Fonte: www.lapilli.eu
di Maria Serritiello
Può una rappresentazione scolastica avere tutto il fascino di un vero spettacolo di Teatro Greco classico, tenuto da attori professionisti? Si, se ad esibirsi sono gli alunni del Liceo Classico” F. De Sanctis di Salerno.
Il 9 giugno alle ore 20,00, l’Officina del Dramma Antico del Liceo De Sanctis, ha presentato: “Il dono di Nesso”. Un laboratorio di studio e di ricerca di 20 allievi, sul libero adattamento delle Trachinie di Sofocle, curato dalle Prof.sse Amelia Imparato e Anna Rotunno.
L’opera già presentata e con gran successo a palazzolo Acreide (SR) nell’ambito del diciannovesimo Festival del Teatro Classico dei Giovani è stato riproposto a Salerno in occasione del cinquantenario del Liceo Classico F. De Sanctis
Trama
“Il dono di Nesso”, ripercorre la storia tragica di Deianira ed Eracle prendendo l’ inizio da quando la bella moglie attende il ritorno dalla guerra del marito. Ciò che bisogna ricordare per seguire, senza perdere alcun passaggio della rappresentazione, è il mito di Deianira ed Eracle, che si aggancia allo spettacolo dei bravi allievi da quando Deianira, sospettosa di Iole, la bella principessa vinta in guerra, decide di usare il dono di Nesso.
Dopo il matrimonio e durante il trasferimento in Tessaglia, Deianira ed Eracle giungono presso un fiume in piena, lei è titubante mentre Eracle è certo di poter superare l’ostacolo. In loro soccorso, comunque, appare un centauro, chiamato Nesso per traghettarli all’opposta sponda del fiume. Appena approdati, Nesso, ingannatore, rapisce Deianira, fuggendo al galoppo. Eracle, superata la sorpresa iniziale, gli scocca una freccia, puntandogliela direttamente al cuore. Il centauro prima di morire offre il suo sangue a Deianira che, miscelato ad olio profumato e cosparso sulle vesti di Eracle non lo avrebbe indotto a guardare un'altra donna. Tempo dopo, temendo che la principessa Iole potesse sottrarle il marito, si ricorda del dono di Nesso e sparge l’unguento sulle vesti del marito. Deianira, però, ignora che il centauro è stato ucciso da frecce avvelenate e di conseguenza anche il suo sangue è contaminato dal veleno. Eracle muore tra atroci sofferenze e Deianira, colpevole, non sopportando di sopravvivergli, si uccide per la disperazione.
Commento
La scena è ben costruita, due grandi telai troneggiano al centro e sono simili ad arpe che le ancelle lavorano come se toccassero le corde dello strumento. I telai, bianchi come la lana dei fili intrecciati, sono messi di proposito nella scenografia, sì da sommare l’arte della tessitura con i lai evocativi del coro. L’ arcolaio e la clessidra, poi, sono dispensati ai lati per dare il senso del tempo che scorre e si accumula nell’atto finale. Lo spettacolo si apre con il coro delle Trachinie, le donne della città di Trachis ed impatta subito con la tragedia che si consumerà inevitabile. La danza, nuages di color cipria in movimento, viene espressa ad intervalli dai corpi agili e sottili delle fanciulle, per spargere intorno amore, che pure c’è . Su tutto si eleva il sentimento estremo di Deianira, la bravissima Maria Linda Pessolano, moglie devota che attende il ritorno di Eracle. A mano a mano, la scena si cambia e dall’amore lievita l’odio, fino alla tragedia finale.
Gli interpreti:
Maria Linda Pessolano Deianira
Gaetano Vaccaro Eracle
Giulio Abbamonte Illo
Adelma Maria Arenare Nutrice
Michele Del Vecchio Nesso, Lica
Germano Gorga messaggero
Imma Iannicelli Iole
Francesca Prezioso Corifea
Miriana Conte coreuta
Benedetta Crescenzo coreuta, Pensiero di Deianira
Alessia Frigino coreuta
Ersilia Sapere coreuta
Rita De Chiara figurante
Federica Inverso figurante, Pensiero di Iole
Martina Quagliano figurante
Fulvio Ragusa figurante
Federica Cannavacciuolo prigioniera
Valentina Imparato prigioniera
Michela D’Urso prigioniera
Tutti e venti allievi hanno caratterizzato con precisione ed espressività, i personaggi della tragedia, da Dianira, Maria Linda Pessolano, giusta l’intonazione e la drammaticità della voce, ad Eracle, Gaetano Vaccaro, perfetto sia per la recitazione che per la presenza scenica, da Illo, il rosso Giulio Abbamonte, il cui urlo contro la madre, colpevole di avergli ucciso il padre, risuonerà ancora, spettrale nelle aule fantasme ed estive, alle suggestive scene collettive che hanno creato atmosfera partecipata in tutti. Le luci, poi, hanno rischiarato la scena tra bagliori ed ombre e l’ottima selezione musicale, miscelata con gusto ineccepibile, ha sottolineato i momenti salienti della tragedia.
Per una serata, il liceo F. De Sanctis di Salerno, con i suoi 50 anni sulle spalle e con la gradinata a mezza luna, affollata di spettatori, sotto le stelle e con un refolo leggero d’inizio estate, ha assunto l’aspetto degli antichi teatri della vecchia Magna Grecia, dove la tragedia che si rappresentava aveva nobile funzione catartica e l’educazione si compiva attraverso le sue storie dolorose.
“Chi abbia letto una sola tragedia greca,
una sola "invettiva" dantesca,
un verso della Ginestra,
saprà ascoltare,
saprà riconoscere i propri limiti e il valore altrui
- ma passivamente obbedire mai..."
un verso della Ginestra,
saprà ascoltare,
saprà riconoscere i propri limiti e il valore altrui
- ma passivamente obbedire mai..."
Massimo Cacciari
Maria Serritiello
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