di Marco Lodoli
Divertirsi, sempre
divertirsi, fino alla fine, a ogni costo, divertirsi divertirsi divertirsi, e
basta!” Così mi hanno risposto alcuni ragazzini sui tredici anni quando ho
domandato quale fosse per loro il senso della vita. Sono ancora piccoli, è
giusto che pensino a spassarsela e che lascino tutti i grattacapi a noi adulti
– così mi dicevo. In fondo anche il nostro amatissimo Pinocchio è un edonista
scatenato, uno che pensa solo a godersi la vita e spiaccica sul muro il Grillo
Parlante, vero rompiscatole moralista. Eppure in questa frenesia da parco
giochi, in questa spasmodica tensione verso il divertimento a tempo pieno, ho
avvertito l’esatto contrario della felicità e della spensieratezza lieve di
ogni bella infanzia. Non so spiegarmi bene il perché, ma in quelle vocette
stridule che ripetevano ossessivamente il mantra del “divertirsi e divertirsi”,
ho percepito un suono scuro, come grida lanciate da un palazzo in fiamme, come
parole sudate pronunciate durante un incubo notturno.
Il divertimento
non è più l’altra faccia di una moneta preziosa, di qua l’impegno, di là il riposo e il
gioco. Questi ragazzini non pensavano minimamente che la vita potesse essere
anche una strada da disegnare tra tante difficoltà, un percorso coerente, persino
eroico, come quello dei supereroi di ieri e di oggi, Achille e Batman, Ulisse e
Spiderman. Non sentivano per nulla l’eterna lotta tra il bene e il male, quella
lotta che poi forse con il passare degli anni sfuma, diventa più incerta e
contraddittoria, ma che da ragazzini sembra, o sembrava, la ragione stessa
della vita. Volevano solo una distrazione perenne, così come ha insegnato loro
la pedagogia consumista di questi ultimi venti anni, non avevano pensieri e
sguardi per i compagni più deboli, per i morti di fame che chiedono la carità
fuori dalla chiesa, per chi rovista nella spazzatura, per la nonna malata, per
il vecchio cane che zoppica lungo il muro di casa. Quella ipersensibilità
tipica della prima adolescenza che costringe a entrare in sintonia con
l’imperfezione del mondo, con la pena del mondo, è rapidamente cancellata,
espulsa dalla Gardaland immaginaria che hanno nel cuore.
La vita deve
somigliare a un videogioco pieno di luci, deve produrre risate e risate: non c’è spazio
neppure per una lacrima compassionevole. Naturalmente non tutti i ragazzini
sono uguali a quelli con cui parlavo ieri, ce ne sono tanti che sentono la vita
con maggiore ampiezza, che sentono il profumo delle rose e i graffi delle
spine, però è vero che troppi sono sottomessi alla potenza terrificante del
divertimento a ogni costo. Ogni impedimento viene considerato un ostacolo da
annientare, ogni dubbio una seccatura da scansare. Certo, oggi siamo entrati in
un’epoca diversa, chiudono le fabbriche e chiudono anche i luna park, una nuova
consapevolezza ci tiene svegli e preoccupati. Però i nostri bambini forse non
sono stati ancora informati che la festa è finita, o per lo meno che ogni festa
arriva alla fine di una settimana di lavoro
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