Fonte:Tiscali social news
di Mariano Sabatini
MI PIACE POSTARE QUESTO BRILLANTE ARTICOLO, OGGI QUESTA SPLENDIDA DONNA SARA' CENERE TRA I SUOI CARI CHE L'HANNO PRECEDUTA
Non è stata solo una scienziata, per quanto il ruolo possa essere carico di significati e rilievo, Rita Levi Montalcini dall’assegnazione del Nobel per la scoperta del Ngf nel 1986 si è prestata ad una formidabile ancorché occasionale opera di divulgazione culturale anche in televisione. Un mezzo che la professoressa, sebbene avesse trascorso un’intera esistenza china sul microscopio, frequentava rivelando un'attitudine non comune. Dall’alto degli studi, delle pubblicazioni firmate, delle esperienze di vita e degli obiettivi raggiunti, riusciva infatti a parlare con semplicità di concetti alti, coinvolgendo in tal modo le grandi platee del piccolo schermo. Non paia irriverente se insinuo l’ipotesi che potesse anche piacerle accettare molti dei frequentissimi inviti che le rivolgevano i vari conduttori di talk show. Posso dirlo per esperienza diretta, considerato che negli anni Novanta, già molto anziana, frequentava sovente i divani bianchi del Tappeto volante su Tmc.
E durante un “nero”, come in tv si denominano le pause pubblicitarie, confessò per la prima volta a Luciano Rispoli di essere diventata quasi cieca; cosa che non le impedì di proseguire l’infaticabile attività scientifica, in pratica fino alla fine. Arrivava abbigliata di tutto punto, in raffinati abiti Capucci, che non voleva danneggiare con l’applicazione del microfono, perciò preferiva quello da tenere tra le mani. Non chiedeva di essere truccata o pettinata, di maquillage non faceva uso e i capelli erano già a posto, ma non rinunciava a vezzi e piccole vanità… come quella di cambiarsi i collant prima della diretta, magari con l’aiuto di una volenterosa, come fu la mia amica e collega Laura Lombardi.
Mi è capitato anche di intervistarla per il settimanale Gioia. Andai a trovarla nella sede romana della Treccani, all’epoca ne era presidente, e mi colpì la deferenza con cui i collaboratori la trattavano. Regina senza corona né sangue nobile, seduta sul trono dell’autorevolezza conquistata in anni e anni di studi. Finì che era lei a fare domande a me, assecondando l’onnivora curiosità. La salutai, consapevole di aver conversato con una delle menti più brillanti che erano esistite; vero privilegio di questo lavoro spesso inutile. La scienziata e senatrice a vita seppe modulare la sua popolarità applicandola anche alla comunicazione pubblicitaria, per Telecom e Sky, con spirito e divertimento, e sempre con finalità benefiche. La sua presenza, naturalmente carismatica, ha servito la causa della cultura in contesti dove trionfavano tradizionalmente attori o divi della canzone.
Le due ultime interviste sul piccolo schermo le ha concesse a Fabio Fazio e a Pippo Baudo, brillantissima, al compimento dei cento anni. Traguardo che ha festeggiato, al solito, senza prendersi troppo sul serio. Ad aprile sarebbero stati centoquattro, traguardo che ha mancato di poco. A chi volesse davvero conoscerla consiglierei di leggere Elogio dell’imperfezione (ed. Dalai), la sua autobiografia, ma soprattutto Cantico di una vita (Ed. Cortina), in cui sono raccolte le missive ai famigliari negli anni di permanenza negli Usa, al tempo delle sue ricerche più proficue. Grazie a quel volumetto, godibilissimo perché tra i talenti aveva anche quello di un italiano elegante, apprendiamo che dopo una giornata di abnegazione, tra alambicchi e appunti, amava prendere la sua Buik e andarsene tutta sola a passeggiare nel deserto. Donna indipendente e fiera fin dagli anni Quaranta o Cinquanta dello scorso secolo, in totale controtendenza rispetto alla stagione di ingiustificata prevalenza del maschio. Non la toccherebbero le insinuazioni degli sciacalli invidiosi che si scatenano in queste ore sui social network, come non la sfiorarono le rozzissime insolenze di Francesco Storace nei giorni di indefesso sostegno al governo Prodi. Volava alto, da ora ancora di più.
E durante un “nero”, come in tv si denominano le pause pubblicitarie, confessò per la prima volta a Luciano Rispoli di essere diventata quasi cieca; cosa che non le impedì di proseguire l’infaticabile attività scientifica, in pratica fino alla fine. Arrivava abbigliata di tutto punto, in raffinati abiti Capucci, che non voleva danneggiare con l’applicazione del microfono, perciò preferiva quello da tenere tra le mani. Non chiedeva di essere truccata o pettinata, di maquillage non faceva uso e i capelli erano già a posto, ma non rinunciava a vezzi e piccole vanità… come quella di cambiarsi i collant prima della diretta, magari con l’aiuto di una volenterosa, come fu la mia amica e collega Laura Lombardi.
Mi è capitato anche di intervistarla per il settimanale Gioia. Andai a trovarla nella sede romana della Treccani, all’epoca ne era presidente, e mi colpì la deferenza con cui i collaboratori la trattavano. Regina senza corona né sangue nobile, seduta sul trono dell’autorevolezza conquistata in anni e anni di studi. Finì che era lei a fare domande a me, assecondando l’onnivora curiosità. La salutai, consapevole di aver conversato con una delle menti più brillanti che erano esistite; vero privilegio di questo lavoro spesso inutile. La scienziata e senatrice a vita seppe modulare la sua popolarità applicandola anche alla comunicazione pubblicitaria, per Telecom e Sky, con spirito e divertimento, e sempre con finalità benefiche. La sua presenza, naturalmente carismatica, ha servito la causa della cultura in contesti dove trionfavano tradizionalmente attori o divi della canzone.
Le due ultime interviste sul piccolo schermo le ha concesse a Fabio Fazio e a Pippo Baudo, brillantissima, al compimento dei cento anni. Traguardo che ha festeggiato, al solito, senza prendersi troppo sul serio. Ad aprile sarebbero stati centoquattro, traguardo che ha mancato di poco. A chi volesse davvero conoscerla consiglierei di leggere Elogio dell’imperfezione (ed. Dalai), la sua autobiografia, ma soprattutto Cantico di una vita (Ed. Cortina), in cui sono raccolte le missive ai famigliari negli anni di permanenza negli Usa, al tempo delle sue ricerche più proficue. Grazie a quel volumetto, godibilissimo perché tra i talenti aveva anche quello di un italiano elegante, apprendiamo che dopo una giornata di abnegazione, tra alambicchi e appunti, amava prendere la sua Buik e andarsene tutta sola a passeggiare nel deserto. Donna indipendente e fiera fin dagli anni Quaranta o Cinquanta dello scorso secolo, in totale controtendenza rispetto alla stagione di ingiustificata prevalenza del maschio. Non la toccherebbero le insinuazioni degli sciacalli invidiosi che si scatenano in queste ore sui social network, come non la sfiorarono le rozzissime insolenze di Francesco Storace nei giorni di indefesso sostegno al governo Prodi. Volava alto, da ora ancora di più.
31 dicembre 2012
Nessun commento:
Posta un commento