Una
prima nazionale “Gli altri fantasmi” di Maurizio de Giovanni e la regia di
Brunella Caputo, per inaugurare, il 5 ottobre,
la stagione teatrale 2013-2014, al Piccolo Teatro del Giullare di
Salerno. Tutto esaurito per uno spettacolo che è il risultato del felice
incontro di due forti personalità: il giallista di successo Maurizio de
Giovanni e Brunella Caputo, elegante ed
accurata regista.
“Gli
altri fantasmi” è un testo di non facile approccio, non precisamente teatrale,
e si basa su personaggi che sedimentano
le loro esistenze là dove hanno svolto la vita, restandovi attaccati anche dopo
morti. Il mistero irrompe appena inizia lo spettacolo: buio, nebbia, raffiche
di vento, anime perse, perché di anime si tratta, che vagano in cerca della
loro storia. E tre sono gli episodi ad essere raccontati, rappresentati con
assoluta intensità.
In
uno di quei grandi palazzi, dall’androne immenso su cui si affacciano miseri
bassi, viveva una povera fanciulla di
cui non se ne conosce il nome, se non Filomena, di fantasia, che vuol dire
quella che deve essere amata. Prima di sei figli, ha appena 12 anni, ma già
conosce la vita essendo orfana di madre. Il padre si ubriaca e gioca a carte e
non si cura di loro, sicché tocca a lei provvedere per sé e per i fratellini.
E’ bella la giovanetta, sembra la
Madonna della Francesca…A raccontare la prima storia è
un’anima vagante che si mescola alla vita della poverella, tanto da farne
parte, tanto da essere felice per come
si è svolta la sua esistenza, tanto da confondere la sua morte con la vita e di
aggrapparsi ad essa.
“Il
dolore fa compagnia, ti abitui alla bestia che hai dentro, ti fa calore,
l’unico che mi viene da Bimbo mio e quando se ne va è un mare di silenzio che
urla…”. Cosi dice papo, il padre chiamato dal figlio con la “o” finale , perché
maschio. Papo e bimbo mio sono una cosa
sola, la madre se ne era andata via, giusto il tempo di partorire e poi seguire
la sua vita inconsistente, dove non c’era posto per essere genitrice. Quando il
piccino si ammala e muore non regge alla lacerazione, a quello strazio che
nessuno vede e altro non gli resta che dialogare con il cieco della strada, altro da sé.
“La
casa per ogni uomo è il suo regno, uno ha le sue cose piccole ma importanti, si
ritrova negli oggetti, negli spazi …” così interloquisce l’uomo del terzo
episodio con il suo pappagallo Loris. E’ preciso, meticoloso, pignolo, perfino
quando appronta il caffè, la sua unica passione. Prepararlo gli riesce bene e a
questo rito si dedica quotidianamente in modo maniacale, scegliendo la miscela
giusta, che solo don Mario della Pigna secca ha. Lui la fa venire dal Brasile,
un fanatico del liquido scuro al suo pari. Con la moglie non parla mai,
preferisce chiacchierare con Loris, il suo pappagallo. Dal canto suo la consorte
non sopporta né lui, né l’odore del caffè che ogni mattina la sveglia in modo
disgustoso. Il dialogo che ne consegue, ovvero il rinvio di due monologhi separati
con il povero Loris, altro non è che un
vomito di ingiurie. La fine dei due si addensa fosca…
Maurizio
de Giovanni è napoletano, figlio di una terra particolare, dove lo spettacolo
non è separato dalla vita, si recita a soggetto ovunque. A Napoli più che in altro posto del mondo si
ricevono doni dalla strada, regali particolari di intensa umanità, capaci, a
volte, di trasformare l’anima. Dalla sua città, Maurizio, ha ricevuto questi
doni, li ha raccolti in sé, li ha sedimentati, ha attinto con la modestia che
lo connota, qua e là, vuoi che fosse il popolo a dargli lezione, vuoi che
fossero intellettuali. Ciò che
esprime nei suoi scritti, dunque, è il tutto che si è stratificato in lui
attraverso gli studi, le letture, la cultura, la fruizione di immagini, di
musica e del grande patrimonio popolare che altro non è se non il desiderio di
completa identificazione con la sua città. Maurizio è Napoli, è nato dalle sue viscere ed è venuto
fuori come lava incandescente del Vesuvio. La sua scrittura è intrisa di
credenze, di riti, di allegria e di tristezza particolari, come solo a Napoli.
La popolazione di questa città, ad esempio, ha uno stretto contatto con i
morti, essi non se ne vanno mai definitivamente, si mescolano agli affetti e
ai misteri della popolazione, ed è così
per lo stesso commissario Ricciardi dei
suoi romanzi che vede i morti e vive
costantemente con essi. Nessuna meraviglia, quindi, se il suo scritto
teatrale, diretto superbamente dalla bravissima Brunella Caputo, abbia per titolo “Gli altri fantasmi”, in cui si scorge un omaggio a “Questi Fantasmi” del grande
Eduardo, o come nel primo episodio i palesi rimandi a Filomena Marturano: il
basso, la fanciulla-donna, il nome di essa, la
Madonna della Francesca, tanto simile alla Madonna delle
rose. E si scorge Eduardo anche nel terzo episodio, la
ritualità maniacale del caffè tanto cara all’uomo che mentre lo prepara parla
con il pappagallo. Ecco, Maurizio non si stacca dalla sua città, ha in serbo
tutto ciò che è stato il suo cammino interiore e lo srotola dolcemente per noi,
sicché Eduardo è pietra miliare. I personaggi di de Giovanni, però, hanno una
peculiarità sono fantasmi che si sovrappongono tra vita e
morte, sono apparizioni che invadono e popolano la sua fervida creatività.
Perfetta,
elegante e raffinata, la regia di Brunella Caputo, che nulla, nelle sue direzioni, affida al
caso. Sulla scena, personaggi, fantasmi o uomini che siano, si muovono surreali, avvolti da fumosa nube,
invasi da desideri tardivi. La giovane regista si è cimentata e con pieno
successo, in un pezzo di non facile ed immediata presa. Il risultato è il lungo
applauso che ha sottolineato la sua fatica.
I
tre episodi, usciti dalla nebbia e dal vento, di cui il secondo di un’intensa e
tenera liricità, sono stati interpretati da un cast di eccezionale bravura.
Mistero
e commozione connotano i primi due episodi, mentre il terzo segue marcatamente lo stile noir, di cui l’autore è
maestro. Perfetta la recitazione con inflessioni dialettali, senza essere
invasiva. Buona la musica sia negli stridii metallici, che nei passaggi
struggenti di violoncello. La scena scarna, come lo sono i fantasmi, ha
contenuto adeguatamente i pannelli in bianco e nero di Michele Paolillo.
Maria
Serritiello
Cast:
Cinzia
Ugatti, Caterina Micoloni, Augusto Landi, Michele Landi (voce fuoricampo),
Rocco Giannattasio, Mimma Virtuoso, Teresa Di Florio, Andrea Bloise.
Regia
Brunella Caputo
Luci,
musica e coreografie: Virna Prescenzo
Selezione
musicale: Brunella Caputo e Virna Prescenzo
Registrazioni:
Alfredo Micoloni.
Nessun commento:
Posta un commento