Pagine

giovedì 18 dicembre 2025

Gennaro De Rosa al Teatro Ridotto di Salerno in replica per due sere

 

Fonte: www.lapilli.eu

di Maria Serritiello

Prima d’iniziare la comicità, nel piccolo Teatro Ridotto, dove l’imperativo è ridere, un passaggio d’obbligo con l’attrice Cinzia Ugatti che, con la sua bravura interpretativa, ci fa ben riflettere su di un pezzo che ha come soggetto la Violenza Sulla Donna. Il Ridotto, come altri teatri della città, ha aderito alla campagna di sensibilizzazione indetta dalla Prefettura di Salerno per l’emergenza violenza - donna, un triste fenomeno sempre più in ascesa.

Avverto il bisogno (N.D.R.) di riportare il monologo per intero, scritto da Beppe Stoppa, in occasione del lancio del progetto Libellula, primo network di aziende unite contro la violenza sulle donne, partendo dalla diffusione della cultura della bellezza nei luoghi di lavoro.

Beppe Stoppa, professionista nell'ambito della comunicazione e dei sistemi per lo sviluppo delle risorse umane

“Io sono una donna fortunata, ho imparato ad usare il trucco da piccola, prima con le bambole, poi su di me. Piano piano, sono diventata una vera esperta. Non ne uso mai tanto, non voglio apparire, non voglio che mi guardino, non mi piace avere gli occhi addosso. Mi fanno paura. Ma se capita voglio che il trucco mi nasconda, nasconda prima me e poi, insieme, i segni che mi porto addosso. Non voglio che la gente pensi, immagini, si faccia delle domande. Ma la gente non pensa, non sa, non immagina.

 

Io sono chiusa nel mio tailleur su questa metro. Ho gli occhi fissi sul pavimento. Mi sento protetta in mezzo alla gente, non mi disturba nemmeno essere spinta, toccata, qui è lecito, qui lo accetto, so che è la ressa e non la volontà. Però non alzo gli occhi, non voglio incrociare altri sguardi.

 

Non voglio incrociare gli occhi di un’altra donna e chiedermi se anche lei si è truccata come me questa mattina o se è davvero felice. Non voglio scoprire la sua felicità, quella aggiungerebbe del male alla mia vita. Non voglio che lei mi guardi e riconosca nel mio trucco il suo e pensi, siamo uguali. No non siamo uguali. Magari lei se l’è cercata, se l’è meritata. Io no. Non siamo uguali.

 

Non alzo gli occhi per non incrociare lo sguardo di un uomo. Anche lui mi guardava sempre, prima. Poi mi parlava, poi mi baciava. Quegli occhi che ti guardano, adesso mi fanno paura perché adesso conosco la storia, so come va, come funziona questo rito.

 

Ieri sera non mi guardava, era di spalle, poi non so, non ricordo, ha detto qualcosa, ricordo solo che ha ripetuto più volte la stessa cosa, ma cosa non so, e ad ogni passaggio il tono era più alto. Poi si è girato e l’ho visto in faccia. Non era la sua faccia, non poteva essere la sua, lui non ha quella smorfia cattiva, non ha gli occhi così stretti, lui assomiglia a nostro figlio, è bello. Ricordo che il piccolo piangeva forte, faceva rumore. Ricordo solo il rumore. Poi un dolore, uno schiaffo forte che mi butta a terra. Mi fanno male i capelli. Li sta tirando e mi butta indietro il collo. Poi mi spinge la testa in avanti, sento un calcio sulla gamba, poi uno nel costato e ancora due pugni in testa, non rapidi. Prima uno, poi, con calma, arriva un secondo colpo. Ma non urlo. Poi nulla. Il piccolo continua a piangere, sempre più forte, ma lui se ne è andato. Mi alzo e vado a calmare il piccolo. Lui è uscito.

 

Quando è rientrato non aveva più gli occhi stretti. Il piccolo dormiva. In casa c’era silenzio. Non mi ha detto nulla, si è versato un bicchiere d’acqua poi, mi ha guardato. Non aveva gli occhi cattivi. Mi ha guardato a lungo, poi mi ha parlato, poi mi ha baciato, poi mi ha accarezzato il livido sotto gli occhi, mi ha baciato il livido, poi mi ha slacciato la camicetta e il reggiseno, mi ha slacciato i jeans, poi mi ha portato in camera. Il piccolo no, continua a dormire tranquillo.

 

Arrivo finalmente in ufficio. Saluto la collega e abbasso la testa verso la tastiera del pc facendo cadere i capelli sulla faccia. No, non vado a bere il caffè. Non voglio stare con la gente, non voglio che mi facciano domande, che mi chiedano cosa hai fatto di bello ieri sera, sempre ammesso che qualche collega uomo non mi chieda dove sono andata a sbattere la faccia e mi dica stai attenta quando fai i mestieri, l’ho sempre detto che non sei una donna di casa, che lui saprebbe come occuparmi il tempo…  

 

Accendo subito il computer e mi metto al lavoro. Apro la mail. La solita fila infinita di messaggi a cui dare una risposta. C’è la mail di buongiorno piena di cuoricini del ragazzo dell’ufficio acquisti. Ma non sorrido, come al solito non rispondo, la cancello, poi svuoto subito la casella di posta eliminata. Guardo l’iPhone. Un messaggio su WhatsApp. È lui. Mi dice scusa per ieri sera, perdonami, però poi è stato bellissimo, torna presto stasera, ti aspetto, ho voglia di vederti, mi manchi… Non rispondo, mi alzo, vado in bagno. Devo vomitare”.

Con la sua magistrale interpretazione, Cinzia Ugatti ha calato un velo di tristezza su ogni donna presente e di palese ribellione alle parole che raccontano la vita infelice di tante, troppe, ormai, dell’altra metà del cielo. Quasi si fa fatica a riprendere la spensieratezza, la ragione per cui ci si trova al Ridotto, ma è solo all’inizio, perché The show must go on e dietro le quinte c’è Gennaro De Rosa, che scalpita, pronto a farci ripigliare e a godere dello spettacolo che Gianluca Tortora ha voluto regalare ai suoi abbonati. GRAZIE!

Gennaro De Rosa, vincitore del Premio Charlot 2015, è una cara conoscenza, per chi l’ha lanciato nel mondo del cabaret: il Patron Claudio Tortora e nel segno della continuità del figlio Gianluca. È affezionato, si vede, si sente, al pubblico Salernitano e non si risparmia sul palco. Con una spontaneità che ammalia, inizia con il cantare un pezzo di Carosone che lancia a mille l’adrenalina di chi lo ascolta e l’accompagna con lo schiocchio delle mani. Il suo spettacolo è un turbinio di battute, spontanee, semplici, ma tanto divertenti, porte con garbo, con il sorriso, con educazione e rispetto. Il pubblico lo applaude, ride, apprezza il suo spettacolo che alterna non solo canzoni di pregio “Tu si na cosa grande” “A tazze e caffè”, ma anche quelle conosciute, quale repertorio, della canzone macchiettistica napoletana. Gi autori rispondono al nome di Raffele Viviani “O guappe nammurate”, di Armando Gill “Allora “e di Pisano e Cioffi “Fatte Pittà”.

Uno spettacolo, dosato, calibrato in maniera piacevole, dove la battuta inizia e completa la voce limpida di Gennaro, un napoletano appassionato, che non può non concludere il suo spettacolo con il Principe della risata “Malafemmene: Totò.

Maria Serritiello



domenica 14 dicembre 2025

“Natale a Salerno” al piccolo Teatro del Giullare, adattamento e regia di Brunella Caputo


 Fonte:www.lapilli.eu

di Maria Serritiello

Un gradevolissimo divertissement, uscito dal cilindro creativo di Brunella Caputo, della durata di un’ora o poco più, è stato replicato 4 volte nei due ultimi fine settimana. Lo spettacolo, tratto dal libro “A Salerno” di Corrado De Rosa, più tifoso della Salernitana che psichiatra, è stato adattato e recitato dalla stessa Brunella Caputo, che ne ha curato anche la regia. Hanno coadiuvato allo spettacolo, in maniera egregia Davide Curzio e Alfredo Micoloni. L’ aiuto alla regia è di Virna Prescenzo.

La performance di Brunella si rivela subito dilettevole, uscita in punta di piedi e con aria vergognosa, tenendosi appuntato dietro alle spalle i lembi del sipario, si palesa come un pinguino. Una genialata degli anni addietro delle luci d’artista, che si ripetono da 20 anni nella città, oltre alle lucine in ogni dove, si pensò di non lasciare soli gli scogli del lungomare, addobbandoli   con sprovveduti pinguini. La novità fu attrattiva, per qualche anno resistette, poi come tutte le cose ripetute perse d’interesse e dei pinguini si smarrirono le tracce, chiusi come furono negli addetti depositi. E là che Brunella l’ha tirato fuori, scegliendone uno, per rinnovargli la popolarità e per dargli l’anima che nessuno ha mai ha considerato.  Il pinguino di Brunella ha sentimenti, passioni, visione del mondo pieno di sogni e notte di comete, il rimpianto della sua terra, ma anche l’affezione agli scogli del lungomare. A tratti il monologo si fa triste per ripigliare in seguito l’ironia e il divertimento di chi guarda la città senza essere considerato. Al pinguino il trasferimento nella città, con il mare carezzevole piace, saluta i bambini e fa gli occhi dolci agli innamorati e osserva con attenzione ciò che lo circonda e si fa capace che Salerno “…è a metà strada fra la terra e la luna, è l’ombelico del mondo, è dilaniata da un dilemma se ambire a diventare una metropoli cosmopolita o proteggere le sue bellezze in una dimensione di provincia. Questo dilemma la consuma la costringe a dover sempre fare i conti con l’ansia da prestazione…”.

Il pinguino Brunella raccoglie una serie di tic e consuetudini di Salerno nei quali, chi più e chi meno, si riconosce, ne sorride e si rinchiude in una bolla di ricordi, per quelli passati e partecipativi per quelli che si avranno da adesso in poi. Uno resiste felicemente intatto, anzi due, l’amore sfegatato per la Salernitana e il “Passiatone” delle vigilie di Natala e di Capodanno, un abbraccio circolare di tutta la città per augurarsi il bene, la salute, la serenità e conoscere ciò che andrai facendo per le festività, insomma un voler sapere attraverso i tuoi passi, come si evolverà la città, a breve tempo, una sicurezza irrinunciabile peculiare ai salernitani

Maria Serritiello

www.lapilli.eu




sabato 13 dicembre 2025

La Salernitana Trotula de Ruggiero al piccolo Giullare di Salerno dalla lontana Torino

 

Fonte: www.lapilli.eu

di Maria Serritiello

Un’insolita Trotula de Ruggiero, per due serate al Piccolo Teatro del Giullare di Salerno, che fa della sua conoscenza medica il punto per scoprire un omicidio. “Croce senza Cuore” è il titolo del lavoro di Pino Tierno, con Miriam Mesturino e Barbara Cinquatti e la regia di Pietro Bontempo.

Trotula, primo medico d’Europa, nata a Salerno, è stata una sicurezza per le donne di questa città, vissute nell’undicesimo secolo, è conosciuta per aver trattato con competenza questioni di salute femminile, d’igiene, di aver praticato visite ginecologiche, inusuali per l’epoca e aver esposto argomenti tabù come l'infertilità, sia maschile che femminile. Una donna invisa, negli anni in cui si muove, la sua intelligenza, la competenza e per ciò che va dicendo, come il piacere femminile ed il controllo delle nascite, sono ritenute insopportabili ed invereconde pratiche. La sua figura è controversa e molti studi ritengono Trotula non esistita, intanto la sua fama valica il tempo e c’è chi scrive e ne fa un’erudita pièce teatrale: Pino Tierno con “Croce senza cuore”.

Di sicuro a Salerno intorno agli anni 1050, nell’ambito della Scuola Medica Salernitana, si respira aria scientifica e d’avanguardia che le deriva dall’incontro da quella greca, araba, ebraica e latina, disquisita nella città

Poche notizie, intorno alla sua figura, sappiamo che è nata da nobile famiglia di origine longobarda, sposata al medico Giovanni Plaetario, ed ebbe due figli Giovanni e Matteo. Tra le mulieres salernitanae, fu l’unica a lasciare scritti nei quali si apprende, tra l’altro, la superficialità dei medici che ritenevano la gravidanza ed il parto “questioni di donne”

«La miserevole condizione delle donne, e la grazia in particolare di una che mi ha colpito il cuore, mi hanno indotta a trattare con chiarezza le malattie femminili al fine di poterle curare”

E così la troviamo, colta, preparata, battagliera, pronta ad abbattere i più vistosi pregiudizi, legati al mondo femminile ma nel pezzo rappresentato al Giullare, non è subito evidente. Ad apertura di sipario, infatti, fasciati dall’ atmosfera sacrale del coro celestiale delle suore, non s’immagina che la ferocia è là rinchiusa. Trotula è in visita ad una vecchia amica, la nobildonna Ermelinda, che ha scelto di vivere appartata e nella preghiera quotidiana del convento. L’incontro si rivela felice e pieno di nostalgia nel ricordare il tempo trascorso assieme. Opportuni si rivelano alcuni feedback della giovinezza, interpretati dalle due stesse amiche ed inseriti nella rappresentazione, sì da rendere più vivi i dialoghi delle due nobildonne. Ad ogni verità disinibita di Trotula, Ermelinda risponde con il segno della croce, ripetuto più e più volte, ritenendo il discorso peccaminoso.  Ancora non è scontro, ma tra la cultura laica dell’una e la forma bigotta, priva di scientificità dell’altra si comincia ad intravedere che la visita di Trotula non è di pura cortesia.  Prende il via, così, un’indagine serrata dai toni polizieschi del miglior “Tenente Colombo” quando con calma e senza scomporsi attanaglia il colpevole. Trotula lo fa uguale e utilizzando le sue conoscenze scientifiche sul corpo umano, incastra Ermelinda per l’omicidio della nuora, colpevole di essere incinta di un vecchio amore, essendo il marito impotente. Inoltre la medichessa intuisce che la donna, sepolta sotto terra, non è la moglie del figlio di Ermelinda, non ha, infatti, il segno di una vecchia cicatrice sul cranio, che ben conosceva, bensì è una povera contadinella scomparsa nei boschi e mai più ritrovata.

La conoscenza fortificata da un metodo di ricerca il più rigoroso, è capace d’intuizione e di verità ed è questa la condizione d’indagine di Trotula.

Un pezzo di grande pregio, per la crudezza senza scampo del personaggio e per il contenuto intrigante così lontano dalla quiete conventuale. La lentezza nel disquisire, prima di arrivare alla verità, un pregio attoriale di Miriam Mesturino e Barbara Cinquatti, onorate di aver portato Trotula proprio nella sua città natia, dalla lontana Torino. La regia di Pietro Bontempo curata e scevra da orpelli in scena, sono bastate, per la realizzazione, le voci e la memoria delle due valenti attrici 

Maria Serritiello

www.lapilli.eu



 

 

 

 

domenica 30 novembre 2025

Al Teatro Ridotto di Salerno approda Stand-up comedy, il collettivo Poc, acronimo di Point of Comedy, con l’obiettivo di creare legame tra il web e gli spettacoli dal vivo.


Fonte:www.lapilli.eu

di Maria Serritiello

C’è voluta una replica in più, in aggiunta alle due stabilite, il sabato sera e la domenica pomeriggio, per soddisfare le richieste, di chi domenica sera, complice il primo freddo, si è voluto rilassare con le risate di “Che Comico” 2025/2026.

“Standup Comedy” è il titolo dello spettacolo presentato da Daniele Ciniglio, Luca Bruno, Alessio D’Andrea, Sissi Iannone ed Alessandro Bolide, special Gues della serata, in cui si sono esibiti a seconda delle proprie peculiarità. Una Poc comedy, dunque, cioè uno spettacolo in piedi con argomenti leggeri e di cultura popolare per un pubblico tradizionale, un collettivo messi insieme da Claudia Caiazza. Il palcoscenico del Ridotto non li avrebbe contenuti tutti insieme per l’esibizione, così il pubblico se li è goduti uno alla volta, con gag, sì, popolari, ma sempre di grande effetto. I contenuti e cioè: la mamma, la sua cucina, le sue manie, la fidanzata e la sua gelosia, i soprannomi usati nei quartieri, che solo a sentirli sono di una comicità travolgente, i matrimoni d’estate e la famosa busta, che è la peggior condanna, oltre al caldo asfissiante di quest’ultimo quinquennio, l’affermazione che la bellezza non è tutto se ad asserirlo è: Diletta Leotta, sono stati i temi di preferenza dei divertenti monologhi. Tutti molto bravi sia per i tempi di battuta, sia per la mimica facciale, come Luca Bruno, una vecchia conoscenza del Ridotto, vivace, accattivante, amabile, sia Alessio D’Andrea, che della flemma scenica, nel porgere il monologo, ne ha fatto la sua virtù. Che dire di Sissi Iannone, un debutto gradevole, accolto con simpatia dal pubblico in sala, ma ancor più dai giovani presenti, per essere conosciuta protagonista, nella vita e nei filmati del web, quale fidanzata di Daniele Ciniglio e si sente la sua mano in quello che dice. Di lui, la prima volta al Ridotto, preceduto dalla fama di tiktoker, c’è bisogno di qualche parola in più, chiedendo venia agli altri.

“Napoli è una città famosa per tante cose. Il teatro, il cinema, ma soprattutto per i sorrisi. È che quando ci fanno uno scherzo noi non ci prendiamo collera perché è uno scherzo”

Con il monologo la “Camorra è uno scherzo” presentato qualche anno addietro in tv nelle reti commerciali ad “Italia’s Got talent,” ho conosciuto Daniele Ciniglio. È a dire che la trasmissione l’ho seguita se non occasionalmente (N.D.R.) e neppure con piacere, ma per quella prima volta di Daniele, fermai lo zapping. A colpirmi fu il suo viso pulito, imberbe da bravo ragazzo che trattava, con leggerezza di linguaggio, un contenuto così gravoso, qual è la camorra. E lui di camorra sulla pelle, come i suoi concittadini, ne sa qualcosa, essendo nato ad Ottaviano, che vuol dire Raffaele Cutolo!

Era il 2020 e di suo era già un affermato content creator del veb. D’allora ne ha fatto di strada e ne farà, i suoi testi sono di una linearità linguistica invidiabile, asciutti, scarni, priva di svolazzi, concentrati essenzialmente sul contenuto, che ha sempre un risvolto moralistico, sociale, educativo, un invito a prendere coscienza, in modo collettivo, sì da aprire orizzonti offuscati da una società imitativa e di massa.

All’allegra cordata, si è aggiunta la figura di Alessandro Bolide, special gues, ospite d’onore, tanto per capirci, che ha raccordato con la sua potente “Vis Comica” la serata di divertimento. Una colonna, una conoscenza ormai carnale tra pubblico e comico, che non è solo risate ma anche scrittore, presentatore radiofonico e creatore di testi. Un personaggio a tutto tondo dello spettacolo, un’adozione di fatto della famiglia Tortora che l’ha lanciato nello spettacolo. Si presenta e già si ride, agguanta il microfono, e dialoga con esso, quasi non si comprende il suo dire, ma sortisce l’effetto di una grossa ilarità. I temi sono noti, ma è la maniera ad essere differente ed è ciò che lo caratterizza. È padrone della scena, il viso tondo fa pari con il suo corpo, ma non dispiace, ride assieme al pubblico, si diverte, racconta, piace e si piace. Tutti da lui si aspettano, dopo tanto ridere di gusto, che nel finale dica la frase famosa, di buon auspicio per tutti “Ma che ce ne fotte”.

E lui non delude, ci accontenta soddisfatto, lanciando, il suo mantra più amato, un invito a resistere senza lasciarci coinvolgere più di tanto. Mai come adesso, ci prende giusto!

Maria Serritiello

www.lapilli.eu




“Wilde Oscar Wilde”, spettacolo di Roberto Lombardi andato in scena al Teatro Genovesi di Salerno nell’ambito dell’eXtrafeStivalXS 2026. Produzione Compagnia dell’Eclissi.


 Fonte:www.lapilli.eu

di Maria Serritiello

Che Wilde pregevole ci ha rappresentato, domenica 16 novembre, Roberto Lombardi!

Lo spettacolo, adattato dall’interprete, che ne è anche il regista, è tratto dall’opera “Sic” di Piero Santi (1912- 1990) scrittore raffinato, molto attento alle tematiche legate all’omosessualità ed omosessuale egli stesso, che visse apertamente la sua condizione.

Oscar Wilde ha incarnato da sempre la bellezza, l’eleganza, la classe, l’estetica e la voluttà, per quel suo modo decadente di vivere, ma non è stato bastevole, sicché in aggiunta gli è riconosciuto il fascino della parola, del sarcasmo e l’arguzia degli aforismi.

Come, Lombardi lo avrà ridisegnato in 50 minuti di spettacolo?

La scena si apre su di uno spazio nudo, nel fondo solo un tavolino e due sedie, il tutto risulta scarno, arido e si capisce subito che la sola voce di Roberto Lombardi sarà l’attrazione principale. Il traffico di Milano irrompe nel silenzio della scena ed un personaggio sconosciuto, in giacca e cravatta, inizia a comunicare le sue ambasce a chi gli sta di fronte, uno incontrato per caso. Il dialogo è fitto, costruito con pause ed accelerazioni, con punti di domanda ed ammissioni, non una confessione, ma solamente voglia di essere se stesso, senza subire giudizi e penitenze.  Che stravaganza proprio nella città per eccellenza dell’incomunicabilità, Milano, egli sente di trasmettere i suoi pensieri, le sue sofferenze ad uno sconosciuto incontrato, in uno dei suoi innumerevoli giri per il parco, durante la pausa pranzo. Lo invita a bere qualcosa al bar ed ecco il fiume di parole uscire dal suo animo con sofferenza. Non è Wilde, ma la sua vita è la stessa, è Salvucci, un oscuro contabile di una ditta dell’operosa Milano, che inghiottisce chiunque non abbia la sicumera di Wilde. Accade così che la sua figura è riflessa nello specchio dello scrittore e la vita si scompagina. Quanto c’è di Salvucci in Wilde e quanto Wilde in Salvucci è confuso o forse no, è la stessa faccia dell’unica medaglia che insegue la propria omosessualità senza subire discriminazioni. Wilde lo fu, patì 2 anni di lavori forzati, fu miseramente tradito dal suo amante “Bosie”, ma amò con tenerezza infinita i suoi due figli, nati dal matrimonio con Constance Lloyd. Per i piccoli di casa, Wilde scrisse le più belle favole, un patrimonio affettivo, il più tenero tradotto in letteratura. E così un solo specchio teatrale, per riflettere la vita di due anime, senza che l’una sia migliore dell’altra, una considerazione sulla diversità di genere che buca l’anima, nonostante la disinvoltura dei tempi. Come martire, Wilde si consegna ad essere condannato per omosessualità e sconta l’amore che non dovrebbe mai essere un castigo. “Non sono un peccatore per aver amato i giovani “Salvucci-Wilde grida il suo dolore all’altro, all’ascoltatore che lo saluta presentandosi: “Roncaglia capoufficio”

Asciutto, preciso, austero, Roberto Lombardi è stato ammaliante, e l’attenzione del pubblico senza niuna distrazione, le parole dell’illuminata pièce sono contate, essenziali, come d’abitudine nei suoi lavori teatrali. Il dialogo ideale, poi, sulla bellezza e sull’arte, di Oscar Wilde, intrecciate alle tematiche di Piero Santi, un puro incantesimo in 50 minuti. La verità nell’arte e la bellezza per resistenza, chi più di Oscar Wilde? E Roberto Lombardi non se l’è lasciato sfuggire…

Maria Serritiello

 www.lapilli.eu




Al Teatro Ridotto di Salerno ha avuto inizio “Che Comico 2025/2026”, con Salvatore Gisonna e Peppe Laurato in “Due di troppo”

 

Fonte:www.lapilli.eu

di Maria Serritiello

Torna puntuale, come le feste comandate, il “Che comico 2025/2026” del sabato sera e della domenica pomeriggio, e lo fa con una city comedy, da Salvatore Gisonna, Peppe Laurato, Angelo Belgiovine, Peppe Isaia e Lucia Giso. Il ristretto palco del Ridotto si è affollato di talenti che, in varia espressività, hanno dato il meglio per rappresentare un testo semplice, ma con evidente contenuto, lanciato là, disinvoltamente, tra le risate del pubblico diverto. La rassegna è stata ideata in modo onorevole da Gv Eventi di Gianluca e Valentina Tortora, degni di tanto padre “Claudio Tortora” per quel che riguarda il teatro Ridotto

 Quando la normalità incontra l’assurdo siamo sempre in troppi “è il succo del pezzo, che nel finale, sulla pazzia, cita la poetessa Alda Merini, un tentativo di far ridere ma anche pensare.

Vincenzo, primario di una clinica si ritrova a casa dopo una lunga giornata di lavoro, accompagnato da Giampiero, suo medico collaboratore che lo scorazza avanti ed indietro in macchina. Lui crede per affetto…Nella casa staziona Stella, una cameriera tutto fare che lo accudisce con intenzioni di fare man bassa sui suoi avere. Capitano nell’appartamento momentaneamente vuoto, per una chiamata dall’ospedale del primario, due fratelli o presunti tali, per dividersi l’eredità del primario, loro padre. Le gag che ne vengono fuori dai due personaggi, l’uno, imbottito di religione cattolica, l’altro sbruffone in quanto a donne, aggravato da un incidente che lo ha reso malconcio, sono tutte divertenti per la bravura dei due comici che hanno trovato un ritmo scenico particolare. Una nota di elogio va a tutti i partecipanti, ma uno in particolare lo merita Lucia Giso, novella, per quel che riguarda la parlata, l’aggressività e le scene di seduzioni, alla tiktoker Rita De Crescenzo, le parole messe in fila, senza neanche tirare il fiato, hanno prodotto applausi convinti. Il finale è sorprendente e dopo grasse risate, vi è un momento lirico, che scalda i cuori e fa meditare che non tutto è perduto, se ci sono i buoni sentimenti, opposti al cinismo imperante.

Maria Serritiello

www.lapilli.e





Come ho conosciuto il poeta Dante Maffia