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domenica 26 marzo 2017

Porta chiusa di J.P. Sartre con la Compagnia “La terra Smossa”, terzo appuntamento al Festival Teatro XS di Salerno

 
Fonte:www.lapilli.eu
di Maria Serritiello
Terzo appuntamento al Festival Teatro XS di Salerno con "Porta chiusa" di J.P. Sartre, un atto unico scritto nel 1944 e presentato al Teatro Genovesi, dalla Compagnia Teatrale " La Terra Smossa" di Gravina di Puglia, che ha saputo tenere viva l'attenzione degli spettatori, per circa 100 minuti. Sulla scena si muovono 4 personaggi: il cameriere, Garcin, Estelle ed Inès, il posto dove approdano uno ad uno è l’inferno. Il luogo appare strano, privo di finestre e specchi, dominato da un fondale diafano di cellofan, che lascia trasparire un corridoio lievemente illuminato e attraverso il quale, gli attori si presentano sulla scena sbucando da un ampio tubo-canale, posto in primo piano sulla sinistra. La scena si completa con una scultura metallica, una panca di legno, messa frontalmente e tre sedie, dello stesso materiale e di apparente diverso colore, sistemate di sbieco, infine un pulsante schizzinoso è collocato a terra, nel caso si dovesse utilizzarlo per chiamate.
Una sorta di cantilena, Victima paschali laudes di Ennio Morricone, ancestrale e fanciullesca, invade il luogo d’azione e preannuncia l'inizio di operazioni tenebrose, che di lì a poco avranno luogo. Un gioco di luci sinistre, rosseggianti e scure, dominano il nero delle pareti. Non s’intravede nessuna porta, se non l'orificio rossastro del tunnel-canale, dal quale per primo, carponi, sbuca Garcin che in tempi sfalsati sarà raggiunto da Ines ed Estelle. Alto, distinto, con un bianco panama a coprirgli il capo ed un vestito dello stesso colore, appare sorpreso che ad introdurlo nel luogo infernale sia un cameriere in divisa perfetta e che non si scorga nessuna traccia di catene, fiamme ed oggetti di torture. Nell’immaginario collettivo, da vivi, è ciò che si crede e non scorgendovi nessuna traccia, si sente sollevato. Quando il trio è definitivamente composto e comprendono che la loro sorte è compiuta cominciano a delinearsi, attraverso anche violenti scontri, le loro personalità ed i loro peccati. Garcin è brasiliano e durante la seconda guerra mondiale ha disertato e nella vita familiare è stato infedele alla moglie fino a condurla al suicidio. Inès è lesbica e ha sedotto la sua amante inducendola ad uccidere il marito, che per giunta era anche suo cugino. Esthelle è una donna della buona società che per soldi ha sposato un uomo anziano e lo ha tradito con uno più giovane. Frutto della loro relazione è un figlio, che la donna non esita ad annegare, provocando l’uccisione dell’amante. Durante tutto il dramma delle loro confessioni, Inès manovra e controlla le opinioni degli altri due ed è l’unica che non nasconde il proprio crimine, né permette agli altri di fare altrettanto. Infine, il cameriere che li ha introdotti, non si conosce se questa mansione la svolga per scelta o per punizione, di certo, si apprende che lo zio è il capo cameriere.
Questo è il tessuto del dramma su cui vanno ad insinuarsi discussioni serrate, ostinatamente cerebrali, simboli e consapevolezza che “l'inferno sono gli altri”. Ogni parola va ben pesata, come ogni sistemazione degli oggetti in scena, ad esempio la differenza espositiva, che sussiste tra la panca e le sedie, rende l'una, una condivisione dello spazio e dei pensieri, le altre un rinchiudersi nella propria identità personale, facendo a gara ad accaparrarsi la postazione più conveniente che sta a sottolineare una continua alternanza di egoismo esasperato e un'urgenza necessaria di rispecchiare il proprio sé in quello degli altri. Una considerazione va fatta sul tunnel da cui vengono espulsi i tre personaggi e che è paragonabile al canale del parto, divenendo così anche il canale del trapasso. Una chiara metafora che apre al falso della vita, il primo, mentre il secondo all' assenza, come recupero dei ricordi. Canale, dunque, centrale, sebbene defilato scenograficamente, a testimonianza della fatale fragilità dell'essere umano, sempre sull'orlo degli eventi. L'inferno che ospita i tre malcapitati non è altro che il mondo dei ricordi, unica realtà dell'esistenza stessa, costruito, vita vivendo, con drammi e sconfitte. Uno zigzagare disordinato, talvolta tragico, talvolta sensuale, mai dolce o elegiaco, tra i ricordi di ognuno e che porta, gli stessi, alla consapevolezza di desiderare la riapertura del canale, mai parossisticamente chiuso, senza avere ormai la forza di uscirne. La condanna dell’inferno non sono le fiamme e le catene ma il loro guardarsi dentro senza giustificazioni.
Operazione coraggiosa da parte della Compagnia pugliese “La Terra Smossa” nel presentare, in tempi caratterizzati da troppa leggerezza e superficialità, un pezzo così duro e cerebrale che testimonia amore per il teatro e disponibilità al sacrificio professionale. La sapiente regia di Gianni Ricciardelli ha condensato in 100 minuti, un’opera che non ha mai distratto l’attenzione, le opportune luci date in scena da Teresa Cicala ed i passaggi musicali: folding excerpt :  brano inedito. St Louis Blues: di Edmond Hall & WC Handy, main theme 2046: di Shigeru Umebayashi, film intitolato  2046, scelti dallo stesso regista, hanno reso, oltre modo, fruibile il dramma. Bravo il cameriere, Ronny Tinelli, dalla voce metallica di un perfetto automa e gli occhi sbarratamente fissi, un record il suo, nel non sbattere le ciglia. Incisivo nella parte di Garcin, Leo Coviello, che ha scolpito il personaggio, con il fisico asciutto, roso dal pentimento, con la mimica del corpo, anche sensuale, con la voce, perfetta in tutte le sfumature di tono e con l’efficace prova di memoria. Grande impegno e tensione dei sensi, di Inès, Maria Pia Antonacci, bruna, capelli ribelli, che ha prestato il suo corpo e la recitazione, all’immagine di Eva tentatrice. Molto ben caratterizzata, la figura di Esthelle, Stefania Carulli, che nascondendosi dietro un’immagine diafana e capelli color dell’oro, ha dato fiato ad una recitazione elegante, quale il suo ambiente e struggente nei passaggi sulla sua colpa.
Maria Serritiello
 
 
 
 

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