“Questa
immensa notte”, il secondo pezzo teatrale in concorso al nono
Festival Nazionale del Teatro XS Città
di Salerno, è stato rappresentato, il 5
Marzo 2017, presso il Teatro
Genovesi, dalla compagnia “Gli Amici
di Jachy” di Genova, per la
regia di Paolo Pignero. L’Autrice Chloe Moss, di Liverpool, classe 1976, è una giornalista e
blogger che con l’opera “Questa immensa notte”, portata in scena per la prima
volta nel 2008 al Soho Theatre, ha vinto a Londra l’importante premio “Susan Smith Blackburn Prize”,
conferito ogni anno ad un testo di nuova drammaturgia inglese.
Da subito, il testo si
preannuncia duro, spietato e disperato, né l’aiuta la scenografia, un
monolocale ridotto all’essenziale, con un arredamento del tutto arrangiato.
Piove a dirotto e per tutta la durata, circa un’ora e venti, non smetterà. In questo angusto spazio si muoveranno due
donne, vomitando tutto ciò che non va in loro, come l’amara esperienza del
carcere, le vite perse, l’affetto mai sicuro e nulla di concreto a cui
aggrapparsi, se non la confortante amicizia che ne è nata tra di loro. Mary, la padrona di casa, vive da sola, si
veste in maniera trasandata, capelli tirati malamente su da una pinza e dalla
quale sfilano molte ciocche alla presa, trucco sfatto e giubbottino di pelle
nera, che indossa per andare a lavorare. Quando torna a casa, scende dai tacchi
e calza ciabatte infradito con tutti i calzini. Sciatta, tatuata da ogni parte
ed ondulante si trascina dal divano alla sedia, mangiando poco ma in compenso
bevendo tanto, guarda la tv priva di sonoro, tanto non le interessa alcun
programma. Nella casa predomina il silenzio e se non fosse per la pioggia che
scroscia sui vetri, si direbbe disabitata. In una di queste sere, prive di
senso, bussa, alla porta di Mary, Loredana, appena uscita dal carcere,
intabarrata in una tuta grigia ed un informe impermeabile beige, almeno di una
taglia in più, con una borsa da palestra sotto braccio, contenente i suoi
miseri effetti personali. Si abbracciano contente di essere entrambe libere dai
legacci del carcere. Loredana non sa dove andare e a Mary risulta ovvio
invitarla a restare. Dopo il primo entusiasmo, che le induce a pensare di poter
uscire dal baratro in cui sono precipitate, usando ogni mezzo, l’alcol, la
musica, il ricordo di una qualche felicità, cominciano i problemi per andare
avanti e il gluone che dovrebbe garantire la vicinanza e l'affetto tra le sue
protagoniste sembra frantumarsi e decadere, per mancanza di prospettive e
motivazioni. L'esile fiammella amicale battuta dai venti malefici delle droghe,
delle sconfitte, della depressione e della infeconda e pregiudizievole ignoranza
a stento resiste. Nel loro legame si combinano complesse dinamiche, esse sono
amiche, sì, ma anche madre (Loredana) e figlia (Mary), c’è un rapporto
sentimentale tra loro, ma anche conflitti molto forti, dettati dall’egoismo di
una convivenza forzata. E poi tante bugie imbarazzanti, Mary, per esempio, non
lavora in un bar ma fa la vita in strada, che mettono a nudo le loro anime e
finiscono per farle scoppiare. Eccole, in una discussione accesa vengono a
galla tutte le laceranti ferite che si portano dentro, l’abbandono della madre,
lo sfruttamento di vari scioperati, l’alcol, per Mary, le pillole
antidepressive, l’uccisione, il carcere, il rifiuto del figlio Benny, per
Loredana. La notte fa da testimone alle
due anime derelitte, avviluppate dalla paura di ogni male del mondo di fuori,
ben rappresentato dalla pioggia, mai catartica, ma sempre a far da ostacolo
insormontabile con l'esterno, con l'insostenibile pesantezza dell'oscillare tra
l'essere e il non essere. Storia apparentemente senza storie, che tuttavia
consente all'autrice di imbastire un dialogo forte e struggente, duro e
commovente, lucido e onirico, costruttivo e lacerante. E la notte, questa
infinita notte, è lo spartito entro il quale si dipana la vita delle due, vita
che per certi versi ricapitola le fasi della notte con una sorta di preludio
dolce, che cede il passo al sonno Rem, seguito dai picchi ormonali preannuncianti
il risveglio. Riviviscenza che al giorno dà speranze e alle due donne la
certezza che da sole possono farcela. Ottima la resa delle due interpreti: Manuela Mazzola e Ornella Sansalone,
recitazione spontanea, senza forzature ma naturale nel dialogo “Che hai provato ad uccidere? Chiede Mary “E’ stato facile” risponde Loredana. Commovente il ballo tra di loro
ascoltando la musica dei ricordi e del loro incontro, come è struggente il
pianto gridato da Mary “Voglio la mamma”,
nel quale si ravvisa tutta la sua fragilità. Faccio mia (ndr) una battuta del
recitato “Non tutti possono essere
fortunati”. Il tempo del dialogo ha avuto la durata giusta e le battute
fluide, anche se con qualche accento genovese di troppo. Bifasica la scelta
delle musiche, a brani decisi e freddi si sono accostati pezzi dolci e nostalgici. Buona la scelta e la
direzione di Paolo Pignero.
Maria Serritiello
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