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giovedì 11 novembre 2010

E' morto Dino De Laurentis


CINEMA

FONTE:REPUBBLICA.IT
DI CLAUDIA MORGOGLIONE

Il produttore napoletano aveva 91 anni. Al suo attivo molti capolavori del dopoguerra, tra cui "Riso Amaro" e i classici di Fellini. Da 40 anni si era trasferito negli Stati Uniti: da "I giorni del condor" ad "Hannibal". Una vita all'insegna dei grandi amori (come quello per Silvana Mangano) e della passione per la settima arte.

DA TORRE Annunziata, nell'hinterland napoletano, a Hollywood, passando per la grande stagione del neorealismo e della commedia all'italiana. E oggi il mondo del cinema, al di qua e al di là dell'oceano, piange la scomparsa di Dino De Laurentiis: il grande produttore è morto a Los Angeles, dove risiedeva da tantissimi anni. Aveva 91 anni. Con lui viene meno una delle ultime figure planetarie di tycoon vecchio stile, padre-padrone innamorato della settima arte, uomo di forte temperamento e passioni. Nella vita e sul set.

E' a lui, del resto, che si devono pellicole come Riso Amaro (1948) di Giuseppe De Santis (interpretato da Silvana Mangano, uno dei suoi amori più celebri); Napoli milionaria (1950) di Eduardo De Filippo; Dov'è la libertà? (1954) di Roberto Rossellini; Miseria e nobiltà (1954) di Mario Mattoli; La grande guerra (1959) di Mario Monicelli, Leone d'Oro a Venezia. Mentre, tra i suoi successi a stelle e strisce, vanno ricordati I tre giorni del Condor di Sidney Pollack, Il giustiziere della notte di Michael Winner (con Charles Bronson); L'Anno del dragone di Michael Cimino.

Una vita intensa, la sua. Segnata sia dal suo essere diventato, in età già matura, un emigrante di superlusso, sia dal suo rappresentare una sorta di sogno americano in salsa tricolore. Ma procediamo con ordine. Agostino (questo il suo vero nome) De Laurentiis nasce a Torre Annunziata (Napoli) l'8 agosto del 1919, da padre titolare di pastificio con in tutto sei figli tra maschi e femmine. Viene così istradato, da giovanissimo, al mestiere del genitore: ma una volta, in una trasferta di lavoro a Roma, vede per strada un annuncio del Centro sperimentale di cinematografia, che cerca nuovi talenti. E così la sua vita, all'improvviso, cambia: vuole fare il cinema. Con tanto di gavetta sui set, dove il Dino ragazzo fa di tutto: trovarobe, comparsa, quello che capita.

Ma il talento imprenditoriale si manifesta presto: nel 1941 fonda la Real Cine, produce il primo titolo di un certo successo, L'amore conta, e subito dopo passa a lavorare alla Lux Film. Ma c'è la guerra. Passata la quale De Laurentiis si ritrova con un gruppo di grandi autori a rifondare il cinema nostrano: è la magnifica stagione del neorealismo, e subito dopo quella della commedia all'italiana. Entrambe lo vedono, come produttore, tra i protagonisti. Nel 1948, sul set di Riso Amaro, l'incontro fatale con Silvana Mangano che diventerà la sua seconda moglie (in tutto ne ha avute tre) e con cui ha sei figli. Uno di loro, Federico, muore in un incidente aereo in Alaska. Ma la coppia d'oro del cinema è destinata a non durare: lui è gelosissimo ("e per questo che non ho mai potuto recitare con Matroianni", confessò lei), e i due finiscono per divorziare.

Sul piano professionale, intanto, il produttore realizza il primo film italiano a colori, Totò a colori (1952) per la regia di Steno. Con Federico Fellini arrivano La strada e Le notti di Cabiria, ambedue premi Oscar per il miglior film straniero. Ma i confini italiani sembrano stargli stretti: così si butta in un nuovo faraonico progetto e realizza sulla via Pontina, alla porte di Roma, Dinocittà, una sorta di Hollywood sul Tevere sul modello di Cinecittà. Tra i kolossal che vi vennero girati, il classico La Bibbia. Qualche anno più tardi, è il 1972, la svolta: la partenza con biglietto di sola andata per Hollywood. Primo film prodotto, Serpico di Sidney Lumet. Seguono, tra gli altri, King Kong, Flash Gordon, Ragtime. Un'attività che, continua, instancabile, nel corso degli anni: tra i suoi ultimi film, il poco riuscito Hannibal di Ridley Scott, seguito del Silenzio degli innocenti. Nel 2001 la consacrazione definitiva, con l'Oscar alla carriera. E adesso, a 91 anni, l'addio: a mantenere il testimone del cinema, in famiglia, resta solo - da questa parte dell'oceano - suo nipote Aurelio, che insieme al figlio Luigi è il re tutto italiano dei cinepanettoni.

Lo scorso anno, in occasione del suo novantesimo compleanno, De Laurentiis era stato festeggiato, sia nel nostro Paese che negli Usa. E lui non si era sotratto all'inevitabile retorica dell'omaggio. Anche se sempre condito dall'autoironia: "In Italia sono il dottor De Laurentiis, in America Mister D o al massimo Dino. Come Sinatra che era Frankie e basta. Qualcosa significa, no?". E sul suo essere etichettato come paladino di film di solo intrattenimento: "Ancora dicono che faccio film commerciali... lo stesso destino del povero Totò. E La strada, poi?". Ma forse la verità è nel suo discorso di ringraziamento per l'Oscar del 2001: "Il cinema è una droga, è una fatica. Ma è esaltante: ho fatto 600 titoli, ma a ogni nuovo progetto mi ci butto con l'entusiasmo e la curiosità del primo".

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