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mercoledì 23 marzo 2011

"Serrato" il nuovo racconto di Samuela Chilton


L'AUTRICE SAMUELA CHILTON

SERRATO
DI SAMUELE CHILTON

Non riusciva a ricordarne neppure i lineamenti del volto, non almeno con nitidezza. Si tormentava nell'incastrare negli scaffali del tempo gli episodi di quella lunga amicizia oramai estinta. Non ricordava neppure dell'ultima volta che parlarono e di quello che, ad ogni buon conto, fu un ultimo e fatale scontro. Ora passava i suoi giorni in compagnia di altre rimembranze, più immediate, più semplici quali ad esempio l'odore della rosticceria o il sapore della birra trangugiata un'oretta
prima, che ancora ballava nel suo addome. Le bollette e il mutuo da pagare e il suo lavoro sempre in bilico. E fra acidi odori e grigi presagi attendeva fermo davanti al semaforo rosso che qualcosa
di speciale accadesse, qualcosa di sensazionale per dare un nuovo slancio al suo umore stanco. E così che riponeva in ordine le carte sparse sul sedile vuoto del passeggero, guardando poi lo schermo del telefono, ancora scuro, in religiosa attesa che si illuminasse alla prossima chiamata, una sensazionale e sorprendente telefonata. Fu allora che arrivò l'onda, nel trambusto e nel puzzo del mare impazzito il boato schiacciò tutto, esplodendo tutti i finestrini della sua auto. Il resto, da ora in poi, è solo metafisica. Non la puoi controllare, non la puoi gestire, è necessaria e assoluta. I vetri erano diventati pezzi di un puzzle lanciati in aria a velocità supersonica, sentì il vetro perforargli le carni e scheggiargli le ossa in mille punti diversi del corpo. L'istinto di sopravvivenza fu immediato ma non sufficiente, tentò di proteggersi solo gli occhi . Avvertì
quasi subito rivoli caldi sulle mani e sul collo, in un attimo sentì sulle cosce il peso di quello che era stato il parabrezza. Senza più alcuna protezione l'abitacolo fu invaso da un odore di liquami misto a sabbia, gasolio e da freddo gelido che lo fece rabbrividire. Regnava ora un silenzio irreale, sinistro, conseguenza dello stupore e dell'inquietudine. Era stato solo un episodio ma avrebbe avuto un proseguo, ed era certo che quel proseguo stava per compiersi.
Ma com'era possibile regnasse il silenzio, si domandava? La strada si era improvvisamente coperta di gente e la gente che corre fa rumore, le bocche si spalancono per urlare! Gli pareva che cera fusa si fosse come solidificata dentro le sue orecchie e questo aumentava lo sgomento: non sentiva più nulla
La cintura di sicurezza gli impediva di muoversi e usare le mani era ferocemente doloroso. Alcune auto, nella foga di accelerare e andar via, si erano intralciate a vicenda riuscendo a creare un ingorgo proprio davanti a lui. Le persone correvano in direzioni differenti apparentemente
confuse solo perchè differente era il luogo sicuro di ciascuna di esse. La paura fa scappare, sempre, anche in modo irrazionale.
Ancora attonito subì il rollìo della macchina con il risultato di sentire in bocca il sapore acre e gassoso della birra. Anche lui avrebbe voluto scappare se fosse riuscito a muoversi. Ma
scappare dove? Qual era il suo posto sicuro? Quale la direzione per raggiungerlo? Un tempo pensava potesse essere Giorgio. Quello di cui prima ripescava i lineamenti nella memoria.
Riuscì a scrollare la polvere di vetro dalle mani e senza poter piegare le dita già gonfie e livide per il vetro e il gelo tentò di mettere in moto. Avvertì, allora, un suono che sembrava lontanissimo ma che non era il motore. Un suono come un fischio in crescendo, stridulo, acuto. Capì che il suo udito stava ritornando e ciò che sentiva era il rumore degli allarmi in tilt delle vetture. Il battito iniziò ad aumentare. Urla disperate si mescolavano a un vociare sempre più confuso e caotico. Ma nonostante i vari tentativi non era ancora riuscito a ripartire. Cercò di controllare meglio e si rese conto che continuava a girare la chiave dell'accensione in modo compulsivo. La macchina non partiva ma rispondeva con un'arrancare del motorino d'avviamento più simile a un ringhio insistito e ansimante: si era dimenticato come si guidasse?
Girò al contrario la chiave, la gamba destra cominciò a ballargli freneticamente per un impulso nervoso e, pur volendo, non riusciva a bloccarla. Guardò le sue carte coperte di vetro e di fango melmoso. Avrebbe dovuto riscrivere la relazione, pensò, quella copia era proprio da buttare. Chissà invece dov'era caduto il telefono, non poteva cercarlo, sicuramente da buttare anch'esso.
La gente sulle strade era ormai una folla appanicata. Voleva ripartire e istintivamente guardò in direzione del semaforo. Era spento e quasi completamente divelto dal suo supporto. Ma cosa aveva provocato tutto quello sconquasso? Quel qualcosa di speciale che aspettava accadesse, sembrava essersi realizzato. Ecco perchè Giorgio era ritornato nei suoi pensieri; il suo incoscio avvertiva la certezza che non lo avrebbe più rivisto, molto più oggi di quando gli aveva detto di preferirgli una donna. Una comune, inutile donna che mai, in tutta la sua vita, lo avrebbe ascoltato e amato più di
quanto lui aveva fatto nei mesi della loro relazione e, soprattutto, negli anni della loro indispensabile e complice amicizia.
Sicuramente era stato un idiota ma, da allora, dopo quel buio aveva scelto una vita senza picchi. Solo con il suo mutuo, le sue bollette, la sua routine. Una vita volutamente vissuta senza alcuna emozione per non avere a che fare, ancora una volta con l'abbandono e con la solitudine. Star male costantemente per non arrivare mai alla
disperazione. Come una cura antiallergica di tipo alimentare: una minima dose ogni giorno del cibo incriminato ed ecco che l'allergia scompare. Come il dolore, come il vivere.
Non ricordava le parole, no di certo, quelle aveva potuto dimenticale. Ma come si era sentito, quello che aveva provato, le sue viscere attorcigliate come nodi di capelli, quello non lo aveva più dimenticato.
Il vento gelido gli arrivava a sferzate continue raggelandogli anche la mente. Sentiva nitidamente, ora, un rumore che gli risvegliò un ricordo.
Era riuscito a convincerlo: "non puoi non vederla è la portata d'acqua più grossa del mondo. Non ti capiterà di sentirla in un'altra parte del mondo."
"Anche lì mi hai tradito" pensò, "qua non c'è il Niagara e neanche le sue cascate. Ma quel rumore lo sento, si sta avvicinando. Eccolo il proseguo annunciato, lo vedo arrivare, trascina le case come barchette di plastica su un laghetto. Non riesco a contenere tutto con un unico sguardo. Il cuore batte talmente forte che vedo sollevarsi la camicia. Quella mania ridicola di togliere il cappotto perchè convinto di guidare meglio. Avrei avuto meno
freddo ora. Eccola un'altra onda, spietata lenta ma costante inesorabile. Arriva, copre tutto, cancella tutto. Ingorda lo porta con sè dove non c'è più seguito."
Una sferzata di vento più forte stacca del tutto il semaforo che cade sul cofano della macchina. Aveva ormai senso tentare una fuga? E perchè? Per morire affannato? Col cuore che sta per scoppiare per lo sforzo inane. Da anni non avevi guizzi, da anni non coglieva attimi.
Solo una piccola lacrima timida, discreta, divenne il suo ultimo anelito di vita. Chiuse gli
occhi quasi arrendevole a quella tomba liquida e limacciosa che stava per coprirlo.

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