Pagine

mercoledì 19 gennaio 2011

Il racconto di Samuela Chilton



"RICORDO"

DI SAMUELA CHILTON


“Pronto?”

“Eccomi, sì. Scusami per stamattina tenevo una seduta di terapia di gruppo e non ho potuto. Come va?”

“La situazione è preoccupante, ti chiamo ora… prima che diventi critica e non lo vorrei proprio”

“Purtroppo era prevedibile, lo sai, ne avevamo parlato. Oggi che giorno è?”

“Il diciannove”

“Anche il periodo ci mette del suo. Va bene, passo, mi raccomando: serenità assoluta, nessun contrasto. Pensi di farcela?”

“Ci proverò”

“In questo momento sei tu la parte più forte, Carla, sei quella che possiamo sacrificare perché sa difendersi”

“Ok, ora vado da lei”

“Va bene, io, arriverò fra poco”

Percorrere la distanza che la separava da Chiara era stato, in passato, una cosa piacevole. Ora, solo paura. Cosa avrebbe trovato in casa di sua figlia? E come l’avrebbe trovata? In quale stato? Si trovò di fronte al cancelletto quasi senza consapevolezza. Si fermo davanti col dubbio di cosa dovesse fare. Suonò il campanello. Nonostante le insistenze di Chiara non aveva mai voluto le chiavi di casa sua, nessun doppione. Ma forse ora avrebbe cambiato idea. Poteva presentarsi la necessità di dover entrare in fretta.

“Ciao nonnina!”

Sentì la voce di Chiara accoglierla mentre, sulla porta, cullava il suo fagottino e fingeva di dargli voce: “Hai visto? E’ arrivata la nonna” disse, sollevandolo e mostrandone il viso.

Chiuse il cancello e attraversò il breve camminamento per entrare in casa.

“scusa mamma, puoi tenere Claudio un attimo? Non mi fidavo a lasciarlo solo nella culla. Ma ora che ci sei tu ne approfitto e mi preparo, così lo porto a fare una passeggiata. Arriva il Natale e voglio comprargli qualcosa di rosso.



“Certo cara” rispose, lascialo pure qua e fai con tutta calma. Anzi vengo anch’io con voi. Che dici? Mi farebbe piacere”

“La vogliamo la nonna, Claudio?” Canticchiò guardando il fagottino già nelle braccia sicure della nonna. “Ma certo che la vogliamo, certo” disse allontanandosi. Come presa da un impulso incontenibile di gioia tornò indietro e riprese in braccio il suo scricciolo, coprendolo di baci e buffetti sulle guance.

“Che benedizione sono i figli, vero mamma? Come farei se non avessi Claudio? Non ci voglio neanche pensare, neanche per un minuto.

“Vai a prepararti cara, altrimenti si fa tardi” le disse.

“Sì certo, mentre mi preparo puoi guardare gli ultimi acquisti” cinguettò salendo al piano di sopra.

La sentiva canticchiare allegra mentre si preparava. Sentirla così le straziava il cuore. Passeggiò nella stanza con l’angoscia che diventava più acuta; come sempre regnava un ordine perfetto e un nitore quasi asettico. Gli occhi di Claudio che sorridevano dalla varie foto incorniciate erano pugnalate. Lente, continue. Strumenti di morte inesorabili, laceranti, impietosi. Non riuscì a contenersi e la rabbia le fece cadere una lacrima.

“Eccomi, sono pronta” sentì all’improvviso.

“Oh, ma questa nonna è imperdonabile! Lasciare il mio amore solo sul divano” piagnucolò prendendolo in braccio.

Erano pronte.

Chiara aveva appena iniziato a spingere la carrozzina quando qualcuno suonò il campanello.

“Che liberazione, pensò con sollievo Carla, speriamo sia lui.

“Chi sarà mamma? Uffa, proprio ora! Sì…come? Ah! Che gentile, si ricorda ancora di noi? Ma sono passati anni!” Spinse il bottone e si sentì il clic della chiusura automatica che si apriva.

“Mamma, non indovinerai mai chi è di passaggio e ha pensato di farci un saluto.”

Carla frugò nella borsa, aspettando che l’ospite entrasse in casa. Senza farsene accorgere prese il narcotico sperando non si arrivasse alla necessità di doverlo usare con il Natale precedente.

“Senti cara”, disse il signore appena arrivato “vedo che state per uscire, perché non andiamo noi due a fare una passeggiata e lasci Claudio con sua nonna? C’è tanto freddo e ha anche iniziato a nevicare”

“Non dica stupidaggini! Lei lo sa che mia madre non è capace di badare a Claudio se io non sono nei paraggi pronta ad arrivare in aiuto.”

“Ma non preoccuparti” cercò di tranquillizzarla Carla “vai pure”

“Va bene però voglio vedere tutte le vetrine. Voglio una cosa bellissima per Claudio, niente di meno.”

Per fortuna erano riusciti a convincere Chiara a seguire colui che poi avrebbe riconosciuto essere il suo medico. Il primo passo era compiuto.

Appena sentì chiudersi il cancelletto, Carla, si precipitò nella stanza di Claudio. Non voleva credere a ciò che le si parò davanti. L’aveva lasciata sola per una settimana, solo sette maledettissimi giorni in cui lei dovette allontanarsi per colpa di un ricovero. E quei sette giorni avevano permesso all’alienazione di sua figlia di farsi spazio nella sua mente. Aveva ripitturato e riarredato la stanza che per un anno era rimasta chiusa.

Prese una busta capiente e iniziò a buttarci dentro tutto. Con rabbia, con tremore, con singulti. Dentro, tutto ciò che la ferocia di un dolore può creare. Tutto doveva sparire. Tutto. Vestitini con l’etichetta ancora attaccata, giochini, peluche. Tutto. Infine tornò nel salotto e prese quell’involucro grottesco, terrificante. Stavolta Chiara non ne aveva trovato uno castano e quindi gli aveva fatto pure una tintura oscena. Staccò gli arti, la testa e tutto finì nella busta.

“I figli sono una benedizione” si ripetè pensando alla sua, di figlia.

Si buttò sul divano esausta.

Quanto tempo si può sopportare un dolore? Quanto tempo occorre per accettarlo anche se solo come presenza?

Squillò il suo cellulare. Riconobbe il numero e con rassegnazione rispose.

“Pronto”

“Eccomi”

“Com’è andata?” chiese chiudendo gli occhi per proteggersi dalla botta.

“Meglio delle altre volte, stai tranquilla, mi ha riconosciuto subito come uno di famiglia. Magari riusciamo a risolvere in un paio di mesi quest’anno.

Nel sentire la risposta avvertì il sale delle lacrime sulle labbra, Almeno questo le era stato risparmiato.

Si salutarono. Prese la busta carica di ogni ninnolo e la sua borsa. Chiuse tutto per bene e si recò alla Casa di Accoglienza.

“Buongiorno Emma, vi ho portato delle cose per i vostri bambini”

“Carla! Speravo non ci saremmo viste quest’anno. Almeno non così”

Lo sguardo le era diventato fisso, sullo stipite laterale della porta.

“Arriverà quel giorno Emma?” commentò senza sollevare lo sguardo.

“Certo Carla, non cedere mai…questo è il?” si domandò “ah sì… il sesto, il sesto anno”

Carla confermò con un cenno automatico del capo.

“Aspetta!” le disse Emma richiamando la sua attenzione “lo sai che se vieni qua devo darti un fiore”

Scomparve pochi secondi per tornare con uno splendido iris bianco.

“Tieni, portalo a Claudio” le disse

“Grazie, Emma, glielo porto subito”

Samuela Chilton, pseudonimo, è nata a Sassari
dove vive e lavora tuttora.
Appassionata lettrice fin da bambina,
ha sempre desiderato scrivere.
Nel 2004 nascono i suoi primi racconti brevi,
stile narrativo che predilige.
Nel 2005 un suo racconto "Best-Seller" viene pubblicato sulla rivista "Inchiostro".


Il racconto "Ricordo" è tratto dalla rubrica

"Pendrive"

di Maria Serritiello
www.lapilli.eu

Nessun commento:

Posta un commento