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domenica 25 dicembre 2016

Ciao Gianna





Se

Se le parole che restano

sono passato

ed il pensiero che  racconta

affolla il vuoto.

Se  la voce non parla,

la penna non verga,

e se Parigi è lontana.

A raccogliere le lacrime

siamo brave,

quante volte!

Ora manchi tu,

siamo sole…

25-12-2016                        Per Gianna (+6-12-2016)

Maria Serritiello

martedì 20 dicembre 2016

Venerdì 23 dicembre a Giungano s'inaugura l'atteso centro sportivo

Fonte: Salerno Zon
e Stile TV

Il nuovo centro sportivo sito in località San Giuseppe di Giungano, aprirà al pubblico venerdì 23 a partire dalle 16.00

Tutto pronto per l’inaugurazione del nuovo Centro Sportivo di Giungano, sito in località San Giuseppe. L’apertura al pubblico è prevista venerdì 23 a partire dalle ore 16.00. La struttura è dotata di un centro benessere, palestra, piscina, solarium, bar e sala ristoro, campi da calcetto e da tennis. Previste inoltre attività ludiche per i bambini.
All’interno del centro sarà attiva la nuova sede operativa dell’Associazione di volontariato Givi Giovani Vincenti, da tempo attiva sul territorio salernitano.
 
Il complesso è stato voluto fortemente dall'Amministrazione Comunale, nella figura del Sindaco Francesco Palumbo. Il progetto è stato finanziato dalla Regione Campania nell'ambito del Por Campania Fesr 2007-2013 per una spesa complessiva di 4.736472 euro.
 
La gestione del complesso è stata affidata alla società Agorà Sporting. L'evento sarà trasmesso in tv su Stile TV
 
 
 

mercoledì 14 dicembre 2016

I“Concerti in Luci D’Artista” di Antonia Willburger nei posti suggestivi di Salerno

 
Fonte:www.lapilli.eu
di Maria Serritiello
 
Una felice intuizione quella di Antonia Willburger, è di arricchire la kermesse di luci d’artista di Salerno, con un ventaglio di buona musica, come del resto è nel DNA, suo, infatti, è il format “I Concerti di Villa Guariglia”, da due anni portati in tour, privilegiando i luoghi più significativi della città. Sei concerti, dal 25 novembre al 13 gennaio 2017, ad ingresso gratuito, ogni venerdì alle 19,30, per concludere l’anno in modo melodioso ed incontrare il nuovo con la dolcezza che solo la musica, all’ascolto, sa trasmettere e sotto lo scintillio delle iridescenti luci che avvolgono la città. Non solo illuminazione a giorno, quindi, ma, ad essere informati, anche una serie di proposte di ottimo livello, come lo è il progetto cortese di Tonia Willburger, che tanto si prodiga per la promozione del territorio. Figlia d’arte, di Peter Willburger, pittore e incisore tirolese, attirato dal sole delle nostre coste, al punto di restarvi, è l’appassionata regista della buona musica, che si celebra in estate ed ora, per nostra fortuna, anche d’inverno. I luoghi individuati, essendo Salerno, città a vocazione policentrica, vanno dall’arenile di Santa Teresa, alla chiesa di Santa Maria ad Martyres, di Torrione. Ad esibirsi sono tutti musicisti talentuosi, con una grande vitalità da trasmettere e da condividere ed il concerto del 9 dicembre, ne sarà una prova, se a suonare sono 65 giovani sassofonisti della “Sonora Junior Sax”, diretti da Domenico Luciano. Molto applaudite e frequentate, da un pubblico appassionato, sono state le precedenti esibizioni del Quartetto Mitja, nella sala San Lazzaro del Duomo e del Guitar Trio Project, nell’atrio di Palazzo Pinto, della Pinacoteca Provinciale di Via Mercanti. La rassegna, “Concerti in Luci d’Artista”, si avvale del CTA di Salerno, in collaborazione con l’Associazione “Amici dei Concerti di Villa Guariglia”, con il patrocinio ed il supporto del Comune di Salerno ed il Conservatorio Statale di Musica “G. Martucci” di Salerno.
Maria Serritiello
 
 

Antonio Caggiano “Dipingere con la luce” 35 scatti alla Pinacoteca Provinciale di Salerno


Fonte:www.lapilli.eu
di Maria Serritiello

L'incontro inatteso e la passione allo stato puro, questo e tant’altro è Antonio Caggiano di Taurasi, di quell’Irpinia forte e generosa terra che ne ha forgiato la sua effervescente personalità. A Salerno, nella splendida Pinacoteca Provinciale di Palazzo Pinto, in Via dei Mercanti 63, il 2 dicembre scorso e fino all’8 gennaio, sono in mostra, 35 scatti d'autore, editoriale e grafica di Tiziana Morgese, che sfoggiano le passioni vitali del Nostro, come i viaggi per quattro continenti, dal Brasile agli Stati Uniti, dal Polo Nord al Sahara e l’amore della vigna, mai abbandonato. Dice di lui Ferruccio Fabrizio, giornalista del Gruppo Espresso e curatore della mostra “Ha regalato uno scatto alle sue emozioni e viaggiato con naturalezza sul doppio binario artistico, tra le bottiglie di vino ed istantanee irripetibili. In entrambi i casi, esperienze storiche”. Antonio Caggiano, 80 anni, cultore e produttore del liquido caro a Bacco, a Taurasi ha una cantina, nella quale conserva una delle migliori produzioni di vino italiano, unitamente ad una collezione di suoi scatti, che ne fanno di essa un pregevole ed unico scrigno. Accanto e per completare la sua statura di artista, l’amore per le belle donne, che negli scatti fa rifulgere dall'alto della sua umiltà e generosità naturale, non disgiunta da una nobiltà d'animo che trapela a tutto tondo, porgendosi in modo schietto e genuino all'incontro col pubblico. Parla semplicemente, quasi sottovoce, con una cadenza tranquilla, alla quale probabilmente non è estranea la forza della terra che gli ha dato i natali, con i suoi vitigni e le sue uve, mentre racconta gli incontri significativi della sua vita. Altrettanto peana alla luce sono gli scatti che fanno l'occhiolino allo spettatore, New York, Portorico, San Pietroburgo e Salerno, ne rapiscono le attenzioni, suggerendo curiosità antiche e domande altrettanto urgenti, per i loro guizzi di luce, ora impertinenti, ora evocativi, talvolta criptici, altre volte docili e sereni, con i rossi che spadroneggiano, pur nella variabilità, come i riflessi del buon vino, archetipo naturale. Sarebbero quasi tutte da ridurre in luminose opere en plein aire, nella città che lo ospita, per essere fruite proprio come lui le ha viste, qualche anno fa a Salerno. Nello spazio della pinacoteca gli scatti emanano caldi toni, riflessioni intime, quasi un anticipo dell’astrazione mentale della luce di cui va tanto fiero, Antonio Caggiano. Il risultato che ne deriva è la bellezza degli autentici pezzi originali in esposizione,  riecheggiante l'operazione mentale del miglior Rothko. Si lascia la sala convinti di aver visto opere pregevoli ed uniche e di aver conosciuto un’artista, semplice ed passionato, un figlio dell'Irpinia, forte e delicata, quell’ Irpinia che conserva a vanto, la cantina egli scatti mondiali di Antonio Caggiano.
Maria Serritiello
 
Antonio Caggiano, 80 anni il prossimo mese di aprile, è nato a Taurasi, in provincia di Avellino, dove vive e lavora. Comincia a fotografare in bianco e nero, dopo aver fatto una grande esperienza a Milano, negli anni sessanta. Grazie alla profonda amicizia che stringe sia con Ken Damy, professore all'accademia di belle arti di Bologna e direttore del museo di fotografia contemporanea di Brescia, sia con il maestro Franco Fontana, passa al colore. Ha partecipato a numerosi concorsi fotografici nazionali ed esteri, incassando qualche prestigioso riconoscimento come la Medaglia d'oro nel Gran premio internazionale "I migliori dell'anno" a Varsavia nel ‘96. Nel ‘90 ha ricevuto la laurea "Honoris Causa" in Architettura dalla Costantinian University of N.Y. Della sua fotografia hanno tessuto lodi, oltre Damy, esperti come Cathy Gfeller, direttrice del museo di Neuchâtel in Svizzera, Giulia Ortiz, critica d'arte di Milano. Carlo Alleva, fondatore del Neofigurativismo, un trentennio fa, scriveva dei suoi scatti come di autentici capolavori. Antonio Caggiano ha già allestito esposizioni personali su temi diversi: Storie di vigne, I colori dell'autunno, Deserto del Sahara, Circolo polare artico, Brasile, Luce carioca, Ritratti, Riflessi, Carnevale di Venezia, Cuba, Isola senza tempo, La poesia dei fiori, Seduzione
 

Gianluca Giugliarelli il comico dallo spirito sagace al Ridotto di Salerno


Fonte: www.lapilli.eu
di Maria Serritiello

Gianluca Giugliarelli, autore prima, infatti scrive per Francesca Reggiani, Salvatore Marino, Dado, Antonello Costa , Sergio Viglianese e comico poi, per il testo sagace e fuori dal cliché solito della comicità che c’è in giro, portato al Teatro Ridotto di Salerno con “Scusate le spalle”. Ha un fare conviviale, Gianluca, da uomo qualunque, quello che si può incontrare per strada, ma, ad osservarlo bene, è sempre alla ricerca di spunti utili, desunti da una cultura, neanche tanto banale, che gli deriva dai sei esami universitari in lettere e comunicazione. E’ la scuola a dare inizio al suo percorso comico, imitando i professori, sue vittime sacrificali, in cambio di sigarette, furbescamente offerte dai suoi compagni. Da autore consumato, e ne sono testimonianze gli scritti per i comici affermati e le molteplici collaborazioni che può vantare il suo curriculum, nelle sue due performance, del 3 e 4 dicembre, non una, ma che una imitazione, è stata usata per captatio benevolentiae. Se si eccettua una qualche cadenza romana ed un certo atteggiamento che riecheggia il suo comico favorito, e non poteva essere se non Aldo Fabrizi, per la sua romanità tondeggiante ed una certa bonomia ancestrale, lo spettacolo è stato una serie di gag accennate, facce stirate, lazzi feroci ed ammiccanti, battute sornione quanto eleganti. Non una pausa nel suo andare avanti, se non qualche sorso d'acqua rubato in scena, di tanto in tanto e poi, giù la scorta quasi infinita di personaggi, vivificati da sintesi comiche, sorprendenti ed inattese. È come se Gianluca avesse un ventaglio sempre aperto di risposte satiriche e di ogni occasione riuscisse a farne un motivo sempre nuovo di ilarità. Così, l’autore prima del comico e via via, l’attore prima del cabarettista, per giungere allo studioso di comicità, prima del barzellettiere più o meno esilarante. Monologhista agile e pungente, non trascura di intercettare spunti che gli vengono dal pubblico e riversare su di essi estemporanee considerazioni, satiriche e bonarie, tristemente realistiche. Sul palco, ecco, le sue esperienze personali, riuscendo ad innalzarle a verità umana. Gigioneggia molto con il corpo e con i gesti allargati, per poi fermarsi di botto e guardare, con occhi celesti, quasi due fessure, arricciate dalla mobilità del viso, l’effetto sullo spettatore, proprio come faceva il modello in primis, Aldo Fabrizi, tra gli altri tre preferiti: Totò, Sordi e Gassman . Non tralascia, poi, mai di irridere con un pizzico di gaia femminilità quando, utilizzando un femmineo caschetto biondo, si fa donna per osservare una prospettiva diversa dell'esistenza. Una gradita e inaspettata scoperta, Gianluca Giugliarelli, un professionista impegnato a tutto tondo, tv, cinema, teatro, pubblicità, ovvero ogni forma di spettacolo e appartenente a quel mondo di mezzo della comicità che, certamente è destinato a non avere visibilità cosmica, ma che comunque costituisce quello zoccolo duro di autori vivaci e vitali che tanto contribuiscono a tenere alto il tenore dell’umorismo italiano
Maria Serritiello
 
 

Mela annurca day a San Mango con “A voce d’ ò popolo

Fonte:www.lapilli.eu
di Maria Serritiello

Mi piace pensare che a tentare Eva sia stata la mela “annurca” per la sua prelibatezza di sapore. Nulla da ridire sulle altre qualità, ma la mela “annurca” è tutta un’altra cosa, fosse solo per essere il prodotto che in Campania raggiunge i livelli più alti di produzione, il 90%. Il rapporto con il nobile frutto, nei Picentini e in tutta la regione ha origini antiche, basta dare un’occhiata, negli scavi di Ercolano, ai dipinti della Casa dei Cervi, la domus sopravvissuta all’eruzione del Vesuvio del 79’d.C. per ritrovarla e capire l’importanza di essa nella Campania Felix. Bene ha fatto San Mango Piemonte a promuovere l’Associazione Nazionale Città della Mela Annurca ed a favorire l’evento “Gustannurca”, il 27 novembre scorso, con una serie di attività, laboratori, stand e degustazioni, il tutto raccolto nella bellissima location “Tenuta D’Amore”. A dare il via, alle ore 11,00, all’inizio del paese, è il corteo storico del gruppo folk A Voce d’ò popolo, il quale ha fatto riecheggiare la sua musica e le sue melodie canore di un tempo ormai lontano. La parte del leone l’ha fatto l’acustica del sax tenore, dal suono evocativo e struggente, accompagnato da una chitarra ritmo-melodica ed una tammorra, vivace e vibrante, ma anche le tante nacchere, agitate da mani esperte, per scandire meglio i tempi e le volute dei balli ammiccanti, di una sensualità provocante ed allo stesso tempo ingenua, hanno fatto il resto. La voce antica, che non ha nulla di modulato, ma bene così, ha legato a sé la performance di tutto il gruppo.
La manifestazione “Gustannurca”, gemellata con il fico bianco di Ortodonico, paesino del Cilento, è stata organizzata dalla Pro Loco di San Mango Piemonte, presidente Nicola Vitolo e mira a salvaguardare le risorse agroalimentari locali, dando impulso alla produzione e alla distribuzione delle risorse d’eccellenza picentine. San Mango Piemonte, il cui attuale toponimo è ricavato dall'allitterazione ed abbreviazione dell'antico nome di Terra Sancti Magni Pedemontis, ha con la mela un legame inscindibile, tanto che per tutto il XX secolo è stato la fonte dell’economia rurale e sostegno finanziario di quasi tutte le famiglie del paese. All’annurca sono attribuite azioni positive a carico dell’apparato muscolare e nervino, effetti antireumatici, diuretici e dissetanti. Studi recenti, poi, hanno dimostrato che la mela annurca è ricca di sostanze capaci di conferirle un elevato potere antiossidante, per cui potrebbe avere un ruolo decisivo nella prevenzione del cancro. Intorno al “gustannurca” si distendono altri eventi come: MelaDay, MelaRenda, MelaArtè, MelaGira, MelaFico tutti rivolti a dare risalto, in varie modi, al consumo del nobile frutto che, con la sua forma tondeggiante ed il colore rosso, richiama la femminilità e l’amore.
Maria Serritiello
 

domenica 4 dicembre 2016

"Questo pure l'avete detto" per fare il verso ad Eduardo, a proposito delle luci d'artista di ogni anno


di Maria Serritiello

Bene, anche per questa settimana i social e chi li frequenta ha l' inciucio da commentare, riferendosi ai 9 mila euro dell'Arcuri, all'io avrei fatto questo o all' io avrei fatto quello, o perfino all'  io avrei saputo spendere meglio la cifra, dimenticando che l'amministrazione comunale non è casa propria, dove i soldi si possono gestire come meglio si  crede. Per ogni spesa ci sono i capitoli, né si possono  stornare soldi da un capitolo all'altro, nemmeno per fare la carità. Ma tant'è basta dire la propria, basta esserci sui social, basta apparire, per contare i " mi piaci", così il proprio pensiero vale quanto l'esposizione di Manuela Arcuri, a conti fatti, solo che lei ci guadagna perchè promuove il territorio, una semplice manovra di marketing, che chi conosce la materia sa, e gli altri appollaiati su faceboock, spargono ed introitano livore a più non posso.
Ho un sogno, "I have a dream",  proiettare, per almeno un mese, Salerno a trent'anni fa,  riavvolgendo il nastro all'indietro e far vivere  quella realtà  un po' a tutti, e cioè  a quelli che l'hanno dimenticata e a quelli che non l'hanno mai conosciuta. Negli anni '60, per tristi vicende familiari mi toccò vivere, per un periodo al nord,  subendo, intanto, la discriminazione di essere terrona, siciliana più specificatamente, spazzando di colpo  la mia identità anagrafica , ma soprattutto patire la non conoscenza della città di Salerno,  qualcuno più illuminato la confondeva con Palermo, aggravando la mia situazione perché, a tutti gli altri, si aggiungeva il pregiudizio di essere naturalmente mafiosa. In base a questo preconcetto si arrivò a farmi stare a scuola da sola nel banco, per paura che avessi un coltello nella cartella. Così alla domanda di "dove sei?" appena rispondevo Salerno, la risposta era sempre la stessa "Ah Napoli", ma  questo capitava negli ambienti più "agè" . Ecco, pur amando moltissimo la mia città, tanto da non volerne stare lontana, se  non per brevi viaggi, devo riconoscere che, un tempo, non aveva nulla di tanto attrattivo che potesse richiamare due milioni di persone nel periodo invernale se nemmeno quello estivo ci riesce. Per non parlare di tutti quegli accorgimenti migliorativi ad iniziare dai marciapiedi e le strade, tanto per citarne alcuni , risparmiando l'elenco dello specifico e arrivare, così, a due gioielli recenti: la stazione marittima di Zaha Hadid e la spiaggia di Santa Teresa. Ora non sarebbe il caso di polemizzare di meno o quantomeno essere  propositivi con progetti articolati e non con il qualunquismo "dell'io farei ed io saprei"? C'è un proverbio napoletano, massima di estrema saggezza che così recita "A vocca è nu bello strumento", intendendo che parlare è facile ma mettere in atto lo è meno. Sono 11 anni che da novembre a gennaio c'è una lamentazione continua, insopportabile, insostenibile, scioccamente ripetitiva, fastidiosa quanto il ronzio di una mosca nella controra estiva, che si ripete con una meccanicità standard e parole ingiuriose, ecco , ripeto non sarebbe il caso di farla finita, se poi vi ritrovo tutti a testa in su, a scattarvi selfi, sotto l'albero, o sotto il cielo trapuntato di stelle della Rotonda?  Un modo l'avete per avere la Salerno che vi piace ed è il voto, se vi ritrovate ad essere la maggioranza, fiat, ma fino a che siete la minoranza ... rassegnatevi o quanto meno sappiate che il vostro parlare non incide, perché non è progettuale, è solo bieca opposizione politica, nulla di nobile, nulla che si possa ascrivere nell'ideale delle grandi idee. E se nel frattempo studiaste come si amministra una città, forse non sarebbe un danno.
 
Maria Serritiello

 

giovedì 1 dicembre 2016

“Se” il libro di poesie di Claudio Tortora presentato al Teatro delle Arti


Fonte:www.lapilli.eu
di Maria Serritiello

E fu la serata del "Se...", il 27 novembre scorso, con il reading di poesie del versatile autore Claudio Tortora, direttore artistico del Teatro delle Arti di Salerno e Patron della più famosa competizione nazionale della comicità “Premio Charlot”. La teatralizzazione delle 15 poesie: Mi chiedo, Cos’è, Lettera alla Luna, Il Mare, Novembre, Suggerimenti, Percorsi, Noi per sempre, L’amore con l’accento, Navigando, Guardia Pensieri, Può darsi, Finale, Quello che verrà, Sono così , che fanno parte della pregevole raccolta edita dalla Phasar di Firenze, sono state recitate, in ordine alfabetico da: Martina Iacovazzi, Antonello Ronga, Renata Tafuri e Cinzia Ugatti, accompagnati dalla sapiente ed originale regia di Andrea Carraro.
Tutta la serata, sfalsata in due momenti, per dare modo di seguire la rappresentazione itinerante, tratta di riflessioni in forma poetica di Claudio Tortora, sulle problematiche esistenziali della vita di ognuno di noi. La regia di Andrea Carraro ha, dapprima, incuriosito e poi via via, captato e proiettato, in un tempo dilatato, lo spettatore, sconvolgendo i tempi e i modi canonici della rappresentazione. Così lo spettacolo ha avuto inizio, riavvolgendo il nastro all’ indietro, per convogliare gli spettatori, che già affollavano la sala “Peppe Natella”, all' ingresso del teatro, dove Renata Tafuri e Cinzia Ugatti delicate, signorili e gentili, una sorta di Virgilio al femminile, invitavano a seguirle, lungo un percorso inconsueto e talvolta sorprendente. Sono apparsi all’occhio meravigliato dei presenti, luoghi inimmaginabili ed un specie di oscuro ventre, di solito negato a chi artista non è, per attraversare le visceri del teatro stesso, camerini, passaggi nascosti, scale impervie e strette stanze. Una laica via crucis, all’interno della quale fare tesoro di quanto Claudio ci partecipa, che non è un modello, né una lista da seguire, ma solamente il suo mondo interiore svelato e consegnato come un magnifico dono. Traspare dai versi la bell’anima dell’autore, che se ne sta discosto, intimidito, ma felice perché il suo sogno poetico è finalmente un realtà che esce dalle pagine scritte, per materializzarsi e colpire i sensi dello spettatore. Antonello Ronca, Martina Iacovazzo, Renata Tafuri e Cinzia Ugatti, voci, gesto, agilità, mestiere, passione, hanno fatto il resto, modulando i versi, intrecciandoli con il sibilo del vento che fischia e sbatte contro il panneggio del sipario, tanto da sentirne il soffio e senza che i versi abbiano a temere. La vita che viene fuori dal mondo poetico di Claudio è quella che va combattuta per quella che è, senza false illusioni, senza cedere allo sconforto e senza allontanarsi dagli ideali, quali arcobaleni da dispensare lungo il percorso.
Il tratto di strada compiuto, accompagnati dai versi di Claudio si arricchisce di un’ebbrezza improvvisa, quella del piano mobile del dietro le quinte del teatro, un cerchio magico ideale dove ognuno è sostenitore dell’altro, un piccolo tratto eppure già uniti. Potessimo farlo ancora fuori dal Delle Arti!
“Può darsi che un giorno il mondo intero cambi, / Che il padre dia al figlio quello che più gli manca / Che il saggio ritorna a predicare / Che il vecchio ritorni a dar consigli. / Che ognuno si accontenti di quello che possiede, / Che gli ideali tornino ad essere una fede, / Che il tempo sia vissuto senza paure, /Lo spazio sia riempito sempre in ugual misure. / Può darsi però che tutto rimanga un sogno. / Io lo continuo a fare, /ne sento un gran bisogno.”
Grazie Claudio
Maria Serritiello
 
 
 
 
 


"Come fruire l’arte comodamente” l’hanno detto a Spazio Up arte di Vito Ungaro


Fonte:www.lapilli.eu
di Ferdinando Bianco

In loft moderno che evidenzia la presenza di superfici di acciaio, piccole sculture, un tavolo quasi spartano, nella sua ricercata semplicità ed una mini cucina perfettamente funzionante, un ristretta cerchia di amici, davanti a sfiziosi manicaretti e vino buono, hanno provato a parlare di arte nei termini più semplici, ma nel contempo il più efficace possibile. Il dibattito avviato per la seconda serata, organizzata dall'associazione Spazio Up Arte, ha avuto per tema "Come fruire l’arte comodamente”temente ermetica". Il Presidente dell'associazione Vito Ungaro ha introdotto il dibattito con una presentazione supportata da slides e video delineando il contesto storico-artistico preso in esame. Tra le varie tendenze si è scelto di affrontare l'espressionismo astratto adducibile alla cosidetta "scuola di New York". L'artista sul quale ci si è maggiormente riferiti è stato Rothko. Ne è seguita un'ampia discussione che ha affrontato la tecnica, la poetica ed i contenuti, più precisamente: “L' espressionismo astratto secondo Pollock e secondo Rothko”. Mentore della serata e padrone di casa, Vito Ungaro che, con alcune slide introduttive ha tratteggiato l'argomento e il modo diverso di fare ricerca d'arte dei due grossi esponenti americani, in antitesi alla ricerca artistica che in opposizione ad essi si argomentava in Europa. Nel relazionare, Vito Ungaro, si è preoccupato di differenziare i due percorsi degli stessi, ossia l’artistico e l’esistenziale, con particolare accento sul modo di concludere la propria vita Rothko e della rarefazione spinta cui pervenne, nel momento in cui identificò il termine ultimo della sua ricerca, nell'assoluto dominio di enormi campiture nere. A corredo, una sua cappella oratoria, ove appunto troneggiano possenti tele nere che diventano per gli spettatori altrettante occasioni di preghiera e di ritrovamento del sé. La discussione che ne è seguita ha provato a dare una lettura quasi giustificativa tra le tele e il destino vitale dell'autore. A qualcuno questa lettura è sembrata molto riduttiva e limitativa, perché incapace di cogliere i fermenti di rinnovamento che le conoscenze scientifiche del tempo andavano suggerendo, conoscenze che avevano preso l'avvio dalla teoria di Darwin o dell'evoluzionismo storico alla quale faceva da corollario la teoria della relatività di Einstein prima e della fisica quantistica dopo, tesi che hanno costretto a rivedere in modo controintuitivo il rapporto dell'uomo con la realtà. È un poco come se l'animo di Rothko avesse colto e captato questi fermenti sotterranei che la scienza andava seminando e ne avesse anticipato in campo artistico le conseguenze. Per certi versi il cerchio Darwin-Einstein-fisica quantistica si chiudeva e la pittura di Rothko ne era quasi la versione artistica. Un modo certo oscuro e per certi versi incomprensibile di leggere la ricerca artistica ma di certo non per insipienza o pigrizia del pittore, quanto per un mancato adeguamento del fruitore alle novità scientifiche imperanti ed essenziali che tante ricadute hanno avuto, hanno e avranno nel modo di ricercare e fare arte nei secoli che seguiranno. La discussione si è accesa intorno ai concetti espressi per fruire l’arte contemporanea in modo critico e provocatorio, cosa che si ripromette lo spazio culturale Up Art, presidente Vito Ungaro, nelle serate successive, a scansione mensile, privilegiando di volta in volta i grandi temi culturali.
Ferdinando Bianco
 
 
 

domenica 27 novembre 2016

Muore l'ultima icona, addio a Fidel Castro






Fonte: Wikipedia

Fidel Alejandro Castro Ruz (Speaker Icon.svg audio; Birán, 13 agosto 1926[2]L'Avana, 25 novembre 2016[3]) è stato un rivoluzionario e politico cubano.
È stato primo ministro di Cuba dal 16 febbraio 1959 all'abolizione della carica, avvenuta il 2 dicembre 1976, ed è stato, dal 3 dicembre 1976 al 18 febbraio 2008, Presidente del Consiglio di Stato[4] e Presidente del Consiglio dei ministri, nonché Primo Segretario del Partito Comunista di Cuba, il partito unico del Paese, che tuttavia non partecipa direttamente alle elezioni.
Castro, assieme al fratello Raúl, a Che Guevara e Camilo Cienfuegos è stato uno dei protagonisti della rivoluzione cubana contro il regime del dittatore Fulgencio Batista e, dopo il fallito sbarco nella baia dei Porci da parte di esuli cubani appoggiati dagli Stati Uniti d'America, proclamò l'istituzione della Repubblica di Cuba, uno Stato monopartitico di stampo socialista, che secondo Castro e i suoi sostenitori è una democrazia popolare apartitica,[5][6] ma che i dissidenti e buona parte degli analisti politici internazionali definiscono come regime totalitario.[7]
Ha spesso giocato un ruolo internazionale maggiore di quanto lascino supporre le dimensioni geografiche, demografiche ed economiche di Cuba, a causa della posizione strategica e della vicinanza geografica agli Stati Uniti del Paese. Castro è una figura controversa: i detrattori lo considerano un nemico dei diritti umani, mentre i suoi sostenitori lo considerano un liberatore dall'imperialismo e sottolineano i progressi sociali che egli ha promosso a Cuba.[8]
È noto anche con l'appellativo di Líder Máximo ("Condottiero Supremo"), a quanto pare attribuitogli quando, il 2 dicembre 1961, dichiarò che Cuba avrebbe adottato il comunismo in seguito allo sbarco della baia dei Porci a sud dell'Avana, un fallito tentativo da parte del governo statunitense di rovesciare con le armi il regime cubano; nel corso degli anni Castro ha rafforzato la popolarità di quest'appellativo.
Secondo i suoi sostenitori, la leadership di Castro si è mantenuta così a lungo grazie al sostegno delle masse, dovuto al miglioramento delle condizioni di vita. Secondo i detrattori, invece, le cause andrebbero cercate nell'utilizzo di metodi coercitivi e repressivi.
Il 18 febbraio 2008, dopo quasi mezzo secolo di presidenza, Fidel Castro ha dichiarato che non avrebbe accettato una nuova elezione alla Presidenza del Consiglio di Stato e del consiglio dei Ministri, a causa di problemi di salute.
Il 19 aprile 2011, Fidel Castro si dimette anche dalla carica di primo segretario del Partito Comunista di Cuba,[9] consegnando i suoi poteri nelle mani del fratello Raúl Castro, il quale sta lentamente avviando alcune riforme in senso liberale a favore del popolo e della non florida economia locale, compromessa soprattutto dal lungo embargo a cui è stata costretta l'isola.
 
 

venerdì 25 novembre 2016

Il Porto delle Nebbie al Teatro del Giullare con il libro “Crimini dell’anima”

 
Fonte:www.lapilli.eu
di Maria Serritiello
Il 18 novembre scorso, al Teatro del Giullare di Salerno, il Porto delle Nebbie, Presidente Piera Carlomagno, l’associazione culturale, nata nel 2014, con l'intento di diffondere e promuovere i libri gialli, noir, thriller, attraverso organizzazione di eventi e presentazioni, ha ripreso l’attività per favorire, questa volta un noir scritto a sei mani, dal titolo: Crimini dell’anima. Tutte donne le autrici: Vera Arabino, Mariagiovanna Capone, Brunella Caputo, Gabriella Ferrari Bravo, Francesca C. Laccetti, Rosaria Vaccaro e altrettanto donne per il reading: Antonia Avallone, Brunella Caputo, Concita De Luca, Sabrina Prisco, Mimma Virtuoso. Il progetto, che ha portato alla pubblicazione del libro, nasce dal corso di scrittura noir, tenuto per 4 mesi a Napoli dalle sei autrici, con un maestro d’eccezione: Maurizio de Giovanni. L’antologia, curata da Maria Giovanna Capone, lei stessa tra le allieve del corso, è anche un esperimento editoriale, essendo il romanzo in forma collettiva, in cui ognuna passa il testimone all’altra, senza per questo intaccare lo stile di ciascuna o trascurare il filo conduttore del racconto. Una narrazione fuori dalle righe, che delinea sei anime di donne, tutte votate al fatto di sangue, ingigantendo e portando al parossismo i vizi capitali. Intorno a sentimenti livorosi quali l’invidia o la gelosia o un modo di essere normale si costruiscono racconti intriganti e anime nere di donne Cosi, scorrendo le pagine, s’incontra, per citarne alcune, la rassicurante segretaria descritta da Brunella Caputo, la manipolatrice, di Vera Arabino, l’ambiziosa di Rosaria Vaccaro fino ad arrivare all’anonimo uomo delle pulizie di Mariagiovanna Capone, brava nel raccontare l’universo maschile. L’antologia, nata quasi per gioco, si sta rilevando un’intelligente operazione editoriale, per l’anomalia dell’impianto e trampolino di lancio, venerdì sera, è stato “Palcoscenico noir” promosso dal “Il Porto delle nebbie”, che prende il nome dal romanzo poliziesco del 1932 di Georges Simenon, con protagonista il Commissario Maigret. Ottimo, come sempre, il reading se a leggere sono le brave attrici del Teatro del Giullare, accompagnate da musiche evocative e tanghere di Astor Piazzolla, scelte da Virna Prescenzo che ha curato anche il disegno delle luci.
 
Maria Serritiello
 
 


 
 

Il C.C.C Luigi Francavilla presenta la “Willy Frank Orchestra” alla Colonia San Giuseppe di Salerno.

Fonte:www.lapilli.eu
di Maria Serritiello

Serata di gala, sabato 19 novembre, con la “Willy Frank Orchestra”, diretta dal Maestro Giovanni Paracuollo, alla Colonia San Giuseppe di Via Salvatore Allende di Salerno. Cena-spettacolo, dunque, di gran classe per oltre cento persone, tutte contenute nello spazioso salone del centro. La location è una solida struttura in riva al mare, sita nella parte orientale della città e che attualmente ricovera la Scuola dell’infanzia, la Primaria, la Secondaria e il Liceo classico dell’Istituto Comprensivo Paritario, diretto da Don Aniello Senatore. Il complesso funge anche come casa per ferie e soggiorno temporaneo di persone o gruppi che condividono un percorso di fede cristiana. La Colonia San Giuseppe nacque per volontà dell’indimenticabile arcivescovo primate Mons. Demetrio Moscato, in aiuto ai “Ragazzi nostri” vittime della tragedia del secondo conflitto mondiale.
La serata, voluta fortemente dal Maestro Giovanni Paracuollo, virtuoso trombettista salernitano di adozione, segna il ritorno della “Willy Frank Orchestra” che già dieci anni fa, fu da lui ripresa per omaggiare l’orchestra del famoso trombettista Luigi Francavilla, di cui il nome e che negli anni ‘40 trasmetteva jazz, via radio, da Roma per il Nord-America. Nato a Corbara (SA) il 5 ottobre del 1920, Luigi Francavilla iniziò lo studio della tromba nel 1928 all’Orfanotrofio Umberto I col M° Giordano. Conseguì il diploma di tromba, presso il Conservatorio di Santa Cecilia in Roma, nel 1936 sotto la guida del M° Semproni. Nel 1936 vinse il concorso per prima tromba presso l’Orchestra di Santa Cecilia. Fu prima tromba con la Philarmonica di New York e fino al 1940 si esibì in 40 Paesi di tutto il Mondo. Nel ’44 parte per la Campagna di Russia. Si specializzò anche nel Jazz surclassando i più grandi trombettisti d’America: Benny Berigan e Ziggy Helman. Nel 1949 fu Flicornino solista-concertista con la Banda di Manduria. Collaborò, nel 1948-49, con la Compagnia del Carosello Napoletano e divenne Direttore Artistico del Teatro Municipale di Rio de Janeiro, dell’Orchestra della TV TUPI’, una delle televisioni più importanti del Brasile, della radio Mairin Vega e direttore dell’Orchestra Universitaria Brasiliana Insegnò nei conservatori di Cosenza, Avellino e Salerno. Morì ad Angri (SA) il 22 febbraio del 1978.
L’orchestra Willy Frank, che venerdì sera si è esibita dinanzi ad un pubblico numeroso, è formata da 20 elementi così suddivisi. Brass: Franco Mannara, Antonio D’Alessandro, Clemente Gaeta, Umberto Vassallo, Francesco Sessa, Peppe Picardi. Sezione ritmica: Gerardo Sapere, Carmine Viscido, Marco De Domenico. Sassofoni: Peppe Esposito, Silvio Rossomando, Tony Panico, Angelo De Feo, Emilio Chirico. Tutti orchestrali di valore, sapientemente assemblati e diretti dal Maestro Paracuollo, tromba solista. I pezzi, eseguiti in maniera perfetta, sono della più pura tradizione dello swing music: In The mood, Moonlight serenade, Take The a train, Summertime Satin Doll, The pink panter, My Way,  Sway Chattanooga Chu Chu In the mood, moonligth serenade, take the a train, summertime, satin doll, the pink panther, my whay, sway, chattanooga chu chu.
Alcuni di questi brani sono stati cantati dalla possente voce di Gaspare Di Lauri e dalle giovanissime Elisa Campagna e Federica Caso. Ospite della serata il valente pianista jazz Leo Aniceto, che per 15 minuti ruba la scena allo swing, sfiorando magicamente i tasti per estrarre due pezzi, uno di sua composizione “Ninna for you”, l’altro, il famosissimo successo di Ray Charles, Georgia in my mind. Ottima la cena messa su dal C.C.C. Francavilla in collaborazione con la Colonia San Giuseppe. Per l’accoglienza degli invitati si è prodigato il Prof.re Antonio Serpe. Sono stati presenti alla serata alcuni soci del Progetto “Città Virtuale” e precisamente: “Opea” industria che si occupa di prodotti tecnici per l’edilizia: impermeabilizzanti, impregnanti, Vernici, resine. “Opea” un’industria che si occupa di prodotti tecnici per l’edilizia: impermeabilizzanti, impregnanti, Vernici, resine. Responsabile: Sergio Natale. “PA.PA.VI.RO”, azienda agricola di Ricigliano che produce pomodorini e datterini di montagna, di qualità indiscussa ed in maniera del tutto naturale. Responsabile: Pasquale Pacelli. “Rosalypar eventi”, wedding e party planner, la cura dei dettagli e la massima disponibilità per affidarsi alla perfetta organizzazione. Scuola di pianoforte con il M°Tamara Borodina. Pianista accompagnatore e docente di pianoforte. “Studio dentistico Soriente”: l’esperienza e la sicurezza al vostro servizio.
Responsabile: Giovanni Soriente. Assicurazioni Generali, Ina e Assitalia. Assicurano la tua auto, la tua casa e la tua vita. Con polizze vantaggiose e sconti personalizzati. Responsabile: Alfonso Di Carluccio.
 
Maria Serritiello
 
 

 

martedì 15 novembre 2016

Salerno:presentazione della prima edizione del Fall Festival


Fonte: Salernonotizie.net

Questa mattina 15 novembre 2016 alle ore 11:00 nel Salone del Gonfalone del Comune di Salerno si è tenuta la conferenza stampa di presentazione della prima edizione del Fall Festival che si svolgerà dal 18 al 20 novembre 2016 presso il Mumble Rumble. Durante la tre giorni musicale sarà possibile assistere a concerti, showcase, talk e workshop sulla Music indipendente presso la sede del Mumble Rumble in via Loris, 35 a Salerno. 
 
 

lunedì 14 novembre 2016

“Salerno Noir” nuovo libro di Luciana Mauro presentato all’Archivio di Stato di Salerno


 
 
Fonte:www.lapilli.eu
di Maria Serritiello
Salerno Noir è il titolo del nuovo libro di Luciana Mauro, giornalista redattrice del quotidiano “Il Mattino”, che viene dopo Codice rosso, Dossier della Sanità in cronaca(2004), Passione assassina. Cronache di amori noir (2006). Itinerari del gusto(2007), Nonni in cucina(2008), Farmacisti salernitani. Viaggio nelle antiche spezierie (2010). Ricette per farsi sposare. Manuale d’amore cotto e mangiato (2012) Delitti in agrodolce (2014), tutti di successo.

La nuova fatica della scrittrice, che è stata presentata nella mattinata del 12 novembre, presso l’Archivio di Stato, è una raccolta di storie di cronaca nera avvenute a Salerno e provincia dagli anni ’20 a quelli del 1990. Il libro edito dalla Marlin Editore Srl, di Tommaso e Sante Avagliano, si presenta in elegante formato, con la foto in copertina di Via Arce in bianco e nero, su fondo grigio, colorazione che già ne annuncia il drammatico contenuto di sangue. 50 racconti per l’esattezza, divisi tra quelli più recenti e quelli di una Salerno che ormai non c’è più. Tutt’ altra cosa è la quarta di copertina, dove una solare foto di Luciana, ripresa tra cielo e mare azzurro, pari ad una sirena, rassicura. Al suo interno, eccezionali scatti, del Prof.re Corradino Pellecchia, versatile artista salernitano, messi a disposizione e scelti con cura dalla sua collezione privata, impreziosiscono i racconti e fissano i luoghi- teatro delle losche trame.

 Paolo Russo, responsabile della redazione de “Il Mattino” degli anni scorsi, nella presentazione scrive “Tutti i colori del nero. Il rosso del sangue, il giallo del mistero. Ma anche l’azzurro del mare, il lilla del glicine, il verde delle campagne che diluivano e distillavano una città che non c’è più. Il fuoco della rabbia, le fiamme della passione, il falò della gelosia. Scorri questo libro e nemmeno te ne accorgi”

Ciò che rende diverso il libro noir di Luciana, dagli altri dalla trama “gialla”, è il conoscere molti degli episodi raccontati, perché fissati nella memoria collettiva dei salernitani. Così’ nella lettura tornano alla mente i fatti trucidi, mormorati come rosario e rimbalzati da vicoli a quartieri, da botteghe a mercati e che Luciana Mauro, con stile raffinato, evocativo, senza trascurare la parlata dialettale, quel fraseggio popolare accattivante, rende meno torbidi. Si sfogliano le pagine ed una Salerno poco più di un paese nel quale la vita si svolgeva da Largo Campo alla Stazione ferroviaria, ti viene incontro, unitamente alla semplicità del modo di vivere dei suoi abitanti. Una vita scandita da regole ferree di lavoro a difesa della famiglia, per i meno abbienti, più tranquilla e sicura per il ceto medio ed intellettuale. Attraverso le descrizioni ed i fatti raccontati, si estrapola, così, un modo di vivere, un cambiamento urbanistico ed un mutamento sociale sicché anche per tutto ciò, quello di Luciana, è un libro virtuoso. Enzo Todaro, presidente Assostampa Salerno, nel suo intervento alla presentazione, elogia la scrittrice della quale riconosce il tratto gentile di scrittura, tanto da paragonarla ad un cesellatore- orafo del ‘600. Citando Pessoa, poi, il decano dei giornalisti ci ricorda che “Ciò che vediamo non è ciò che vediamo ma è ciò che siamo”. In effetti è così, per cui Luciana coniuga il bello stile con il suo grande “cuore”, fondendo la deontologia professionale, che le fa dire sempre la verità, con la “pietas” dovuta a chi cade in disgrazia.

Salerno Noir, dedicato alla madre della scrittrice, da poco scomparsa, trae spunto dalla rubrica del lunedì, pubblicata dal 2013 sul quotidiano “Il Mattino”. Visibilmente emozionata, la giornalista scrittrice ha ringraziato i presenti accorsi numerosi, l’Archivio di Stato per aver ospitata la presentazione e quanti l’hanno reso curata:

il Maestro Rossano Barrella (piano), Manuel Fernadez (canto), Anna Senatore (voce narrante) Corradino Pellecchia (fotografo). Ha coordinato Sante Avagliano  Editore.

Maria Serritiello
 

venerdì 11 novembre 2016

Addio a Leonard Cohen



Fonte: Wikipedia

Il cantautore, poeta e pittore canadese Leonard Cohen è morto a Los Angeles all'età di 82.
 Leonard Norman Cohen (Montréal, 21 settembre 1934 – Los Angeles, 7 novembre 2016

È stato uno dei cantautori più celebri, influenti e apprezzati della storia della musica
Nelle sue opere esplora temi come la religione, l'isolamento e la sessualità, ripiegando spesso sull'individuo. Vincitore di numerosi premi e onorificenze, è stato inserito nella Rock and Roll Hall of Fame, nella Canadian Songwriters Hall of Fame e nella Canadian Music Hall of Fame. È inoltre stato insignito del titolo di Compagno dell'Ordine del Canada, la più alta onorificenza concessa dal Canada. Nel 2011, ricevette il Premio Principe delle Asturie per la letteratura.



  

mercoledì 9 novembre 2016

I Villa Perbene al secondo appuntamento di “Che Comico 2016/2017”


Fonte:www.lapilli.eu
di Maria Serritiello

Secondo appuntamento al teatro Ridotto di Salerno per la Rassegna “Che Comico 2016/2017”. Di scena" I Villa Perbene" il trio comico formato da Francesco D'Antonio, Andrea Monetti e Chicco Paglionico, ovvero nell’ordine: il presentatore timido ed impacciato che ha quasi paura di finire la battuta, il prete fin troppo d'avanguardia che ha pochi peli sulla lingua e non disdegna un linguaggio dissacrante e l'Ikea- dipendente che ridisegna i pregi(pochi) e i difetti(tanti) dei consumatori del grande store, di colore giallo e blue. I tre, ancora una volta, freschi, gioviali ed energetici, sprizzano vis comica e ilarità da tutti i pori per tratti personali e significativi. Chicco Paglionico, ad esempio, per la sua facies che ispira tenerezza, con la rotondità infantile che già da sola è sorridente bonomia. Una smorfia, un broncio sornione ed allusivo e già si sorride, se poi veste i panni di un cilentano discriminato da tutti i condomini, in special modo dall’'avv. Caiazza, la risata è assicurata Quando poi, Chicco, partecipa al trio, la sua tempistica nel dettare tempi e battute è semplicemente perfetta. Discorso diverso si pone per Francesco DAntonio, che disincantato, surreale ed elegante, lascia allo spettatore il compito e il piacere di carpire e godere delle allusioni abilmente preparate. Altra comicità è quella portata avanti da Andrea Monetti che caratterizza un divertente prete, parroco di un’improbabile parrocchia, fin troppo moderno, che vola facile sui doveri spirituali nei confronti del suo gregge, per pescare pesantemente nella carnalità e nel suo essere greve. Non conosce scrupoli, anzi li sorvola con decisione. E’ Inutile dire che l'abito talare suggerirebbe modi e mondi completamente diversi da quelli che una voce imperiosa e un’espressione che poco o niente ha di spiritualità, di fatto lancia sui suoi presunti fedeli. Una risata, liberatoria si diffonde nel teatro, che apprezza molto il goliardico umorismo, caratteristica del trio. Lo schetch finale richiesto e presentato a mo’ di bis, ha rivelato una tempistica ed una carica comica, molto interessante. Il pezzo di non facile esecuzione e che deve essere ancora messo appunto, è stato presentato, per la prima volta agli spettatori del Ridotto, per provarne l’effetto, ma già si intuisce un’interpretazione perfetta che va oltre la comicità tot court, per essere umorismo più elevato.

Maria Serritiello
www.lapilli.eu

Secondo anno di Zelig Lab On The Road al Teatro Ridotto di Salerno

 

Fonte: www.lapilli.eu
di Maria Serritiello

Zelig Lab On The Road parte per il secondo anno consecutivo e come lo scorso anno, al Teatro Ridotto di Salerno, il luogo deputato della comicità. Il laboratorio, che andrà avanti fino alla fine di aprile, tende a formare, in modo professionale, il cast da mandare successivamente a Zelig di Milano. Salerno è l’unica città ospitante in tutto il Meridione, ma ce ne sono 9 spalmate sul territorio nazionale. Gianluca Tortora, direttore artistico della Rassegna “Che Comico” che si conferma di anno in anno con rilevante successo, è il fautore di questo importante laboratorio della comicità, strappato a Napoli e trasferitosi laddove è stato creato il riconoscimento più ambito, che è quello del “Premio Charlot”, 29 anni da compiere nel 2017.
Una carrellata di giovani aspiranti comici: Peppe Gallo, I su per giù, Michele Ventriglia, I Calabroni, Francesco Arno, Nicola Prudente e quelli già affermati Vincenzo Comunale ( Premio Charlot 2016), Gabriele Rega (finalista Premio Charlot 2016) Luca Bruno, Giovanni Perfetto, Andrea Monetta, presentati dal duo salernitano “I malgrado tutto”, disinvolti e padroni ormai della scena, ci prova, sostenuti, guidati e corretti dal talent scout Alessio Tagliento, umorista e autore televisivo italiano, pendolare da Milano. Due ore circa di show, filate via in scioltezza ed in allegria, ravvivate di tanto in tanto dagli scketches di artisti, che novelli non sono più, sia perché da molto tempo calcano le scene di teatri regionali e nazionali e sia per aver partecipato alle trasmissioni dei media nazionali, come Salvatore Gisonna e Chicco Paglionico. Tra i nuovi animatori di questo laboratorio, divertenti sono i siparietti del sicuro di sé che si atteggia a vip ma che nessuno conosce, del depresso cronico alla disperata ricerca di un padre di riferimento, quello del ladro gentiluomo che si emoziona per la miseria altrui e quello del prete che ha abbondonato la spiritualità, in favore della vita comoda e materiale. Personaggi possibili alla ricerca di un monologo o di una battuta che dia loro visibilità e che li proietti in alto, spinti da una vis comica, se non proprio da inventare, di certo da vivificare e personalizzare. Anche quest'anno la valentia artistica di Tagliento e la serena disponibilità dei curatori del teatro, sapranno affinare l’energia e gli sforzi dei debuttanti.
Maria Serritiello
 
 

martedì 8 novembre 2016

E' morto Umberto Veronesi, ha dato la speranza ai malati di tumore


Fonte: La Repubblica.it
di Daniela Minerva

L'oncologo aveva 91 anni. Una vita spesa a combattere il cancro con impegno e due parole d'ordine: ricerca e laicità. E poi le altre  battaglie: quella per l'eutanasia, per la cultura scientifica, per l'alimentazione vegetariana

Umberto Veronesi, oncologo e uomo politico, è morto nella sua casa di Milano. Da alcune settimane le sue condizioni di salute si erano progressivamente aggravate. Era circondato dai familiari, la moglie e i figli

E' UNA FOTO in bianco e nero quella che Umberto Veronesi regalava di sé per raccontarsi. La periferia delle case popolari, prima della Milano industriale, ben lontana da quella da bere o dell'Expo. Dove lui abitava, venuto in città da una cascina nel Pavese. E a sentirlo raccontare pareva di vederlo, alto, sottile, bello e charmant come lo abbiamo potuto conoscere, guardare di lontano alla città che avrebbe, poi, per molti versi dominato e fatto diventare capitale della ricerca biomedica italiana, ma non solo. Perché non c'è dubbio che, tra le mille eredità di Umberto Veronesi, la più solida è quella di aver trasportato la medicina italiana fuori dalle secche spiritualiste vaticanocentriche, nella modernità. A partire dalla guerra al grande male, l'oncologia. Le altre battaglie - quella per l'eutanasia, per la cultura scientifica, per l'alimentazione vegetariana - discendono dalla sua visione del mondo, laica ed empirista, ma soprattutto dalla sua lunga frequentazione col cancro.

Veronesi era un chirurgo, e l'oncologia italiana nasce con lo sguardo limpido di chi è abituato a vedere ed estirpare. E' l'unica branca della nostra medicina che nasce "all'americana" grazie a lui (a Pietro Bucalossi e Gianni Bonadonna). Nasce e cresce attorno all'Istituto dei tumori di Milano, il vero tempio, da cui poi sono partiti i suoi allievi per diffondere il metodo in tutta Italia. Nasce col grande salto delle sperimentazioni degli anni Settanta del secolo scorso. A chi si chiede oggi perché mai gli americani vennero qui a sperimentare la cosiddetta terapia adiuvante per il carcinoma della mammella (la procedura di dare farmaci dopo l'intervento che ha salvato milioni di donne nel mondo) portando i loro dollari a Milano, gli storici danno una sola risposta plausibile: perché negli Usa i chirurghi non volevano farlo, non volevano condividere le pazienti coi chemioterapisti e tantomeno trattarle con quei farmaci così pesanti. In Italia, a Milano, gli americani trovarono un oncologo che lavorava come loro (Gianni Bonadonna), e un grande chirurgo che capì per primo al mondo che il cancro si combatte in equipe. E si vince con la ricerca.

Non fu solo quello a farne un uomo di ricerca, la chirurgia conservativa ("amo troppo le donne per vedere i seni straziati dall'amputazione", diceva), il linfonodo sentinella (che permette di prevedere l'andamento della malattia e comportarsi di conseguenza) sono le sue battaglie più eclatanti. Ma a farne l'Umberto Veronesi che tutti conosciamo è stata la visione politica della malattia. Nessun altro in Italia l'ha avuta.

Politica, nel senso nobile del termine, s'intende: l'idea forte di quello che serve alla medicina per servire i cittadini. Mentre la politica, quella dei palazzi, l'ha ascoltato sempre, omaggiato molto, seguito assai poco. A partire dal disinteresse reiteirato per il messaggio più indelebile di Veronesi: ricerca, ricerca, ricerca. Fece suo lo slogan: si cura meglio dove si fa ricerca; lo trasformò in realtà all'Istituto dei tumori di Milano, prima, e allo Ieo, dopo. Ne ha fatto l'imprinting dei grandi ospedali più avanzati dei paese.

Si è battuto per la creazione degli Irrcs, istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, ma poi ha visto con amarezza che l'idea degli ospedali di ricerca è diventata uno strumento di consenso per la politica che li ha distribuiti a pioggia senza mai verificare che fossero davvero di ricerca ."Lasciamo stare", ci ha detto l'ultima volta che lo abbiamo interrogato in materia. Poi, come sempre accadeva con Veronesi, la delusione ha lasciato spazio all'inossidabile fiducia nel futuro: "Oggi comunque bisogna ragionare globalmente. La ricerca è internazionale".

Si è battuto per convincere la politica che la ricerca pubblica è una priorità, perché senza sono le aziende a fare il bello e il cattivo tempo. L'ha ripetuto per decenni, ci ha provato da grande mentore dei Piani finalizzati del Cnr, che a poco hanno portato, assistendo per una volta impotente alla china. A Big Pharma che decide cosa curare sulla base delle molecole che ha scoperto, e come curarci sulla base dei fatturati possibili. Questo non gli piaceva, e non dovrebbe piacere nemmeno a noi. Noi che oggi siamo orfani. E domani saremo disorientati. L'opinione pubblica dovrà abituarsi a pensare da sola i grandi temi della medicina, del suo futuro, della nostra battaglia con la malattia e la morte.

Potremo sempre però contare sulla sua visione, ricordarci le parole d'ordine: ricerca e laicità. E soprattutto potremo sempre ricordarci la sua lezione profonda: la medicina
non è uno strumento senza colore. Non è una tecnologia. E' invece uno strumento di crescita collettiva, di progresso; ed è un grande esperimento di solidarietà. E' il terreno dove la scienza migliore si coniuga con l'obiettivo più nobile.