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martedì 26 novembre 2019

“Tre volte per amore” di Maurizio de Giovanni per la regia di Brunella Caputo al Piccolo Teatro del Giullare

locandina brunella 2



Fonte: www.lapilli.eu
di Maria Serritiello


 Sono state sei le repliche al Piccolo Teatro del Giullare di Salerno di “Tre volte per amore” con la presenza dell’autore, Maurizio de Giovanni, alla prima. Interprete dell’ammaliante testo è stata Brunella Caputo che ne ha realizzata anche la regia, affiancata da due valide attrici: Teresa Di Florio ed Antonella Valitutti.
Tre donne, distinte in tre spaccati, nei quali Maurizio de Giovanni è riuscito, con un sapiente impasto di lirica e suspense, a delineare tre personaggi veri, di cronaca nera, donne assurte alla cronaca nazionale, per essere state protagoniste di avvenimenti scellerati, che gli spettatori non hanno faticato ad identificare. E mentre nel primo e nel secondo caso la responsabilità è stata acclarata oltre ogni ragionevole dubbio, nel terzo l’autore si fa portavoce di una soluzione alternativa, per certi versi plausibile, ma tutta da dimostrare. Assistendo allo spettacolo il pensiero corre a Carlo Emilio Gadda e alla sua “la cognizione del dolore”, di cui l’autore, per la genesi profonda di certe idee-azioni alla base di comportamenti distorti e purtroppo negativamente significativi delle donne dei primi due episodi che in qualche modo ne diventano responsabili-complici, sia pure con modalità diverse. L’autore, in entrambi i casi, è a caccia quasi dei primum movens delle loro azioni, quasi alla ricerca di quei circuiti ancestrali responsabili dei sentimenti affettivi, che la neuropsichiatria mondiale sta prepotentemente rivalorizzando
E proprio affondando le indagini sull’ animo umano, de Giovanni prova a far emergere le passioni archetipe originarie e possenti del nostro essere, ahinoi, dotati di un cervello rettiliano che, ove mal guidato dalle capacità del cervello terziario, in qualche modo ci fa regredire ad uno stadio evolutivo che ognuno spera intimamente di aver superato da tempo e di non rimanerne mai più invischiato, ma che purtroppo riesce ancora a farsi sentire con la sua voce peggiore. Potremmo dire la cognizione della ferocia animale, la cognizione della aberrazione mentale, la cognizione della malvagità animalesca, la cognizione dell’ignoranza deformante del sé. Ebbene l’operazione delicata e complessa dello scavo letterario è perfettamente riuscita, sia per la bravura delle attrici sia per l’impianto scenico scarno, nudo, spartano, solo le tre silhouette attraversate dalle luci e dal suono che, con vigore e malinconia, hanno supportato la sofferenza del momento. La drammaticità dei gesti intuiti più che agiti, suggeriti più che mostrati, spalmati in un’ora e veni minuti, hanno segnato l’inquietudine e i momenti forti della narrazione. Brunella, con la sola parola ha reso la giusta interpretazione, nonché la caratterizzazione dei personaggi nella direzione scenica. Tre volte per amore, tre casi di cronaca nera, riletti da de Giovanni e affidati a Brunella per la giusta scrittura teatrale, sì da renderli unici per come sono stati elaborati e per come sono stati smantellati e ricostruiti. Un raccontare per indagine, analizzando l’intimo di esse e come a volte, l’invidia, la gelosia, l’astio cambiano tragicamente la propria vita e quelle degli altri.
“Il destino si diverte, il destino ha una mente limpida e perversa, mette insieme i pezzi fino a completare il quadro, poi si mette seduto a vedere quello che succede, sì, si diverte così”
A dirlo è Teresa Di Florio, calcando sul dialetto per farci capire come sia arrivata a scatenare un dramma davvero infame. La sorella di lei era bella e di conseguenza anche la figlia lo era, una principessa bionda, occhi azzurri, magra, mentre sia lei che la figlia erano brutte e grasse. Sembra l’inizio di una favola ed invece di lì a poco sarà l’invidia sfrenata a cambiare lo scenario a non fermare la mano di sua figlia che non sopporta la principessina, già in odore di corteggiatori, nonostante la giovane età.
“Certe cose iniziano a succedere anni prima…gesti e azioni che non vanno riposte in una scatola con sopra scritto –follia. Adesso io vorrei sapere quello che senti in realtà. Capisco la difficoltà enorme per te di capire quello che avresti dovuto fare. Lo hai fatto, per carità. Ti ringrazierò per sempre”.
Anima nera o in preda alla droga, con la capacità di asservire al suo raccapricciante progetto, anche il fidanzato, il secondo caso, il personaggio ha sviluppato odio e turpe malvagità nei confronti della madre e del fratellino. L’interpretazione di Brunella Caputo è un piccolo capolavoro teatrale, raccolta sulla sedia, ginocchia piegate e tenute strette dalle braccia, come a volersi raccogliere o volontà di essere abbracciata, parla a scatti nervosi, spiega di aver scritto al padre, il solo ad averla perdonata, capita. S’interroga, con vocina infantile, regredita all’indietro, come ha potuto il padre assolverla e perché l’ha fatto, quando tutto il mondo l’ha condannata senza riserve. La donna, un tempo la piccolina di papà,  ha la fisicità e le parole, il pensiero unico di Brunella, un’identificazione totale.

Ma come ha fatto a non accorgersene prima? Invece, una non se ne accorge. Credetemi, perché non si vede se non si guarda”.
E’ Antonella Valitutti, la terza interprete del monologo, che nella storia è la moglie di un sicuro assassino per la giustizia,  tanto da meritare il massimo della pena. Sue sono le parole dette con pacata determinazione, nell’accorgersi, esplorando il computer, che suo marito preferiva le ragazzine. Un moto di ribrezzo che, nella felice intuizione narrativa di de Giovanni la trasforma in un’assassina. Si, è stata lei ad uccidere il giovane fiorellino, che usava tale sostantivo come password. Per lui si spalancano le porte del carcere per sempre, per lei la vendetta che durerà per tutta la vita. Una significativa caratterizzazione del personaggio, che ha creato attenzione e stupore. Bravo Maurizio de Giovanni a mischiare le carte nel finale
Uno spettacolo perfetto, l’interpretazione delle tre attrici anche, la regia impeccabile di Brunella Caputo, la musica a dare suspense e le luci striate di rosso a tinteggiare il sangue delle tre vittime.
Luci e musiche Virna Prescenzo
Grafica Andrea Bloise
Foto di scena Cristina Santonicola
Produzione Compagnia del Giullare

Maria Serritiello
www.lapilli.eu





 di Maria Serritiello

giovedì 14 novembre 2019

Rosario De Martino è il punto luce di Via Giovanni De Falco






 di Maria Serritiello

Con due giorni di anticipo sull’evento luminoso di Salerno, Rosario De Martino, stilista, ha acceso una cascata di luci, circondando la facciata del suo negozio, per non essere da meno all’illuminazione della città che, venerdì 15 novembre, fascerà per 27 km Salerno. In verità l’illuminazione che rende festosa la città per tre mesi, ha uno stacco improvviso molto brutto sulla via Irno che va verso Fratte e la salita che va verso la Clinica del Sole. Non un minimo segno di allegria natalizia per un quartiere che, in tempi passati, dava l’inizio alla passeggiata panoramica dei salernitani sulla pineta o altrimenti detta il “Mazzo della Signora” e con l’attuale complesso dell’Irno Center che ha cambiato il look della zona, un’attenzione in più la si poteva meritare e siccome negli anni non si è verificata, ci ha pensato Rosario. La luce la si comincia a vedere all’inizio della salita, il brillio affretta il passo, sì da ammirare la lucentezza intermittente delle lucine che si riflettono nei giardinetti di fronte, da qualche anno rinnovati. Ecco, l’iniziativa privata di Rosario De Martino ha dato dignità estetica ad una zona che così come si conforma diventa solo una via di passaggio. I negozi di un tempo, dove il gestore diventava di casa, sono stati quasi tutti risucchiati dalle mega strutture commerciali, utili sì, per la vita condotta sempre più a grande velocità, ma anonimi e senza il calore della conoscenza.






Rosario De Martino, 50 anni, portati con la baldanza di un giovanotto, sia fisica che mentale, biondo, occhi chiari, più simile ad un teutonico che ad un salernitano doc, nato proprio in questo quartiere, è sposato con Elisa Quintili da 12 anni, una donna che gli sta a fianco con attaccamento e capacità lavorativa, prima di sposarsi faceva tutt’altro. Hanno un figlio di nome Raul, che la dice lunga sulla passione di Rosario per le moto, Raul, appunto, evoca il rumore del motore in accelerazione. Ah dimenticavo, hanno una bellissima gattina grigia di nome Luna, che li attende per le fusa la sera. Il negozio di Rosario è aperto ad orario continuato per essere certi che lui c’è per le sue fedelissime clienti. Entrare nel salone pieno di luci che giungono dagli specchi, il colore delle pareti, il pavimento sempre lucido e dal candore in cui si viene avvolti, diventa un appuntamento piacevole. 




Nel 1992 dà inizio alla sua attività a Torrione, nei pressi di una traversa del Manila, un night, che andava per la maggiore a quei tempi, ormai dimenticato e pochi ne hanno memoria, se non per un fatto di cronaca nera. Passano due anni e nel 1994 lo troviamo in Via Giovanni De Falco dov'è tuttora. Dire di lui che è bravo e capace del mestiere, sarebbe riduttivo, lui ha una marcia in più, è uno stilista che si aggiorna, che è à la page, frequentando l’Accademia e sottraendo spazio alla famiglia ed al giorno di chiusura per conoscere le novità delle 4 stagioni. C’è un mondo sconosciuto di cui nulla sappiamo e che detta leggi su come vestirci, quali monili scegliere, che accessori abbinare in quell'anno. I target s innovativi ci vengono dalle grandi capitali della moda, ossia Milano, Londra New York. E Rosario si aggiorna, curioso delle novità da riversare nel suo mestiere, i prodotti scelti per curare i capelli sono sempre al top e si può essere certi che sono sempre di ultima generazione, per donare idratazione, riportando il capello al nutrimento naturale. Nel mestiere Rosario ci mette passione ed amore, vuole che le sue clienti portino in giro la testa con orgoglio, a cui ha dato forma e colore. Già il colore, lui è il maestro delle nuance, ora si possono ottenere con solo 15 minuti di posa, c’è poco da fare Rosario è sempre un passo avanti.







Le luci accese martedì sono un dono che Rosario ha voluto per le sue clienti, per il quartiere, per quelli che distrattamente passano, per le persone anziane che sostano nei giardinetti, per la meraviglia dei bambini e per dire che il Natale è bello, perché è la festa che più sentiamo familiare e lui da trent'anni è un caro parente scelto. Continua a stupirci Rosario, tu che puoi mettere mani alle nostre teste.

Maria Serritiello

















Maria Serritiello

domenica 10 novembre 2019

Addio Elda Lanza, prima presentatrice della tv







Fonte Ansa Cultura 
di Elisabetta Stefanelli



La scrittrice e giornalista Elda Lanza, conosciuta al grande pubblico come prima presentatrice della Rai e poi come "nuova signora del giallo italiano" grazie al successo di 'Niente lacrime per la signorina Olga' , 'Il matto affogato', Il venditore di cappelli ed altri titoli ancora pubblicati dalla casa editrice Salani, è morta questa mattina a Castelnuovo Scrivia, dove ormai risiedeva da anni, dopo aver vissuto a lungo a Milano.

    Ad annunciare la morte lo scrittore e giornalista Mariano Sabatini. ''Dopo una brevissima malattia, la prima presentatrice della tv (il termine fu coniato per lei), giornalista e scrittrice, si è spenta con accanto il figlio Max e il marito Vitaliano Damioli a Castelnuovo Scrivia, dove ormai risiedeva.
    Questi ultimi dieci anni di intensa amicizia sono stati per me magnifici, impagabili, e sono orgoglioso di averla riportata in tv, visto che dopo averla tenuta a battesimo - dalle trasmissioni sperimentali della Rai nel 1952, e fino agli anni Settanta - se l'erano quasi dimenticata. Era tornata prima su La7 con Benedetta Parodi, e poi dalla Balivo, per una serie di tutorial a Detto fatto su Rai2. Sempre molto apprezzata e amata dal pubblico, per l'ironia, la cultura, la simpatia. Stesso discorso per i romanzi con Salani: oltre 100mila copie vendute.
    Fino all'ultimo abbiamo parlato gioiosamente di lavoro, di progetti, di idee e, per fortuna, è riuscita a portare a termine e a vedere pubblicato 'La farfalla pavone' per la Lisciani Libri e 'La Terza sorella" per Salani, entrambi da poco nelle librerie''.
    Nata a Milano il 5 ottobre del 1924 aveva compiuto da poco 95 anni vissuti in modo intenso e segnati da tanti incontri con Jean Paul Sartre, Simone de Beauvoir, Walter Chiari, Dario Fo, Giorgio Gaber, Eugenio Montale. Femminista attiva e convinta aveva studiato alla Cattolica di Milano e poi alla Sorbona di Parigi. Nel 1952 aveva iniziato a lavorare per l'allora tv pubblica, ed era così stata la prima presentatrice televisiva italiana. Tv che poi aveva a lungo frequentato, spesso come opinionista in tema di galateo e buone maniere, suo il best seller ''Signori si diventa le nuove regole dello stile'' per Mondadori, fino agli anni recenti e al debutto, nel 2012 come giallista..
    "Non ho una ricetta, posso soltanto dire come è successo a me.
    Sembrava una cosa qualsiasi. Non era una cosa qualsiasi: tumore al pancreas. Sicuramente faccio prima io ad andarmene che questo indesiderato a crescere e a farmi male. Una gara tra me e lui… vincerò io", aveva scritto qualche giorno fa in un pezzo per il sito web con cui collaborava. (ANSA).






sabato 9 novembre 2019

Ciao Fred, colonna sonora delle nostre estati



Si è spento a Roma, all'età di 84 anni, il grande Fred Bongusto. Autore di canzoni italiane tra le più celebri e amico dell’isola di Ischia e Procida.


Ciao Fred, io ti ricordo ancora con la giacca azzurra brillantinata, abbronzatissimo, in una serata estiva al"Parlamient" un locale all' aperto di Salerno.

se.ma






giovedì 7 novembre 2019

Liliana Segre



Fonte Facebook

Sono Liliana.
Sono una donna.
Sono italiana.
Deportata.
E a 90 anni, come a 13, perdo di nuovo la mia libertà. Come allora. Perché ebrea.

...
Ho dedicato la mia intera esistenza, sopravvissuta per puro caso allo sterminio in un campo di concentramento, alla memoria, alla testimonianza, per ricordare cosa è stato. Affinché non accadesse mai più. Certa che mai più saremmo scivolati di nuovo in quell’abisso.
Ma mi sbagliavo. A 8 anni sono stata espulsa da scuola senza colpa. A 13 sono stata messa in un vagone bestiame e portata ad Auschwitz. E fino a 14 ho visto ogni giorno la gente morire attorno a me.
Per tre volte ho visto medici in divisa nazista scrutarmi tra le ossa e decidere, con uno sguardo, se potessi essere sfruttata ancora o mandata nelle camere a gas. Ho sentito madri nella notte invocare i nomi dei propri bambini trascinati alle “docce”. E ho sentito i bambini chiamare le mamme.
E tutto cominciò così. Come oggi sta ricominciando. Non invocando camere a gas e stermini. Ma facendo differenze tra “noi” e “loro”. E incitando all’odio noi contro loro. Cominciò così. Con gli stessi toni, lo stesso clima, lo stesso odio prima sottaciuto, poi “tollerato”, poi alimentato.
E qualcuno dice ancora che oggi nulla è cambiato. Per oltre 70 anni non ho mai avuto bisogno della scorta. Oggi sì. Oggi sono di nuovo in pericolo. Perché ebrea. E perché chi odia, oggi, rispetto a ieri, si sente protetto, legittimato, autorizzato a rialzare la testa.
Sono Cathy. Sono Francesca. Sono Maria. Sono Giovanna. Sono Valeria. Sono Marcella. Sono un’ebrea. Sono una donna.
Sono Liliana.






“Espera” di Brunella Caputo, prima nazionale al Piccolo Teatro del Giullare


Fonte:www.lapilli.eu
di Maria Serritiello


Il mare di lavanda di Cugna, in Brasile, esteso oltre lo sguardo e dove per un giorno intiero, Brunella Caputo, assieme al marito, è stata a guardarselo ammaliata, è riportato, pari dall’immaginario, nella scenografia del suo lavoro teatrale “Espera”.
Il palcoscenico è invaso da foglie di carta di colore lilla, ottima simulazione della distesa di lavanda brasiliana e null’altro, se non la poca luce dei riflettori, che avranno un ruolo nel sottolineare i vari passaggi.
 Andrea Bloise, l’interprete dei monologhi è seduto in un angolo del palcoscenico e recita dolcissimo, nella lingua portoghese, la poesia Cunha scritta da Brunella. Vale la pena conoscerla tutta.
Cunha
C’è un posto nel mondo che è un ‘attesa. / L’attesa di qualcosa che sarà. / L’attesa di uno sguardo. / L’attesa di un sogno. /L’attesa di un respiro/ Il tempo è sospeso laggiù. Non fermo, sospeso. / Attende. /Attende di guardare, sognare, respirare. /Attende il viaggio. /E’ un’attesa abitata /Le attese si abitano, come i luoghi. /Il tempo abita l’attesa del viaggio. / Abitare un’attesa è aspettare. /Aspettare di guardare, sognare, respirare. / Aspettare il viaggio. /Il tempo aspetta, lì, sospeso. /Tu aspetti. / C’è un posto nel mondo che è un’attesa.
La poesia fa parte di un progetto letterario, coordinato dalla stessa Brunella, assieme ad altri 23, tra scrittori e poeti, intorno al tema dell’attesa, da cui il titolo alla raccolta: “Attesa Frammenti di pensieri”, presentato alla Fiera del libro di Torino, la scorsa edizione. Il libro consta di 4 parti: Il tempo, La verità, Il viaggio e l’arrivo, ossia 4 modi di osservare l’attesa.
Ed Espera, che in portoghese è Attesa, si estende, questa volta, sì con la parola, ma si accompagna alla danza, dopo essere stata, la passata stagione teatrale, solo parola.
La nuova produzione dell’Associazione Campania Danza, direzione artistica Antonella Iannone coreografia Annarita Pasculli, Assistente Annalisa Di Matteo,   disegno Luci e tecnica Virna Prescenzo.



Titanico, preciso, accanito e di tutto riguardo, lo sforzo fatto da Brunella Caputo, nel tentativo di dare corpo a suoi sogni, di coniugare al meglio tra loro, la sua sensibilità letteraria e il suo antico amore per la danza o per dirla in altro modo, provare a far danzare le parole o a far parlare certe movenze di passi. Si potrebbe dire che non c’è una storia da raccontare. Ci sono momenti e situazioni affidate alle parole prima e a passi di danza dopo. Ed é una danza corale, di gruppo che occupa la scena e tiene avvinto a sé un pubblico particolare vivaddio diverso, una volta tanto di giovani, giovanissimi la cui variopinta presenza è di per sé una gran bella novità, ma già la passione della danza è dei giovani se i loro compagni si muovono sul palco.
E la mente è sollecitata, oltre ogni dire, nel rimestare tra le parole scelte: “Alla Fermata” di Rocco Papa e “Onesta è l’attesa” di Maria Concetta Dragonetto, per esempio, misurate, calibrate e legate al tema dell’“Attesa” Ecco questa prima nazionale è il tentativo di continuare un’operazione largamente prevista, almeno nella mente, progetto oltre che elegante, che ha evidenziato, se pure ce ne fosse stato bisogno, la poliedricità artistica della regista e la sua sensibilità elegante, che unita alla bravura indiscussa della coreografa,  Annarita Pasculli, hanno dato corpo ad una creatura nuova. Un pezzo a 4 mani, a corpi, ora intrecciati, ora inerti, ora semplici burattini, ora corpi tesi a seconda delle parole. Un binomio perfetto, Caputo, Pasculli, che hanno dato vita ad un pezzo per un pubblico smagato, voglioso di novità e soprattutto non disposto ad accettare operazioni banali. Gli applausi finali, prolungati e sentiti, sono per dire grazie al talento non solo di Brunella Caputo, ma a tutti gli altri interpreti, che hanno saputo coinvolgere e trattare con delicatezza il cuore di ogni presente. Interprete sensibile e duttile è Andrea Bloise, sempre pronto a calarsi, facendolo come meglio non si può, nei più svariati personaggi affidatigli. La sua recita amabile, in portoghese, di Cunha, ha regalato un pregio in più allo spettacolo.

In scena: Cristian Cianciulli, Pier Paolo Lara, Giorgio Loffredo, Francesco Morriello e Samuele Stanghellini

Maria Serritiello
www.lapilli.eu


martedì 5 novembre 2019

Pasquale Palma e Gennaro Scarpato in “Stessa Stella” per due giorni al Ridotto di Salerno


Fonte: www.lapilli.eu

di Maria Serritiello


“Stessa stella” con Pasquale Palma e Gennaro Scarpato, è una sit-comedy, scritta da entrambi, portata in scena al Teatro Ridotto di Salerno,  al fine di andare oltre le gag, gli sketch e i personaggi a raffica, come Bimbominkia, Vivo D’Angelo, Eddy Scampia per Pasquale Palma interpretati, nei vari anni della  trasmissione televisiva di successo “Made in Sud” e la bravura di Gennaro Scarpato, attore e scrittore e uno dei tre Malincomici, che già s’impose all’età di 14 anni in tv a Festa Italiana, una trasmissione su Rai1 del 2009, presentata da Caterina Balivo.
Giovani e napoletani entrambi tentano e fanno bene a crearsi un vestito attoriale nuovo, sì da lasciare un segno deciso. Diciamo, un salto di qualità, che ci sta tutto, con il genere rappresentato: sit-comedy, nota anche come commedia cittadina, un genere del teatro moderno, tratto dall’antichità inglese. Palma non ha snaturata la verve comica, la dialettica a mitraglia, la naturale padronanza della scena e la sfrontata voglia coraggiosa di metterci la faccia e sfidare così il pubblico a tributargli gli applausi, che merita, ma potevano anche non essere scontati. Applausi sinceri, dunque, calorosi e frequenti. Due attori, rivelatisi bravi, tanto da far dimenticare, senza spocchia, i personaggi con cui hanno iniziato, abili a presentare una creatura agile, leggera, gioiosa, dal risultato incerto fino alla fine, quale la “Stessa Stella”. In un mini locale, essenzialmente addobbato, si svolge il tutto, l’amico di Palma, proprietario e sposo il giorno dopo, vive la vigilia in tranquillità e non sa che fra poco gli cadrà il mondo addosso perché gli piomba in casa Pasquale, con la sua infelicità, essendo stato lasciato dalla fidanzata e la domanda che gli pone secca, come può sposarsi se lui, suo amico, soffre. Due tempi nel quali si affrontano tematiche quale l’amore, la felicità e l’amicizia avvertita come sacrificio e condivisione totale.  Il finale imprevedibile ci sta e ci piace pensare che Palma e Scarpato proseguano su questa strada di qualità, sia per come si sono espressi, sia per la scrittura leggera ma di contenuto.

Maria Serritiello
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lunedì 4 novembre 2019

Sabato 19 ottobre, riapertura del Teatro Ridotto di Salerno, per l’inizio della stagione “Che Comico 2019 - 2020.


Fonte: www.lapilli.eu
di Maria Serritiello

E’ di sabato 19 ottobre, 21,15, la riapertura del Teatro Ridotto di Salerno, per l’inizio della stagione di “Che Comico 2019 - 2020.” Ad andare in scena è il noto attore salernitano: Lucio Bastolla, con “Stasera nulla di nuovo”, lontano dalle scene da un bel po’, per essersi dedicato al cinema. La sua ultima fatica, “Passapartù- Operazione Doppiozero”, è uscita nelle sale in quest’estate.
Quando si dice la continuità: Lucio Bastolla ha nel sangue nel corpo nel cuore e nella mente la voglia di far rivivere, sia pure per poco, la mitica figura di Nicola Maldacea, attore, comico e cantautore italiano, nato a Napoli il 29 ottobre del 1870 e la bella sua esperienza del varietà.  Già il varietà o variété, nella declinazione francese, genere di spettacolo teatrale di carattere leggero, nato alla fine del XIX secolo a Napoli, ad imitazione del Cafè-chantant francese. In verità Lucio Bastolla, confessa, che egli stesso crede poco a questa operazione nostalgia, perché sa, in partenza, che essa toglie energia e vigore catartico, sia pure animalesco, con cui si contraddistingue il teatro moderno, il quale è tutto teso, più a strappare con la violenza, anzi quasi ad imporre l’applauso che non all’elicitazione. Si presenta elegante, con vestito nero, gilet, camicia bianca e già si ha un’idea di come proseguirà lo spettacolo, che risente, a giusta ragione, infatti per anni ha lavorato con lui, di un altro mostro sacro del varietà, Vittorio Marsiglia, inteso, però, più come cabaret a tempi veloci, che non come spettacolo completo di rivista. L’inizio è proprio macchiettistico, una tiritera veloce che poco ha di sensato ed una scaricata di barzellette, repertorio noto di grandi barzellettieri, da Gino Bramieri a Waler Chiari, passando per Carlo Dapporto, ebbene nonostante si trattasse in ogni caso di macchiette e gag note per i più attenti, quasi nessuno ha resistito a non ridere ed a ridere di cuore, per il suo modo pulito garbato e sempre sul pezzo del salernitanissimo Lucio. La grazia mai troppo affettata, ammiccante e complice al punto giusto, per le sue eloquenti faccette, sia pure iconiche di quel tempo e per una versatilità avvolgente, nel carpire la partecipazione del pubblico che ben volentieri si è lasciato trascinare dal guitto gentile e rigoroso. Perfetta la sua imitazione di Gastone di Ettore Petrolini. Il pubblico sapeva e voleva essere complice di un signore di una scena ancora fascinoso e invaso dal fuoco sacro del Teatro, sia pure solo finalizzato, ultimo epigone, a rinverdire la bella époque, come testimonial di un tempo passato, ma che è ancora in grado, se presentato con la bravura di Lucio Bastolla, di far ridere e divertire con signorilità e tempi giusti.

Maria Serritiello
www.lapilli.eu