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martedì 12 novembre 2013

Si ricomincia...







Fonte: www.lapilli.eu
di Maria Serritiello

Non ne ricava granché, Beatrice Fiorica, a svergognare il marito per i reiterati tradimenti ed uno in particolare, quello con la moglie di Ciampa, scrivano di lui, anzi, alla fine, dovrà fingersi anche pazza per volontà di questi che, senza scrupoli, utilizza l'unico modo possibile per salvarsi dalla vergogna e ristabilire l'ordine preesistente. E così Beatrice Fiorica   sarà la vittima designata, all'interno di un mondo piccolo borghese, enfatizzato da Pirandello, nel dramma " Il berretto a sonagli", per aver voluto infrangere la consuetudine che la vuole moglie tradita, acquiescente e silenziosa.
Beatrice, maritata Fiorica, si accorge della tresca che il marito, uomo ricco e rispettato, intrattiene con la bella Nina, moglie del suo scrivano. Istigata da Saracena, donna di pochi scrupoli e sostenuta dall' ambiguo delegato Spanò, decide di vendicarsi. Ci riesce, i due, trovati in flagrante, vengono arrestati. Per Beatrice la  vendetta è compiuta, gli amanti sono stati messi dinanzi al giudizio morale della gente e al conseguente scherno che ne deriverà per sempre. A lei,  non  resta che godersela, avendo affermato il diritto sacrosanto di ribellione, verso un torto palese, ma tutti madre, fratello, delegato, società e perfino la serva di casa, ritengono sconsiderato il suo atto, alla donna non è consentito farsi ragione e se lo fa deve affrontare, poi, le conseguenze. Esse, infatti, non tardano a manifestarsi, il suo legittimo desiderio dovrà fare i conti con l'onore ferito dell'altra parte offesa, il marito di Nina che, per salvare il suo buon nome, non esiterà a farla passare per pazza. 
Un altro capolavoro interpretativo della Compagnia dell'Eclissi di Salerno, presentato al pubblico l'1 e il 2 dicembre  ma che tornerà per una replica il 26 prossimo. Luigi Pirandello è di casa al Genovesi, per cui imbattersi scenicamente con "Il berretto a sonagli" è stato naturale, come consueta è stata la bravura della Compagnia Dell'Eclissi, la sola ad avere la "vis  drammatica" adatta per rappresentare il  genere particolare  del premio Nobel 1934.
I protagonisti, ognuno nel proprio ruolo, combaciano, sicché la rappresentazione è senza sbavature e tutto ciò che si fa vedere in scena contribuisce a rendere perfetto l'affresco piccolo borghese nel quale si muovono convincenti  personaggi  d'altri tempi, ad iniziare da Fana (Anna Maria Fusco Girard), l'incapace ed obbediente serva, per continuare con Fifi La Bella (Leandro Cioffi), che si serve dei soldi della sorella per onorare i debiti contratti, con la Saracena (Lea di Napoli), bella e spavalda, con Nina Ciampa (Nadia D'Amico),  poco più di una muta ma ardita nei  fatti e con Angela Guerra, la puntuta Assunta La Bella, attenta a mantenere lo status quo della famiglia, sia pure a danno della figlia, tutte caratterizzazioni ritagliate perfette su ognuno. La sapiente regia di Marcello Andria, ha fatto il resto, precisa anche questa volta, sia nel  rendere vivo il mondo pirandelliano, sia  nel dirigere attori, un gruppo coeso, che sono l'eccellenza per questo tipo di rappresentazione. Spicca sullo sfondo il nitore dei costumi, sagomati bianchi da Angela Guerra, per far risaltare di più lo scuro della scena, allestita con essenzialità da Gerardo Fiore,  ma anche per fare arrivare al pubblico la calura dell'estate siciliana. Tre  grandi finestroni fanno entrare aria nuova al posto di quella  che s'appesantisce ad ogni battuta dei serrati dialoghi tra Beatrice e Ciampa. La sensazione di  caldo opprimente, sia reale che scenico, non risparmia né l'ambiguo delegato Spanò, un azzeccagarbugli teso a  restare unicamente nei favori di chi conta, (Felice Avella, una certezza per le sue precise e ricordevoli caratterizzazioni) che ogni volta si deterge la fronte, appena viene a trovarsi in difficoltà, né Assunta La Bella, che agita nervosamente il ventaglio nel consigliare alla figlia la sopportazione dei tradimenti e la convenienza del silenzio.
 Ed eccole le ragioni di Beatrice e  di Ciampa ridotte ed adattate in un unico tempo teatrale, due attori eccezionali, di assoluta bravura, Flavia Palumbo ed Enzo Tota, l'una di fronte all'altro a sfidarsi in dialoghi serrati. Non sembra più neanche una rappresentazione ma una naturale quanto drammatica discussione, tra due che sanno essere vittime esse stesse, ma una  sola l'avrà vinta con una mistificata ragione. Brava, brava, Flavia Palumbo che dà un'interpretazione di testa nella ribellione, di espressività  nel dolore non rassegnato, di mutazione improvvisa tra riso e pianto, quando si accorge di essere l' ineluttabile "agnus"del sacrificio. E Ciampa, Enzo Tota, un grande interprete, una conferma del teatro pirandelliano che non delude mai, anzi ogni volta si supera riuscendo ad emozionare e molto per la sua condizione di uomo ferito nell'onore, tanto che quasi il pubblico è d'accordo con la sua lucida ma ingiusta logica di castigare la vittima, senza risultare antipatico. Grande espressività drammatica nel gesto lento e carezzevole, Enzo l'impiega nel finale, quando appoggia sui  capelli di Beatrice in lacrime, un pianto disperato, quello di Flavia Palumbo che graffia l'animo, una consolante carezza,  un atto che riassume in sé pietà, consapevolezza, complicità e dolore.  Vittima e carnefice resi uguali da un semplice gesto, alla mercé di  un ordine sociale spietato, solo che essendo Ciampa uomo, ipocritamente, nel teatro e all'epoca di Pirandello, si salva. 
Ottima la scelta musicale di Geppino Gentile che ha sottolineato con raffinatezza i momenti salienti del dramma.

Maria Serritiello






                                     





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