di Maria Serritiello
E’ malonicamente sensuale la voce di Cristina Mazzaccaro che ad apertura di Sipario canta “Addò sta zazzà” con gli occhi socchiusi e le braccia a croce sul petto, in una stretta desiderata, per evocare l’amato che cerca con disperazione ovunque. E’ particolare la scelta dei pezzi, assemblati nel recital, tutti tesi a suscitare intense emozioni e vibrazioni di un animo ingentilito dall’amore. Ed è intensamente passionale la recitazione di Vanni Avallone, Antonia Avallone Giovanni Caputo e Mimma Virtuoso, i quattro attori che hanno animato lo spettacolo in cartellone al Piccolo Teatro del Giullare, dal 15 al 30 marzo, sostenuti dalla musicalità struggente di due musicisti di pregio: Danilo Gloriante (Violino) e Paolo Molinari (chitarra), i quali hanno sottolineato ciascun passaggio di scena, oltre che accompagnare il canto. Il recital dalle forti emozioni e dai sentimenti viscerali, ha conseguentemente per titolo “Carnale” ed è stato fortemente voluto da Vanni Avallone, come lui stesso dice a fine spettacolo e del quale è il regista.
La scena è buia, addobbata senza molti oggetti, una larga poltrona, un globo dorato e pendente dall’alto, qualche sedia, eppure essa risulta carica, pesante, forse per i chiaroscuro di Virna Prescenzo (luci e sonoro) che sono mandati uno dietro l’altro in scena e che gettano un’atmosfera intimae cupa. Una gola profonda, cupida, in cui a poco a poco entreranno versi, canzoni, parole ed interi pezzi teatrali. Ogni parte recitata diventa una piccola sceneggiatura, una cartolina sentimentale spedita all’indirizzo del pubblico cosicché “Carnale” diviene pura seduzione e se essa vuol dire passione, amore, sesso e gelosia rimestati insieme bene, senza divenire ossessione, chi può dire di non esserlo mai stato?
Nella poltrona ricoperta da più drappi, seduto c’è Vanni Avallone, con indosso una vestaglia di colore granata e con accanto, in piedi un’austera Mimma Virtuoso. Dalle prime battute si comprende che Vanni ha preso il posto della Baronessa in “Ferdinando” di Annibale Ruccello, divenendo barone e l’altra è Gesualdina, la cugina povera, la serva umiliata. L’inizio con Ruccello è d’impatto ma a mano a mano che lo spettacolo va avanti si ascoltano brani d’autore come Eduardo, Di Giacomo, Neruda, Viviani, De Luca, De Matteis, Moscato e Bepi Felice. Le canzoni, poi, intervallano i sentimenti, accumulati nelle parole ed eccole ad una ad una Uocchie d'e' suonne, O manto da Rainha, Indifferentemente, Festa al celeste e nubile Santuario, Dicinticello vuie e Passione ma anche la sola chitarra di Paolo Molinari in: Libertango di Paco de Lucia, incanta per la sua virtuosismo. Non sono mancati i proverbi carnali, una ricerca capillare per dare vivacità e movimento al il recitato. Tutti all’altezza gli attori, ad iniziare dalla bella, brava e giovane Antonia Avallone che, con la sua spigliata disinvoltura e la consueta bravura, riesce ad entrare in qualsiasi ruolo e a fondere ogni personaggio da “Bene mio e core mio” a “ Perché vi ho messo al mondo” . Pregevoli gli spaccati recitati da Mimma Virtuoso, che si esprime con eguale bravura nel canto così come nella drammatizzazione: “Bambenella”. A toccare le corde della carnalità nelle più varie sfumature c’è lui, Vanni Avallone, viscerale, autentico e sensuale, ma colorito nella sua recitazione in dialetto così come è stata la sua trasformazione di donna Clotilde in barone. A tenere le trame più sottili e più delicate della carnalità, che non è un controsenso, ci ha pensato Giovanni Caputo. La sua presenza nell’angolo sinistro del palco, con il leggio davanti e la lettura accorata dei suoi pezzi “Lentamente muore” “E’ bella la notte” ha creato preziose atmosfere di condivisa passione spargendola intorno. La carnalità è una condizione che ci appartiene anche se a volte non ne siamo coscienti e se “Te voglie bene assaie” o “Si tutta a vita mia” lo ripetessimo più spesso, nell’era della grande comunicazione virtuale, rivolgendoci ad una persona reale, non potrebbe che farci del bene e Vanni Avallone ci ha dato una traccia.
Maria Serritiello
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