di Maria Serritiello
Fa
un certo effetto ascoltare la battuta della celebre commedia di Eduardo, Natale
in casa Cupiello: “ Lucarie’, Lucarie’… scétate songh’ ‘e nnove”. Lucariè , scetete
song e nove” e sentirla detta da Fausto Russo Alesi e non da Pupella Maggio. Eppure la voce della
storica interprete, e non solo la sua, ha aleggiato per tutta la durata dello
spettacolo, nell’oscura sala del Teatro Antonio Ghirelli, la scorsa settimana.
Un’ora e un quarto di spettacolo, senza interruzione, in cui tutti i personaggi
della commedia sono usciti dalla gola del bravissimo attore siciliano, per
sistemarsi invisibili in scena, su di un ampio tavolo cosparso di oggetti:
sedia, lampadario, ombrello, testa di gesso, scarpe, corona di stagno, arnesi
di falegnameria, colla e tazzina di
caffè.
Che
cosa abbia indotto a Fausto Russo Alesi a volersi cimentare con il pezzo più popolare di Eduardo,
riducendolo ad un monologo solitario è lui stesso a dirlo: “È da molto tempo che coltivo il desiderio di
accostarmi a questo grande attore-autore-regista e al suo patrimonio
drammaturgico e Natale in casa Cupiello, in questa versione solitaria, mi è
sembrato un modo possibile, una chiave d’accesso per incontrare la sua arte e
il suo linguaggio.”
Fausto
Russo Alesi, nato a Palermo 40 anni fa, si è voluto cimentare con il pezzo più popolare, più familiare ma il più complesso di Eduardo. Il tema della
solitudine e dell’ incomunicabilità, presenti nella famiglia Cupiello, ne fanno un
pezzo realistico e di stretta attualità.
Una sfida interpretativa, quasi una prova d’orchestra, in cui i 10 personaggi,
sono rappresentati dalla sola modulazione della voce e dall’efficacia del suo
corpo. Non un’imitazione, come poteva essere, ma un’efficace, quanto originale interpretazione, senza, per altro, guastare,
né smantellare l’impianto della commedia. Un assolo piacevolissimo in cui la
sua recitazione, anche se con qualche inevitabile inflessione isolana, è stata
perfetta e magica la voce variata dei personaggi. Il suo viso struccato, al
naturale, si appaia con le differenziazioni delle spalle, delle gambe e dei
gesti delle mani per ricucirsi addosso i vari personaggi e così Luca Cupiello
ha la schiena ricurva; Concetta ha le
braccia incrociate sul petto; Tommasino ha movenze femminee; Nicola è spavaldo con le mani in
tasca; Ninuccia ostenta un fianco e Pasqualino ha il collo in estensione ma
anche per Vittorio Elia, il dottore,
Raffaele e i vicini, che affollano il
terzo atto, ci sono mimiche che li differenziano.
La
sua performance, un’aggraziata e minima contaminazione del testo, è accompagnata
più volte dall’afono sillabare del pubblico, che ripete, conoscendole a
memoria, quasi tutte le battute, a volte addirittura anticipandole, mentre
spia, confronta e quasi attende qualche errore per chi ha scelto di
confrontarsi col grande Eduardo. Lui senza timore e con sicurezza va avanti
nella recitazione, rendendola unica, perfino commovente ,quando, rifacendo Luca
Cupiello in fin di vita, rivolge ossessivo la domanda a Nennillo “Ti piace o
Presebbio”? Povero Luca Cupiello, isolato ed innocente, il deresponsabilizzato bambino di casa, che
trova la sua massima realizzazione, ogni
anno, nella costruzione del presepe, un pezzo di unica poesia, un’arte che nessuno è disposto a condividere con lui se
non prima di morire.
Maria
Serritiello
www.lapilli.eu
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