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martedì 7 maggio 2013

Le sei recensioni di Maria Serritiello per la rassegna "Teatro XS Salerno 2013 "raccolte in un unico Post.

UN RINGRAZIAMENTO SENTITO A TUTTE LE COMPAGNIE, OSPITATE ALL'INTERNO DELLA RASSEGNA, PER AVERMI LETTO E GRATIFICATO CON LA LORO PREFERENZA . GRAZIE ALLA COMPAGNIA DELL'ECLISSI PER L'AFFETTUOSA OSPITALITÀ


      TEATRO XS

V° FESTIVAL NAZIONALE 
"TEATRO XS"
CITTA' DI SALERNO
2013 TEATRO GENOVESI

Il Teatro Impiria di Verona dà il via alla V Edizione Teatro XS Salerno

Al via dal 24 marzo, per terminare il 5 maggio, serata conclusiva, presso il Teatro Genovesi di Salerno, la V edizione "Teatro XS", la kermesse annuale, unica in Italia, organizzata dalla Compagnia dell'Eclissi con l'apporto della Facoltà di Lingue e Letterature Straniere (Corso di Laurea in Discipline delle Arti Visive della Musica e dello Spettacolo D.A.Vi.Mu.S.) dell'Università di Salerno, della U.I.L.T. (Unione Italiana Libero Teatro) e delle Soroptimist di Salerno. Con "Teatro XS" si indicano pezzi teatrali di contenuto, rappresentati in uno spazio piccolo, quale quello  del  Teatro Genovesi.  "Teatro XS", esclusivo nel Mezzogiorno, ha avuto con "America" di Raffaello Cantieri, unico interprete Guido Ruzzenenti del Teatro Empiria di Verona, accompagnato da un duo musicale di eccezionale bravura
La trama
Giovanni, all'inizio del secolo scorso, dalla Lessinia, zona delle Prealpi della provincia di Verona, emigra in America,  come ha fatto tanta parte degli italiani, cercando fortuna. La trova in California, in una zona desolata di Hollywood con il duro lavoro di cowboy e con un "si" per procura, anche la moglie. Dal matrimonio nascono sei figli, la vita scorre serena, il lavoro è faticoso e la nostalgia per la patria lontano, di tanto in tanto si fa sentire, gli mancano la neve ed il silenzio. Ha una bella casa, una moglie affettuosa e gentile, potrebbe guardare con sicurezza l'avvenire per sé e per i suoi cari, quando la peste delle vacche lo getta nella disperazione ma non gli vieta di ricominciare e continuare imperturbabile la sua storia. A raccogliere il testimone è  il figlio Lindo che  diversamente dal padre non ha alcuna intenzione di fare il cowboy, anzi gli è insopportabile il cattivo odore delle vacche. Si sente americano al cento per cento e non  conoscendo la terra di suo padre, le sue origini hanno radice profonda nella terra in cui vive, tanto da combattere mafia e delinquenza, con la divisa da poliziotto. La saga continua ed il figlio di Lindo e nipote di Jaco sul finire degli anni '60, dopo aver condiviso le agitazioni di un'epoca dalle grandi trasformazioni, realizzerà una fortuna con il riciclo dei rifiuti urbani. John, poi,verrà in Italia, per conoscere le sue radici, viaggio che suo nonno aveva sempre sognato ed intenderà il silenzio e guarderà ammaliato la neve.
Commento
"America" per la regia accorta ed originale di Andrea Castelletti del Teatro Impiria di Verona, si é subito imposto e  direttamente, nell'unico tempo teatrale, con il pubblico che ha molto gradito la performance . Ognuno dei presenti ha trovato, nell'equilibrato spettacolo, un pezzo attinente alla sua storia personale, vuoi per come si è svolta la propria vita, l'emigrazione, infatti, è un tema che agli italiani non è sconosciuto e vuoi per l'intrinseca poesia che aleggia discreta su tutta la rappresentazione. La scena rimane sempre la stessa ed in ombra, ma ben visibile è la catasta di sedie che, composta e scomposta, raffigura, in modo originale, personaggi e scenari. Tre generazioni con le proprie peculiarità storiche, di costume e di desideri si alternano nel racconto, trovando frammenti di memoria collettiva. La semplicità delle parole "un vestito nuovo e qualche piccola donna da tenere tra le braccia" dice il capostipite Jaco, fa in modo che il pezzo scritto da Raffaello Canteri, il bravo autore presente in sala, sia compreso facilmente, anzi sia condiviso anche  per le strepitose  musiche che hanno accompagnato le azioni svolte in scena. Bravissimi i cantori, Acustic Duo, nelle persone di Stefano Bersan e Antonio Canteri. Ottima anche la selezione country e i brani proposti tratti dall'anthology  of American Folk Music . Su tutto Lui, Guido Ruzzenenti, un gigante, per come ha saputo mantenere la scena, interpretando con invariata bravura i tre personaggi- simbolo delle tre generazioni, prese in esame dall'autore. America, con il suo viaggio verso la terra promessa , in cerca di una vita possibile,  ci appartiene e Guido Ruzzenenti con la sua intensa interpretazione  ci ha regalato un'emozione forte e così insieme a lui siamo entrati nel racconto, per essere di volta in volta, ora il volitivo Jaco, ora l'onesto  Lindo ed ora  il realistico John.
Maria Serritiello

Il Piccolo Teatro Città di Agrigento con "Uno strappo nel cielo di carta" al Festival XS di Salerno

Il fatto di essere attori del "Il Piccolo teatro Città di Agrigento" ha dato a Rosa Maria Montalbano, Salvatore Nocera e Lillo Zarbo una responsabilità in più, verso il teatro di Pirandello, che sono andati a rappresentare domenica 7 aprile, per l'attenta regia di Salvatore Nocera.
"Uno strappo nel cielo", questo il titolo del secondo pezzo in gara, alla V Edizione della Rassegna "Teatro XS" Città di Salerno, è uno studio originale su alcuni personaggi, tratti dalle opere del sommo agrigentino.
"E' un riportare, tra noi, senza irriverenza", dice Salvatore Nocera, che del lavoro è il curatore dei testi originali, della musica e della regia, " Zio Luigi, ma solo dietro le quinte, per considerarlo un punto di partenza, anzi impulso per andare oltre."
Trama
Non è semplice riassumere il testo, se non si ha sotto mano e rinverdita la produzione del teatro di Pirandello. Il recitato è un vero e proprio puzzle, composto da alcuni personaggi e situazioni tratti dal "Fu Mattia Pascal", da "L'uomo dal fiore in bocca", dalla "Sagra del Signore della Nave" e da "Sgombero". L'incipit dello spettacolo è riferito al XII capitolo del "Fu Mattia Pascal", dove "Uno strappo nel cielo di carta" prende forma, accompagnato dal suono della chitarra e della fisarmonica, strumenti e suonatori situati dietro un velario, poi, per 70 minuti ed un solo tempo, si assiste via, via ad uno spettacolo quantomeno inusuale.
In scena, arredata scarna, due figure, si alternano, si rimandano battute "Voi l'avete visto", dice la donna, vestita severa e in nero, ad Adriano Meis, un tempo Mattia Pascal, "Voi l'avete visto e volete proteggerlo" e si capisce che a parlare è la moglie dell'uomo dal fiore in bocca, messa in ombra da lui, scartata dal suo dolore. Si succedono, poi, Caloiru Pispisa, un personaggio costruito su di un precedente studio d'attore, preparatorio al ruolo del Norcino, ne "La sagra del Signore della Nave" e la rancorosa figura femminile, tratta da "Sgombero". Tutto, così, diventa comprensibile, anche l'originalità della rappresentazione.
Commento
Ciò che intralcia inizialmente la fruizione dello spettacolo è quello di avere, sì, conoscenza del teatro di Pirandello, come "L'Uomo dal fiore in bocca" e de " Il Fu Mattia Pascal", ma meno quella riferita alla "Sagra del Signore della Nave" e a "Sgombero". Lo spettacolo, non semplice, riesce, però, a colpire progressivamente la sensibilità dello spettatore, a coinvolgerlo nelle spire della trama e a farlo entrare con piacevolezza nello corpo della rappresentazione. Il puzzle dei personaggi si combina bene e la recita risulta originale, anche per gli effetti sonori, dovuti alla voce, usata in modo particolarissima, dal bravo Salvatore Nocera, dalle corde della sua chitarra e dai soffi del mantice della fisarmonica.
Viscerale e sanguigna, la recitazione di Lillo Zarba, Caloiru Pispisa, altrimenti detto "Babba". Un omone possente, adatto al mestiere che fa: scannatore di maiali, che si prende tutta la scena quando mima il suo cruento lavoro. La rozza maglia, indossata su pantaloni informi, dove si notano macchie del macello appena compiuto e il dialetto stretto, musicale, fanno di lui il perfetto "babba", di quelli che si trovano ovunque. "Babba", Caloiru, però, non è, magari incolto, cervello ne ha e tanto, anzi per la sua condizione che gli serve di comodo, si prende il lusso di dire, come gli pare, tutto a tutti.
Passionalità unita ad una recitazione intensa, si devono a Rosa Maria Montalbano, il personaggio femminile, ora severo, chiusa com'è nel suo vestito nero, lungo fino ai piedi ed espressione addolorata stampata sul volto, ora sfrontata, avvolta nello scialle rosso, il fuoco della sua rabbia verso il padre cadavere a cui indirizza e vomita la sua condizione, da lui provocata. Ad addolcire la chiusa, il canto elegante e lento, quasi una carezza, di un pezzo dell'indimenticato Domenico Modugno: "L'Uomo in frak", nel quale Salvatore Nocera mette l'anima e chiude.
Maria Serritiello



"Uomini sull'orlo di una crisi di nervi" terzo pezzo in gara al Teatro Genovesi, per l'edizione 2013 "Teatro XS Salerno

Al teatro Genovesi, alle donne in sala, spettatrici per la V edizione "Teatro XS Salerno", ha fatto molto piacere, sabato 13 aprile, che siano stati gli uomini ad essere sull'orlo di una crisi di nervi, a rasentare quell'umore isterico, altrimenti destinato alle donne, per via anche delle "loro cose".
Il Piccolo teatro di Terracina, la terza compagnia in gara per l'esclusivo Festival nazionale, targato "Teatro Genovesi Salerno", ha dato, della commedia cult, una piacevolissima versione.
"Uomini sull'orlo di una crisi di nervi", commedia scritta da Alessandro Capone e Rosario Galli, è rappresentata dal 1993, ottenendo un continuato successo. Campione d'incasso se n'è fatta anche una divertentissima versione cinematografica.
Trama
Pino, separato da poco, riceve nella casa del nonno, come ogni lunedì, gli amici di vecchia data, per la consueta partita a poker. Gianni, Vincenzo, Pino e Nicola hanno una storia matrimoniale differente ma stressante per ognuno. In scena le mogli non si vedono mai, ma nei loro discorsi, si, e qualcuna si materializza anche al telefono. Dal tono della conversazione si capisce che i quattro amici non ne possono più dei loro rapporti affettivi e per quella serata la partita a poker è bella e andata, anche perché Nicola interrompe continuamente il gioco per riferire, ad intervalli ricorrenti, l'ultimo alterco avuto con la moglie. Tuttavia tentano di giocare, come hanno fatto tanti altri lunedì, ma le loro discussioni girano sempre intorno alle comuni insoddisfazioni, provocate esclusivamente dalle loro donne. Così a Pino, per rimediare la serata, viene l'idea di telefonare ad una squillo, lasciandole un messaggio d'invito. Quando costei si presenterà, toccherà apprendere che a rispondere al messaggio non è stata Yvonne, l'escort prenotata, bensì una sua amica, decisa a fare ingelosire il fidanzato, impegnato in un addio al celibato. Gianni, sposatissimo da sei mesi, prenderà la palla al balzo e scapperà con la donna.
Commento
"Uomini sull'orlo di una crisi di nervi", un classico, ormai, da palcoscenico, è stato rappresentato in maniera precisa, rispetto al testo originale ed anche in modo gradevole dal Piccolo Teatro di Terracina. Il regista, Roberto Percoco, attentissimo a non cambiare una virgola alla versione originale, ha ottenuto un buon risultato, sia per i tempi teatrali impiegati e sia per le caratterizzazioni dirette. Il contenuto è vivace, le battute sono scoppiettanti, il ritmo si mantiene costante e i 90 minuti, ridotti ad un solo tempo, mostrano l'isteria maschile in versione inedita, svelandosi del tutto simile a quella femminile, quando l'oggetto della conversazione è l'uomo. La giocata a carte, per i 4 amici, si rivela uno sfogatoio, l'occasione per raccontarsi a turno l'infelicità coniugale ma anche l'incapacità, se si vuole, di entrare in sintonia con l'universo femminile. Si alleano tra di loro, per andare, ora contro l'uno, ora contro l'altro e ora per prendersi in giro infantilmente, mentre al malcapitato di turno schizzano i nervi.
In sostanza la fortuna del testo non si giustifica, le cose dette sono davvero poche ed anche trite ed il gentil sesso risulta avviluppata nei consueti luoghi comuni. I maschi, invece, appaiono smarriti, fortemente arroccati su ciò che è loro consueto. Dalla contrapposizione, il sesso debole ne esce risoluto, moderno e capace di svoltare la propria vita, quando questa non dà più soddisfazioni. E mentre i 4 amici si arrovellano come comportarsi con la donnina allegra, anche la chiamata alla squillo rientra nel classico copione maschile, che di professione allegra non è, lei sa già cosa farà di lì a poco e con chi.
Le caratterizzazione, da Bruno Perroni, che ha calcato un po' troppo il dialetto, ma così il testo originale, a quelle di Roberto Percoco, di Emilio Di Mauro e di Stefano Percoco, sono perfette e rendono gli amici come in realtà sono. Anche l'arredamento, il modesto tinello, nel quale troneggia attaccato al muro il ritratto del nonno, simbolicamente per sorvegliare le loro azioni, tesse, uguale ad una ragnatela, l'identikit dell'uomo medio. Intorno al tavolo rotondo, coperto dal panno verde, si compongono e si scompongono le ubbie, le battute, le confessioni e i desideri, insomma tutto il loro universo, messo in ombra dalle signore, con le quali non sanno dialogare. Così le battute, risultano un'inutile elencazione di ciò che il bel sesso, non è o lo è fin troppo bene. Anche il finale, e si nota che sono due uomini a scrivere la commedia, è un compromesso tra la donna angelicata e la prostituta, un modello caro ai maschi di tutti i tempi. Un guizzo bizzarro, bene inserito e nella commedia anche divertente, è quando per fare il verso a loro stessi, i 4 cantano 'Noi duri', un pezzo esilarante dell'indimenticato Buscaglione , accennando a goffi passi di danza. L'ingresso di Yvonne, poi, stile Jessica Rabbit, della brava Darina Rossi, mette in moto la ruota di pavone che stabilmente stanzia nel DNA dei 4 amici e che, abbandonata l'isteria, si lasciano andare al gioco preferito, quello antico, per intenderci, e con sorpresa finale.
Maria Serritiello

La Smorfia Teatro di Gravina con "Tre sull'altalena" alla rassegna teatrale Teatro XS di Salerno

Tre sull'altalena", di Luigi Lunari, è stata la quarta commedia ad essere rappresentata, il 14 aprile, al Teatro Genovesi, per la rassegna nazionale "Teatro XS Salerno"da "La Smorfia Teatro" di Gravina". Scritta nel 1989, la commedia ebbe un rilevante effetto a livello internazionale, tanto da essere tradotta in ventiquattro lingue e rappresentata in tutto il mondo.
90 minuti in due tempi, per rappresentare colpi di scena, momenti esilaranti, alternati a momenti drammatici, capaci di coinvolgere il pubblico in un crescendo di riflessioni e di leggero divertimento.
Trama
Inspiegabilmente si trovano nello stesso posto, un ufficio spoglio, per differenti interessi, un capitano, un professore ed un imprenditore. Ognuno dei tre rivendica, per i propri affari, il luogo, che per l'imprenditore è la modesta pensione nella quale ha dato appuntamento ad una donna, per il capitano è la sede fornitrice dell'esercito e per il professore è la casa editrice "Minervini", che dovrà pubblicare il suo libro. Per tutti e tre l'indirizzo è esatto, il luogo esiste, ma nessuno di loro riesce a trovare una logica spiegazione a che lo stesso luogo sia nel contempo un dimesso albergo, un luogo d'affari e una casa editrice. Il mistero comincia a prendere corpo e a creare sospensione ed attesa. I tre, dopo un inutile andirivieni per imbroccare la locazione giusta, si trovano bloccati nello strano posto, senza la possibilità di uscirne, aggravati anche da un allarme, che dà il via ad un'esercitazione antinquinamento. Costretti a trascorrere la notte insieme, in preda all'ansia, che aumenta in maniera esponenziale con il passar delle ore, giungono a sospettare che il posto, in cui si trovano, possa essere l'anticamera dell'aldilà e loro già morti, in attesa di giudizio. Secondo la natura di ognuno, i tre personaggi, hanno reazioni diverse rispetto all'estremo giudizio che dovranno affrontare. Le situazioni che si vengono a creare suscitano ilarità e divertimento, tendenti ad aumentare con l'apparire dell'uomo delle pulizie e dal cessate allarme, ma non sgomberano il campo dal mistero.
Commento
Vico, Schopenhauer, Cartesio, Voltaire, Boccaccio e la Bibbia, citati di volta in volta, sono il limite farraginoso della commedia. I continui richiami ai grandi del pensiero appesantiscono e frammentano il discorso e spezzano il ritmo e le battute che altrimenti sarebbero piacevolmente riflessive. Tuttavia il pezzo regge e diletta fino alla fine, per i paradossi, gli equivoci e i sarcasmi ma anche per l'assurdo e il metafisico di cui abbonda, un evidente richiamo a Kafka e a Ionesco. A starci sull'altalena, non sono solo i tre personaggi, bravi gli attori, Leo Coviello, Gianni Ricciardelli e Francesco Colonna, nelle rispettive caratterizzazioni, ma anche tutti noi che di paure ed angosce ne abbiamo tante. La commedia, per il tema trattato, cioè la paura del dopo e per le riflessioni che ne scaturiscono, è impegnativa, ma "La Smorfia Teatro" di Gravina, sia per la buona caratterizzazione degli interpreti, che per la regia attenta, ne ha fatto una versione gradevolmente leggera.
Sostenuta ed elegante è l'interpretazione di Leo Coviello, che dello spettacolo è anche il regista. Un perfetto militare, fisico asciutto, movimenti veloci, scatti di tacchi e battute da caserma, il suo "pardon, pardon, pardon", ogni volta, risuona come uno sfottò verso gli sventurati compagni, ma si fa perdonare facilmente. Apprezzabile è la recitazione, dell'imperturbabile professore, Gianni Ricciardelli come quella esasperata ed ansiogena, di Francesco Colonna, l'imprenditore. Quanto all'uomo delle pulizie, Giuseppe Laspalluti, la cui presenza è solo un'apparizione, ma efficace ad alimentare il clima d'insicurezza e di tensione che non si smorza nemmeno nel finale.
Maria Serritiello

"Il Visitatore" del Gruppo Teatrale la Betulla, la quinta rappresentazione alla Rassegna Nazionale "Teatro XS Salerno"

Avanti tutta al Teatro Genovesi di Salerno, il 21 aprile scorso, con la Rassegna Nazionale "Teatro XS", giunta, con il  "Visitatore", del Gruppo Teatrale "La Betulla",  alla quinta  rappresentazione,  delle sei  in gara.
"Teatro XS Salerno", evento curato dalla Compagnia dell'Eclissi, si è conquistato un preciso spazio nel panorama nazionale di teatro e di successo, presso il pubblico salernitano che, ad ogni rappresentazione, accorre numeroso.
Trama
Nello studio di Sigmund Freud, a Vienna, in Via Berggasse 19, mentre per strada impazzano i cori nazisti, è la sera del 22 aprile 1938 e l'Austria è da un mese annessa al Terzo Reich, si presenta una strana figura in smoking  e bastone. Freud è vecchio, ammalato e disperato, sua figlia Anna, infatti, è nelle mani della Gestapo. Chi sarà mai quell'improvviso visitatore che sembra un impostore? Un pazzo che crede di  essere Dio o è lui stesso in persona? Inizia  tra i due un dialogo serrato in cui l'uno, Freud, cerca di convincere l'altro delle proprie tesi, mentre  Dio, o chi per esso,  cerca di portare acqua al proprio mulino, affermando la propria esistenza.
Commento
"Il Visitatore", un tempo in 85 minuti, muove l'inizio da un'incantevole suggestione: il Concerto per clarinetto in A maggiore K.622, II. Adagio, di Mozart. Dolcissime le note   riempiono la scena, la rivestono di particolari, la caricano di suggestioni, per poi posarsi, nella semi oscurità, sulle sagome immobili di Freud e sua figlia Anna, i personaggi della vicenda. L'atmosfera pacificata e sobria dello studio, malgrado  la malattia del vecchio studioso e il pericolo reale di essere loro stessi deportati, come già avviene per altri, stride con quanto succede per le strade e per ciò che accadrà di lì a poco, nello casa dello scienziato.
L'ombra minacciosa del Terzo Reich e la sua manifestazione più crudele, la Gestapo, entra dalla porta d'ingresso, portandosi via Anna e lasciando nello sconforto suo padre. Ed ecco nello studio di Freud, materializzarsi dal nulla, quasi una marionetta, per come si muove e trastulla le mani, lo strano visitatore, proiezione del suo bisogno, chi altro se no,  di ricevere aiuto, di calmare la sua ansia, di essere confortato, lui che di sostegno agli altri ne ha dato e dà tanto.
 Dinanzi al visitatore, ambiguo e sicuro di sé, Freud appare indifeso, come già lo fu da bambino, all'età di cinque anni, per una sua richiesta di aiuto elusa, l'avevano lasciato solo in casa. Ora però lui è il dott. re Sigmund  Freud, ha conoscenza e sapienza e prova a confrontarsi con il pensiero dello sconosciuto, l'impostore che si vuol far credere Dio e che smonta ogni sua teoria di ateo, senza convincerlo fino in fondo.
 Freud gli oppone resistenza, anzi lo minaccia "Se fosse Dio, stasera, gli chiederei il conto. Gli chiederei di mettere il naso fuori della finestra, una buona volta. Lo sa Dio che il male corre per le strade con stivali di cuoio, con speroni di acciaio a Berlino, a Vienna e presto per l'Europa intera? Lo sa Dio che l'odio ha un suo partito, un odio che riassume tutti gli odi, per gli ebrei, gli zingari, gli omosessuali e per tutti quelli che la pensano diversamente?"
In sostanza ciò che Freud ha da dire a Dio è quello che ognuno di noi vorrebbe esprimergli o chiedergli nell'ipotesi di averlo di fronte e anche se la risposta dell'Ente Supremo è logica, razionale, forse esaustiva, dal punto di vista filosofico –religioso: " Se tu potessi vedere il nastro degli anni a venire saresti anche più violento" dice l'eccentrica figura, ricercata come pazzo evaso, ha un limite, perché nella risposta di Dio  c'è il pensiero dell'uomo che cerca, per l'orgoglio illimitato di cui è pieno, sostituirsi a Lui.
"Il  Visitatore" di Emmanuel Schmitt, un pezzo di spessore, è stato rappresentato in maniera egregia dalla Compagnia "La  Betulla" di Nave (BS), diretta da Bruno Frusca, che ne è anche l'eccellente interprete principale. La su recitazione è stata lineare e pulita come  la regia priva di orpelli inutili. Nei panni di Dio, Pino Navarretta, si è fatto notare sia per la buona caratterizzazione del personaggio, sia per l'agilità dei movimenti, a tratti felini. Divertente il bastone che nelle sue mani, per un gioco efficace di prestidigitazione, si tramuta in bandiera. Quanto a Mariasole Bannò, Anna Freud e Michele Bolognini, l'appartenente alla Gestapo, hanno reso un' interpretazione efficace dei loro personaggi.
Nella commedia, realizzata dalla Compagnia La Betulla, c'è un quinto personaggio che non si vede ma lo si ascolta con trasporto e la cui musica, ripetuta efficacemente, nei momenti più salienti, sovrasta tutto e tutti. Il prodigio musicale risponde al nome di Wolfgang Amadeus Mozart.
Maria Serritiello



"Le Serve" dei Cattivi di Cuore e Teatro del Bancherio di Imperia, ultimo lavoro in gara alla rassegna del "Teatro XS Salerno"  

Con "Le serve", titolo originale Les bonnes, un atto unico di Jean Jenet, presentato al Teatro Genovesi di Salerno, dai Cattivi di Cuore e Teatro del Banchero di Imperia, si è conclusa la presentazione dei sei lavori in gara per la V° Edizione Nazionale "Teatro XS" Città di Salerno. La commedia tragica e crudele fu scritta dall'autore nel 1946, ispirandosi ad un fatto di cronaca accaduto a Les Mans. La compagnia dei Cattivi di cuore, un gradito ritorno per Salerno e per la rassegna "Teatro XS", ha offerto al pubblico 90 minuti fuori dall'ordinario, trasportandolo nell'eccezionalità della follia.
Trama
A turno Claire e Solange, sorelle e cameriere modelle, a sevizio presso una ricca e capricciosa signora, lei assente, recitano il ruolo della padrona e della serva. Naturalmente l'oggetto della rappresentazione è odiato così tanto dalle due che, ogni volta, la recitazione si conclude con l'uccisione della padrona. Il rito quotidiano si consuma nella camera da letto di "Madame", dove le due sorelle indossano i suoi vestiti e i gioielli più belli, ne imitano la voce, gli atteggiamenti e i comandi assurdi di chi possiede potere. Attraverso il gioco delle parti sfogano così il loro inesauribile rancore, portandolo fino all'estremo e conseguentemente ad un'inevitabile tragica conclusione.
Commento
Le serve, ossia Giorgia Brusco e Chiara Giribaldi, le interpreti principali della moderna tragedia, sono state straordinariamente brave. Una prova la loro, di grande intensità fisica e d'incisiva espressività. 90 minuti di pura follia, in cui la realtà e l'immaginario non hanno avuto più confine. Claire e Solange sono due donne dannate, crudelmente perverse e quotidianamente si vomitano addosso l'odio che appartiene a Madame. Tra di loro intercorrono parole a raffica e rotolamenti sul pavimento, continuati osceni sul letto della padrona, addobbato maestosamente e posto al centro della scena. Passano in rassegna, come animali da preda, tutti i suoi vestiti indossandoli ad uno ad uno, fiutano gli odori e i profumi della padrona, calzano le scarpe e si adornano dei gioielli per a sostenere la parte non facile della signora. Il teatro nel teatro, un'intuizione magistrale e scenica dell' autore Genet, in cui si riescono a scorgere insieme le facce della realtà e della finzione. Belve assetate di sangue, non ammansite dall'amore, odiano e si odiano così tanto, anche tra di loro, da vivere ogni giorno la realtà di un crimine che le avrebbe acquetate. A descriverle bene è lo stesso aspetto secchigno, aiutate da vesti buone solo a coprirsi e dai capelli raccolti stretti all'indietro, quasi una mano invisibile che glieli tiri dolorosamente. Il gioco dell'assassinio si alterna con il delitto stesso, fondendosi così bene, che l'esito finale non meraviglia. L'esercizio quotidiano a cui le due sorelle si sottopongono ossessivamente, alla fine dà l'esito desiderato ma come in un film di Alfred Hitchcock, ne subiranno la punizione.
L'odio di classe, nel lavoro di Genet è portato all'esasperazione, anche se la padrona con i suoi capricci e la futilità strabordante complica non poco la vita delle due serve. In sostanza le due misere donne hanno bisogno d'interpretare "Madame" per esorcizzarla, sì da allontanarla per sempre dalle proprie vite. Ma non sarà così, la signora, buona la caratterizzazione di Maura Amalberti, non sarà il trofeo del loro piano diabolico, architettato dalle menti sconvolte dalla schizofrenia.
Così alle due deliranti non resterà che prendere coscienza di aver sbagliato il piano criminoso, Claire morirà uccisa dal veleno della tisana destinata alla padrona, mentre l'altra, Solange, affronterà esaltata la condanna, passando per la notorietà che l'omicidio le getterà addosso. Brave, bravissime, Giorgia Brusco e Chiara Giribaldi, due colossi in scena, la cui drammaticità dei volti, vere maschere della follia, rappresentano e meglio non si poteva fare, l'animo povero e amorale di una quotidianità che sempre più si va confondendo.
Ottima la direzione di Gino Brusco e buono l'allestimento scenico di Marco Barberis.
Maria Serritiello












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