono dolorante. Prima di archiviare definitivamente il ricovero precedente, voglio dirvi, tanto per farvi immaginare l'esperienza estrema provata, che per  ripararmi dal freddo della notte, mi sono dovuta avvolgere nella  carta per sostituire la coperta che non  avevano, sarò sembrata una mummia e solo nell'autoambulanza, dai volontari, il giorno dopo, accortosi della spinale, me l'hanno sfilata. Un sollievo immediato che potevo provare dal giorno prima.

Arrivo al pronto soccorso, sempre in codice rosso e dopo aver espletato immediatamente le formalità,  sono ricoverata nella stanza  numero 104 del reparto di ortopedia. La stanza è di sei posti, con aria condizionata e due televisori disposti in alto in modo  da essere visti da tutti gli ammalati. Mi guardo intorno ed i visi  degli ammalati mi fanno subito simpatia, tranne una,  che ha una spalla mal conciata, siamo tutti là per la rottura del femore.  




Storia
 L’Ospedale Madonna del Buon Consiglio Fatebenefratelli fa parte dell’Ordine ospedaliero di San Giovanni di Dio, che gestisce nel mondo più di duecento strutture sanitarie.
L’Ordine si ispira all’ operato di San Giovanni di Dio, che nella prima metà del 1500 svolse in Spagna il suo apostolato a sostegno degli infermi e dei bisognosi.
Alla sua morte, nel 1550, la schiera dei discepoli incominciò a diffondere il messaggio di carità e di ospitalità ereditato dal Santo, fondando vari ospedali sia in Europa che in altri continenti.


La storia dei Fatebenefratelli in Italia ha inizio a Napoli. Qui, nel 1572 i frati Pietro Soriano e Sebastiano Arias fondarono nel borgo Chiaia il piccolo Ospedale S. Maria della Vittoria, prima tappa di un percorso che vedrà i Religiosi sempre presenti nel capoluogo partenopeo. Nel 1587, infatti, nacque in via Tribunali l’Ospedale S. Maria della Pace. Nel 1656 la loro presenza a Napoli risultò determinante per fronteggiare l’epidemia di peste abbattutasi sulla città. Nel 1853 i Fatebenefratelli caldeggiarono l’istituzione di una scuola teorico-pratica per medici, chirurghi e farmacisti e nel 1854 destinarono all’assistenza ai malati di colera una piccola casa di loro proprietà a Capodimonte. Nel 1867 i Religiosi subirono la confisca dei beni da parte dello Stato, ma proseguirono indefessi l’attività assistenziale e nel 1936 acquistarono l’ex Collegio di via Manzoni, dove nel 1937 inaugurarono l’Ospedale a tutt' oggi  attivo, intitolandolo alla Madonna del Buon Consiglio.
La missione è:

- Avere la persona assistita come centro di interesse di quanti vivono e lavorano nell'ospedale o in qualsiasi altra opere assistenziale;

- Promuovere e difendere i diritti del malato e del bisognoso, tenendo conto della loro dignità personale;
- Impegnarsi decisivamente nella difesa e nella promozione della vita umana;
- Riconoscere il diritto della persona assistita a essere convenien--temente informata del suo stato di salute;
- Osservare le esigenze del segreto professionale, facendo in modo che siano rispettate anche da quanti avvicinano gli ammalati e bisognosi;
- Difendere il diritto di morire con dignità nel rispetto e nell’attenzione ai desideri giusti e alle necessità spirituali di coloro che sono sul punto di morte, coscienti che la vita umana ha un termine temporale ;
- Rispettare la libertà di coscienza delle persone che si assistono e dei collaboratori, fermi nell’esigere che si accetti e si rispetti l’identità del centro ospedaliero;
- Valorizzare e promuovere le qualità professionali dei collaboratori, stimolandoli a partecipare alla missione assistenziale dell’Ordine; rendendoli partecipi del processo decisionale nelle opere in funzione delle loro capacità e dei loro ambiti di responsabilità ;
- Rifiutare la ricerca di lucro, osservando ed esigendo che non si ledano le norme economiche giuste.
Tali principi si comunicano con atteggiamenti di benevolenza e donazione che permettono di compiere la missione tra i poveri e gli ammalati.
Ogni opera che si compie nella struttura è specifica e cerca di dare risposta ai bisogni di alcune persone; dunque la missione è evangelizzare il mondo del dolore e della sofferenza attraverso la promozione delle opere e degli organismi sanitari e/o sociali che prestano un’assistenza integrale alla persona.
La nostra missione non si rivolge in maniera totale all’utente interno ma pone l' attenzione anche a quello esterno: non solo al malato ma anche ai suoi parenti e familiari.

Basta poco e comincio a fare amicizia, a chiederci i nostri nomi ad aspettare la visita dei parenti che diventano anche i nostri. Ferdinando, mio marito, va avanti e dietro da Ischia una fatica per far conciliare gli orari degli aliscafo a quello delle visite. La stanza viene pulita due volte al giorno, da un personale responsabile, prima che il reparto si sveglia del tutto, per iniziare le cure e la visita dei dottori, in seguito anche nel pomeriggio. Altra cosa da notare benevolmente è l'intransigenza  sull'orario delle visite e di conseguenza delle uscite. Il cibo è appena mangiabile, ma si sa che l'ospedale  non è sulla guida Michelin. Il personale infermieristico è competente, paziente, garbato, allegro, pronto ad ogni chiamata e ciò rende sopportabile il soggiorno.Tra gli infermieri ci sono suore, un fiore all'occhiello, per rispettare la dignità delle ammalate nelle operazioni più delicate, ma tutti hanno grande rispetto per ognuna. I mobili sono colorati di un blue intenso, in ogni stanza c'è il bagno, le pareti tinteggiate di bianco danno un senso di pulizia e di fresco. I pazienti sono curati secondo il fa bisogno, a me per esempio  attaccano subito due sacche di sangue avendo l'emoglobina di valore bassissimo 5, per cui devo arrivare almeno ad 8 per subire l'operazione.Le 48 ore di cui parla il Presidente della Regione Vincenzo De Luca per le operazioni di femori sono una realtà, gli operati, già dal secondo giorno sono sottoposti a fisioterapia e seduti in mezzo al letto. L'eccellenza del  reparto del Fatebene Fratelli è evidente e non voglio fare paragoni, ma quello che ho sotto gli occhi è tutt'altra realtà. 
A tal proposito voglio ringraziare tutta l'equipe che mi ha operata il 7 agosto alle ore 15.00, di cui non ricordo i nomi se non quello del Dott.re Michele Ugliano. Mi dispiace non poterli citare  ad uno, ad uno, ma la riconoscenza va uguale a tutti. Durante l'operazione mi sono anche divertita per la lievità delle loro mani e le battute scambiate.
I giorni seguenti all'intervento sono trascorsi a conoscerci meglio, Iolanda e le sue sorelle e Maria la nipote sono diventate un gineceo affettuoso nei miei riguardi, Paola la prima ammalata su cui ho posto lo sguardo al mio arrivo e le figliole gentili, la Signora Maria, una nonnina arzilla che la sera si faceva accendere RAI tre per guardare la puntata di "Un posto al sole", dice che non ne ha perso una  da quando è andata in onda. In quell'angolo di Via Manzoni, con tutte le nostre sofferenze, siamo diventate una famiglia e a me ha fatto commuovere il clima che si è creato.   
Un ringraziamento affettuoso va alla Signora Rosetta che mi ha aiutata a lavarmi, non potendo scendere dal letto. Assisteva Iolanda la notte e con me l'ha fatto con tanto amore. Ho voluto ringraziarla  con un piccolo presente che non voleva accettare in nessun modo.Ho pregato Iolanda di farglielo prendere e lei arrabbiatissima è andata via.Quando è tornata la sera ci ha detto" Con i soldi che mi avete dato, ho comprato  tutte candele per farvi  stare presto bene" Sono rimasta di sale, mai nella mia vita qualcuno ha fatto per me una così bella azione. Mi sarei buttata dal letto per abbracciarla, accidente al femore...
L'animo dei napoletani è grande e se ti danno il cuore è per sempre, infatti la chiamo spesso ora che sono a casa nella mia città a Salerno.
Ecco, il mio diario è quasi terminato, la brutta esperienza iniziale si è tramutata in bene e conoscenza. Io stessa ho costatato che la Sanità Campana è tutt'altra cosa da come viene descritta dai giornali e dalle trasmissioni televisive. Solo attacchi mediatici,  per gettare fango, le famose formiche c'erano perché qualcuno spargeva lo zucchero sui davanzali. Che ci vuole a diffamare, notizie false e voilà Napoli è sotto i riflettori di luce sporca. Spero che chi infanga la città comprenda che non le rende un buon servizio, Napoli è una capitale, una super città con bellezze da offrire ed amore da donare. Il Fatebene Fratelli, il reparto di ortopedia è un orologio svizzero funziona senza ritardi e con competenza assoluta.
Prima di andare via conosco altre due persone Maria Rosaria che assiste sua madre una dolce vecchina di 95 anni, con rottura di femore e Antonella che sostiene la madre Maria per la rottura della spalla destra. Le lascio  con rammarico, ma è ora che vada. I volontari sono arrivati per trasportarmi ad Ischia dove c'è mio marito ad attendermi.E' il 12 agosto, e malgrado tutto sono contenta di essermela cavata alla meglio.Ischia-Casamicciola mi regala, almeno alla vista e al corpo non interessato, l'estate che ho perso a Ventotene.
Maria Serritiello




  


martedì 8 ottobre 2019

A Ventotene terminano le mie vacanze (diario 2°parte)


IL DIARIO CONTINUA...

Dopo un'ora circa di volo, durante il quale ho provato anche a scherzare, quando la volontaria mi ha detto che avevo il piacere di fare un volo in elicottero, al che le ho risposto di aver volato su di un fokker, da Boston per Martha's Vineyard isola degli Stati Uniti d'America, nel Massachusetts, vicino alla costa meridionale di Cape  Code, un piccolo aereo di 12 posti e che a vederlo in volo sembra un giocattolo, comandato da terra da bambini. Ciò che mi ha divertito è la meraviglia della volontaria nel non conoscere l'esistenza.  E vai Maria ...


Arrivo in ospedale in codice rosso e adagiata su di una barellina stretta ed antidiluviana, corredata da una spinale,  si accertano, con radiografia che realmente il femore destro è  rotto.  Mi aspetto di essere ricoverata in una stanza, ma resto nel corridoio, senza che nessuno si occupi di me o mi dica qualcosa. Passa il tempo, io sempre distesa e dolorante su la barellina di fortuna, attenta a non fare nessun movimento che potrebbe farmi cadere, lasciata  nel corridoio lungo e stretto, in fila come tanti altri ammalati. Ho freddo sono vestita con pantaloncini corti e canottiera, così chiedo al personale infermieristico se potevo avere una coperta per coprirmi, mi risponde un'infermiera, che va avanti e indietro che coperte non ne hanno, insisto per avere almeno un cuscino, per sostenermi la testa che mi penzola fuori dalla barella, ascoltate che cosa mi risponde: "non abbiamo cuscini e poi vi sembrerebbe igienico che là dove appoggiate la testa voi, dovrebbe andare ad altri ammalati? .Comincia a montarmi la rabbia e rispondo "ma voi le federe, in questo ospedale, non le lavate mai?". Se ne va infastidita senza rispondermi ed io a chiedermi se non stavo in un brutto sogno. Quando sono stata soccorsa mi sono portata, oltre ad un piccolo borsello con gli effetti personali, anche un pareo che mi è servito a volte, appallottolato  da cuscino e a volte a coprirmi il corpo infreddolito dall'aria condizionata, l'unica cosa che per il momento è funzionante. Mentre attendo che le ore passino sorge un un problema, ho bisogno di espletare un bisogno fisiologico ed essendo impedita comincio a chiamare, non ascoltata, il personale, alzo la voce e chiamo per essere soccorsa, anche perché nel frattempo mi  sento male, batto i denti ed ho un dolore fortissimo sotto ventre. Ho urgenza, ma la solita infermiera, sempre impegnata per chi sa chi, infatti siamo tutti in una lunga fila accostati al muro, mi dice che mi avrebbero messo il catetere. Non ci vedo più e dico che non posso attendere oltre e poi dove avrei trovato la privacy per un'operazione del genere e lei con un fare dispettoso mi chiede "e allora come facciamo?"  al che rispondo con rabbia " un pannolone  e subito" e lei "come volete il pannolone? Meravigliata ed io "si , non posso più attendere." Mi trascinano fuori dalla fila, in un angolo che sarebbe dovuto essere, ma non è così, un pò piu' appartato ed io stessa mi sistemo il pannolone che mi verrà cambiato la sera dopo, lasciando alla vostra immaginazione il mio disagio, la sera successiva, quando sono arrivata all'Ospedale Fatebene Fratelli  di Napoli.

Mi riportano di nuovo nella fila del corridoio e là aspetto che succeda qualcosa di nuovo. "Sig.ra Serritiello è uscito il posto in corsia, venite" mi dice, ad un tratto, l'infermiera ed io sollevata, penso di andare in una stanza, sì, con altri ammalati, ma più degnamente ricoverata, non è cosi'! Lascio l'incubo del corridoio senza coperte e senza cuscini ed ogni minima assistenza ed entro nel lazzaretto manzoniano:il pronto soccorso vero e proprio, in effetti io fino a quel momento ho fatto anticamera per entrare nel pronto soccorso, cioè un parcheggio di anziani. La mia delusione è indescrivibile...Non ci sono posti per il ricovero per cui siamo messi tutti là una ventina o forse più di persone , ognuno con una patologia diversa, in attesa. Il medico di turno sta seduto dietro una scrivania e scrive al computer ed attende impaziente il cambio, ogni tanto alza gli occhi dallo scritto, appena qualche paziente lancia un grido, un lamento, una chiamata a qualche parente al suo fianco insistente. Si in quello stanzone che funge da pronto soccorso ci sono tutte persone di un'età avanzata con demenza senile et similia. Per discrezione verso quegli ammalati non descrivo ciò a cui  ho assistito, uomini e donne anziane messi là per mantenerli buoni, ma le chiamate si moltiplicano, il personale si arrangia come può.




Io sono tra loro, meravigliata da questa sanità laziale  che nessuna inchiesta televisiva ha messo in evidenza e posta sotto i riflettori come si fa per la sanità campana, sbattuta in prima pagina un giorno sì ed uno.

Non ho una spina elettrica per ricaricare il cell, per cui sono costretta a chiuderlo, non prima di aver detto a mio marito che in quell'ospedale non mi sarei fatta torcere un capello, e che l'indomani con ambulanza privata mi sarei voluta trasferire a Napoli, lui l'ha già pensato.

Nel giudicare bisogna estrapolare anche ciò che viene fatto di buono e di buono sono state due sacche di sangue per poter farmi riprendere e di questo  ringrazio, così come all'interno nella corsia ringrazio il personale che si divide come può

A questo proposito aggiungo l'inizio di un articolo in rete  di Giuseppe Simeone /in  che denuncia ciò che io ho descritto secondo la mia esperienza

"Pronto soccorso del Santa Maria Goretti di Latina in piena emergenza. Una situazione insostenibile che ha portato medici ed infermieri a mettere nero su bianco al fine di evitare attribuzioni di responsabilità non riconducibili a negligenza, imprudenza o imperiziale criticità organizzative ed assistenziali legate al sovraffollamento. Un segnale forte che evidenzia il dramma che ogni giorno il personale e i pazienti dell’ospedale di riferimento della provincia di Latina sono costretti a vivere..."



Sono passati tre anni da quando è stato scritto l'articolo ma la situazione non è cambiata, anzi ...

La notte la passo interamente sveglia sia per il dolore sia per le lamentele degli altri ammalati. Devo attendere le 15,00 del giorno dopo, mettere la firma e lasciare dietro di me Il Santa Maria Goretti.



Continua...

lunedì 7 ottobre 2019

A Ventotene terminano le mie vacanze (diario 1°parte)



Diario 1°parte


Sollecitata dallo spettacolo teatrale:
VentOtene” di Walter Prete con regia di Gustavo D’Aversa, per l’undicesima edizione del Festival Nazionale Teatro XS Città di Salerno, che ho recensito, il 4 agosto ho deciso di andare a Ventotene e recarmi sull’isola di Santo Stefano dirimpettaia del luogo di villeggiatura.



 locandina ventottene
La recensione

Basta pronunciare Ventotene che alla mente si presentano i nomi di Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorno, con la scia del mito di un’Europa libera ed unita. Uomini di grande spessore intellettuale ed umano: Altiero, politico e scrittore italiano, Ernesto, giornalista, antifascista ed economista, Eugenio, filosofo, politico ed antifascista, furono confinati, nel 1941 e scriveranno il manifesto "Per un'Europa libera e unita", poi noto con il nome di Manifesto di Ventotene, culminato con la nascita dell'Unione Europea solo  nel 1992.
E così: “VentOtene Unde mithi” ovvero la nascita di uno dei miti della nostra epoca; Ventotene, lo scoglio utilizzato dal potere, come sede di confino di persone poco gradite allo stesso; Ventotene, la preistoria del sogno di una Europa libera e unita, in piena guerra “e come tale capace di suggerire una mitologia adeguata ai tempi, che i popoli europei attuali stanno vivendo e nella quale potranno trovare soddisfazione in essa fino a che altre preistorie seguiranno” (da una considerazione di Grahame Clarke archeologo del 1961) ed infine Ventotene, isola del tirreno poco più di uno scoglio, ora vacanziero, ma in passato ha avuto una storia tutt'altra che di second’ordine.
In scena, Altiero, Ursula, Eugenio, Ernesto e Tina, cinque personaggi con una vita politicamente impegnata, antifascista e confinata e che da giovani con grandi ideali, sarebbero entrati e ricordati nella storia. E così Attraverso la loro microstoria si attuerà la storia, conosceremo i loro sogni, i loro amori, i desideri di dolcezza, gli studi per approfondire il momento particolare del mondo che li circondava, il tutto con leggerezza, con cambi di divise, narrazioni, voci, recitazione ed una scena semplice e pur complessa per la ristrettezza del palco. Una possente gradinata di ferro al quale sono legate con abile maestrie dei teli bianchi che opportunamente manovrate diventano di volta in volta delle vele così di casa in quel mare o l’emblema di buste a ricordare la condizione di confino, cui erano tenuti quei politici per i quali le lettere che scrivevano o ricevevano rappresentavano il loro principale legame col mondo reale di parenti o amici. Storie di resilienza, le proprie, fatte di passioni, sogni, bisogni, ideologie vulnerabili, spesso tradite dalla storia e sacrificate o fatte abortire dal potere, ma profondamente umane direi quasi carnali che la solitudine dello scoglio inaspriva e ingigantiva. Ed ecco uno spettacolo movimentato urlato forte drammatico e pur tuttavia ricco di spunti e performance significative, nonché coraggioso e lungimirante, in un periodo, come il nostro, in cui una deriva populista sembra far mettere in secondo piano quelle ideologie europeiste delle quali i primi germogli videro la luce proprio su quello scoglio. Da qui quel titolo, quel richiamo a quel’ Europa che forse rimane l’ultima grande via ad una possibile serenità europea se non mondiale, quel rievocare la nascita di quella mitologia che può darci una prospettiva diversa per approcciarci meglio alle problematiche della nostra esistenza.
Significativa la recitazione degli attori aiutata dalla scenografia simbolica, l’orologio, le vele, la scalinata cubica a dare l’altezza dello scoglio e la nudità dello stesso. Ad ascoltare bene si sente l’ondeggiare del mare, il profumo della salsedine ed il salato sulla pelle. Bravi e coraggiosi gli attori e la regia a portare in scena un pezzo del nostro passato, dandogli una dimensione umana e non uno studio scolastico fatto di date e qualche informazione. Mi piace il teatro civile e da insegnante, per sempre, auspicherei che questi pezzi di teatro circolassero in tutte le scuole.
Maria Serritiello 
continua il diario: La traversata riesce gradevole e tra una discussione  e l'altra approdiamo. Ventotene è molto carina, accogliente, sobria e senza il vociare solito della folla, che pure sosta nei bar, nei ristoranti e nei negozi di souvenir.


Per vedere il carcere borbonico, la ragione perché sono là, ho da prendere un gommone, che mal sopporto per gli sbalzi improvvisi, anche Jace, il mio Jack Russel, non gradisce e si accuccia impaurito 



Scendiamo dal gommone io Jace, aiutati dai marinai e m'inerpico per il tratturo assolato, cedendo Jace a mio marito. Il gruppo precedente è già in cima ad attenderci per cui Ferdinando avanza il passo sparendo dalla mia vista. Arrivo con ritardo sul gruppo che è in mia attesa da mezz'ora. Con l'ultimo filo di fiato rimastomi "Si può anche morire per arrivare fin qui" dico e tutti convengono. Un'ora di racconto della bravissima guida mi e ci ragguaglia sulla storia del carcere.

E' lui  la guida del video  che si spende e si cura di spiegare ai turisti con dovizia di particolari. Un patrimonio storico e civile abbandonato, per cui è l'unico e la sola voce a combattere l'incuria. Da questo diario gli voglio dire grazie.

Nel discendere, salire sulla barca, questa volta e tornare a Ventotene mi lasciano senza forza, ma non ne riesco a capire la ragione, sono stata sempre una buona camminatrice, desiderosa di conoscenza, ma non vedevo l'ora che la gita finisse e tornare ad Ischia. Non lo sapevo lo saprò alle 19,00 aspettando  l'aliscafo del ritorno, quando cado rovinosamente sull'asfalto durissimo del porto, strattonata da Jace. Non è stata colpa sua, una stupida padrona di una cavalier king, bellina per carità, si avvicina, senza che io me ne accorga, a  Jace, che non gradisce fare amicizia se non quando lo decide lui. Bene, anzi male, la caduta mi spezza il femore destro.
Una strana coincidenza, assolutamente da citare, sei anni fa stesso giorno il 4 agosto, di domenica, un pò prima come orario, mi sono rotta il femore sinistro, scivolando su di una gocciolina d'acqua, infinitesimale nella cucina di casa. A volte ...

La caduta si rivela fortunosa, malgrado l'esito, più tardi saprò che il mio valore dell'emoglobina è a 5, sarei caduta lo stesso, per strada o ad altra parte.Ecco perché la salita del carcere mi è costata tanto. Circa 20 minuti dopo il 118 mi soccorre e siccome le isole pontine fanno parte della Regione Lazio, con l'elicottero vengo trasportata all'ospedale Santa Maria Goretti di Latina.  Entro immediatamente in quella sanità che viene sempre addossata a quella campana e in particolar modo a Napoli






Quando è nato l'Ospedale


Alle 11.45 del 23 marzo del 1964 l'Ospedale Santa Maria Goretti vide aprire le porte degli spazi di via Reni, per ospitare i primi pazienti che vennero trasportati là, dal vecchio nosocomio di via Emanuele Filiberto. Anno 2001 ristrutturato, possiede la pista di atterraggio per elicotteri in soccorso.





Continua...   A domani
Maria


domenica 6 ottobre 2019

A Ventotene terminano le mie vacanze





Carcere Borbonico sull'isola di Santo Stefano (Ventotene)

La curiosità di visitare il carcere borbonico sull'isola di Santo Stefano, trascorrendo le vacanze ad Ischia, mi era venuta spontanea, un'ora di aliscafo e voilà..

Facciamo un passo indietro e conosciamo la sua storia


Domani continuerò il diario del 4 agosto 2019

sabato 5 ottobre 2019

Dopo tanto tempo tempo, riprendo a scrivere il mio blog



E'  da maggio che non aggiorno il mio blog, da domani sarò con voi per raccontarvi tutto il periodo di assenza. Ciao
                                      Maria