Pagine

giovedì 6 gennaio 2011

Abbasso i pessimisti: una poesia sulla gioia li seppellirà


LA SCUOLA

FONTE:TISACLI.IT
DI MARCO LODOLI

Per istinto e per filosofia sono pessimista: mi fa male alla testa e al cuore sapere che le cose finiranno, che tante cose sono già finite, che un giorno non ci sarà più la vita, la mia, la tua, amore mio, quella apparentemente infinita dell’universo. Proprio per questo pessimismo metafisico, trovo insopportabili i piagnoni, i lamentosi, i cupi a oltranza, tutti quelli che aggiungono secchiate di nero e di buio all’esistenza. Sul fondo scuro della vita tutto risalta luminoso, come i brillanti sul velluto nero del gioielliere. Ogni giorno, ogni ora, ogni minuto versano nei miei occhi assetati acqua fresca.Insomma: sono pessimista, ma canto in Vespa. La vedo dura, e mi godo le castagne, il gelato, il sole. E così oggi, da bravo professore di lettere (neanche tanto bravo, a dire il vero, si può fare di più), vorrei proporre ai nostri lettori una poesia che sarebbe bello sentir recitare da Roberto Benigni. Siamo nella seconda metà del Duecento, ma siamo anche nei primi giorni del 2011. Siamo nel tempo, insomma, nel flusso che scorre: cerchiamo di non opporci come pietre sommerse, cerchiamo di sentire il ritmo, di sentirlo con gioia, come evidentemente, reiteratamente suggerisce Guittone d’Arezzo, l’autore di questa festosa acrobazia linguistica.
Allora, il sonetto fa così:
Tutt’or ch’io dirò “gioi’”, gioiva cosa,
intenderete che di voi favello,
che gioia sete di beltà gioiosa
e gioia di piacer gioioso e bello,
e gioia in cui gioioso avvenir riposa,
gioi’ d’adornezze e gioi’ di cor asnello,
gioia in cui viso e gioi’ tant’amorosa
ched’è gioiosa gioi’ mirare in ello.
Gioi’ di voler e gioi’ di pensamento
E gioi’ di dire e gioi’ di far gioioso
E gioi’ d’onni gioioso movimento:
per ch’io, gioiosa gioi’, sì disioso
di voi mi trovo, che mai gioi’ non sento
se ‘n vostra gioi’ il meo cor non riposo.
Solo un paio di delucidazioni: gioiva cosa è l’amata, ovviamente, che Guittone chiama semplicemente “gioi’”, perché il nome vero, terreno, quotidiano, non va svelato. Il “cor asnello” è il corpo snello. “Gioia in cui viso” significa “gioia in cui appunto lo sguardo”.
Ora recitatela a voce alta due o tre volte, come fosse un mantra: sentirete quanto è piena d’energia e anche allegra questa poesia d’amore. Io l’ho letta ai miei studenti e si sono divertiti, hanno fatto un pieno d’euforia. E allora che sia un buon anno per noi italiani: leggiamo qualche poesia in più, nei versi spesso tira un vento che gonfia la vela.

Nessun commento:

Posta un commento