Fonte: www.lapilli.eu
di Maria Serritiello
Con "Le serve", titolo originale Les bonnes, un atto unico di Jean Jenet, presentato al Teatro Genovesi di Salerno, dai Cattivi di Cuore e Teatro del Banchero di Imperia, si è conclusa la presentazione dei sei lavori in gara per la V° Edizione Nazionale "Teatro XS" Città di Salerno. La commedia tragica e crudele fu scritta dall'autore nel 1946, ispirandosi ad un fatto di cronaca accaduto a Les Mans. La compagnia dei Cattivi di cuore, un gradito ritorno per Salerno e per la rassegna "Teatro XS", ha offerto al pubblico 90 minuti fuori dall'ordinario, trasportandolo nell'eccezionalità della follia.
Trama
A turno Claire e Solange, sorelle e cameriere modelle, a sevizio presso una ricca e capricciosa signora, lei assente, recitano il ruolo della padrona e della serva. Naturalmente l'oggetto della rappresentazione è odiato così tanto dalle due che, ogni volta, la recitazione si conclude con l'uccisione della padrona. Il rito quotidiano si consuma nella camera da letto di "Madame", dove le due sorelle indossano i suoi vestiti e i gioielli più belli, ne imitano la voce, gli atteggiamenti e i comandi assurdi di chi possiede potere. Attraverso il gioco delle parti sfogano così il loro inesauribile rancore, portandolo fino all'estremo e conseguentemente ad un'inevitabile tragica conclusione.
Commento
Le serve, ossia Giorgia Brusco e Chiara Giribaldi, le interpreti principali della moderna tragedia, sono state straordinariamente brave. Una prova la loro, di grande intensità fisica e d'incisiva espressività. 90 minuti di pura follia, in cui la realtà e l'immaginario non hanno avuto più confine. Claire e Solange sono due donne dannate, crudelmente perverse e quotidianamente si vomitano addosso l'odio che appartiene a Madame. Tra di loro intercorrono parole a raffica e rotolamenti sul pavimento, continuati osceni sul letto della padrona, addobbato maestosamente e posto al centro della scena. Passano in rassegna, come animali da preda, tutti i suoi vestiti indossandoli ad uno ad uno, fiutano gli odori e i profumi della padrona, calzano le scarpe e si adornano dei gioielli per a sostenere la parte non facile della signora. Il teatro nel teatro, un'intuizione magistrale e scenica dell' autore Genet, in cui si riescono a scorgere insieme le facce della realtà e della finzione. Belve assetate di sangue, non ammansite dall'amore, odiano e si odiano così tanto, anche tra di loro, da vivere ogni giorno la realtà di un crimine che le avrebbe acquetate. A descriverle bene è lo stesso aspetto secchigno, aiutate da vesti buone solo a coprirsi e dai capelli raccolti stretti all'indietro, quasi una mano invisibile che glieli tiri dolorosamente. Il gioco dell'assassinio si alterna con il delitto stesso, fondendosi così bene, che l'esito finale non meraviglia. L'esercizio quotidiano a cui le due sorelle si sottopongono ossessivamente, alla fine dà l'esito desiderato ma come in un film di Alfred Hitchcock, ne subiranno la punizione.
L'odio di classe, nel lavoro di Genet è portato all'esasperazione, anche se la padrona con i suoi capricci e la futilità strabordante complica non poco la vita delle due serve. In sostanza le due misere donne hanno bisogno d'interpretare "Madame" per esorcizzarla, sì da allontanarla per sempre dalle proprie vite. Ma non sarà così, la signora, buona la caratterizzazione di Maura Amalberti, non sarà il trofeo del loro piano diabolico, architettato dalle menti sconvolte dalla schizofrenia.
Così alle due deliranti non resterà che prendere coscienza di aver sbagliato il piano criminoso, Claire morirà uccisa dal veleno della tisana destinata alla padrona, mentre l'altra, Solange, affronterà esaltata la condanna, passando per la notorietà che l'omicidio le getterà addosso. Brave, bravissime, Giorgia Brusco e Chiara Giribaldi, due colossi in scena, la cui drammaticità dei volti, vere maschere della follia, rappresentano e meglio non si poteva fare, l'animo povero e amorale di una quotidianità che sempre più si va confondendo.
Ottima la direzione di Gino Brusco e buono l'allestimento scenico di Marco Barberis.
Maria Serritiello
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