Scarpette rosse
Con il suo carico pesante
il tempo
m’intorbida le membra
e più
non m’agita d’emozioni
il corpo,
la musica.
Statica,
seguo il ritmo,
recinta nella poltrona
di pelle nera.
Non la ballerina
che sognai nella mente,
non passi,
non movenze
da ballare da sola.
Statica,
seguo il ritmo,
recinta nella poltrona
di pelle nera.
Da me
le note se ne vanno.
Io che tanto le amai.
Il moto infinito
di“Scarpette rosse”,
è la mia antica maledizione.
Maria Serritiello
6 -5-2013
Andersen - Scarpette rosse
Fonte:Il Narrastorie
C'era una volta una povera orfana che non
aveva scarpe.
La bimba conservava tutti gli stracci che riusciva a trovare
finchè un bel giorno riuscì a confezionarsi un paio di scarpette rosse. Erano
rozze, ma le piacevano. La facevano sentire ricca nonostante trascorresse, fino
a sera inoltrata, le sue giornate a cercare cibo nei boschi.
Un giorno,
mentre percorreva faticosamente una strada, vestita dei suoi stracci e con le
scarpette rosse ai piedi, una carrozza dorata le si fermò accanto.
La vecchia
signora che la occupava le disse che l'avrebbe portata a casa con sé e l'avrebbe
trattata come una sua figlioletta.
Così andarono nella dimora della vecchia
signora ricca, e là furono lavati e pettinati i capelli della bambina. Le furono
dati biancheria fine, un bell'abito di lana e calze bianche e lucide scarpe
nere.
Quando la bambina chiese dei suoi vecchi abiti, e in particolare delle
scarpette rosse, la vecchia le rispose che, sudici e ridicoli com'erano, li
aveva gettati nel fuoco.
La bimba era molto triste perché quelle umili
scarpette rosse che aveva fatto con le proprie mani le avevano dato la più
grande felicità. Ora era costretta a stare sempre ferma e tranquilla, a parlare
senza saltellare e soltanto se interrogata.
Un fuoco segreto le si accese nel
cuore e continuò a desiderare più di ogni altra cosa le sue vecchie scarpette
rosse.
Poiché la bambina era abbastanza grande da ricevere la cresima, la
vecchia signora la portò da un vecchio calzolaio zoppo, per acquistare una paio
di scarpe speciali per l'occasione.
In vetrina facevano bella mostra di sé un
paio di scarpe rosse confezionate con la pelle più morbida che si possa
trovare.
La bimba, spinta dal suo cuore affamato, subito le scelse.
La
vecchia signora ci vedeva così male che non si accorse del colore e glie le
comprò. Il vecchio calzolaio strizzò l'occhio alla piccola e le incartò le
scarpe.
Il giorno dopo, in chiesa, tutti rimasero sorpresi da quelle scarpe
rosse che brillavano come mele lustrate, come cuori, come prugne ben lavate. Ma
alla bimba piacevano sempre di più.
In giornata la vecchia signora venne a
sapere delle scarpette rosse della sua pupilla.
"Non mettere mai più quelle
scarpe" le ordinò minacciosa.
Ma la domenica dopo la bambina non potè fare a
meno di mettersi le scarpette rosse, e poi si avviò alla chiesa con la vecchia
signora. Sulla porta della chiesa c'era un vecchio soldato con il braccio al
collo. S'inchinò, chiese il permesso di spolverare le scarpe e toccò le suole
cantando una canzoncina che le fece venire il solletico ai piedi.
"Ricordati
di restare per il ballo" e le strizzò l'occhio.
Anche questa volta tutti
guardarono con sospetto le scarpette rosse della bambina.
Ma a lei piacevano
tanto quelle scarpe lucenti, rosse come lamponi, come melagrane, che non
riusciva a pensare ad altro. Era tutta intenta a girare e rigirare i piedini,
tanto che si dimenticò di cantare.
Quando uscirono dalla chiesa, il vecchio
soldato esclamò:
"Che belle scarpette da ballo!".
A quelle parole la
bambina prese a piroettare e non riuscì più a fermarsi, tanto che parve avesse
perduto completamente il controllo di sé. Danzò una gavotta e poi una csarda e
poi un valzer, volteggiando attraverso i campi.
Il cocchiere della vecchia
signora si lanciò all'inseguimento della bambina, la prese e la riportò nella
carrozza, ma i piedini che indossavano le scarpette rosse continuavano a
piroettare nell'aria. Quando riuscirono a togliergliele, finalmente i piedi
della bambina si quietarono.
Di ritorno a casa, la vecchia signora lanciò le
scarpette rosse su uno scaffale altissimo e ordinò alla bambina di non toccarle
mai più. Ma lei non riusciva a fare a meno di guardarle e desiderarle. Per lei
erano ancora la cosa più bella che si trovasse sulla faccia della terra.
Poco
tempo dopo, mentre la signora era malata, la bambina strisciò nella stanza in
cui si trovavano le scarpette rosse. Le guardò, là in alto sullo scaffale, le
contemplò, e la contemplazione si trasformò in potente desiderio, tanto che la
bambina prese le scarpe dallo scaffale e subito se le infilò, pensando che non
sarebbe accaduto nulla di male.
Ma non appena le ebbe ai piedi subito si
sentì sopraffatta dal desiderio di danzare.
Danzò uscendo dalla stanza, e
poi lungo le scale, prima una gavotta, poi un csarda e poi un valzer
vertiginoso. La bambina era in estasi, e si accorse di essere nei guai solo
quando volle girare a sinistra e le scarpe la costrinsero a girare a destra, e
volle danzare in tondo e quelle la obbligarono a proseguire. E poi la portarono
giù per la strada, attraverso i campi melmosi e nella foresta
scura.
Appoggiato a un albero c'era il vecchio soldato dalla barba rossiccia,
con il braccio al collo.
"Oh che belle scarpette da ballo!"
esclamò.
Terrorizzata, la bambina cercò di sfilarsi le scarpe, ma più tirava
e più quelle aderivano ai piedi.
E così danzò e danzò sulle più alte colline
e attraverso le valli, sotto la pioggia e sotto la neve e sotto la luce
abbagliante del sole. Danzò nelle notti più nere e all'alba, danzò fino al
tramonto. Ma era terribile: per lei non esisteva riposo. Danzò in un cimitero e
là uno spirito pronunciò queste parole:
"Danzerai con le tue scarpette rosse
fino a che non diventerai come un fantasma, uno spettro, finchè la pelle non
penderà sulle ossa, finchè di te non resteranno che visceri danzanti. Danzerai
di porta in porta per tutti i villaggi, e busserai tre volte a ogni porta, e
quando la gente ti vedrà, temerà per la sua vita".
La bambina chiese pietà,
ma prima che potesse insistere le scarpette rosse la trascinarono via.
Danzò
sui rovi, attraverso le correnti, sulle siepi, e danzando danzando arrivò a
casa, e c'erano persone in lutto. La vecchia signora era morta.
Ma lei
continuava a danzare.
Entrò danzando nella foresta dove viveva il boia della
città. E la mannaia appesa al muro prese a tremare sentendola
avvicinare.
"Per favore" pregò il boia mentre danzava sulla sua porta, "Per
favore mi tagli le scarpe per liberarmi da questo tremendo fato".
E con la
mannaia il boia tagliò le cinghie delle scarpette rosse. Ma queste le restavano
ai piedi.
E lei lo pregò di tagliarle i piedi, perché così la sua vita non
valeva nulla. Il boia allora le tagliò i piedi.
E le scarpette rosse con i
piedi continuarono a danzare attraverso la foresta e sulla collina e oltre, fino
a sparire alla vista.
E ora la bambina era una povera storpia, e doveva farsi
strada nel mondo andando a servizio da estranei, e mai più desiderò delle
scarpette rosse.
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