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martedì 29 marzo 2016

Francesco D'Antonio eccezionale veramente




Si classifica alle le finali di Eccezionale Veramente, gara di nuovi comici su La7, il salernitano Francesco D'Antonio.

Auguriamo tanto successo



sabato 26 marzo 2016

E' morto Paolo Poli, intramontabile del teatro

 
Fonte:Repubblica.it
di Alessandra Vitali
Avrebbe compiuto 87 anni a maggio. E' stato uno dei più importanti protagonisti del nostro palcoscenico. Una generazione cresciuta con i suoi racconti di favole in tv
 
 
E' morto a Roma, dopo una lunga malattia, Paolo Poli. Avrebbe compiuto fra poco 87 anni. I funerali si terranno a Firenze in forma privata, la data è da stabilire. E' stato uno dei più importanti attori teatrali italiani, una lunga carriera che ha toccato anche il cinema e la televisione. Un anno fa aveva annunciato l'addio alle scene. Nato a Firenze il 23 maggio del 1929, laureato in Letteratura francese, aveva cominciato a lavorare in teatro negli anni Cinquanta. In tutto sei fratelli, era legatissimo alla sorella Lucia ("siamo uguali, ci scambiamo anche i maglioni"), anche lei attrice. "Scompare un grande della cultura", dice il presidente del Consiglio Matteo Renzi. Un artista "libero e geniale" lo definisce il sindaco di Firenze, Dario Nardella. "Se ne va un simbolo di libertà, un uomo e un artista che ha attraversato il Novecento con spirito libero anche quando l'omosessualità era considerata tabù - si egge in una nota dell'associazione Gay Center - lascia una straordinaria eredità culturale e di vita che ci auguriamo faccia parte anche della cultura omosessuale italiana".
 
Spesso definito enfant terrible del teatro italiano, geniale, irriverente, non ha mai fatto mistero della propria omosessualità, raccontando spesso gli amori, le avventure, la serenità con cui la sua condizione veniva vessuta in famiglia, dai genitori, papà carabiniere e mamma maestra. A questo proposito, di definiva più "aristocratico" che coraggioso: "Aristocratico. Come Pasolini. Noi si andava da soli sul rogo, mentre i compagni di scuola, tutti sposati, li scoprivi alla stazione coi giovanotti".
 
E' il 1949 quando Poli partecipa ad alcune trasmissioni della Rai di Firenze. Fa prosa, macchiette, racconta fiabe. Presta la voce ai cavalieri, alle streghe e alle principesse che popolano il mondo di Stac, ovvero Carlo Staccioli burattinaio in Firenze, attività alla quale affianca le serate con la Compagnia dell'Alberello, la stessa che nel 1954, cresciuta in popolarità, riaprirà dopo trent'anni di black out il teatro Goldoni, luogo storico del capoluogo toscano. Sono proprio i piccoli palcoscenici di città, non solo fiorentini, il teatro delle prime esperienze di Poli. Arriva a Roma, per uno spettacolo al teatro la Cometa, grazie a un "book" speciale, le foto che gli aveva scattato l'amico Franco Zeffirelli. Recita in "Le due orfanelle" per sostituire Mario Girotti, ovvero Terence Hill, il futuro Don Matteo, titolare della parte ma in quei giorni ammalato. Dopo Roma, è la volta di Genova, è il '58 quando comincia a farsi apprezzare a "La borsa di Arlecchino", un piccolo teatro d'avanguardia. Prende corpo la sua vena surreale, poetica, esercitata in modo istrionico e con un'ironia implacabile. I suoi spettacoli sono straordinariamente comici, surreali, si rifà alla migliore tradizione della commedia brillante, gioca con le parole, con la lingua. Un talento che il pubblico apprezza e che piace ai capocomici, come Tina Pica e Polidor, che lo ingaggiano per i loro spettacoli.
 
Comincia ad essere popolare presso il grande pubblico. E poi c'è un'intera generazione cresciuta guardandolo raccontare favole in tv, erano gli anni Sessanta, il piccolo schermo in bianco e nero, lui attingeva alla tradizione e all'antichità, da Esopo in giù, e pescava anche dai più celebri racconti letterari. Dopo tante serie e miniserie tv fra gli anni Sessanta e gli anni Settanta, tornerà nel 2015, su RaiTre, con E lasciatemi divertire, insieme a Pino Strabioli. Per la Rai, nel 1976, è anche fra i protagonisti dello sceneggiato I tre moschettieri, con lui la sorella Lucia, Milena Vukotic e Marco Messeri, le scenografie erano di Lele Luzzati. Affianca Sandra Mondaini a Canzonissima, nel '74 si esibisce en travesti con Raffaella Carrà a Mina nel varietà Milleluci.

Poli raccontava spesso di aver rifutato un ruolo che Fellini gli aveva offerto in 8 1/2, ma mai disdegnò il cinema. A partire dal '54, quando Mario Costa lo dirige in Gli amori di Manon Lescaut. Segono Non c'è amore più grande di Giorgio Bianchi e Camping, dell'amico Zeffirelli, un episodio (Giorno di paga) di Cronache del '22 di Guidarino Guidi (1961) e Per amore... per magia... di Duccio Tessari, 1967. Nel '69 lavora con Roberto Faenza in H2S, poi altri film fino a Felice chi è diverso, nel 2014, regia di Gianni Amelio.

All'attività di interprete alterna quella di regista. Numerose le opere treatrali da lui firmate, da "Aldino mi cali un filino", "Rita da Cascia" (1967, una lettura così irriverente della storia della santa da dar vita a una lunga polemica, sul vilipendio della religione, che culminò con la richiesta, da parte di Oscar Luigi Scalfaro, di un'interrogazione parlamentare), "Caterina De Medici" (1999), "L'asino d'oro" (1996), "I viaggi di Gulliver" (1998), "La leggenda di San Gregorio", "Il coturno e la ciabatta", "La nemica" (1969, di Dario Nicodemi), "Femminilità" (1975).
 
Una vita senza mai lasciare il palcoscenico: a ottant'anni, nel 2009, recita nei "Sillabari", commedia tratta dai racconti di Goffredo Parise. Nel 2010 è nel lavoro ispirato ai racconti scritti DA Anna Maria Ortese fra gli anni Trenta e gli anni Settanta, "Il mare". Se non il volto, presta la voce: un successo l'audiolibro di Pinocchio. L'ultimo spettacolo nel 2014, Aquiloni. Un anno dopo, l'addio alle scene: lamentava la mancanza di serità e di denaro. E poi, diceva, "non ho più fiato, ho 86 anni. Qui c'è solo da morire, ma non ho paura della morte: quando arriva, dicevano i greci, non ci sono più io". La sua ultima, più applaudita apparizione poco meno di tre mesi fa: il 7 gennaio a Firenze per l'inaugurazione, dopo il restauro, del Teatro Niccolini, chiuso da vent'anni e che è stato a lungo una delle sue "case"'. Una vera e propria festa per l'attore, con una piece-intervista intitolata Teatrino, durante la quale aveva tutta la sua carriera aiutandosi con filmati e foto, ma soprattutto con la sua formidabile memoria.            
 
                                                                            
    

 

 

martedì 22 marzo 2016

GiulioTarro: «La mia vita per la medicina» ospite dei “Martedì letterari” a Salerno

 
 
Fonte La Città
di Stefano Pignataro
 
La medicina al servizio della vita. Un precetto che è stato una costante in tutta la carriera di oltre cinquant’anni di Giulio Tarro, medico e virologo di fama internazionale, professore di Microbiologia e di immunologia applicata all’Università di Napoli, direttore del National Cancer Institute dal 1971 al 1975 e presidente a vita della Fondazione T. & L. de Beaumont Bonelli, per le ricerche sul cancro, Giulio Tarro ha sempre trasmesso nella sua professione i veri valori dell’arte della medicina (come lui stesso definisce il suo mestiere), valori quali la serietà, la massima dedizione ed il rispetto per il paziente. Un anno fa è stato candidato al premio Nobel per la medicina per le sue ricerche. Il professore interverrà a Salerno domani alle ore 17 in Comune ospite dei “Martedì letterari”, associazione guidata da Giovanna Scarsi. Nell’occasione sarà presentato il volume di Giulio Tarro “La medicina è la vita” (Roma, pp.123, euro 12). Il libro dello scienziato si pone l’obbiettivo di approfondire, in una società in cui la professione medica ormai molto spesso si presenta priva di quei valori fondamentali che la devono caratterizzare, quali siano i doveri stessi di ogni medico e quale sia il limite da seguire di ogni professionista che si trova, talvolta, costretto a districarsi tra il progresso della Medicina, la tutela e la salute del paziente. Un altro aspetto del libro su cui Tarro si sofferma è la schematizzazione della scienza come una macchina feroce e cinica finalizzata al solo cieco progresso, ignara di un suo “umanesimo”, che, secondo il professore “ha sempre costituito un punto cardine nella ricerca e nella sua innovazione”.
Professor Tarro, come nasce il suo libro e quali sono i punti salienti su cui si sofferma?
Nasce da una presa di posizione molto precisa e determinata. Il messaggio che ho cercato di trasmettere ai colleghi ed al grande pubblico è che la medicina deve essere finalizzata a rompere le catene che ci rendono schiavi delle malattie indirizzando la ricerca specifica verso i valori sociali con il traguardo di lenire la miseria della gente sulla terra e non di conoscere il sesso degli angeli.
La medicina è la vita. Secondo lei, la medic. ina come si è posta, finora, al servizio dell'umanità? Cosa correggerebbe,(individuandone i problemi) e cosa invece promuove della sua professione?
Le scoperte della medicina non possono essere fine a se stesse, ma debbono essere intese come un patrimonio di conoscenza per tutti noi nel senso di migliorare la qualità della vita, aggiungendo non anni a questa, ma qualità agli anni. Il rapporto medico - paziente non può essere quello di adattare l’offerta come operatore di servizi, ma di ridurre la distanza ed aprire alla gente i laboratori ed i segreti del sapere medico per potere tutti insieme decidere cosa fare ed a quale prezzo.
Esiste un umanesimo della scienza?
L’uomo nel suo eterno peregrinare nella ricerca del sapere, nello svelare i misteri reconditi dell’universo, ha messo in risalto la cultura come l’attributo fondamentale per una vera democrazia e per una reale libertà: la vita è un concetto intuitivo, prima di definirla è necessario definire gli organismi viventi con tutti i loro caratteri essenziali che permettono il raggiungimento della verità. Oggi la medicina è in grado di manipolare la vita con immense responsabilità per futuri gravidi di scenari radiosi, ma anche di catastrofi! Il desiderio di conoscere come nella mitologia di Esiodo con Zeus, Prometeo, Pandora ha portato Bacone a sostenere che “scientia est potentia”. Pertanto la necessità della stesura di una normativa con le sue regole che debbono tenere conto della bioetica, termine coniato da Von Potter nel 1970 con il suo libro “Bridge to the future”, che deve essere intesa come patrimonio di conoscenza e dibattito per tutti noi.
Ha sostenuto tante battaglie contro la vivisezione degli animali, la tutela dell'ambiente. Quali valori vanno messi in campo contro queste ardue battaglie al di là di ogni retorica a maggior ragione oggi che la figura del medico vive una crisi esistenziale molto grave?
Un esempio pratico è fornito dalla oncologia e dall'accanimento terapeutico della chemioterapia. Bisogna avere una visione positiva della scienza medica, sommatoria del sapere biologico, filosofico, etico, giuridico ed anche teologico. Non più l’economia o la politica, ma è la scienza il vero motore della storia.
Da medico e da scienziato, come si pone rispetto ad una delle più scottanti questioni
dell'Italia di oggi, la questione dell'utero in affitto?

Siamo di fronte ad una nuova rivoluzione copernicana. In maniera dettagliata l’utero in affitto rappresenta una questione risolta biologicamente, ovviamente non sul piano bioetico e religioso.
 

Il Delle Arti si apre alla musica sinfonica con l'Orchestra Sinfonica di Salerno “Claudio Abbado”



Fonte :Comune di Salerno


Una nuova realtà musicale formata da 55 giovani orchestranti. Dal 7 aprile al Teatro delle Arti la prima stagione

È formata da cinquantacinque giovani musicisti, tutti del territorio salernitano, l’Orchestra Sinfonica di Salerno Claudio Abbado. A dirigerla è un musicista altrettanto giovane, Ivan Antonio, ventinove anni, laureato con lode in Musica applicata ai contesti multimediali ed in Composizione presso il Conservatorio Statale di Musica “Giuseppe Martucci” di Salerno.

Il suo curriculum riporta diverse ed importanti collaborazioni non solo nella direzione d’orchestra (nel 2001 ha debuttato dirigendo l’opera di G. Puccini “Madama Butterfly a Roma per per l’Associazione “Corelli Chamber Orchestra” e l’Orchestra Sinfonica Ensemble Contemporaneo per un ciclo di concerti su musiche di W. A. Mozart e L. Van Beethoven, giusto per citare la prima esperienza) ma anche nella composizione (ha composto ed eseguito per il “Festival Viviani d’impiego civile” le musiche per l’opera cinematografica di E. Guazzoni “Un amore selvaggio” film muto del 1912 con Raffaele e Luisella Viviani). Il segretario artistico è il M° Fabio Marone, laureato in Fagotto con il massimo dei voti al Conservatorio di Musica Giuseppe Martucci di Salerno e per il quale ha rivestito il ruolo di presidente della Consulta degli Studenti.

A volere fortemente la nascita dell’orchestra è stato il dott. Giovanni Di Lisa, imprenditore salernitano originario di Padula, che sin da ragazzo ha coltivato la passione per la musica. Un legame così forte che l’ha portato anche ad essere autore di una composizione sinfonica. Sarà proprio il suo ultimo lavoro allo spartito, “Il segreto – fantasia per orchestra in re min. op.7”, a far da battesimo il prossimo 7 aprile alla nascente Orchestra Sinfonica di Salerno Claudio Abbado. Ad ospitare i concerti della formazione orchestrale, diretta dal M° Ivan Antonio, sarà il Teatro delle Arti di Salerno che diventerà così la casa della prima stagione artistica dal titolo “musica… eterna bellezza”. Il tema scelto per la sera del 7 aprile è “soave tormento”; in programma oltre alla composizione di Giovanni Di Lisa ci saranno anche di G. Rossini il “Guglielmo Tell – sinfonia” e di L. van Beethoven la “Sinfonia n. 5 in do min op. 67”.

Il secondo appuntamento in cartellone ci sarà il 5 maggio, “ l’opera… assoluta meraviglia”, con la partecipazione di Annalisa D’Agosto (soprano), Beatrice Amato (mezzosoprano), Alessandro Fortunato (tenore) e Luigi Cirillo (baritono). Il programma, ancora da definire, si articolerà su celebri arie e sinfonie d’opera. D’estate l’Orchestra Sinfonica di Salerno farà tappa in quello che è lo scrigno culturale del Vallo di Diano, la Certosa di San Lorenzo a Padula. Il concerto rientrerà nel cartellone degli eventi estivi che avrà come location d’eccezione il sito riconosciuto Patrimonio dell’Unesco. Il 14 ottobre, sempre al Teatro delle Arti, con “terramia” l’Orchestra sarà protagonista di un evento in omaggio a Pino Daniele ed il 18 novembre 2016, si chiuderà la stagione con “#l’immenso suona”, il Concerto Sinfonico per il quale ci sarà l’esecuzione del “concerto per violoncello ed orchestra n. 2 in si min. op. 104” e la sinfonia n.9 “Dal Nuovo Mondo” in mi min. op. 95 di A. Dvorak. A salire sul palco del Teatro Delle Arti da solista sarà Raffaella Cardaropoli, la giovane violoncellista di talento che ha conquistato il podio del Premio Claudio Abbado 2015. Tutti i concerti hanno inizio alle ore 21. Info e prenotazioni su www.orchestrasinfonicasalerno.it | www.ossca.it

L’ASSOCIAZIONE. Per seguire, passo dopo passo, le azioni dell’Orchestra è stata istituita un’apposita associazione, presieduta dal dott. Giovanni Di Lisa. Ogni componente del direttivo ha una funzione ben precisa: il M° Ivan Antonio è il direttore artistico e musicale; il M° Fabio Marone è il segretario artistico ed il direttore di produzione; l’arch. Tiziana Bove Ferrigno, assessore alla Cultura Turismo e Spettacolo del Comune di Padula, è la delegata agli affari istituzionali ed alle pubbliche relazioni; Gaetano Basile è il direttore marketing; il M° Giovanni Liguori è l’ispettore d’orchestra; il dott. Maurizio De Biase, il consulente fiscale e l’avv. Domenico Di Donato è il consulente legale. A Mirko Torre è stato affidato
 
 
 

In tutte le piazze d'Italia il 21 marzo dal 1996 l'elencazione delle vittime di mafia






Fonti varie in rete

Dal 1996 ogni 21 marzo, giorno d'inizio di primavera e simbolo di rinascita, si celebra la Giornata della Memoria e dell'Impegno per ricordare le vittime innocenti di tutte le mafie, promossa da Libera e da altre associazioni.
La Giornata vuole tenere viva la memoria delle oltre 900 vittime innocenti delle mafie: cittadini, magistrati, giornalisti, appartenenti alle forze dell'ordine, sacerdoti, imprenditori, sindacalisti, politici e amministratori locali morti per mano della criminalità organizzata solo perché hanno compiuto il loro dovere.

A Salerno

Tanti studenti, giovani, prof e associazioni, sindacati e movimenti: tutti in piazza a Salerno per ricordare le vittime innocenti delle mafie. Nutrita la partecipazione alla XXI giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime di mafia, con striscioni affissi in tante scuole e poi il corteo colorato e composto che ha attraversato il centro della città, dalla stazione a piazza Portanova. La manifestazione “ponti di memoria luoghi di impegno”, promossa da Libera e Avviso Pubblico, si è svolta in contemporanea in tutte le piazze d’Italia con il patrocinio del Comune e sotto l’alto patronato del Presidente della Repubblica. Al termine del corteo che ha sfilato lungo corso Vittorio Emanuele, il collegamento in diretta con don Luigi Ciotti dalla Sicilia, dopo il lungo elenco dei nomi delle vittime di mafia sillabati dal palco.

                          
                               
                   

lunedì 21 marzo 2016

Giornata Mondiale dell Poesia 2016


La Giornata mondiale della poesia cade ogni anno il 21 marzo, primo giorno di primavera (anche se la data dell’equinozio non è così precisa come vuole la tradizione). Tale Giornata è stata istituita dall’UNESCO per riconoscere alla poesia un ruolo privilegiato nella promozione del dialogo tra le culture, della comunicazione e della pace.
Nel celebrare questa Giornata mondiale della poesia 2016 Irina Bokova, direttore generale dell’UNESCO, si ricollega a William Shakespeare, di cui quest’anno ricorrono i quattrocento anni dalla nascita, e lo fa citando un passo di Sogno di una notte di mezza estate: «L’occhio del poeta, rapito dal suo bel delirio, dirige lo sguardo dal paradiso alla terra: e, come la fantasia riesce a dar corpo alle cose sconosciute, la penna del poeta le traduce in forme e concede a un nulla fatto d’aria un luogo dove vivere e un nome». Per Bokova, «l’Unesco riconosce il valore della poesia come simbolo della creatività della mente umana. La poesia contribuisce all’espansione della nostra comune umanità e aiuta a rafforzarla, a renderla più solidale e più cosciente di se stessa». Inoltre, «le voci che trasmettono la poesia contribuiscono a valorizzare la diversità linguistica e la libertà d’espressione. Collaborano nello sforzo mondiale a favore dell’educazione artistica e alla diffusione della cultura».
«A volte – continua Irina Bokova nel suo messaggio per la Giornata mondiale della poesia 2016 – la prima parola di una poesia è sufficiente per recuperare fiducia dinanzi le avversità e trovare il cammino della speranza dinanzi alla barbarie. Nell’epoca dei robot e dell’immediatezza estrema, la poesia apre uno spazio di libertà e avventura nei confronti della dignità umana. Ogni cultura ha la propria arte poetica e la utilizza per trasmettere conoscenze, valori socioculturali e una memoria collettiva che rafforza il mutuo rispetto, la coesione sociale e la ricerca della pace».
 
 
Infine, sostiene Bokova «la poesia ha la capacità di unirci, indipendentemente dalle origini o dal nostro credo, per mezzo di quello che di più profondo ha l’umanità».


                         
                       




domenica 20 marzo 2016

Al Centro sociale di Pastena (Sa) “Homologia” Premio scenario 2015



Fonte:www.lapilli.eu
di Maria Serritiello


Continuano le rappresentazioni teatrali “Mutaverso”, ideazione e direzione artistica di Vincenzo Albano, presso l’Auditorium del Centro Sociale di Salerno, stagione che ha avuto inizio il 3 febbraio scorso al Piccolo Teatro del Giullare. Il 17 marzo, la compagnia parmense “Dispensa Barzotti” ha portato in scena una prima assoluta per la Campania, dal titolo “Homologia”, scritta da Rocco Manfredi, Riccardo Reina, che ne sono anche gli interpreti ed Alessandra Ventrella, a cui va la regia. Lo spettacolo, selezione speciale “Premio scenario 2015” è uno studio sull’uomo e sulle sue azioni che si ripetono alla stessa maniera, giunta l’età avanzata. Un ‘esperienza non verbale e surreale molto suggestiva.

Buio in sala e buio pesto in scena, poi una flebile luce illumina un anziano signore, avvolto in una vestaglia da camera, seduto in poltrona. Con movimenti lenti, che scandiscono il tempo, si porta nella parte opposta della scena per la sua vestizione. Il volto è coperto da una pesante maschera di gomma, naso adunco, rughe marcate, ciglia, capelli folti e canuti, una fisionomia che richiama gli archetipi sardi e praghesi. I gesti si ripetono automatici nel silenzio scandito dal ticchettio amplificato di un orologio. Il vecchio è solo, immerso nel vuoto, in un costante dormiveglia, rotto a tratti da un invisibile ronzio di un insetto che tenta di schiacciare sulla fronte per liberarsene. Apre il giornale, sfoglia le pagine e ne segue le notizie, ma esse prendono il volo per la stanza, sono già consumate. Tutte le azioni mimate, data la spettacolarizzazione non verbale, sono compiute con la lentezza che la vecchiaia impone, un lavorio di gesti trattenuti, che gli attori manifestano con precisione. E’ il giorno del suo compleanno ma la festa non c’è, anzi intorno a sé ha solo l’ingrato silenzio che lo rimanda a sognati ricordi, materializzati grazie a sapienti giochi di luci. Ed ecco la torta, palloncini gonfiati, ed il pacco regalo, che scartoccia con rilassata curiosità. Si gingilla con la radio, cercando una rete stabile oltre ai frammenti che emana. Nella trasfigurazione onirica, prima dell’ultimo viaggio, incontra il suo doppio ed il suo sé giovane e con lui intreccia una pantomima, in un ultimo anelito incantato.

Uno spettacolo “Homologia”, attraente e sognante, per le creazioni magiche e di mimo plasmate. A parlare e a dare senso al tutto rappresentato, sono le immagini in movimento e l’angoscioso silenzio, reso ancora più opprimente dal buio pece, nel quale ognuno può versare il suo stato d’animo, al di là di ciò che si vede. I giochi delle maschere, i chiaroscuri e gli occasionali scoppi, che interrompono la tensione, rendono il tutto più attraente. Tutto lo spettacolo è imperniato su movimenti calibrati e sincronici e cambi veloci, agevolati dall’oscurità in cui due attori si sono mossi all’unisono. Bravi Rocco Manfredi e Riccardo Reina, guidati dalla sapiente regia di Alessandra Ventrella, a riprendere spettacoli che si ben caratterizzano nel teatro buio praghese. Aleggia infatti, nella rappresentazione, il teatro di Pintor, Kantor e lo stesso Beckett, ben comprendendo che il percorso iniziato dai i giovani attori è solo all’inizio.

Vincenzo Albano Direttore Artistico Mutaverso Teatro

È dottore in Lettere Moderne e fa parte del gruppo di ricerca coordinato dalla professoressa Antonia Lezza, docente di Letteratura Italiana e Letteratura Teatrale Italiana dell’Università di Salerno. Orienta i suoi studi post-laurea verso gli aspetti organizzativi del teatro. Presso l'Università Statale di Milano-Bicocca frequenta il Master annuale in Cultura d’impresa dello spettacolo dal vivo e partecipa, nello stesso periodo, alla sessione open di Organizzazione teatrale internazionale presso la Scuola Civica Paolo Grassi.

Vince successivamente una borsa di studio per il corso di produzione teatrale tenuto da Mauro Carbonoli, nell’ambito del progetto FormArt diretto da Ruggero Cappuccio.

 Nel triennio 2010-2013 ha lavorato al fianco di Maurizio Scaparro come assistente di produzione e alla regia, in particolare presso la Compagnia Italiana - Centro Europeo di Teatro d’Arte e la Fondazione Teatro della Pergola di Firenze.

Agli inizi di settembre 2012 fonda l'associazione culturale Erre Teatro con sede a Salerno

Maria Serritiello
 
 
 
 

sabato 19 marzo 2016

Festa del papà Jace


                                          Auguri piccolo Jace anche tu sei papà...

A mio padre






Giorno Festivo
 

Sei quello

dei giorni tutti uguali,

lavorativi e poco rischiarati.

Festivo

un solo giorno!

Fu con mia madre

quando,

sfuggita da una  camicia

di bianco raso,

ti sorrise.
 
Maria Serritiello
 
Dalla raccolta "Solo a Metà"

 
 
 

 

giovedì 17 marzo 2016

Eco, Bologna gli intitola piazza coperta



Fonte:Ansa.it

La piazza coperta della biblioteca di Sala Borsa a Bologna sarà intitolata a Umberto Eco, morto il 19 febbraio. Domenica 20 marzo, nel trigesimo della scomparsa del professore, interverranno il sindaco Virginio Merola, il rettore Francesco Ubertini e la direttrice della Scuola superiore di studi umanistici dell'Alma Mater, Patrizia Violi. Il ricordo del Comune e dell'Università sarà alle 17, all'auditorium Enzo Biagi della biblioteca, in piazza Nettuno.

 

Stanze segrete in tomba di Tutankhamon


Fonte:Ansa.it

Due stanze segrete sono state scoperte dietro la tomba di Tutankhamon, sui lati occidentale e settentrionale, con materiale organico e metallo. Lo ha annunciato il ministro per le Antichità egiziano, Mamdouh Eldamaty in una conferenza stampa.
    Si tratta del risultato della scansione ai raggi X della tomba compiuta il 26 e 27 novembre 2015, ha detto il ministro aggiungendo che le ricerche proseguiranno per scoprire la natura dei materiali ritrovati.
 
 

lunedì 14 marzo 2016

Morto Riccardo Garrone, protagonista della commedia italiana


Fonte:Repubblica.it

Aveva 89 anni. Una carriera lunga più di mezzo secolo dal cinema alle serie tv. Negli anni recenti la grande popolarità tv con il ruolo di San Pietro in uno spot del caffè
 
Tutti lo ricordano per il ruolo di San Pietro nello spot ambientato in Paradiso di una celebre marca di caffè. O per il personaggio del geometra Calboni nel quarto film di Fantozzi. In realtà l'attore Riccardo Garrone morto oggi a Milano, è stato uno dei grandi protagonisti della commedia italiana. Avrebbe compiuto 90 anni il prossimo novembre.
Una carriera lunga più di mezzo secolo, quella di Garrone, partita dal teatro (con le compagnie Gassman-Torrieri-Zareschi e Morelli-Stoppa) e dal cinema e approdata alle serie tv. Dopo l'accademia drammatica, l'esordio con Mario Mattoli in Adamo ed Eva. Proprio Mattoli ne intuisce le qualità e lo sceglie in seguito per altri ruoli, il primo dei quali sarà l'ufficiale delle guardie in Due notti con Cleopatra, del 1953. Tra i ruoli comici si ricordano quelli del prete don Fulgenzio in Venezia, la luna e tu al fianco di Alberto Sordi e Nino Manfredi, il fusto in Belle ma povere, il poliziotto in Guardia, guardia scelta, brigadiere e maresciallo. Non sfigura nei ruoli drammatici, come in Il bidone di Fellini (con il quale girerà anche La dolce vita), La romana di Luigi Zampa (con il quale lavorerà anche in Bello, onesto, emigrato Australia sposerebbe compaesana illibata) e La ragazza con la valigia di Valerio Zurlini. Numerosi gli autori importanti con i quali aveva lavorato: oltre a Fellini, Mattioli, Zampa e Zurlini, anche Monicelli, Risi, Scola, Damiani. Nel 1990 era stato nel cast di Aggiungi un posto a tavola, al Teatro Sistina di Roma: il suo ruolo era quello della voce di Dio.
Attivo anche nel doppiaggio, Garrone aveva prestato la voce a numerosi personaggi di telefilm americani e, nel 2010, al malvagio orsacchiotto Lotso nel film Toy Story 3 - La grande fuga. Dopo quasi sessant'anni di attività, la sua popolarità era tornata a crescere con gli spot pubblicitari di una nota marca di caffè, nel ruolo di San Pietro, interpretato dal 1995 al 2014, in compagnia prima di Tullio Solenghi (che lo sostituirà nel ruolo nel 2014), poi di Paolo Bonolis e Luca Laurenti e infine di Enrico Brignano (2012-2014). Nel 1998 aveva interpretato il ruolo di Nicola Solari nella serie televisiva Un medico in famiglia. Sarebbe poi tornato a indossare i panni del personaggio nel 2004, nella quarta stagione, prendendo parte solo a due episodi. Nel 2014, vista l'età molto avanzata, si era ritirato dall'attività.
 
 
 
 

sabato 12 marzo 2016

Festival Nazionale Teatro XS città di Salerno “Twentyone” con la Compagnia dei Cattivi di Cuore d’Imperia

 
Fonte:www.lapilli.eu
di Maria Serritiello

Twentyone di Manuela Anna Greco, liberamente tratto da “Maria vita mia” di Alberto Carli, per la regia di Gino Brusco e la Compagnia dei Cattivi di Cuore d’Imperia, è stata la terza rappresentazione in gara al Festival Nazionale Teatro XS città di Salerno.
Da subito lo spettacolo prende, la dolenza di una madre che di lì a poco sarà rappresentata, lo impone e di sofferenza in un’ora tonda di spettacolo ce n’è. In scena Giorgia Brusco, esile, bionda, incarnato chiaro, corpo asciutto, ricoperto da una semplice veste bianca, è sola e scalza. Lo scenario è scarno, disegnato semplicemente da sfilati di plastica trasparente, che pendono ovunque e l’avvolgono in una specie di sacca fetale. Il pulsare amplificato del cuore rendono perfetta l’emozione di essere nel suo ventre, proprio come la creatura che dovrà espellere. C’è l’attesa e c’è la consapevolezza di essere come sua figlia, all’atto della nascita, il palloncino rosso che la rappresenta. Ogni madre si finge, durante i nove mesi della gravidanza, tutti i contorni del proprio sangue, così lei, ma che dovrà dolorosamente apprendere di sua figlia dagli occhi a mandorla, a causa della trisomia 21.
“Ciao...allora, tutto bene...E' una bambina." I medici lo chiamano. Lui va e appena si gira per farmi ciao con la mano. Aspetto. In silenzio aspetto. Ritorna. C'è un problema. La bambina ha un problema grave. Lo so. Lo sento. Lo capisco." I medici dicono che la bambina è affetta da sindrome di Down." "Ne sono convinti perché hanno visto che la linea palmare delle mani è unita. Dicono che questo è un segno inequivocabile. Per loro Maria Down."...
Sono parole che la gettano in un totale inferno e senza via d’uscita, l’inizio di un lungo travaglio che durerà l’intera vita. Il monologo va avanti, scavando in profondità tutti i passaggi che questa madre dovrà compiere per giungere alla serenità del cuore, ma non è facile, anzi, dovrà, fino allo sfinimento, dalla disperazione all’imprecazione, giungere alla sublimazione del dolore.
Una volta, consapevole che sua figlia è down, inizia la sua gigantesca battaglia contro tutti, contro quelli che non le danno speranza, contro quelli che non credono nel miracolo dell’amore, così fa di tutto per educarla a vivere una vita il più possibile normale, uguale a quella degli altri o magari senza tante differenze.
  “Avevo un quadro davanti. Anzi, no. Era una tela bianca. Io dovevo dipingere il quadro. La vita di Maria. Bambina, ragazza e donna down”
Non vuole leggere la pietà sul volto di chi guarda madre e figlia, così con una forza ossessiva, l’indirizza a saper gestire il proprio corpo in tutte le sue funzioni, sarebbe stato orrendo vederla colare bava agli angoli della bocca. In questo processo di madre “feroce” come l’avrebbe definita Pier Paolo Pasolini, compie un percorso essa stessa di accettazione della diversità, una mission di coraggio e di forza, perché la sua creatura abbia nuove possibilità di vita. Sa che non deve arrendersi e non lo farà, se vuole consegnarle un futuro il più accettabile possibile.
“In quella tela ci dovevo mettere la mia famiglia. Mia madre, mio padre, mio marito, Sara, la prima figlia, la più grande, di otto anni, e i miei fratelli. Anche a loro dovevo dare una speranza. E loro dovevano essere coinvolti perché sarebbero stati importantissimi per Maria. Maria doveva avere una grande famiglia intorno e, al tempo stesso, sentirsi lei parte importante e fondamentale. Ecco, io dovevo prospettare un futuro. E certo avrei dovuto lottare e impegnarmi più del normale”.
La pièce teatrale è drammaticamente reale, il corpo asciutto, scavato e l’espressione intensa del viso di Giorgia Brusco, ne danno la dimensione. Madre e figlia legate ad un solo filo, quello della disperazione di essere sole ed infatti intorno a questa madre coraggio e a Maria non c’è nessuno, tutte e due isolate, come anche il pubblico, in balia per un’ora, all’interno del disperante monologo e a fare i conti con i sensi di colpa.
Una grandissima interpretazione di Giorgia Brusco, per la tragicità, la rabbia, la disperazione ed i contorcimenti fisici. Perfetta la sua gestualità del viso mobile ed intenso, fino alle lacrime. Con la sua recitazione essenziale, dai toni alti, bassi, addolciti, striduli ed accompagnati da una fisicità estrema, Giorgia Brusco ha stigmatizzato un personaggio ricordevole. Il testo è invaso sì, da retorica a buon mercato, ma rende alla meglio gli stati d’animo che attraversano la donna. Ottima la regia di Gino Brusco, anche per la scelta di un tema così invasivo. Buona la selezione musicale che accompagna ed esalta i momenti salienti della rappresentazione, in cui si riconoscono, brani di Ludovico Einaudi ed il Dies Irae di Mozart.
Maria Serritiello
 
 
                                                            

Mario Papa e la sua guida turistica di Salerno



Fonte:www.lapilli.eu
di Maria Serritiello
Fa un certo effetto, a persone con qualche anno in più, avere tra le mani la guida turistica di Salerno e per giunta in lingua inglese. Mancava e a pensarci è stato Mario Papa, professore della suddetta lingua, oltre a tanto altro. La nuova Salerno, visitata da innumerevoli turisti italiani e stranieri, sbarcati da navi da crociere, quali: Msc, Royal Caribbeann, Carnival, Pulmantours cruises, Thomson cruises, ha avviato politiche di rinnovo e di accoglienza, per cui ben venga la guida della città, allo scopo di visitarla in maniera ragionata.
Ed eccola descritta in 8 itinerari, racchiusi da una copertina patinata, la foto del mare con scafi e castello di Arechi, issato sul monte Bonadies, posta all’inizio, già promette il meglio. Il suo formato è pratico, non impaccia anzi è piacevole averla tra le mani e sfogliarla per acquisire notizie storiche, immagini, cartine e tutto quanto può essere utile nel tour della città. Un lavoro egregio portato avanti con un rigoroso impianto e dopo uno studio approfondito, consultando esperti professori quali: Paolo Peduto, Antonio Braca e Felice Pastore.
L’esigenza primaria, di un siffatto lavoro, l’autore l’ha desunta dalla sua attività di volontariato, con il gruppo archeologico salernitano, presso il complesso di San Pietro a Corte, dove gruppi di visitatori, per lo più stranieri, cercavano, una vera e propria guida in lingua inglese, che potesse aiutarli a visitare la città.
Mario Papa, da salernitano doc ed orgoglioso della sua territorio, ha deciso di colmare questa mancanza, dedicandosi, con il suo solito entusiasmo, alla compilazione della prima guida sulla città, edita da Edisud Salerno, supportata dalle Autorità Portuali e dal Comune di Salerno. 72 sono le pagine, tutte a colori, più di 100 le foto ad un costo minimo di euro 7,50.
Il professore Papa, ormai in pensione, è approdato a quest’ultima impresa, trascinato dall’entusiasmo e dalla passione che l’hanno caratterizzato in tutti questi anni e che gli hanno consentito di raggiungere sempre ottimi risultati. Il suo è un curriculum professionale di elevato livello, qui se ne prova a dare una sintesi:
Fin dalla fondazione nel 1970, ha partecipato attivamente al movimento LEND, Lingua e Nuova Didattica, contribuendo alla rivista, nel corso degli anni, con vari articoli.
Suoi articoli sono stati pubblicati in Modern English Teacher, Perspectives, Practical English Teaching, RILA (Rivista italiana di linguistica applicata).
Dal 1978, è stato nominato dal Ministero della Pubblica Istruzione direttore di numerosi corsi di aggiornamento tra cui il “Progetto Speciale Lingue Straniere” al quale ha collaborato fin dall’inizio.
Autore di numerose pubblicazioni, articoli di metodologia e didattica, corsi di lingua inglese per la scuola media, per la scuola elementare e per le scuole superiori, sussidi audiovisivi, scritti da solo e/o in collaborazione con Giuliano Iantorno, Janet Shelly, Alison Silver e altri amici.
Sul suo libro, collaborato da Giuliano Iantorno, hanno studiato intere generazioni di giovani scolari al sud come al nord.
E non è tutto, estrinseca la sua fervida creatività in molti hobbies, per citarne alcuni, Mario si diverte a suonare la batteria in una band di amici ed il piano a casa. Gli piace anche correre e dal 1995 al 2003 ha partecipato a 12 maratone (tra cui New York, Londra, Roma, Venezia ed altre) Nel 2001 è stato campione italiano master dei 1.500 metri.
Mentre la sua mente ferve per nuove imprese, si aspetta a breve la versione in lingua italiana della meticolosa guida, per scoprire luoghi della città sconosciuti perfino ai più dei salernitani.
Maria Serritiello
 
 

mercoledì 9 marzo 2016

“Radio Aut. La voce di Peppino Impastato” di Pierpaolo Saraceno II° spettacolo dell’VIII Festival Teatro XS, Città di Salerno

 
Fonte:www.lapilli.eu
di Maria Serritiello

E’ “Radio Aut. La voce di Peppino Impastato” di Pierpaolo Saraceno, della Compagnia Onirika del sud di Augusta (SR), la seconda rappresentazione dell’VIII Festival Teatro XS, Città di Salerno, spettacolo, evocativo, vigoroso, intenso che commuove e coinvolge il pubblico in sala. Pierpaolo Saraceno, in un crescendo di parole gridate con l’energia giusta, trascina e con impeto, per un’ora e mezza, nella vita del giovane Impastato.
Ciò che bisogna sapere a monte per comprendere a pieno lo spettacolo è che Peppino aveva avuta la disgrazia di essere nato in una famiglia di mammasantissima, suo padre, infatti, era il cognato del capo mafia, Cesare Manzella, e di non condividere la loro vita scellerata. Lui è diverso, non sopporta le ingiustizie e si dà da fare per opporsi a quella maniera di vivere. Ciò che ne guadagna è la cacciata di casa dal padre. Rotto ormai con la famiglia, avvia un'attività politico-culturale anti mafiosa, attraverso Radio Aut, una radio libera, da lui fondata nel 1977, a Terrasini, in provincia di Palermo e ricevibile sulla frequenza di 98.800 MHz, con la quale sberleffa il capo Tano Badalamenti.
Ed eccolo Peppino, come i flashback dello spettacolo ce lo restituiscono, indignato, inasprito, irridente e combattivo, arringare duramente il “Tano Seduto” di Mafiopoli, che altro non è il boss Tano Badalamenti, distante dalla sua casa, di cento passi. La scena è nera, come il presagio della mamma, prima che lo spettacolo finisca ci sarà una mattanza, ma lui deve spiattellare la verità, deve superare a tutti i costi il muro omertoso, la sua Sicilia merita questo sforzo. Ha appena trent’anni, il coraggio non gli manca, la giovinezza pure per dare inizio alla campagna denigratoria nei confronti del super boss. Spera che la sua onesta intenzione possa essere capita, desidera coinvolgere la sua gente, crede, ingenuamente, che se si conoscono le malefatte è più facile ribellarsi e spezzare la catena del silenzio. Non è così, o meglio non sarà possibile con lui in vita, dovranno accompagnarglisi, nel sacrificio cruento, ancora tante anime cristalline: Don Puglisi, Don Diana, Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e tante morti di uomini eccellenti, perché si abbia la coscienza sociale del problema, la lotta dal basso e popolare, ancora un mito. Per combattere il malefico bubbone, come lui ha fatto, occorrerebbe l’istrionismo spavaldo di una giovinezza incosciente, votato alla lotta oltre ogni limite, per l’appunto, lui, Peppino Impastato.
La riduzione teatrale, ad opera di Pierpaolo Saraceno, che ne è l’interprete ed il regista, ci restituiscono fedelmente, anche per merito dell’accurata ricerca dei documenti originali, la figura di Peppino Impastato, con la sua voglia ardente di dare la spallata al potere becero e greve.
L’opera risulta toccante, coinvolgente in maniera esponenziale, se ne conosce il finale, quasi viene voglia, lui in scena, di metterlo in guardia, raccomandarlo di non andare oltre, come fa sua madre e con le sue stesse parole “Peppino sta attento. Peppino tu non lo puoi fare. Peppino tu lo sai a quale famiglia appartieni”.
Molto intensa l’interpretazione di Pierpaolo Saraceno, non molto alto, capelli fulvi, testa leonina, un curriculum professionale di rispetto, che con sprezzo, accompagnato dalla mimica facciale del disgusto ci lancia contro che la mafia è una montagna di merda. E lo è, ne siamo tutti convinti ma pochi hanno il coraggio di dichiararlo così apertamente.
 E’ il 9 maggio del 1978 quando a Cinisi, Peppino Impastato a 30 anni muore dilaniato dall’esplosione di una carica di tritolo posta sotto il suo corpo adagiato sui binari della ferrovia.
Toccante, nella trasposizione scenica, la sua morte, annunciata dal suo vociare divenuto man mano sempre più flebile e dal canto accorato, accompagnato dalla chitarra “Amara terra mia” di quel mostro passionale di Domenico Modugno e che Pierpaolo canta, agnello sacrificale, con le lacrime. Relegata in un angolo della scena, la madre, Mariapaola Tedesco, che di tanto in tanto ha spezzato il ritmo della rappresentazione, avvolta in uno scialle nero, il volto dolcissimo, una madonnina impallidita dal dolore, veglia impotente sul sacrificio del figlio, che di lì a poco si compirà. Espressione giusta, voce immalinconita dal presagio e la dolenza delle varie pietà raffigurate nella storia dell’arte, questa è Mariapaola Tedesco. Interprete eccezionale, Pierpaolo Saraceno, lui Peppino Impastato se l’è studiato bene, lo sente nelle sue corde più profonde e lo porge magnificamente a noi, amplificato dalla la musicalità del dialetto che rende tutto più viscerale. Forse, data la giovane età, lo ha preso anche come modello di riferimento se, come lui stesso dice, ad ogni fine rappresentazione, lo spettacolo lo dedica a tutte le vittime dell’ingiusta mafia. Il leitmotiv, più volte ripetuto, all’interno ed a conclusione del pezzo, “Facciamo finta che”, di Ombretta Colli, ci dice che di Peppino Impastato ce ne vorranno tanti e non solo ad uno affidare la lotta.
 
Maria Serritiello
 
 
 


In “Ridotto? Si, ma che spasso” Luciano Capurro e Alessia Moio al Teatro Ridotto di Salerno


Fonte:www.lapilli.eu
di Maria Serritiello

Penultimo spettacolo di “Che Comico 2015/2016” al Teatro Ridotto di Salerno, il 27 e 28 febbraio scorso. Ad esibirsi è Luciano Capurro in compagnia di Alessia Moio in “Ridotto? Si, ma che spasso”. Un tentativo, il suo, di distinguersi da una certa comicità, troppo a buon mercato, purtroppo imperante, oggi, con uno spettacolo di varietà, a difesa di un patrimonio culturale, in via di estinzione, che è quello del bel canto e del divertimento, senza mai scadere nella volgarità. Tale operazione presuppone capacità musicali ed un equilibrato gusto teatrale, doti che Luciano Capurro ha. A lui va riconosciuto lo sforzo notevole di  essere uno degli ultimi aedi di una forma teatrale quasi  estinta: il teatro di varietà, o teatro di arte varia, un genere di spettacolo  di carattere leggero nato alla fine del XIX secolo a Napoli come imitazione del Café-chantant francese. Plauso, dunque, incondizionato a tanta caparbietà e professionalità, quale quella mostrata da Luciano, pronipote di Giovanni Capurro, autore dei versi della celeberrima canzone " 'O sole mio", un inno cantato in tutto il mondo e dalla sua partner, Alessia Moio, apprezzata musicista, garbata show girl, dotata di un impianto vocale degno di fortune decisamente migliori.
Ad iniziare è Luciano con un breve prologo introduttivo, volto a chiarire le aspettative che spera di esaudire con lo spettacolo, per poi testimoniare di quale timbro di voce eccezionale è dotato. È poi la volta di Alessia che con fare ammiccante, ma discreto, suscita l'ilarità tra e con il pubblico, con lazzi, e doppi sensi, il tutto condito da una voce piacevole e ben impostata. E così, tra piacevoli canzoni dei tempi andati e sketch quasi familiari si trascorrono ore godibili di spettacolo e bella musica. Non mancano momenti di grande spessore musicale, quando, all’ennesimo bis, Luciano duetta sulle note del recente brano,” Il Volo”, portato al successo dal trio dei giovani cantanti al Festival di Sanremo, lo scorso anno. Si lascia il teatro a malincuore, lo spettacolo, ben assemblato, ha divertito il pubblico che, per una serata, ha rinunciato alla comicità corrente per godersi a pieno il vecchio varietà
 
Maria Serritiello
 
 

domenica 6 marzo 2016

40° anniversario della morte di Alfonso Gatto, iniziative fino a maggio

 
 

Fonte: in rete

Martedì 8 marzo un ricco programma in memoria del poeta salernitano

Ore 9.30, Cimitero: omaggio alla tomba del poeta

 Ore 11.00, Teatro Verdi: Toni Servillo legge Alfonso Gatto
 
Martedì 8 marzo sarà una giornata di celebrazioni in occasione dei quaranta anni dalla scomparsa di Alfonso Gatto. Il Comune di Salerno, con la collaborazione dell'Università di Salerno, delle fondazioni Alfonso Gatto e Casa del Contemporaneo, della Galleria Il Catalogo, e con il patrocinio della Regione Campania, promuove un ricco programma di iniziative per ricordare il grande poeta salernitano.
 
Si inizierà alle ore 9.30, presso il Cimitero Monumentale di Salerno, per un omaggio della città alla tomba del poeta. A seguire, alle ore 11.00, al Teatro Municipale Giuseppe Verdi, al termine di un momento musicale offerto dall' Orchestra Filarmonica del massimo teatro cittadino, il grande attore Toni Servillo leggerà le poesie di Alfonso Gatto.
Nelle settimane successive sono, poi, in programma incontri, convegni e pubblicazioni dedicati alla figura ed alla attività culturale del poeta salernitano. Nel mese di maggio, infine, su una parete dell'Istituto di Cultura Italiana a Parigi, sarà riprodotta una poesia di Alfonso Gatto dedicata alla Costiera Amalfitana.
 
Alfonso Gatto ((Salerno, 17 luglio 1909Orbetello, 8 marzo 1976) è stato un poeta e scrittore italiano

Fonte: wikipedia
 
La sua infanzia e la sua adolescenza furono piuttosto travagliate. Nella sua città natale, compì i primi studi al liceo classico, mostrandosi portato per le materie letterarie, in particolare l'italiano, e poco incline alla matematica. Al liceo si accorge di aver dentro di sé una passione poetica e letteraria.
Nel 1926 si iscrisse all'Università di Napoli che dovette tuttavia abbandonare qualche anno dopo a causa di difficoltà economiche. Alfonso Gatto al pari di molti poeti del tempo, come Montale e Quasimodo, non si laureò mai.
Si innamorò e poi sposò la figlia del suo professore di matematica, Agnese Jole Turco, con la quale, all'età di 21 anni, fuggì a Milano. Dal loro matrimonio nasceranno due figlie, Marina e Paola.
Nel capoluogo lombardo, dove risiederà dal maggio del 1934, tra i suoi amici più assidui vi sono Cesare Zavattini, Alessandro Tofanelli, Leonardo Sinisgalli, Orazio Napoli e Domenico Cantatore : frequenteranno insieme i caffè cittadini: di notte il "Savini" e nel pomeriggio "Le Tre Marie".
Da quel momento la sua vita fu piuttosto irrequieta e avventurosa, trascorsa come fu in continui spostamenti e nell'esercizio di molteplici lavori. Dapprima commesso di libreria, in seguito istitutore di collegio, correttore di bozze, giornalista, insegnante. Mentre ancora nel 1935 aveva partecipato ai Littoriali dell'artedei Gruppi universitari fascisti, già nel 1936, vene arrestato per antifascismo, e trascorse sei mesi nel carcere di San Vittore a Milano.
Durante quegli anni Gatto era stato collaboratore delle più innovatrici riviste e periodici di cultura letteraria (dall'Italia letteraria alla Rivista Letteratura a Circoli a Primato alla Ruota). Nel 1938 fondò, con la collaborazione di Vasco Pratolini la rivista Campo di Marte per commissione dell'editore Vallecchi, ma il periodico durò un solo anno. Fu comunque questa una esperienza significativa per il poeta che ebbe modo di cimentarsi nella letteratura militante di maggior impegno.
Campo di Marte era nato come quindicinale (il primo numero uscì il 1º agosto 1938) qualificato come periodico di azione letteraria e artistica e con l'intento di educare il pubblico a comprendere la produzione artistica in tutti i suoi generi. La rivista si ricollegava al cosiddetto ermetismo fiorentino.
Nel 1941 Gatto ricevette la nomina a ordinario di Letteratura italiana per "chiara fama" presso il Liceo Artistico di Bologna e iniziava anche una collaborazione alla rivista di Giuseppe Bottai, Primato, sulla quale venne pubblicando con continuità poesie e recensioni letterarie. Nel 1944, iscrittosi al PCI, iniziò a collaborare a Rinascita e dopo la liberazione di Milano nell'aprile 1945, L'Unità.
Fu poi inviato speciale de L'Unità assumendo una posizione di primo piano nella letteratura di ispirazione comunista. Nel 1951 si dimise dal partito e diventò un comunista "dissidente"]. Il poeta, nel 1946, incontrerà la donna più importante della sua vita, la pittrice triestina Graziana Pentich per la quale abbandonò la moglie e le figlie e da cui ebbe due figli, Teodoro e Leone. La vita del poeta sarà segnata nel 1963, dal dolore per la scomparsa di Teodoro, mentre Leone morirà soltanto tre mesi dopo la morte del poeta.
L'8 marzo del 1976 Gatto si trovava a Grosseto e si mise in viaggio per Roma su di una Mini Minor, alla cui guida si trovava Paola Maria Minucci. Nei pressi della Torba di Capalbio la macchina finì fuori strada e il poeta venne trasportato d'urgenza ad Orbetello dove, per via delle condizioni ormai critiche, fu caricato sull'ambulanza in direzione dell'Ospedale di Grosseto. Alfonso Gatto spirò alle ore 16:10 mentre si trovava ancora ad Orbetello].
È sepolto nel cimitero di Salerno. Sulla sua tomba, che ha un macigno per lastrone, è inciso il commiato funebre dell'amico Eugenio Montale:

                            « Ad Alfonso Gatto
                              per cui vita e poesie
                         furono un'unica testimonianza
                                     d'amore »