Dopo circa tre anni di
interruzione dovuta alla pandemia mondiale, il Matres Festival Internazionale
Di Ceramica Femminile torna ad essere itinerante; cosi, dopo il successo
dell’evento dello scorso agosto tra Cava de’ Tirreni e Vietri sul Mare, il
Festival arriva all’Avana dal 25 al 28 aprile prossimo.Grazie alla direttrice del Museo Nacional de
la Cerámica Contemporánea Cubana Surisday Reyes Martinez. Il Matres Avana
Festival di ceramica al femminile è promosso dall’Associazione Pandora artiste
ceramiste, dal Museo Nazionale della Ceramica Contemporanea Cubana e dalla
Korean Women Ceramist Association. Tutto ciò, grazie anche al supporto
dell’Ambasciata d'Italia a L'Avana, la Regione Campania, dell'Ufficio Storico
della Città dell'Avana (OHC); della Direzione del Patrimonio, della Gestione
Culturale, dalla Cooperazione Internazionale dell'OHC, Dalla Korea Ceramic
Fondation, dal MUCEB, KW Cerarte, dalla AICC e dal Circolo Armando Hart Dàvalos
di Cava de’ Tirreni. Il Matres Festival sarà ricco di eventi: una mostra
collettiva, laboratori di tecniche Raku e cotture sperimentali, workshop,
incontri con le artiste, convegni, dibattiti, laboratori aperti e tanto altro.
La mostra collettiva:
“Symbola - Segni di identità nella ceramica femminile”è organizzata all’interno
del bellissimo Museo di Ceramica Contemporanea, l’esposizione vuole proporre
una riflessione antropologica sull' interpretazione di oggetti in ceramica,
rappresentati in contesti legati al mondo femminile che simboleggiano e narrano
l’evoluzione storica e futuristica delle donne. Rimarrà in esposizione dal 28
aprile al 2 giugno.Cinquantadue le
artiste ceramiste presenti:
"Parole raccontate e
mai scontate". Il viaggio di Estempo Gabriella. È il titolo originale
dell'incontro che si terrà venerdì prossimo, 31marzo, dalle ore 19,30, nel
Teatro Santa Margherita, in via D'Allora a Salerno. In scena la
rappresentazione di una vita "salvata" dalla scrittura e dalle
emozioni trascritte, attimo per attimo, sui fogli bianchi di un piccolo libro
che diventa calendario, o di un calendario che diventa libro, dal titolo
emblematico "Spogliami" perché in Gabriella i doppi sensi e le doppie
opportunità si inseguono, si sovrappongono in un' altalena di sensazioni e ricordi, di spunti
tratti da un momento filmato con la penna, in una istantanea da ricordare. Ora
il sipario si apre sui 365 giorni che Gabriella, in tante estemporanee, ci
trasmette attraverso pensieri freschi, spontanei. Che riflettendo ci fanno
riflettere ed...emozionare. Sullo sfondo di una scenografia creata dallo staff
del teatro Santa Margherita, diretto da Lello Casella, l'autrice sarà
intervistata in diretta dalla giornalista Luciana Mauro e da Vicente Barra,
chirurgo ortopedico e scrittore. Intervento di Francesco Galdo, creativo e
autore della grafica che illustra il volume. Poi sarà il pubblico a intervenire
con domande, curiosità, commenti. Una serata per comunicare attraverso il
cuore, con la spontanea scrittura di un'autrice che traccia con la sua penna i
palpiti dell'anima. E ce li regala in un manuale da conservare con cura, perché
racconta la nostra interiorità.
Letture di Lello Casella
e Barbara Frusciante. Musiche su brani di Laura Pausini. L'iniziativa rientra
nella rassegna "Il libro in Teatro", organizzata dall'associazione
culturale Scriptorium.
L’ultimo spettacolo di
“Che Comico 2022/2023, dei 10 in cartellone, spalmati tra il Teatro Ridotto e
quello delle Arti, si è rivelato una piacevole sorpresa, sia per la scelta del
testo, che per la bravura degli interpreti, ma anche per il genere, diverso dal
solito. La commedia “Tre Sogni in
Affitto” scritta e diretta da Gianni
D’Amato, direttore artistico della compagnia “Le Ombre” e da un idea
di Mauro Collina è un progetto
giovanile che tanto piace al pubblico del Ridotto, sempre capace di sostenere
nuovi debutti.
La storia è semplice, due
giovani si trovano a vivere ed a dividere un monolocale della periferia di
Roma, lontano dalle famiglie, lasciate nel meridione, per inseguire il successo
e fare teatro. L’uno, il più fragile, per mantenersi ha trovato lavoro presso
una biblioteca, ma quest’incarico lo stressa, l’altro, più fanfarone, ad
occuparsi, stabilmente non ci pensa affatto, certo che solo il teatro gli darà
la pienezza della vita. In effetti è Filippo (Gianni D’Amato) a sostenere il peso della commedia con la sua
presenza scenica, l’impostazione della voce, le acute riflessioni, il contenuto
notevole e il desiderio di riuscire ad essere un nobile teatrante “Essere o non
essere, questo il problema” il famoso monologo di Shakespeare che va ripetendo
per casa, come un mantra, senza contaminarsi con un lavoretto per il
sostentamento, ne è una prova. Ugo (Mauro
Collina) lo affianca in maniera egregia, la figura del tapino l’interpreta
proprio bene, le sue insicurezze, le sue paure, il senso pratico, il lavoro da
mantenere, lo caratterizzano, in maniera perfetta. Insieme, dunque, funzionano
e la commedia si lascia seguire piacevolmente. Sono naturali, però, i
ripensamenti, le accese discussioni, quando la fame si fa sentire, quando i
soldi scarseggiano e quando per realizzare il progetto ultimo della vita si
dovrà scendere a compromessi. Occupandosi di sogni da realizzare, non sembrerà
strano, se nei loro vagheggi notturni, appaiono tre fantasmi (Chiara D’Amato, Francesca Canale e
Francesco Sommaripa), bravissimi con le loro apparizioni destabilizzanti e
le risate mefistofeliche, proiezioni delle loro coscienze, ad ostacolarli ad
impedire a tutti i costi la permanenza nella casa e ad avviarli al ritorno nel
paese. I rumori, gli specchi rotti, gli sghignazzi, accrescono la paura e gli
svenimenti, bravi entrambi a cadere ripetutamente, senza farsi male, ma
resistono, Filippo ha un asso nella manica, un compromesso con se stesso, per
guadagnare senza sporcarsi le mani e nel contempo intascare bene.
E così la frase ripetuta
ossessivamente “Di teatro si muore”, per Filippo purtroppo, non è una frase
fatta, Per tutto la durata della storia, il giovane beve continuamente latte. Ugo
non riesce a capacitarsi della sola scelta del bianco liquido per nutrirsi e sì
che i soldi sono contati ma la sua è un’esagerazione incomprensibile. Quale la
sua dolorosa scoperta, quando Filippo gli rivela la verità e cioè che quel
liquido innocente non è altro l’esperimento di una molecola e lui si è offerto come
cavia retribuita. La rivelazione squarcia le coscienze sia di Ugo che quelle dei
tre fantasmi, si convincono che Filippo è disposto a tutto, pur di riuscire nel
suo intento, così lasciano la casa. Ugo deluso vuole dividersi dall’amico perché
seguire i propri sogni non significa prestarsi a lavori poco chiari. Il finale,
ma per arrivarci ci vogliono quasi due ore di spettacolo, mette d’accordo un
po’ tutti e così i fantasmi tornano a sconquassare la casa, a
trasfondere amore, grazie ad Eleonora che stravede per Filippo, il sogno e la
realtà sono tutt’uno, ma anche l’amicizia di Ugo per Filippo fa la sua parte.
“Essere o non essere, questo è il problema, dormire, morire” il mantra si
ripete, ma la bottiglia di latte avvelenato, rotola sul pavimento senza che
nessuno la raccolga.
Non a caso Filippo
recita, sia all’inizio, che alla fine, la frase più celebre drammatizzata in
teatro, per cui l'interrogativo del vivere soffrendo, o di opporsi rischiando
di morire è il tema centrale della creazione teatrale di Gianni D’Amato, che
oltre ad avere sconcertante piacevolezza, lancia un messaggio etico
all’indirizzo dei giovani, da vero maestro di scena.
Per
saperne di più
La compagnia delle “Ombre” nasce nel 2012, per l’esigenza di portare in scena, da parte del direttore
artistico Gianni D’Amato, qualcosa
di nuovo, testi originali, più vicini alle nuove generazioni. E’ di quell’anno
il debutto nel mese di maggio con un suo scritto. La compagnia è fatta di
tantissimi attori, una bella sinergia che fa remare tutti per il bene del
teatro e per la passione che li lega. C’è stata qualche difficoltà per la
pandemia ma la compagnia è sempre affollata e pronta. Tre sogni in affitto è del 2013, e Mauro Collina, il bravo
interprete di Charlot, durante la rassegna estiva del più prestigioso Premio Italiano
della Comicità, ha l’idea e la popone a Gianni
D’Amato che non se lo fa ripetere. La Compagnia prende il nome di “Ombre”, perché come ci dice lo stesso
Gianni D’Amato gli piaceva l’idea di non essere illuminato dalla luce, ma da
ciò che la luce crea. I progetti per il futuro sono tanti, il gruppo teatro è
impegnato su diversi fronti come la Rassegna
al Piccolo Teatro del Giullare che si tiene tutti gli anni col nome “Neo”, che non è una macchia della
pelle, ma un particolare di bellezza, come quello di Marylin ed il suo più
famoso. La rassegna è al suo terzo anno ed ospita gruppi provenienti da
l’Italia tutta, per concludersi il 22 ed il 23 aprile prossimo, con uno
spettacolo di una compagnia di giovani nata in seno alle Ombre dal nome Toy Company.
Essa è composta da due ragazzi che hanno deciso di formare una compagine nuova
indicendo audizioni che hanno dato ottimi risultati e cioè tutti attori
salernitani che prenderanno parte allo spettacolo “Fragile”, tratto da “Il
risveglio di primavera” di Frank Wedekind, riscritto e diretto da Gianni
D’Amato.
5°Appuntamento al Teatro
Genovesi per il Festival Nazionale Città di Salerno, organizzato dalla
Compagnia dell’Eclissi in collaborazione con l’I.S.S. Genovesi-Da Vinci di
Salerno ed il sostegno del Soroptimist International club di Salerno, con “La
Stanza di Veronica” di Ira Levin, ritornano i Giardini dell’Arte di Firenze,
già vincitori del Festival, lo scorso anno, con “La Signorina Julie” di August
Strindberg.
Il rebus per venire a
capo del thriller che si consuma sulla scena e sperare di capirne quale sia il
finale, sta tutto là, nel nome dell’autore: Ira Levin.Essere teatralmente
dinanzi ad un suo scritto significa ripassare mentalmente le sue trame usate in
film di puro orrore e di grande suspense.
John e Maureen, una
coppia di attempati signori, rivelatisi, poi, servitori della famiglia
Brabissant, incontrano, o vanno per reclutare, in un ristorante, una giovane
coppia al loro secondo appuntamento e convincono la ragazza a ricoprire i panni
di Veronica, a cui somiglia come una goccia d’acqua, morta di tubercolosi per
compiacere sua sorella Sissi che, malata di cancro, è in attesa della fine. Susan
è una ragazza vivace, spigliata e disinvolta, ma di buon cuore, per cui accetta
di fare questa buona azione, contrario è, invece, il suo giovane
accompagnatore. Appena giunti a casa, nella stanza che fu di Veronica, si
avvertono sottili segnali d’inquietudine, ad esempio la meticolosità e la
lentezza con cui John (Aldo Innocenti)
lustra gli oggetti tenuti, prima, sotto delle bianche fodere e poi scoperti ed
anche la voce strascicante e priva d’intonazione, con l’andatura ripiegata
tutta in avanti del servitore che non mette, certo, sicurezza. Dal canto suo
Maureen (Laura Bozzi) è
esageratamente gentile con la ragazza, ma lei è fiduciosa, presto andrà via da
quella casa che le mette tanta tristezza, nel sapere che anche l’unico figlio
maschio, di nome Conrad è morto. I due le fanno indossare un vestito della
povera Veronica che, manco adirlo, le calza a pennello e scompaiono per
avvertire Sissi, nell’altra stanza. Susan resta sola in scena, il fidanzato è
stato accompagnato giù nel salone da John a bere un whisky. Si gira intorno,
sfiora gli oggetti, si assesta il vestito, sfoglia i libri, insomma s’imbeve
della stanza della povera ragazza morta, ma il silenzio si fa carico di ombre.
Ed ecco il primo colpo di scena, gli umili servitori sono spariti, al loro
posto, gli stessi si sono trasformati nei coniugi Brabissant, temporalmente
siamo nel 1936 e Susan viene creduta con toni decisi, Veronica, la loro figlia
ribelle, chiusa in quella stanza per non farle compiere altri fatti nefandi,
come l’uccisione della povera Sissi e del fratello Conrad. Il thriller, perché
di questo si tratta, nel secondo atto, prende diversa forma, sia nella trama
che nella recitazione, per cui il servilismo e la piaggeria di prima, muta in
severità, fermezza ed imperiosità, in special modo nel padre (per me più
credibile nella caratterizzazione del servitore N.D.R.). La rappresentazione
scorre convulsa con improvvisi colpi di scena e cambiamenti sostanziali, tutto
il contrario di tutto e di nuovo ferve l’immaginazione, presso il pubblico, per
congegnare il finale. Intanto si aggiungono sempre più particolari orridi e a
nulla valgono le proteste di Susan, che a gran voce invoca il suo fidanzato,
volatilizzato e si capisce, di lì a breve, il perché. La mal capitata (Margherita Tiesi) protesta con tutte le
sue forze e lo fa in modo credibile, il pubblico è tutto per lei, la sua
disperazione diventa la disperazione dei presenti, il pianto e la voce
stridula, il volto rigato di lacrime, le percosse che riceve ogni volta che
fornisce particolari del 1973, per convincerli che lei non c’entra niente con
la loro vita infida, è recitato ad arte, per aver cambiato registro e cioè dal
frivolo al disperato. Il giallo si fa sempre più fitto e la stanza
dell’inesistente Veronica è diventata una paurosa prigione per la povera Susan
che, inutilmente, cerca di convincere i sui aguzzini a lasciarla andare. Ci si
precipita verso il finale, Veronica non è morta e neanche Conrad, suo malefico
sodale, sono loro ad aver ucciso Sissi, ed anche i signori Brabissant sono
morti da tanto. A Susan non resta che morire, non prima di aver scoperto che
anche il suo novello fidanzato (Andrea
Vangelisti) fa parte della cricca malvagia, infatti è il medico della
famigerata famiglia, pronto ad adescare la vittima di turno. Un’ultima emozione
da consumare, il pubblico è stato messo a dura prova, per 90 minuti con
l’incalzare degli eventi ed i capovolgimenti di situazioni, ed è l’uccisione di
Susan, infine, che fa quadrare il cerchio. Sbattuta di forza nella poltrona,
tenuta stretta e ferma ai braccioli dal dottore, già suo fidanzato e Conrad,
Veronica la soffoca veristicamente con un cuscino. La scena è l’ultimo colpo
che Ira Levin, tradotto da Luigi Lunari, prepara con cura, per
dare reale soffocamento allo spettatore, per dargli una sensazione fisica.
Dietro al cuscino, la ragazza si torce, si dibatte, si muove in modo convulso,
cercando di divincolarsi, ma non vi riesce. Il corpo teso si affloscia, le
gambe non si muovono più e tutto il suo corpo trova la deposizione in quella
poltrona rossa di colore, che ricorda il sangue versato da un’innocente. Il
pubblico non ha mai odiato tanto, come questa volta, i tre interpreti di scena,
per aver impunemente ucciso solo per aver la voglia di farlo, anche dopo che le
loro losche voglie erano state scoperte.
In un thriller non vanno
cercate ragioni morali o fortemente etiche, perciò l’adesione alla trama è
totale, sconvolge, però, la disonestà con cui viene presentato il delitto e
cioè la costruzione di una prima ed una seconda sceneggiatura, dove gli attori
si sono mossi così come si doveva, ossia con bravura, tanto da far patire al
pubblico, in maniera fisica, tutta la rappresentazione. Bravi dunque per
l’efficace interpretazione degli attori, servita da una scenografia meticolosa,
da luci a volte sinistre e da musica descrittiva, la goccia insistente che si
ascolta, è il tempo che trascorre lentamente nella stanza rarefatta di Veronica.
La regia di Marco Lombardi è stata
di millimetrica precisione nell’assemblare più elementi scenici e nel guidare
gli attori verso una recitazione realistica. Originale la scelta della regia di
portare un noir psicologico d’autore al Festival XS di Salerno, per la prima
volta.
Il
prossimo 28 marzo, Don Benedetto D’Arminio compirà 90anni, 40 di essi trascorsi nella Parrocchia di San Paolo Apostolo di Salerno, terzo parroco, nell’ordine, dalla
fondazione della chiesa. Si comprende bene, quanto i fedeli di questa vasta
zona della città siano affezionati al loro anziano parroco, anche se non lo è
più.
Don
Benedetto D’Arminio nasce a Montecorvino Rovella il 28 marzo 1933 dove frequenta le scuole
statali fino alle medie per poi entrare nel Seminario di Salerno, dove
frequenta il ginnasio e completa gli studi classici e teologici.
Successivamente consegue la
licenza in Teologia
Pastorale alla Pontificia Università Antonianum di Roma
e la
laurea in Pedagogia
ad indirizzo
socio-pedagogico presso l’Università di
Cassino. Per diciotto anni è stato
Direttore dell’Ufficio Catechistico Diocesano, sia nel Settore Catechesi, sia nel Settore
dell’Insegnamento della Religione cattolica. Ha insegnato Storia e Filosofia al
Liceo del Seminario diocesano e Psicologia della Religione presso l’Istituto Superiore
di Scienze Religiose in Salerno. Nel maggio del 1995 viene nominato da papa
Giovanni Paolo II cappellano di Sua Santità. Il 20 Aprile 1958, viene Ordinato
Sacerdote e svolge una proficua attività pastorale nelle frazioni alte di
Giffoni Valle Piana, come parroco e Rettore del Santuario Maria SS. Di Carbonara.
Il 1° settembre 2013 offre il suo servizio pastorale alla parrocchia Gesù
Risorto di Salerno fino al 1° aprile 2014, in seguito viene nominato vice priore della ChiesaMaria SS.ma del Carmine a Salerno e dal 31
marzo 2017 al 31 maggio 2020 è stato Rettore del Santuario Maria SS. Del
Carmine di Salerno, dove attualmente è Vice Rettore.
Quando Don Benedetto
D’Arminio fu nominato parroco della Chiesa
di San Paolo Apostolo nel quartiere e nella comunità le problematiche
presenti erano numerose e di svariata natura, non da ultima la scarsa coesione
tra gli abitanti che si erano insediati di recente nella zona e dunque non
riuscivano ad aggregarsi. Anche l’aspetto estetico del quartiere e della chiesa
erano molto “diversi” da come si presentano oggi, per non dire delle condizioni
in cui don Benedetto trovò la Chiesa al suo arrivo è che solo grazie al suo impegno, alla sua dedizione ed
alla sua caparbietà, oggi la Chiesa è davvero bella sia esteticamente che
spiritualmente e risponde appieno all’esortazione del Santo Padre che “invita i
cristiani ad essere uniti non secondo il disegno umano, ma grazie
all’intervento dello Spirito Santo; ad essere un popolo nella continua ricerca
dell'armonia e non dell’uniformità”.
Sono passati esattamente
10 anni da quando don Benedetto ha lasciato la parrocchia San Paolo, ma il
legame con la sua chiesa-famiglia non si è mai interrotto. Le speranze dei suoi
ex-parrocchiani non sono state disattese, don Benedetto non ha dimenticato
nessuno dei suoi figli e ogni volta che ha la possibilità di ricordarli lo fa
con immutato affetto. Tuttavia, ciò
che ci meraviglia, non è
tanto l'inscindibilità del
legame con i
suoi ex-parrocchiani quanto la
capacità del Don di continuare ad accrescere il numero di fedeli anche nel
Santuario della Madonna del Carmine, dove a tutt'oggi svolge la sua missione. In
questo lasso di tempo don Benedetto, sia come rettore che come vice, è riuscito
con le sue omelie, con la sua
disponibilità, con il suo
sorriso ad instaurare
un altrettanto inscindibile
rapporto affettuoso con tutti coloro che frequentano il Santuario. Grazie alla sua
lunga esperienza (tra meno di un mese saranno 65 gli anni di sacerdozio) Mons. D'Arminio
ha saputo costruire un rapporto di massima collaborazione con tutti: in primis con
gli altri sacerdoti che lo hanno affiancato, con l'attuale rettore don Biagio
Napoletano, con i ministri straordinari, con i sacristi, con i chierichetti,
ottima intesa c'è anche con il Priore dott. Califano con i terziari, con i
confratelli e le consorelle dell'arciconfraternita, un legame particolare, di
completa sintonia, c'è infine con i
maestri che quotidianamente si alternano all'organo per animare insieme al coro
le sue funzioni. Tutti hanno imparato ad apprezzarlo e
tutti, in occasione del
suo compleanno, desiderano stargli
vicino per manifestargli l'affetto
e la gratitudine
che gli sono
dovuti. Ad un
sacerdote davvero speciale, un
uomo che ha realmente donato tutta la sua vita per la collettività, un padre amorevole
per tutti i suoi figli, un amico sincero, non possiamo che esprimere i più
fervidi auguri di lunga vita.
È un impasto perfetto quello che unisce due
ingredienti unici, “artigianato e cultura”, per la prima edizione del progetto “Il
Risveglio delle Mani”, promosso e organizzato dalla CLAAI di Salerno,
co-finanziato dalla Camera di Commercio di Salerno, con il patrocinio del
Comune di Salerno, che si svolgerà il 24 e 25 marzo prossimi a Villa Carrara,
dimora ottocentesca, sede della Biblioteca -Emeroteca comunale della zona
orientale di Salerno.
Non si può non pensare alle mani per battezzare la
prima tappa della mostra evento che, svolgendosi nei giorni dell’arrivo della
primavera, “risveglierà” l'arte di fare il pane, un mestiere antico e ricco di
fascino, raccontato attraverso le sue origini, le sue storie e le sue leggende.
Il progetto, ideato dall’attrice e regista Brunella
Caputo, nasce con la precisa intenzione di proporre, in chiave artistica,
l’artigianato come espressione naturale dell’arte umana.
L’iniziativa è stata presentata questa mattina a
Palazzo di città nel corso di una conferenza stampa che si è svolta nella Sala
Giunta alla presenza del Presidente della CLAAI Salerno Matteo Caputo, del
segretario generale della Camera di Commercio di Salerno Raffaele De Sio,
dell’Assessore alle Attività Produttive e Turismo del Comune di Salerno
Alessandro Ferrara e del direttore artistico del progetto “Il
Risveglio delle Mani”, Brunella Caputo.
Il programma prenderà avvio venerdì 24 marzo alle ore
18.00 con l'apertura, nella sala interna e negli spazi della Biblioteca di
Villa Carrara, della mostra fotografica “Il Risveglio delle Mani”, a cura dei
fotografi Pio Peruzzini e Cristina Santonicola, il cui allestimento rimarrà visitabile
per due giorni.
E mentre saranno attive le due esposizioni
fotografiche dedicate alla gestualità della panificazione e di altre arti
manuali, ed al connubio fra forma d'arte visiva e pane, nel pomeriggio alle ore
19.30, la Villa della zona orientale della città di Salerno ospiterà Fulvio
Marino con la presentazione del suo ultimo libro edito da Mondadori “Pizza per
tutti”.
Il maestro panificatore Fulvio Marino, star del
programma “È sempre mezzogiorno” su RAI Uno e protagonista di “Bake Off” su
Real Time, mugnaio di terza generazione, dialogherà con Sabrina Prisco.
Per la seconda giornata dell’evento, sabato 25 marzo
alle ore 11.30 ci sarà l’apertura delle visite alla mostra fotografica
accompagnata da una performance teatrale a cura della Compagnia del Giullare.
Protagonista dell’appuntamento fissato alle ore 18.00
sarà – con una dimostrazione dell’impasto del pane - “Il Forno di Vincenzo”, un
forno sociale di comunità, sperimentazione sociale nata ad Eboli che ha per
protagonista un giovane con disabilità, che sa sfornare pane «un pane buono,
sano, etico e ricco di significato».
“Il pane di Vincenzo”, con tutta l’unicità e la
straordinarietà del suo progetto di vita, presto grazie alla disponibilità del
sindaco della città dove vive Vincenzo, sarà accompagnato dalla consegna delle
chiavi di un locale che diventerà luogo d’eccellenza per l’attività di
panificazione a km zero.
La giornata si concluderà alle ore 20.00 con la
performance teatrale, in forma di reading, “Essenza di pane” a cura della
Compagnia del Giullare con Brunella Caputo e Davide Curzio.
<<Con questa prima edizione dell’evento “Il
Risveglio delle Mani”, daremo calore alle mani che, poggiate sul cuore,
profumeranno di PANE.>> Così in sintesi il direttore artistico Brunella
Caputo.
Quarto appuntamento al Teatro Genovesi per il Festival
Nazionale Città di Salerno, organizzato dalla Compagnia dell’Eclissi collaborazione
con l’I.S.S. Genovesi-Da Vinci di Salerno.
5 sagome stilizzate ed
una valigia di cartone a grandezza media in primo piano ci annunciano che chi
si paleserà ha a che fare con i viaggi. Ed eccolo apparire con il suo vestito
grigio, camicia e cravatta sotto la giacca, cappello, un borsalino usato,
avvicinarsi alla valigia, sollevarla per poi depositarla a terra, aggiustandone
il manico. Un uomo metodico Willy, questo il suo nome e la sistematicità dei
gesti gli deriva dal fatto che ha paura di non essere ricordato e ancor più di
essere dimenticato. Mima una corsa sul posto, macina chilometri, attraversando
città che gira, per piazzare i prodotti rappresentati, gli viene il fiatone, il
sudore gli cola dalla fronte, poi si ferma stremato e comincia un monologo di
60 minuti in cui parlerà di sé.
E’ tornato a casa esausto
da uno dei suoi giri, più stanco del solito e racconta a Linda, sua moglie,
presente nell’immaginazione, nella versione che ne fa Marco Cantieri, che non ce l’ha fatta, che non è riuscito a
controllare la macchina, che va a 120 all’ora e si distrae, insomma sta
invecchiando senza che abbia potuto raggiungere la notorietà. Il lavoro di
commesso viaggiatore su cui ha puntato tutte le sue speranze di successo, si è
rivelato un fallimento. Parla, parla, mette fuori tutto il suo interiore,
cercando prima di tutto una giustifica con se stesso e poi l’accettazione della
sua rovina, la consapevolezza di non guadagnare abbastanza per soddisfare i
bisogni della sua famiglia, lo annienta.
Ha vissuto, a causa di questo oscuro lavoro, molto tempo da solo, sedi
lontane, dividendo stanze fredde, anonime, magari anche poco riscaldate, con la
consapevolezza che la solitudine è una brutta bestia. Insoddisfatto della sua
vita che a 63 anni non gli ha dato la felicità materiale, presente
abbondantemente nella società americana, se la prende con i suoi figli, Biff e
Happy, che svolgono lavori di basso livello. Non riuscendo a sopportare tanto
insuccesso esce di casa e vagabondando riporta alla memoria fatti passati della
famiglia Loman, per esempio che suo fratello, lavorando in una miniera dai 17
ai 21 anni, era diventato ricco sfondato e di come lui si sia trovato a fare il
mestiere di commesso viaggiatore. Fu quella volta, quando decise di andare in
Alaska con suo fratello per incontrare il padre che già era lì a cercare
qualche filone d’oro. Tutto era pronto per la partenza, quando incontrò un tale
di ottantaquattro anni, rappresentante della Parker, che aveva lavorato in 32
stati, nell’albergo, a lavorare accanto al telefono, con un paio di pantofole
verdi infilate ai piedi. Fu una rivelazione, era questo il mestiere che faceva
per lui, quel vecchio senza spostarsi di un millimetro si guadagnava la vita.
“Che c’è di meglio che andarsene a spasso a ottantaquattro anni, per
venti o trenta città, riverito, ossequiato, benvoluto e aiutato da una massa di
gente, e senza far altro che telefonare?
Ma
lo sai tu, che quando morì – e fece proprio la morte del commesso viaggiatore –
se ne andò all’altro mondo nelle sue pantofole di velluto verde, nel vagone
ristorante sul rapido di Boston. Quando morì, ai funerali vennero a migliaia, i
clienti e i colleghi.
Una
volta la gente era considerata, Howard. C’era il rispetto, c’era la
solidarietà, c’era la gratitudine. Al giorno d’oggi, tutto arido, senz’anima.
L’amicizia non ha più nessun valore, la considerazione… Capisci perché ti dico
questo, Howard? Non ci si ricorda più di me.
Deluso, scoraggiato, dopo
tanto correre, capisce che nessuno lo avrebbe ricordato, né ai tanti
conoscenti, interessato il suo travaglio interiore, per non aver raggiunto la
solidità economica, atta far fronte ad un licenziamento, prima e ad un prestito
in soldi, presso un amico, dopo. Allora,
il naturale sbocco, dolorosamente, gli si para dinanzi, alla sua famiglia,
soprattutto, sarebbe stato più utile da morto che da vivo.
Marco
Cantieri, l’interprete, nonché il riduttore della versione di Morte di un Commesso Viaggiatore, il
capolavoro di Arthur Miller, datato 1949, in Go Willi Go, è stato perfetto.
Ha offerto una riduzione precisa, scrupolosa, accompagnata da una recitazione
completa di gestualità, di sfumature di voce, di movimenti accorti, di tonalità
corretta, di espressività facciale e corporea. Quel suo andare avanti ed
indietro nel monologo, ha fatto sì che il finale, pur conoscendolo, date tutte
le premesse, ci ha resi tristi, il suo piegarsi ad un volere superiore per il
benessere della famiglia, ci è sembrato un sacrificio troppo esoso. Peccato non
stimarsi di più per ciò che realmente fosse, un brav’uomo onesto e lavoratore. La società consumistica americana lo aveva
letteralmente fagocitato, travolgendolo in un gesto estremo, ma Arthur Miller
così ha voluto il suo Commesso Viaggiatore, un moderno Cristo sulla croce!
Letture dal Carcere è un
Format nato da un’idea della Prof.ssa Ersilia Trimarco con la collaborazione
dei docenti Veronica Pelino e Vincenzo Di Donna, concordi nell’affermare che
“la cultura rende uomini liberi”. Il sapere è un diritto dovere di tutti i
cittadini, indipendentemente dal luogo dove si pratica, nel qual caso la casa circondariale
di Salerno. La lettura del giornale, per alunni così speciali, è il veicolo più
adatto ed immediato per partecipare in modo consapevole allee notizie che
veicolano al di fuori ma anche un’utile evasione dal luogo dove si è detenuti.
E così lunedì 20 Marzo
2023 ore 9,30 la giornalista del Mattino e scrittrice Luciana Mauro, incontrerà
gli studenti detenuti della sezione staccata della scuola alberghiera, con il
suo Caffè Noir. L’incontro nasce dal fatto che gli allievi leggono con
piacevolezza il giornale e sono restati colpiti dai suoi racconti della rubrica
“Salerno Noir”, che Il Mattino pubblica da oltre un decennio. La Prof.ssa
Elvira Trimarco ha ben pensato, perciò, d’inserire, la stessa autrice dei racconti, nella rassegna Letture dal
carcere
Si leggeremo, infatti,
racconti brevi e analizzate le circostanze in cui i fatti di sangue si sono
sviluppati. Luciana Mauro troverà naturale rispondere alle loro domande, stimolando riflessioni e
curiosità sui comportamenti, gli usi e i costumi della Salerno di un tempo e
dei suoi personaggi. Favorire il confronto tra epoche diverse sarà un momento
storico formativo di importanza essenziale. Oltre a questo incontro ce ne
saranno altri che in data successiva prevedrà un appuntamento di rilievo con lo
scrittore Diego De Silva con il suo famoso personaggio: Avvocato Malinconico.
Il 10 marzo, nella Galleria
Sala Posa di Armando Cerzosimo, in Via da Procida, pieno centro storico, si
è inaugurata la mostra fotografica di Constantino
Luis Marino: Viaggiatore d’altri mondi. In mostra 14 scatti analogici di
autentica bellezza, selezionati dall’artista di luce, Armando Cerzosimo, tra 400 messi a disposizione. L’esposizione
durerà fino al 21marzo con una calendarizzazione d’incontri
propedeutici alla conoscenza della fotografia presso i giovani.
Le foto dell’artista Constantino Luis Marino, Viaggiatore
d’altri mondi, sono portatrici del suo vissuto, intenso e vario. Le tinte
prescelte per l’esposizione sono prevalentemente di color seppia, le figure e blu
di Prussia intenso, stagliato sul bianco, per i paesaggi.
Un
passaggio di stampa dalla chimica antica in camera oscura, alla chimica del
futuro, che è la caratteristica del laboratorio Cerzosimo, ci dice lo stesso
Armando, il capostipite, laboratorio che diretto dal figlio Pietro, agli alogenuri d’argento su
superficie deep matte effetto velvet con durst theta 76, con cui le fotografie,
hanno potuto essere stampate in un formato 50x70 mantenendo ogni tono, ombra e
dinamica di immagine realizzata oltre un decennio fa.
Unaraccolta di immagini con paesaggi e personaggi, passando dalla
Mauritania, ai paesi del Mediterraneo, il Maghreb, per giungere in Egitto e Sudan e all’Oceano
Indiano”. Le foto incorniciate da un bianco raffinatissimo, non hanno intestazione,
sicché ogni visitatore vede in esse ciò che crede di vedere, come ad esempio,
la bellissima costruzione cilindrica di quaranta metri, in risalto sui colori
vivi di un paesaggio orientale, nessuno penserebbe ad una colombaia riparo di
migliaia di uccelli dal calore esterno. Si distacca dalle altre immagini il
volto, che poi è effige del manifesto, del dispensatore d’acqua.
I Cinque eventi che hanno
impreziosito il tempo della mostra, dopo il suo vernissage, sono stati seguiti
da un numeroso pubblico, attento ed interessato ed hanno visto l’intervento
dell’artista Cristina Tafuri e della giornalista del quotidiano il Mattino:
Erminia Pellecchia
Constantino
Luis Marino è nato in una famiglia di diplomatici, ha
vissuto in molti paesi interessandosi da sempre alle arti in varie forme. Dopo
iniziali studi classici e successivi ingegneristici applica la fotogrammetria e
la fotografia utilizzandole in fase di progettazione e realizzazione edilizia.
Nella sua vita ha studiato centinaia di monumenti europei, africani, ed
asiatici, cattedrali, edifici storici, statue e mosaici. Ha realizzato quadri e
chine, copie in marmo tridimensionale, migliaia di fotografie, incisioni su
vetro, con una interpretazione personale. La collaborazione con aziende ed
università di molti paesi ha permesso all’artista lo scambio, la contaminazione
e sempre nuove interpretazioni tra tecniche varie utilizzate oggi, ma anche
scomparse.
Constantino
Luis Marino in mostra nella Galleria Sala Posa di ArmandoCerzosimofino al 21 marzo 2023
Una dolce serata tutta
salernitana, un soffio di vento venuto dal mare, quella al Delle Arti di
Salerno con “Trotula donna di mare” del maestro Guido Cataldo, in una Réunion,
l’8 marzo, che celebra la donna. Pubblico delle grandi rappresentazioni, ad
affollare ogni posto disponibile, si, in sala, si era tutti presenti, i soliti
ex giovani, tanti volti conosciuti che apprezzano ed amano Guido Cataldo,
sassofonista e musico di fama, il più esposto alla celebrità e non se ne vogliano
gli altri componenti degli Astrali, il celebre complesso degli anni giovanili
dei salernitani. C’è attesa tra il pubblico, benevolmente curioso di conoscere
che cosa Guido abbia da dirci ancora, con quale musica, con quante parole ed in
che modo. E lui non delude, buio in sala e nell’immediato tutti sono
risucchiati dall’immaginario del suo pensiero.
Prima, un passo indietro!
In una sera di questo inverno,
Guido mi clicca in WZ (N.D.R), con il maestro c’è una conoscenza ed una stima
antica e mi dice di leggere ciò che mi avrebbe inviato di lì a poco, per poi fargli
sapere il mio pensiero. Mi arrivano 50 pagine formato pdf su Trotula, la
medichessa Salernitana. Ne resto entusiasta e gli dico che portata in scena
sarà una bella intuizione, perché lo scritto è già costruito per divenire
proprio una storia musicale.
Il 19 febbraio, poi, in San Pietro a Corte “Trotula
donna di mare” è diventato un libro racconto, edito da D’Amato junior.
Di
tanto in tanto, ti facevi viva e, bisbigliandomi all’orecchio, mi invitavi a
scrivere di te, ma puntualmente rinchiudevo nel cassetto delle cose pensate…dice
Guido all’inizio della storia su Trotula, per poi continuare…Unadonna sicura, determinata, coraggiosa,
intelligente, sensibile, forte, colta e curiosa, donna che, in una città laica e libera dai pregiudizi, volle e riuscì a
diventare medico e, come mai prima parlò alle sue timorose e pudiche pazienti
come solo una donna sa parlare ad un’altra donna.
E’ l’incipit del suo
libro e del suo spettacolo, tre donne, due a corollario, Anna Nisivoccia, Diana Cortellessa ed Elena Renna per dare vita in
maniera eccellente al racconto.
Pagina dopo pagina e
scena dopo scena si srotola la Trotula voluta da Guido, per cui libro e
spettacolo sono un tutt’uno, un meraviglioso corpo di donna, con la potenza e
la bellezza del mare. Con l’acqua salata inscindibile l’unione, ad iniziare dal
nome, quello di un pesce ed a quel suo muoversi tra le barche dei pescatori,
cariche di mercanzia marina e con la brezza e la salsedine tra i capelli.
Le belle immagini del libro, disegnate come
manoscritto miniato sono diventati coloratissimi fondali del racconto musicale
che, senza fronzoli accattivanti, ma con il solo ausilio della voce, della
parola, della danza e con la pregevolezza della musica e che musica, si fa
ascoltare.
In scena, intanto, si
alterna il racconto di Totula: A Salerno
visse a lungouna donnamolto bella in giovinezza. Lei parlò e
scrisse per prima della natura e dell’intimità delle donne e poté farlo in
quanto donna e medico insieme e tutte le donne, più che a qualsiasi uomo, le
parlavano dei problemi intimi.
Sembra di ascoltarle
quelle voci popolari chiedere a lei ciò che succedeva al proprio corpo. Trotula
era stata fortunata, nell’Opulenta Salernum, la sua famiglia era collocata
bene, aveva studiato e si era imparentata, con il matrimonio, con un nobile
longobardo della città.
Il racconto musicale si svolge per quadri ed
ecco, di seguito il giorno della laurea, di quelli trascorsi ad alleviare le
sofferenze delle sue concittadine, ad illuminarle sulle cause dell’infertilità,
non solo causata dalla donna, come era credenza, a prendere parti, facendo
nascere tra l’igiene, poco conosciuta, bambini, che lei diceva essere tutti
figli di San Matteo, il santo patrono della città
Intanto mentre la storia
si racconta con la voce, melodiosa, ma anche ferma di Anna Nisivoccia, Elena Renna srotola, allunga, accartoccia, innalza
il suo corpo, dando fisicità espressiva alla narrazione.
Momenti di pura poesia
musicale: le preghiere dell’Ave Maria, del Salve Regina, del Santo Matteo, all’interno
di una musica già eccelsa, come la voce di Diana
Cortellessa, che le vocalizza in maniera soave.
Il racconto si chiude con
la sua morte, la prima donna medico, vanto della parità di genere arrivato fino
a noi, proprio nella giornata internazionale della donna, quando il percorso
dell’uguaglianza tra alcuni popoli non è neanche iniziato.
Bravo
Guido Cataldo a voler andare oltre le svariate
pubblicazioni sul personaggio e renderne una propria, più si scrive meglio è,
più punti di vista si affermano, più sapere democratico fanno; mai trascurare
il concetto della libertà di pensiero, che sia documento o fantasia, ma qui non
è il caso, sono frutto dell’atto creativo dell’uomo e va rispettato per quello
che è.
Un’ultima considerazione
è per Gaetano Stella, sua è la
direzione dello spettacolo, le sue regie sono sempre un capolavoro di
ricercatezza e di buon immagine, è un regista saggio e mette il cuore in tutto
ciò che fa.
(N.D.R.) Mi piace
concludere con una riflessione. Nel leggere il libro di Guido, così come
assistendo allo spettacolo, ho sentito forte e come me, credo i presenti,
l’orgoglio di essere salernitani, offuscato da sempre, senza un reale perché.
Nell’atto creativo di Guido si legge tutta la fierezza di essere nati in questa
meravigliosa terra di mare, di aver avuto la prima donna medico ed una città
colta opulenta ed accogliente. Un glorioso passato per vivere consapevoli il
presente, grazie ancora una volta, Guido
In occasione della
Giornata internazionale dei diritti della donna, presso il Museo Città Creativa
Ogliara (SA), per ricordare sia le conquiste sociali, economiche e politiche,
sia le discriminazioni e le violenze di cui le donne sono state e sono ancora oggetto
in ogni parte del mondo si è proposto un incontro aperto a tutti, nel qualeriannodare
i fili della memoria in modalità Circle Time
Il Circle Time ègruppo di discussione in cui tutti possono
esprimere la propria opinione sotto la supervisione di un vero e proprio
moderatore, il cui compito è quello di tenere le redini della discussione
facilitando il dibattito.
Il gruppo intervenuto al
museo si è avvalso di LEGARSI un format creato inizialmente da Guglielmo
Avallone, per una mostra temporanea site - specific, pensata in occasione
dell’apertura straordinaria del Museo Città Creativa di Salerno in data
17.12.202 continuando, poi, come cittadinanza attiva.
Un Animatore Culturale
Ambientaledel CTG Comitato Provinciale
di Salerno, dopo aver accolto i partecipanti, che hanno visitato le sale del
Museo, si sono disposti in circolo per coinvolgere i presenti, per un’operazione
di emersione dei ricordi delle personali esperienze legate al territorio. In questo modo il museo si riapre alla città per
raccogliere il suo racconto personale del territorio di Rufoli Ogliara, ma
anche più in generale sarà fatto tesoro delle esperienze creative dei presenti.
Constantino Luis Marino e l’alchimia dell’immagine
Vernissage il 10 marzo, alle ore 19, per la mostra “Viaggiatore d’altri mondi” allestita negli spazi della Galleria Camera Chiara nel centro storico di Salerno che darà il via anche al mini cartellone di eventi ideati da Armando Cerzosimo, per l’esposizione che sarà fruibile sino al 21 marzo
Constantino Luis Marino,rivelerà,attraverso una scelta di 14 immagini su oltre quattrocento scatti, visionati, provenienti da tutto il mondo, il suo segno fotografico e la sua identità, in una mostra curata da Armando Cerzosimo“Viaggiatore d’altri mondi”, che vanta ilpatrocinio morale del comune di Salerno e del C.N.A Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media Impresa e che avrà il suo taglio del nastro domani, venerdì 10 marzoalle ore19per concludersimartedì 21 marzo, ospite della Camera Chiara Galleria Sala Posa, sita in via G. da Procida, 9, nel centro storico di Salerno e che in questi undici giorni verrà animata da diversi eventi.
“L’evento è nato da un fortuito incontro tra due fotografi - ha affermato Costantino Luis Marino -, io giramondo e Armando Cerzosimo. La collaborazione ha permesso la creazione di una mostra dei miei viaggi, attraverso le culture di molti paesi. La scelta è caduta sulle fotografie analogiche, anche in tempi di scatti digitali, preferendo le immagini non nel classico bianco e nero, ma in un delicatissimo viraggio seppia, un raffinato blu di Prussia e di altre, con la famosa Kodachrome. Un passaggio di stampa dalla chimica antica in camera oscura alla chimica del futuro, che è la caratteristica del laboratorio Cerzosimo, diretto dal figlio Pietro, agli alogenuri d’argento su superficie deep matte effetto velvet con durst theta 76, con cui le fotografie, hanno potuto essere stampate in un formato 50x70 mantenendo ogni tono, ombra e dinamica di immagine realizzata oltre un decennio fa. E’, questa una raccolta di immagini con paesaggi e personaggi, passando dalla Mauritania, ai paesi del Mediterraneo, il Maghreb, per fino a giungere in Egitto e Sudan e all’Oceano Indiano”. Marino ha lavorato quasi esclusivamente con la Kodachrome, per le incredibili nuance in grado di offrire. Vista in un particolare modo, un’immagine Kodachrome ben scattata ha una sottile bellezza tutta sua, che è stata loro ridonata in questo formato, grazie alla scansione digitale e a quella stampa chimica futuribile, adottata dal Laboratorio Cerzosimo, permettendo di ottenere stampe ove vi è racchiuso il mondo che Marino ha visitato, che si esprime e spesso traduce, attraverso le scelte di luce, contrasto, colore, imprevisti cromatici dello stesso fotografo. Dai costumi, alle tende, dal ritratto del venditore di caffè, ovvero tutto quel che viene prodotto quale espressione dei valori della società che l’ha generato. Le fotografie hanno significato complicato: il grandissimo dettaglio, il mondo che va oltre l’intenzione e il modo in cui queste immagini agiscono sul nostro pensiero e inconscio, con il loro essere mosaico, col loro essere synthesis.
“Nel presentare la mostra di Constantino Luis Marino –rivelaArmando Cerzosimo- mi sento di fare un tuffo nel passato. Salerno ha sempre avuto una ottima scuola di fotografia con vari esponenti nei vari settori che sono stati sempre delle eccellenze anche in campo nazionale. Quando ho aperto il mio studio in Via dei Mercanti , circa trenta anni fa, aleggiava nell’aria un nome che mi incuriosiva e mi intrigava per la sua bravura e la sua tecnica che trasparivano dalle sue fotografie. I suoi calendari per me erano un ponte tra quello che era stata una parte della mia vita e quello che mi apprestavo a vivere professionalmente. Il deserto, i paesaggi egiziani, le atmosfere mediorientali che pure io avevo vissuto erano per me una sorta di diario ma non scritto con le mie fotografie. Erano le fotografie di Constantino Luis Marino. Allora non fu possibile incontrarlo per una serie di coincidenze, poi come un vento leggero di Constantino si erano perse le tracce. Eppure restava una sua opera fotografica a pochi passi dalla mia Galleria , ed era sempre lì a ricordarmi di un fotografo che sembrava essere un “viaggiatore di altri mondi”. La fotografia esposta, ancora presente, era nello storico negozio Cirillo di via Giovanni da Procida. Uno splendido ritratto al viraggio blu stampato per uno degli iconici calendari da lui firmati. Incontrarlo a distanza di tanti anni, parlare di viaggi, di fotografia, di Leica, di Nikon, di atmosfere e poi convincerlo a donarci 14 visioni di altri mondi è la conseguenza di una ricerca continua di migliorarci ospitando nella nostra Galleria autori come Constantino Luis Marino”. “ E’ un diario di bordo questa esposizione –scrive il critico d’arteCristina Tafuri. Per la sua professione Constantino Luis Marino ha viaggiato in tutto il mondo. Da questi viaggi egli ne ha tratto una specie di diario di bordo fotografando, dei paesi visitati, monumenti e persone come se li guardasse per la prima volta. Fa parte del fotografo, infatti, vedere in modo più intenso di quanto non lo facciano le altre persone. In alcune delle foto scattate i monumenti si evidenziano per la loro immanenza, bloccati, solitari, avulsi da tutto, mentre gli uomini si offrono allo sguardo stemperati in una visione che rimanda a tempi lontani. Le sue fotografie hanno già abbandonato da tempo l' intento documentario per spingersi nel territorio del vissuto interiore fissato , prima che sulla carta, nella memoria di un tempo immobile e silenzioso”.Non mancherà il momento conviviale. Il tema del viaggio sarà anche sviluppato dal lato sinestetico,da parte di Raimondo Piombino e Giovanna Salvino, attraverso le nobili tradizioni della nostra cucina, che si legherà al Nord-Est d’Italia nei calici.
Cinque gli eventi che impreziosiranno il tempo della mostra, dopo il suovernissage, in cui interverranno l’artistaeCristina Tafuri.Lunedì 13 marzo alle ore 10, si svolgerà in galleria unincontro con gli allievi dell’indirizzo Servizi culturali e dello Spettacolo del Convitto Nazionale “T.Tasso” di Salernocon ildocente Felice Soriente, mentre la sera,alle 19, la giornalista Erminia Pellecchia e Constantino Luis Marino,discuteranno sul“Quaderno di Viaggio”.