Pagine

giovedì 17 ottobre 2013

Nicoletta Braschi con “Giorni Felici” ha inaugurato la stagione teatrale del Ghirelli di Salerno

Fonte: www.lapilli.eu
di Maria Serritiello

Sono stati fragorosi gli applausi tributati a Nicoletta Braschi,  al teatro Antonio Ghirelli di Salerno, giovedì 10 ottobre, per la prima di “Giorni felici” di Samuel Beckett, tanto rimbombanti da superare la copiosa pioggia che ha tamburellato, per tutto il tempo, insistente, sul tetto del teatro. I battimani se li meritava tutti Nicoletta, sia per aver offerto una buona interpretazione del lavoro di Beckett, sia per l’eccezionale prova di memoria, un’ora e 45 minuti in scena da sola.

“Giorni felici”, per la regia di Andrea Renzi e la traduzione di Carlo Fruttero, al Ghirelli, è un classico del teatro contemporaneo, un dramma congegnato in due tempi, che ruotano intorno alla figura di Winnie. Il marito, Willie, interpretato da Roberto di Francesco, in scena c’è ma è come se non ci fosse. Dal canto suo Winnie è una donna di mezza età, borghese, capelli biondi, testa piena di pensieri, di speranze e di ottimismo, anche se è risucchiata dalla disperazione. Il cumulo di terra in cui si mostra infossata  fino alla cintola e nell’impossibilità di sfuggire a questa limitazione, è la chiara metafora della condizione in cui versa la maggior parte delle donne. Esse, secondo il lavoro di Beckett, sono sepolte in casa, come Winnie nell’ammasso di terra ed il deserto che la circonda nella finzione scenica, altro non è che la negazione, nella realtà, di ogni forma di dialogo.  Per questa tematica il lavoro del celebre drammaturgo e poeta irlandese, Premio Nobel per la letteratura nel 1969, è universale, è la denuncia della crisi dell’uomo, della sua non presenza, della sua ormai assenza.

Immobilizzata nella sabbia fino alla vita, nel primo tempo e al collo nel secondo, segno che la sua condizione è peggiorata, Winnie, malgrado l’esistenza di palese alienazione, considera i giorni che le si parano dinanzi “ felici”. Willie, il marito con cui si confronta, è rintanato in un buco alle sue spalle, sì da non poterlo guardare in viso e quando strisciando ne esce carponi è solo per grugnire titoli di giornali. Il suono insistente di un campanello scandisce il giorno ed annuncia la notte. Il parlare di Winnie, ridotto ormai ad un soliloquio, è disseminato di comuni pensieri, di ricordi di buone maniere, di vecchie abitudini, di citazioni di classici, ma anche di suono, quello tenero di un carillon. A sostenere i suoi “giorni felici” è un’inimmaginabile borsa nera, dalla quale attinge la forza, estraendo a poco a poco tutto ciò che le è utile o inutile come specchio, pettine, lima per le unghie, spazzolino e dentifricio, rossetto e cappellino e finanche una rivoltella che, una volta estratta dalla borsa, tiene distrattamente accanto al frivolo ombrellino. Una sola volta, marito e moglie si animano complici e canzonatori ed è quando scorgono una formica di passaggio con un uovo bianco tra le zampine, che altro sottintende. Una coppia alienata la loro ma  che sopravvive fino all’ultimo per la forza radicata di Winnie, che così afferma la propria esistenza.

Il lavoro, che è coinciso anche con l’inizio della nuova stagione teatrale 2013-2014, ha avuto in Nicoletta Braschi, la capace interprete che ha saputo usare ad effetto, per coprire la completa mancanza di movimento in scena, la voce, ora soave e lieve ed ora stridula, sì da sottolineare i passaggi della sua condizione. La recitazione, scarna, si è avvalsa del suo personale delicato e del sorriso evocativo, così apprezzato, oltre che dal pubblico, dal primo cittadino e vice ministro Vincenzo De Luca e dal Premio Oscar 1997, Roberto Benigni, entrambi presenti in sala, di quest’ultimo si comprende l’entusiasmo, in scena c’era sua moglie.

Appena fuori dal teatro, più volte ripetuta nella mente è la frase di Winnie: “ Né peggio, né meglio, nessun cambiamento, nessun dolore, ed è già una gran cosa”.

Maria Serritiello
www.lapilli.eu



Nessun commento:

Posta un commento