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domenica 15 maggio 2011

La denuncia: nonostante la legge i taxi si rifiutano di far salire i cani guida che accompagnano i non vedenti


LA SOLIDARIETA' CIVILE


FONTE:TISCALI.IT
DI OSCAR GRAZIOLI

Ci sono voluti ben cinque taxi, prima che la legge fosse rispettata. Ma, ancor prima della legge, qui si tratta di buon senso e di solidarietà. Alessandro Forlani, giornalista della Rai, ha inviato al Messaggero una lettera che così inizia . “Cari amici, volevo solo raccontare un episodio di quotidiana inciviltà avvenuto nella nostra amata Roma. In sostanza domenica sera mi è capitato che quattro taxi su cinque, pronti alla stazione Termini abbiano rifiutato di farmi salire con il mio cane guida per ciechi.”.Forlani racconta che, arrivato alle 21, 30 in stazione a Roma (Termini), ha dovuto prendere un taxi per recarsi in un luogo dove già in qualunque altra grande città civile si arriva comodamente in metropolitana. Ma tutti i romani sanno le condizioni dei lavori della Metro A. Comunque, il giornalista non si lamenta più di tanto per questo, ma per l’atteggiamento dei quattro tassinari che, uno dopo l’altro, gli hanno negato l’accesso alla macchina. Forlani, nella sua lettera, ci tiene a sottolineare che aveva il bastone bianco, mentre il cane portava il pettorale della croce rossa che contraddistingue i cani che hanno compiuto un percorso di addestramento per aiutare i disabili.Il primo tassinaro gli dice chiaramente che lui non fa trasporto di animali e, di fronte alle sue lamentele, in sostanza gli ribadisce che di cani non ne carica. Al quarto taxi che si oppone a una legge dello stato, quella che obbliga i mezzi di trasporto ad accogliere i cani di ausilio ai disabili, il giornalista si spazientisce e ricorda al conducente che se non ha un certificato che attesti particolari allergie al pelo di cane, è obbligato a caricarlo. “ Denunciami pure; io il trasporto animali non lo faccio"! Questa la disarmante risposta. Per fortuna il quinto tassista non ha nessuna difficoltà a far salire il cane. Anche lui non conosce quella legge, ma gli dice “quando ho fatto il corso al 3570, mi hanno chiesto se accettavo di fare il trasporto animali o no; e io ho detto di sì'".Ora, al di là della normativa, viene da chiedersi in quale mondo di grezzi buzzurri viviamo. Già essere ciechi, o “non vedenti” come si usa chiamarli oggi, è una gravissima menomazione capace di rendere la vita molto difficoltosa. Se poi ci si mettono anche degli ignoranti, maleducati e strafottenti a peggiorarla, allora questo è il segno che dobbiamo farne ancora di strada, per poterci definire un paese appena civile. Altro che G8.A chi, dalla nascita o peggio per condizione acquisita, ha subìto questa menomazione, non frega niente di essere chiamato “non vedente” anziché cieco. A lui frega di non trovare i marciapiedi regolarmente pieni di moto, bici e macchine parcheggiate, di avere i semafori con il “beep” sonoro (visti personalmente a Oslo nel 1980), di avere libri in braille (o i moderni e book) nelle biblioteche e soprattutto di trovare persone che, non solo conoscano le leggi, ma abbiano quel minimo di solidarietà (non di pietà, loro non ne hanno bisogno) nei confronti di persone che il destino cinico e baro lo hanno conosciuto davvero.

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