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domenica 29 dicembre 2019

Anno Terzo di Maria Serritiello


                                  Anno terzo

                           di  Maria Serritiello

Vuoto,
silenzio,
nessun calore
a riscaldare la casa, 
come la mamma e tu.
Veloce, tutto scorre
fuori.
Lento, per me
e senza soluzione.
Ti ricordi?
Si, tutto,
nulla devia la strada
priva di fiori
e voli d'aquiloni 

 Maria Serritiello

29 -12- 2019




lunedì 9 dicembre 2019

Inaugurato un nuovo spazio teatrale nei locali della Parrocchia di Santa Maria a Mare di Mercatello



Fonte : www.lapilli.eu
di Maria Serritiello


Si può ben dire Salerno città teatrale, dal 6 dicembre, infatti, un nuovo spazio è stato inaugurato, nella zona orientale della città, precisamente nella Parrocchia di Santa Maria a Mare di Mercatello. Alla presenza del Sindaco Vincenzo Napoli, dell’Onorevole Piero De Luca, dell’Assessore all’Annone Dario Loffredo ed al padrone di casa Don Antonio Gaderisi, il prossimo anno 50 anni di sacerdozio, è stato tagliato il nastro del nuovo teatro, dal nome di Santa Maria a Mare. Salerno ha una lunga tradizione di Teatro amatoriale che non ha nulla da invidiare al teatro con la T maiuscola, le loro stagioni, sono di grande esperienza, scelta accurata di testi da rappresentare ed interpreti che gratificano gli spettatori. Ben venga, dunque, un altro teatro, che vede la luce interamente strutturato, 65 posti rossi di colore su pareti bianche a rendere sereno l’ambiente.
Un passo indietro, già per due stagioni estive, la direttrice artistica Maria Caiafa, ha curato il teatro all’aperto della sede parrocchiale, con un successo inimmaginabile, riscuotendo anche premi, uno per esempio a Paestum. Si è pensato, così di voler continuare, con questo bel collettivo, a stagioni invernali, per adempiere anche e forse soprattutto alla funzione sociale di aggregazione, che solo il teatro sa fare intelligentemente.  Non per nulla Pericle, politico, oratore e militare ateniese, retribuiva i suoi cittadini per farli assistere a spettacoli teatrali, con i quali tutti potessero istruirsi e aver di che mangiare, pur saltando il lavoro. Ed ecco che si attivano per la buona riuscita del progetto l’Assessore Dario Loffredo, per le sue competenze istituzionali, don Antonio Galderisi ad offrire lo spazio per l’intento ed il gruppo teatrale a prodigarsi per tutto ciò che potesse utile. Ebbene venerdì sera si è entrati in una conchiglia, siamo vicini al mare, di biancore sprigionato dalle pareti e di calore umano, emanato dal rosso delle poltroncine e dal vivo sipario che si aprirà e regalerà agli spettatori sogni e realtà con la possibilità d’immedesimarsi nei tanti personaggi rappresentati. Il direttore artistico Maria Caiafa, investita direttamente da Don Antonio, dice di se stessa di essere una creatura di Claudio Tortora, il poliedrico attore, scrittore, poeta, cantante, umorista, direttore artistico del Teatro delle Arti di Salerno e patron del Premio Charlot. Il curriculum di Maria è quanto di meglio si può chiedere, per trent’anni è stata al fianco di Claudio, tanto da conoscere come si può fare al meglio il teatro. Sarà un punto luce, in una zona un po’ appartata, pronto ad accogliere solitudini e vivacità giovanili. Don Antonio è e sarà contento di questa speciale attività che dopo le sue parole di attesa e d’incoraggiamento del Sindaco Vincenzo Napoli, dei ricordi giovanili di Piero De luca attorno alla parrocchia, e di sostegno e d’impegno dell’Assessore Dario Loffredo, benedice il teatro con acqua santa che raggiunge il pubblico presente. Come ogni inaugurazione che rispetti, il brindisi augurale, che affratella i presenti, sì da respirare aria di fratellanza. Allontanandosi, il sorriso di Don Antonio Galderisi e la contentezza di Maria Caiafa fanno prevedere non solo successo attoriale ma soprattutto, ci si augura, un luogo d’incontro scelto e qualitativamente superiore ad ogni divertimento in giro per la città. Aspettiamo con curiosità la programmazione e che Maria Caiafa, con la sua figura fine, dica “Su il sipario”.

Maria Serritiello




domenica 8 dicembre 2019

Ton Pret, il famoso designer olandese espone a Salerno dal 28 Novembre a tutto dicembre


Fonte: www.lapilli.eu

di Maria Serritiello


Dopo aver esposto ad Amsterdam al Beurs van Berlage ma anche alla Fortezza da Basso durante la "Biennale di Firenze, e ancora al het Rijksmuseum van Amsterdam, museum De Kunsthal in Rotterdam, het Nederlands Schoenenmuseum, het Amsterdams Tassenmuseum en het Louvre museum in Parijs, il museo Kunsthal di Rotterdam, scarpe olandese Museum, il Museo di Amsterdam di borse e il museo del Louvre di Parigi. Zijn werken hebben inmiddels hun weg gevonden in Europa, Azië, het Midden Oosten, Australië, Siberië, Amerika en de rest van de wereld zal ook snel volgen, non solo ma le sue opere hanno trovato la loro strada verso l'Europa, l'Asia, il  Medio Oriente, l'Australia, la Siberia, l'America e il resto del mondo, Ton Pret l’olandese che ama Salerno più di ogni altro posto è in esposizione alla galleria Giuseppe Natella, una targa illuminata ce lo ricorda, all’interno del Teatro delle Arti, fiore all’occhiello della città, direttore artistico: Claudio Tortora.

Il Teatro delle Arti è una vera fucina di attività, un esempio unico in Italia ad avere una sala Teatro ed una di Cinema, larghi spazi per le più svariate attività come la Danza, Teatro, incontri con attori, autori, artisti figurativi, scuola di recitazione e danza, insomma un luogo dove le arti s’incontrano e sono a loro agio per gli spazi a disposizione. La Galleria “Peppe Natella”, prende il nome dal Professore Giuseppe, che tanto si è speso artisticamente per la città, un evento per tutti, la Rassegna estiva del Teatro dei Barbuti e che, purtroppo, ci ha lasciato di recente, così per il sodalizio artistico con Claudio Tortora, ecco la galleria per ricordarlo. Spaziosa in lunghezza e larghezza, con un sistema d’illuminazione atto a dare risalto alle opere esposte, ha già ospitato noti pittori con successo. Il merito va ad Antonio Perotti il noto artista salernitano designer di mobili, produttore vetrate artistiche, pavimenti e complementi d'arredo in ceramica che ne cura sapientemente gli eventi.

Nel 2015 ho conosciuto personalmente l’artista olandese (n.d.r) entrambi fummo invitati a partecipare, nel Museo Archeologico di Salerno, alla giornata internazionale della musica, il 21 giugno. Lui, naturalmente, per il suo nome famoso, con accanto Antonio Perotti che ce lo presentava, io per la recitazione di alcune mie poesie che incontrarono l’interesse di Ton. E fu subito amicizia, coltivata, inseguito, attraverso il social per eccellenza: F.B.
Ebbi a dire di Lui, in  un articolo scritto da me e pubblicato dal giornale on line www.lapilli.it,  che: 
“Ton Pret, designer, è fra i 10 artisti più influenti del panorama globale e viene a Salerno ogni volta che può per eventi organizzati dal suo amico Antonio Perotti. Olandese, occhi azzurrissimi, due laghi d’ingenuità, occhiali, biondo, smilzo ed incarnato lattiginoso, parla poco l’italiano ma sopperisce con il traduttore Google e della nostra terra ama tutto. Ogni volta che si esprime, sul suo viso si stampa un sorriso franco, comunicativo che va al di là della barriera linguistica. Ho conosciuto Ton Pret, 4 anni fa in giugno, precisamente il 21, per la festa europea della musica. In quella data, Ton era ospite al Museo Archeologico Provinciale di Salerno, assieme al designer salernitano Antonio Perotti ed altre eccellenze, luogo prescelto, per celebrare la giornata europea della musica che così intende, ogni anno, festeggiare il solstizio d’estate. Nella scaletta dello spettacolo furono inserite e recitate alcune mie poesie, che lui apprezzò molto per esserle state tradotte. La sua sensibilità e la naturale tendenza al bello lo fecero aderire spontaneamente all’espressione più alta della creatività: la poesia. D’ allora ci frequentiamo per email o sul social essendo nata una cordiale amicizia.”
Lo stile di Ton viene definito "realismo colorato di una realtà diversa, con un forte effetto positivo.In effetti, con la sua creatività così estroversa e colorata, vuole far emergere il positivo dell’umanità, in lui si riconosce un legame con lo stile CO.BR.A. del secolo scorso, un movimento artistico d'avanguardia europeo attivo dal 1948 sino al 1951. Il nome fu coniato nel 1948 da Christian Dotremont, facendolo derivare dalle iniziali del nome delle città dei vari componenti: Copenaghen, Bruxelles, Amsterdam
Ton Pret è’ autodidatta, non ha voluto mai fare imbrigliare la sua creatività che si esprime con gioiosità fantastica. 




Ad un certo punto del suo percorso artistico ha incontrato un uomo molto particolare di nome Antonio Perotti, designer salernitano, di fama internazionale, sua è la porta di vetro che chiude il palazzo di città e sua è la Fontana Falcone e Borsellino, simile a due stele per ricordare il loro sacrificio per l’Italia. Fin dall’inizio hanno stretto un legame empatico, divenuto presto una bellissima e profonda amicizia. Le loro creazioni sono diventate di tendenza, riscuotendo un sorprendente successo. Nella sua vita ha una straordinaria importanza l’amore, perché adora sentimenti così belli.
Si è innamorato di Saskia, la sua dolce signora che, lo segue devota da quando aveva 14 anni e non hanno mai smesso di amarsi. Confessa, come uno scolaretto, che al vedere sua moglie, ogni volta, ancora sente le farfalle nello stomaco e ciò lo rende un uomo veramente felice.
Caro e dolce Ton, grazie per diffondere tanta serenità e gioia pura nelle tue opere che pari, pari ricadono su di noi, i tuoi colori dipingono la vita che, per tante ragioni, si può scolorire all'improvviso, senza il nostro consenso.

Maria Serritiello




 


mercoledì 4 dicembre 2019

Presentato alla Tenuta dei Normanni (Sa) il metodo Marco Post Group, anti-age





Evento Marco Post, ovvero dell’americanizzazione della nostra esistenza di consumatori. Lungi dal volersi esprimere sulla bontà del metodo Marco Post proposto per il prolungamento della giovane età in generale e del benessere derma-estetico della nostra persona, in particolare si vuole privilegiare l’aspetto mondano della manifestazione, perché, anche nella programmazione dello stesso, si sente a pieni mani l’influsso del costume attuale, affidato come è giusto che sia a professionisti del settore e la signora Rosalia Paracuollo ha dimostrato di esserlo, superando con ottimi voti il test dell’ evento. Innanzi tutto la scelta della location, facendo della Tenuta dei Normanni, un ottimo posto per far sentire a proprio agio i convenuti, garantendo loro il calore dell’accoglienza e la privacy congressuale. Una ospitalità  umana fatta di belle donne, in forma smagliante, ma mai fuori dalle righe, gentili e disponibili, sempre sorridenti, mai accigliate, sapientemente truccate ed eleganti nei colori verosimilmente imposti dalla Marco Post Group, rigorosamente in bianco e nero, così come tutto l’addobbo della sala, luci soffuse, musica sottofondo moderna e sognante, affidata ad un violino delicato e virtuoso, un sax presente e puntuale nei contrappunti, un piano eccezionale a legare il tutto, una selezione di brani sapientemente arrangiati e tutti molto in linea, sia con la precisione dello staff organizzativo sia con le attese del pubblico che non ha mai dato segno ne’ di stanchezza ne’ di noia. Tempismo eccezionale e scioltezza evolutiva della presentazione hanno reso la serata intrigantemente piacevole e elegantemente leggera. Superlativa l’organizzazione del catering che ha legato insieme i vari momenti dell’evento. Collante pregevole sia per la qualità dei prodotti che per la professionalità degli addetti lungo tutto il diluirsi della serata, dall’aperitivo iniziale, delicati e piacevoli i dolcetti a base di cocco e cioccolato, alla cena, vero trionfo della pregevolezza nella presentazione delle proposte e della bontà qualitativa delle stesse. Un sorprendente peana alla ristorazione che si è concluso con una vera chicca di pasta cotta all’istante e impiattata sotto gli occhi meravigliati e vogliosi dei convenuti. Complimenti vivissimi, dunque, a chi ha preparato le vivande, Catering on city e un grazie di cuore a chi di questa organizzazione, RosalyPar event si è resa responsabile, così come sentiti ringraziamenti vanno a chi ha voluto, Marco Post Group, attraverso Rosaria Alfano, farci sentire almeno per una serata cittadini di un mondo globalizzato, accettato o meno, ma pur sempre, come dire, testimone di tempi che evolvono

Maria Serritiello





martedì 26 novembre 2019

“Tre volte per amore” di Maurizio de Giovanni per la regia di Brunella Caputo al Piccolo Teatro del Giullare

locandina brunella 2



Fonte: www.lapilli.eu
di Maria Serritiello


 Sono state sei le repliche al Piccolo Teatro del Giullare di Salerno di “Tre volte per amore” con la presenza dell’autore, Maurizio de Giovanni, alla prima. Interprete dell’ammaliante testo è stata Brunella Caputo che ne ha realizzata anche la regia, affiancata da due valide attrici: Teresa Di Florio ed Antonella Valitutti.
Tre donne, distinte in tre spaccati, nei quali Maurizio de Giovanni è riuscito, con un sapiente impasto di lirica e suspense, a delineare tre personaggi veri, di cronaca nera, donne assurte alla cronaca nazionale, per essere state protagoniste di avvenimenti scellerati, che gli spettatori non hanno faticato ad identificare. E mentre nel primo e nel secondo caso la responsabilità è stata acclarata oltre ogni ragionevole dubbio, nel terzo l’autore si fa portavoce di una soluzione alternativa, per certi versi plausibile, ma tutta da dimostrare. Assistendo allo spettacolo il pensiero corre a Carlo Emilio Gadda e alla sua “la cognizione del dolore”, di cui l’autore, per la genesi profonda di certe idee-azioni alla base di comportamenti distorti e purtroppo negativamente significativi delle donne dei primi due episodi che in qualche modo ne diventano responsabili-complici, sia pure con modalità diverse. L’autore, in entrambi i casi, è a caccia quasi dei primum movens delle loro azioni, quasi alla ricerca di quei circuiti ancestrali responsabili dei sentimenti affettivi, che la neuropsichiatria mondiale sta prepotentemente rivalorizzando
E proprio affondando le indagini sull’ animo umano, de Giovanni prova a far emergere le passioni archetipe originarie e possenti del nostro essere, ahinoi, dotati di un cervello rettiliano che, ove mal guidato dalle capacità del cervello terziario, in qualche modo ci fa regredire ad uno stadio evolutivo che ognuno spera intimamente di aver superato da tempo e di non rimanerne mai più invischiato, ma che purtroppo riesce ancora a farsi sentire con la sua voce peggiore. Potremmo dire la cognizione della ferocia animale, la cognizione della aberrazione mentale, la cognizione della malvagità animalesca, la cognizione dell’ignoranza deformante del sé. Ebbene l’operazione delicata e complessa dello scavo letterario è perfettamente riuscita, sia per la bravura delle attrici sia per l’impianto scenico scarno, nudo, spartano, solo le tre silhouette attraversate dalle luci e dal suono che, con vigore e malinconia, hanno supportato la sofferenza del momento. La drammaticità dei gesti intuiti più che agiti, suggeriti più che mostrati, spalmati in un’ora e veni minuti, hanno segnato l’inquietudine e i momenti forti della narrazione. Brunella, con la sola parola ha reso la giusta interpretazione, nonché la caratterizzazione dei personaggi nella direzione scenica. Tre volte per amore, tre casi di cronaca nera, riletti da de Giovanni e affidati a Brunella per la giusta scrittura teatrale, sì da renderli unici per come sono stati elaborati e per come sono stati smantellati e ricostruiti. Un raccontare per indagine, analizzando l’intimo di esse e come a volte, l’invidia, la gelosia, l’astio cambiano tragicamente la propria vita e quelle degli altri.
“Il destino si diverte, il destino ha una mente limpida e perversa, mette insieme i pezzi fino a completare il quadro, poi si mette seduto a vedere quello che succede, sì, si diverte così”
A dirlo è Teresa Di Florio, calcando sul dialetto per farci capire come sia arrivata a scatenare un dramma davvero infame. La sorella di lei era bella e di conseguenza anche la figlia lo era, una principessa bionda, occhi azzurri, magra, mentre sia lei che la figlia erano brutte e grasse. Sembra l’inizio di una favola ed invece di lì a poco sarà l’invidia sfrenata a cambiare lo scenario a non fermare la mano di sua figlia che non sopporta la principessina, già in odore di corteggiatori, nonostante la giovane età.
“Certe cose iniziano a succedere anni prima…gesti e azioni che non vanno riposte in una scatola con sopra scritto –follia. Adesso io vorrei sapere quello che senti in realtà. Capisco la difficoltà enorme per te di capire quello che avresti dovuto fare. Lo hai fatto, per carità. Ti ringrazierò per sempre”.
Anima nera o in preda alla droga, con la capacità di asservire al suo raccapricciante progetto, anche il fidanzato, il secondo caso, il personaggio ha sviluppato odio e turpe malvagità nei confronti della madre e del fratellino. L’interpretazione di Brunella Caputo è un piccolo capolavoro teatrale, raccolta sulla sedia, ginocchia piegate e tenute strette dalle braccia, come a volersi raccogliere o volontà di essere abbracciata, parla a scatti nervosi, spiega di aver scritto al padre, il solo ad averla perdonata, capita. S’interroga, con vocina infantile, regredita all’indietro, come ha potuto il padre assolverla e perché l’ha fatto, quando tutto il mondo l’ha condannata senza riserve. La donna, un tempo la piccolina di papà,  ha la fisicità e le parole, il pensiero unico di Brunella, un’identificazione totale.

Ma come ha fatto a non accorgersene prima? Invece, una non se ne accorge. Credetemi, perché non si vede se non si guarda”.
E’ Antonella Valitutti, la terza interprete del monologo, che nella storia è la moglie di un sicuro assassino per la giustizia,  tanto da meritare il massimo della pena. Sue sono le parole dette con pacata determinazione, nell’accorgersi, esplorando il computer, che suo marito preferiva le ragazzine. Un moto di ribrezzo che, nella felice intuizione narrativa di de Giovanni la trasforma in un’assassina. Si, è stata lei ad uccidere il giovane fiorellino, che usava tale sostantivo come password. Per lui si spalancano le porte del carcere per sempre, per lei la vendetta che durerà per tutta la vita. Una significativa caratterizzazione del personaggio, che ha creato attenzione e stupore. Bravo Maurizio de Giovanni a mischiare le carte nel finale
Uno spettacolo perfetto, l’interpretazione delle tre attrici anche, la regia impeccabile di Brunella Caputo, la musica a dare suspense e le luci striate di rosso a tinteggiare il sangue delle tre vittime.
Luci e musiche Virna Prescenzo
Grafica Andrea Bloise
Foto di scena Cristina Santonicola
Produzione Compagnia del Giullare

Maria Serritiello
www.lapilli.eu





 di Maria Serritiello

giovedì 14 novembre 2019

Rosario De Martino è il punto luce di Via Giovanni De Falco






 di Maria Serritiello

Con due giorni di anticipo sull’evento luminoso di Salerno, Rosario De Martino, stilista, ha acceso una cascata di luci, circondando la facciata del suo negozio, per non essere da meno all’illuminazione della città che, venerdì 15 novembre, fascerà per 27 km Salerno. In verità l’illuminazione che rende festosa la città per tre mesi, ha uno stacco improvviso molto brutto sulla via Irno che va verso Fratte e la salita che va verso la Clinica del Sole. Non un minimo segno di allegria natalizia per un quartiere che, in tempi passati, dava l’inizio alla passeggiata panoramica dei salernitani sulla pineta o altrimenti detta il “Mazzo della Signora” e con l’attuale complesso dell’Irno Center che ha cambiato il look della zona, un’attenzione in più la si poteva meritare e siccome negli anni non si è verificata, ci ha pensato Rosario. La luce la si comincia a vedere all’inizio della salita, il brillio affretta il passo, sì da ammirare la lucentezza intermittente delle lucine che si riflettono nei giardinetti di fronte, da qualche anno rinnovati. Ecco, l’iniziativa privata di Rosario De Martino ha dato dignità estetica ad una zona che così come si conforma diventa solo una via di passaggio. I negozi di un tempo, dove il gestore diventava di casa, sono stati quasi tutti risucchiati dalle mega strutture commerciali, utili sì, per la vita condotta sempre più a grande velocità, ma anonimi e senza il calore della conoscenza.






Rosario De Martino, 50 anni, portati con la baldanza di un giovanotto, sia fisica che mentale, biondo, occhi chiari, più simile ad un teutonico che ad un salernitano doc, nato proprio in questo quartiere, è sposato con Elisa Quintili da 12 anni, una donna che gli sta a fianco con attaccamento e capacità lavorativa, prima di sposarsi faceva tutt’altro. Hanno un figlio di nome Raul, che la dice lunga sulla passione di Rosario per le moto, Raul, appunto, evoca il rumore del motore in accelerazione. Ah dimenticavo, hanno una bellissima gattina grigia di nome Luna, che li attende per le fusa la sera. Il negozio di Rosario è aperto ad orario continuato per essere certi che lui c’è per le sue fedelissime clienti. Entrare nel salone pieno di luci che giungono dagli specchi, il colore delle pareti, il pavimento sempre lucido e dal candore in cui si viene avvolti, diventa un appuntamento piacevole. 




Nel 1992 dà inizio alla sua attività a Torrione, nei pressi di una traversa del Manila, un night, che andava per la maggiore a quei tempi, ormai dimenticato e pochi ne hanno memoria, se non per un fatto di cronaca nera. Passano due anni e nel 1994 lo troviamo in Via Giovanni De Falco dov'è tuttora. Dire di lui che è bravo e capace del mestiere, sarebbe riduttivo, lui ha una marcia in più, è uno stilista che si aggiorna, che è à la page, frequentando l’Accademia e sottraendo spazio alla famiglia ed al giorno di chiusura per conoscere le novità delle 4 stagioni. C’è un mondo sconosciuto di cui nulla sappiamo e che detta leggi su come vestirci, quali monili scegliere, che accessori abbinare in quell'anno. I target s innovativi ci vengono dalle grandi capitali della moda, ossia Milano, Londra New York. E Rosario si aggiorna, curioso delle novità da riversare nel suo mestiere, i prodotti scelti per curare i capelli sono sempre al top e si può essere certi che sono sempre di ultima generazione, per donare idratazione, riportando il capello al nutrimento naturale. Nel mestiere Rosario ci mette passione ed amore, vuole che le sue clienti portino in giro la testa con orgoglio, a cui ha dato forma e colore. Già il colore, lui è il maestro delle nuance, ora si possono ottenere con solo 15 minuti di posa, c’è poco da fare Rosario è sempre un passo avanti.







Le luci accese martedì sono un dono che Rosario ha voluto per le sue clienti, per il quartiere, per quelli che distrattamente passano, per le persone anziane che sostano nei giardinetti, per la meraviglia dei bambini e per dire che il Natale è bello, perché è la festa che più sentiamo familiare e lui da trent'anni è un caro parente scelto. Continua a stupirci Rosario, tu che puoi mettere mani alle nostre teste.

Maria Serritiello

















Maria Serritiello

domenica 10 novembre 2019

Addio Elda Lanza, prima presentatrice della tv







Fonte Ansa Cultura 
di Elisabetta Stefanelli



La scrittrice e giornalista Elda Lanza, conosciuta al grande pubblico come prima presentatrice della Rai e poi come "nuova signora del giallo italiano" grazie al successo di 'Niente lacrime per la signorina Olga' , 'Il matto affogato', Il venditore di cappelli ed altri titoli ancora pubblicati dalla casa editrice Salani, è morta questa mattina a Castelnuovo Scrivia, dove ormai risiedeva da anni, dopo aver vissuto a lungo a Milano.

    Ad annunciare la morte lo scrittore e giornalista Mariano Sabatini. ''Dopo una brevissima malattia, la prima presentatrice della tv (il termine fu coniato per lei), giornalista e scrittrice, si è spenta con accanto il figlio Max e il marito Vitaliano Damioli a Castelnuovo Scrivia, dove ormai risiedeva.
    Questi ultimi dieci anni di intensa amicizia sono stati per me magnifici, impagabili, e sono orgoglioso di averla riportata in tv, visto che dopo averla tenuta a battesimo - dalle trasmissioni sperimentali della Rai nel 1952, e fino agli anni Settanta - se l'erano quasi dimenticata. Era tornata prima su La7 con Benedetta Parodi, e poi dalla Balivo, per una serie di tutorial a Detto fatto su Rai2. Sempre molto apprezzata e amata dal pubblico, per l'ironia, la cultura, la simpatia. Stesso discorso per i romanzi con Salani: oltre 100mila copie vendute.
    Fino all'ultimo abbiamo parlato gioiosamente di lavoro, di progetti, di idee e, per fortuna, è riuscita a portare a termine e a vedere pubblicato 'La farfalla pavone' per la Lisciani Libri e 'La Terza sorella" per Salani, entrambi da poco nelle librerie''.
    Nata a Milano il 5 ottobre del 1924 aveva compiuto da poco 95 anni vissuti in modo intenso e segnati da tanti incontri con Jean Paul Sartre, Simone de Beauvoir, Walter Chiari, Dario Fo, Giorgio Gaber, Eugenio Montale. Femminista attiva e convinta aveva studiato alla Cattolica di Milano e poi alla Sorbona di Parigi. Nel 1952 aveva iniziato a lavorare per l'allora tv pubblica, ed era così stata la prima presentatrice televisiva italiana. Tv che poi aveva a lungo frequentato, spesso come opinionista in tema di galateo e buone maniere, suo il best seller ''Signori si diventa le nuove regole dello stile'' per Mondadori, fino agli anni recenti e al debutto, nel 2012 come giallista..
    "Non ho una ricetta, posso soltanto dire come è successo a me.
    Sembrava una cosa qualsiasi. Non era una cosa qualsiasi: tumore al pancreas. Sicuramente faccio prima io ad andarmene che questo indesiderato a crescere e a farmi male. Una gara tra me e lui… vincerò io", aveva scritto qualche giorno fa in un pezzo per il sito web con cui collaborava. (ANSA).






sabato 9 novembre 2019

Ciao Fred, colonna sonora delle nostre estati



Si è spento a Roma, all'età di 84 anni, il grande Fred Bongusto. Autore di canzoni italiane tra le più celebri e amico dell’isola di Ischia e Procida.


Ciao Fred, io ti ricordo ancora con la giacca azzurra brillantinata, abbronzatissimo, in una serata estiva al"Parlamient" un locale all' aperto di Salerno.

se.ma






giovedì 7 novembre 2019

Liliana Segre



Fonte Facebook

Sono Liliana.
Sono una donna.
Sono italiana.
Deportata.
E a 90 anni, come a 13, perdo di nuovo la mia libertà. Come allora. Perché ebrea.

...
Ho dedicato la mia intera esistenza, sopravvissuta per puro caso allo sterminio in un campo di concentramento, alla memoria, alla testimonianza, per ricordare cosa è stato. Affinché non accadesse mai più. Certa che mai più saremmo scivolati di nuovo in quell’abisso.
Ma mi sbagliavo. A 8 anni sono stata espulsa da scuola senza colpa. A 13 sono stata messa in un vagone bestiame e portata ad Auschwitz. E fino a 14 ho visto ogni giorno la gente morire attorno a me.
Per tre volte ho visto medici in divisa nazista scrutarmi tra le ossa e decidere, con uno sguardo, se potessi essere sfruttata ancora o mandata nelle camere a gas. Ho sentito madri nella notte invocare i nomi dei propri bambini trascinati alle “docce”. E ho sentito i bambini chiamare le mamme.
E tutto cominciò così. Come oggi sta ricominciando. Non invocando camere a gas e stermini. Ma facendo differenze tra “noi” e “loro”. E incitando all’odio noi contro loro. Cominciò così. Con gli stessi toni, lo stesso clima, lo stesso odio prima sottaciuto, poi “tollerato”, poi alimentato.
E qualcuno dice ancora che oggi nulla è cambiato. Per oltre 70 anni non ho mai avuto bisogno della scorta. Oggi sì. Oggi sono di nuovo in pericolo. Perché ebrea. E perché chi odia, oggi, rispetto a ieri, si sente protetto, legittimato, autorizzato a rialzare la testa.
Sono Cathy. Sono Francesca. Sono Maria. Sono Giovanna. Sono Valeria. Sono Marcella. Sono un’ebrea. Sono una donna.
Sono Liliana.






“Espera” di Brunella Caputo, prima nazionale al Piccolo Teatro del Giullare


Fonte:www.lapilli.eu
di Maria Serritiello


Il mare di lavanda di Cugna, in Brasile, esteso oltre lo sguardo e dove per un giorno intiero, Brunella Caputo, assieme al marito, è stata a guardarselo ammaliata, è riportato, pari dall’immaginario, nella scenografia del suo lavoro teatrale “Espera”.
Il palcoscenico è invaso da foglie di carta di colore lilla, ottima simulazione della distesa di lavanda brasiliana e null’altro, se non la poca luce dei riflettori, che avranno un ruolo nel sottolineare i vari passaggi.
 Andrea Bloise, l’interprete dei monologhi è seduto in un angolo del palcoscenico e recita dolcissimo, nella lingua portoghese, la poesia Cunha scritta da Brunella. Vale la pena conoscerla tutta.
Cunha
C’è un posto nel mondo che è un ‘attesa. / L’attesa di qualcosa che sarà. / L’attesa di uno sguardo. / L’attesa di un sogno. /L’attesa di un respiro/ Il tempo è sospeso laggiù. Non fermo, sospeso. / Attende. /Attende di guardare, sognare, respirare. /Attende il viaggio. /E’ un’attesa abitata /Le attese si abitano, come i luoghi. /Il tempo abita l’attesa del viaggio. / Abitare un’attesa è aspettare. /Aspettare di guardare, sognare, respirare. / Aspettare il viaggio. /Il tempo aspetta, lì, sospeso. /Tu aspetti. / C’è un posto nel mondo che è un’attesa.
La poesia fa parte di un progetto letterario, coordinato dalla stessa Brunella, assieme ad altri 23, tra scrittori e poeti, intorno al tema dell’attesa, da cui il titolo alla raccolta: “Attesa Frammenti di pensieri”, presentato alla Fiera del libro di Torino, la scorsa edizione. Il libro consta di 4 parti: Il tempo, La verità, Il viaggio e l’arrivo, ossia 4 modi di osservare l’attesa.
Ed Espera, che in portoghese è Attesa, si estende, questa volta, sì con la parola, ma si accompagna alla danza, dopo essere stata, la passata stagione teatrale, solo parola.
La nuova produzione dell’Associazione Campania Danza, direzione artistica Antonella Iannone coreografia Annarita Pasculli, Assistente Annalisa Di Matteo,   disegno Luci e tecnica Virna Prescenzo.



Titanico, preciso, accanito e di tutto riguardo, lo sforzo fatto da Brunella Caputo, nel tentativo di dare corpo a suoi sogni, di coniugare al meglio tra loro, la sua sensibilità letteraria e il suo antico amore per la danza o per dirla in altro modo, provare a far danzare le parole o a far parlare certe movenze di passi. Si potrebbe dire che non c’è una storia da raccontare. Ci sono momenti e situazioni affidate alle parole prima e a passi di danza dopo. Ed é una danza corale, di gruppo che occupa la scena e tiene avvinto a sé un pubblico particolare vivaddio diverso, una volta tanto di giovani, giovanissimi la cui variopinta presenza è di per sé una gran bella novità, ma già la passione della danza è dei giovani se i loro compagni si muovono sul palco.
E la mente è sollecitata, oltre ogni dire, nel rimestare tra le parole scelte: “Alla Fermata” di Rocco Papa e “Onesta è l’attesa” di Maria Concetta Dragonetto, per esempio, misurate, calibrate e legate al tema dell’“Attesa” Ecco questa prima nazionale è il tentativo di continuare un’operazione largamente prevista, almeno nella mente, progetto oltre che elegante, che ha evidenziato, se pure ce ne fosse stato bisogno, la poliedricità artistica della regista e la sua sensibilità elegante, che unita alla bravura indiscussa della coreografa,  Annarita Pasculli, hanno dato corpo ad una creatura nuova. Un pezzo a 4 mani, a corpi, ora intrecciati, ora inerti, ora semplici burattini, ora corpi tesi a seconda delle parole. Un binomio perfetto, Caputo, Pasculli, che hanno dato vita ad un pezzo per un pubblico smagato, voglioso di novità e soprattutto non disposto ad accettare operazioni banali. Gli applausi finali, prolungati e sentiti, sono per dire grazie al talento non solo di Brunella Caputo, ma a tutti gli altri interpreti, che hanno saputo coinvolgere e trattare con delicatezza il cuore di ogni presente. Interprete sensibile e duttile è Andrea Bloise, sempre pronto a calarsi, facendolo come meglio non si può, nei più svariati personaggi affidatigli. La sua recita amabile, in portoghese, di Cunha, ha regalato un pregio in più allo spettacolo.

In scena: Cristian Cianciulli, Pier Paolo Lara, Giorgio Loffredo, Francesco Morriello e Samuele Stanghellini

Maria Serritiello
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martedì 5 novembre 2019

Pasquale Palma e Gennaro Scarpato in “Stessa Stella” per due giorni al Ridotto di Salerno


Fonte: www.lapilli.eu

di Maria Serritiello


“Stessa stella” con Pasquale Palma e Gennaro Scarpato, è una sit-comedy, scritta da entrambi, portata in scena al Teatro Ridotto di Salerno,  al fine di andare oltre le gag, gli sketch e i personaggi a raffica, come Bimbominkia, Vivo D’Angelo, Eddy Scampia per Pasquale Palma interpretati, nei vari anni della  trasmissione televisiva di successo “Made in Sud” e la bravura di Gennaro Scarpato, attore e scrittore e uno dei tre Malincomici, che già s’impose all’età di 14 anni in tv a Festa Italiana, una trasmissione su Rai1 del 2009, presentata da Caterina Balivo.
Giovani e napoletani entrambi tentano e fanno bene a crearsi un vestito attoriale nuovo, sì da lasciare un segno deciso. Diciamo, un salto di qualità, che ci sta tutto, con il genere rappresentato: sit-comedy, nota anche come commedia cittadina, un genere del teatro moderno, tratto dall’antichità inglese. Palma non ha snaturata la verve comica, la dialettica a mitraglia, la naturale padronanza della scena e la sfrontata voglia coraggiosa di metterci la faccia e sfidare così il pubblico a tributargli gli applausi, che merita, ma potevano anche non essere scontati. Applausi sinceri, dunque, calorosi e frequenti. Due attori, rivelatisi bravi, tanto da far dimenticare, senza spocchia, i personaggi con cui hanno iniziato, abili a presentare una creatura agile, leggera, gioiosa, dal risultato incerto fino alla fine, quale la “Stessa Stella”. In un mini locale, essenzialmente addobbato, si svolge il tutto, l’amico di Palma, proprietario e sposo il giorno dopo, vive la vigilia in tranquillità e non sa che fra poco gli cadrà il mondo addosso perché gli piomba in casa Pasquale, con la sua infelicità, essendo stato lasciato dalla fidanzata e la domanda che gli pone secca, come può sposarsi se lui, suo amico, soffre. Due tempi nel quali si affrontano tematiche quale l’amore, la felicità e l’amicizia avvertita come sacrificio e condivisione totale.  Il finale imprevedibile ci sta e ci piace pensare che Palma e Scarpato proseguano su questa strada di qualità, sia per come si sono espressi, sia per la scrittura leggera ma di contenuto.

Maria Serritiello
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lunedì 4 novembre 2019

Sabato 19 ottobre, riapertura del Teatro Ridotto di Salerno, per l’inizio della stagione “Che Comico 2019 - 2020.


Fonte: www.lapilli.eu
di Maria Serritiello

E’ di sabato 19 ottobre, 21,15, la riapertura del Teatro Ridotto di Salerno, per l’inizio della stagione di “Che Comico 2019 - 2020.” Ad andare in scena è il noto attore salernitano: Lucio Bastolla, con “Stasera nulla di nuovo”, lontano dalle scene da un bel po’, per essersi dedicato al cinema. La sua ultima fatica, “Passapartù- Operazione Doppiozero”, è uscita nelle sale in quest’estate.
Quando si dice la continuità: Lucio Bastolla ha nel sangue nel corpo nel cuore e nella mente la voglia di far rivivere, sia pure per poco, la mitica figura di Nicola Maldacea, attore, comico e cantautore italiano, nato a Napoli il 29 ottobre del 1870 e la bella sua esperienza del varietà.  Già il varietà o variété, nella declinazione francese, genere di spettacolo teatrale di carattere leggero, nato alla fine del XIX secolo a Napoli, ad imitazione del Cafè-chantant francese. In verità Lucio Bastolla, confessa, che egli stesso crede poco a questa operazione nostalgia, perché sa, in partenza, che essa toglie energia e vigore catartico, sia pure animalesco, con cui si contraddistingue il teatro moderno, il quale è tutto teso, più a strappare con la violenza, anzi quasi ad imporre l’applauso che non all’elicitazione. Si presenta elegante, con vestito nero, gilet, camicia bianca e già si ha un’idea di come proseguirà lo spettacolo, che risente, a giusta ragione, infatti per anni ha lavorato con lui, di un altro mostro sacro del varietà, Vittorio Marsiglia, inteso, però, più come cabaret a tempi veloci, che non come spettacolo completo di rivista. L’inizio è proprio macchiettistico, una tiritera veloce che poco ha di sensato ed una scaricata di barzellette, repertorio noto di grandi barzellettieri, da Gino Bramieri a Waler Chiari, passando per Carlo Dapporto, ebbene nonostante si trattasse in ogni caso di macchiette e gag note per i più attenti, quasi nessuno ha resistito a non ridere ed a ridere di cuore, per il suo modo pulito garbato e sempre sul pezzo del salernitanissimo Lucio. La grazia mai troppo affettata, ammiccante e complice al punto giusto, per le sue eloquenti faccette, sia pure iconiche di quel tempo e per una versatilità avvolgente, nel carpire la partecipazione del pubblico che ben volentieri si è lasciato trascinare dal guitto gentile e rigoroso. Perfetta la sua imitazione di Gastone di Ettore Petrolini. Il pubblico sapeva e voleva essere complice di un signore di una scena ancora fascinoso e invaso dal fuoco sacro del Teatro, sia pure solo finalizzato, ultimo epigone, a rinverdire la bella époque, come testimonial di un tempo passato, ma che è ancora in grado, se presentato con la bravura di Lucio Bastolla, di far ridere e divertire con signorilità e tempi giusti.

Maria Serritiello
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sabato 12 ottobre 2019

A Ventotene terminano le mie vacanze (diario 3° ed ultima parte)



Continua...3° ed ultima parte
Maria Serritiello


Sono fuori dall'ospedale, in autoambulanza, che tra due ore e tredici minuti mi condurrà al Fatebene Fratelli di Napoli. Fa molto caldo e sono dolorante. Prima di archiviare definitivamente il ricovero precedente, voglio dirvi, tanto per farvi immaginare l'esperienza estrema provata, che per  ripararmi dal freddo della notte, mi sono dovuta avvolgere nella  carta per sostituire la coperta che non  avevano, sarò sembrata una mummia e solo nell'autoambulanza, dai volontari, il giorno dopo, accortosi della spinale, me l'hanno sfilata. Un sollievo immediato che potevo provare dal giorno prima.

Arrivo al pronto soccorso, sempre in codice rosso e dopo aver espletato immediatamente le formalità,  sono ricoverata nella stanza  numero 104 del reparto di ortopedia. La stanza è di sei posti, con aria condizionata e due televisori disposti in alto in modo  da essere visti da tutti gli ammalati. Mi guardo intorno ed i visi  degli ammalati mi fanno subito simpatia, tranne una,  che ha una spalla mal conciata, siamo tutti là per la rottura del femore.  




Storia
 L’Ospedale Madonna del Buon Consiglio Fatebenefratelli fa parte dell’Ordine ospedaliero di San Giovanni di Dio, che gestisce nel mondo più di duecento strutture sanitarie.
L’Ordine si ispira all’ operato di San Giovanni di Dio, che nella prima metà del 1500 svolse in Spagna il suo apostolato a sostegno degli infermi e dei bisognosi.
Alla sua morte, nel 1550, la schiera dei discepoli incominciò a diffondere il messaggio di carità e di ospitalità ereditato dal Santo, fondando vari ospedali sia in Europa che in altri continenti.


La storia dei Fatebenefratelli in Italia ha inizio a Napoli. Qui, nel 1572 i frati Pietro Soriano e Sebastiano Arias fondarono nel borgo Chiaia il piccolo Ospedale S. Maria della Vittoria, prima tappa di un percorso che vedrà i Religiosi sempre presenti nel capoluogo partenopeo. Nel 1587, infatti, nacque in via Tribunali l’Ospedale S. Maria della Pace. Nel 1656 la loro presenza a Napoli risultò determinante per fronteggiare l’epidemia di peste abbattutasi sulla città. Nel 1853 i Fatebenefratelli caldeggiarono l’istituzione di una scuola teorico-pratica per medici, chirurghi e farmacisti e nel 1854 destinarono all’assistenza ai malati di colera una piccola casa di loro proprietà a Capodimonte. Nel 1867 i Religiosi subirono la confisca dei beni da parte dello Stato, ma proseguirono indefessi l’attività assistenziale e nel 1936 acquistarono l’ex Collegio di via Manzoni, dove nel 1937 inaugurarono l’Ospedale a tutt' oggi  attivo, intitolandolo alla Madonna del Buon Consiglio.
La missione è:

- Avere la persona assistita come centro di interesse di quanti vivono e lavorano nell'ospedale o in qualsiasi altra opere assistenziale;

- Promuovere e difendere i diritti del malato e del bisognoso, tenendo conto della loro dignità personale;
- Impegnarsi decisivamente nella difesa e nella promozione della vita umana;
- Riconoscere il diritto della persona assistita a essere convenien--temente informata del suo stato di salute;
- Osservare le esigenze del segreto professionale, facendo in modo che siano rispettate anche da quanti avvicinano gli ammalati e bisognosi;
- Difendere il diritto di morire con dignità nel rispetto e nell’attenzione ai desideri giusti e alle necessità spirituali di coloro che sono sul punto di morte, coscienti che la vita umana ha un termine temporale ;
- Rispettare la libertà di coscienza delle persone che si assistono e dei collaboratori, fermi nell’esigere che si accetti e si rispetti l’identità del centro ospedaliero;
- Valorizzare e promuovere le qualità professionali dei collaboratori, stimolandoli a partecipare alla missione assistenziale dell’Ordine; rendendoli partecipi del processo decisionale nelle opere in funzione delle loro capacità e dei loro ambiti di responsabilità ;
- Rifiutare la ricerca di lucro, osservando ed esigendo che non si ledano le norme economiche giuste.
Tali principi si comunicano con atteggiamenti di benevolenza e donazione che permettono di compiere la missione tra i poveri e gli ammalati.
Ogni opera che si compie nella struttura è specifica e cerca di dare risposta ai bisogni di alcune persone; dunque la missione è evangelizzare il mondo del dolore e della sofferenza attraverso la promozione delle opere e degli organismi sanitari e/o sociali che prestano un’assistenza integrale alla persona.
La nostra missione non si rivolge in maniera totale all’utente interno ma pone l' attenzione anche a quello esterno: non solo al malato ma anche ai suoi parenti e familiari.

Basta poco e comincio a fare amicizia, a chiederci i nostri nomi ad aspettare la visita dei parenti che diventano anche i nostri. Ferdinando, mio marito, va avanti e dietro da Ischia una fatica per far conciliare gli orari degli aliscafo a quello delle visite. La stanza viene pulita due volte al giorno, da un personale responsabile, prima che il reparto si sveglia del tutto, per iniziare le cure e la visita dei dottori, in seguito anche nel pomeriggio. Altra cosa da notare benevolmente è l'intransigenza  sull'orario delle visite e di conseguenza delle uscite. Il cibo è appena mangiabile, ma si sa che l'ospedale  non è sulla guida Michelin. Il personale infermieristico è competente, paziente, garbato, allegro, pronto ad ogni chiamata e ciò rende sopportabile il soggiorno.Tra gli infermieri ci sono suore, un fiore all'occhiello, per rispettare la dignità delle ammalate nelle operazioni più delicate, ma tutti hanno grande rispetto per ognuna. I mobili sono colorati di un blue intenso, in ogni stanza c'è il bagno, le pareti tinteggiate di bianco danno un senso di pulizia e di fresco. I pazienti sono curati secondo il fa bisogno, a me per esempio  attaccano subito due sacche di sangue avendo l'emoglobina di valore bassissimo 5, per cui devo arrivare almeno ad 8 per subire l'operazione.Le 48 ore di cui parla il Presidente della Regione Vincenzo De Luca per le operazioni di femori sono una realtà, gli operati, già dal secondo giorno sono sottoposti a fisioterapia e seduti in mezzo al letto. L'eccellenza del  reparto del Fatebene Fratelli è evidente e non voglio fare paragoni, ma quello che ho sotto gli occhi è tutt'altra realtà. 
A tal proposito voglio ringraziare tutta l'equipe che mi ha operata il 7 agosto alle ore 15.00, di cui non ricordo i nomi se non quello del Dott.re Michele Ugliano. Mi dispiace non poterli citare  ad uno, ad uno, ma la riconoscenza va uguale a tutti. Durante l'operazione mi sono anche divertita per la lievità delle loro mani e le battute scambiate.
I giorni seguenti all'intervento sono trascorsi a conoscerci meglio, Iolanda e le sue sorelle e Maria la nipote sono diventate un gineceo affettuoso nei miei riguardi, Paola la prima ammalata su cui ho posto lo sguardo al mio arrivo e le figliole gentili, la Signora Maria, una nonnina arzilla che la sera si faceva accendere RAI tre per guardare la puntata di "Un posto al sole", dice che non ne ha perso una  da quando è andata in onda. In quell'angolo di Via Manzoni, con tutte le nostre sofferenze, siamo diventate una famiglia e a me ha fatto commuovere il clima che si è creato.   
Un ringraziamento affettuoso va alla Signora Rosetta che mi ha aiutata a lavarmi, non potendo scendere dal letto. Assisteva Iolanda la notte e con me l'ha fatto con tanto amore. Ho voluto ringraziarla  con un piccolo presente che non voleva accettare in nessun modo.Ho pregato Iolanda di farglielo prendere e lei arrabbiatissima è andata via.Quando è tornata la sera ci ha detto" Con i soldi che mi avete dato, ho comprato  tutte candele per farvi  stare presto bene" Sono rimasta di sale, mai nella mia vita qualcuno ha fatto per me una così bella azione. Mi sarei buttata dal letto per abbracciarla, accidente al femore...
L'animo dei napoletani è grande e se ti danno il cuore è per sempre, infatti la chiamo spesso ora che sono a casa nella mia città a Salerno.
Ecco, il mio diario è quasi terminato, la brutta esperienza iniziale si è tramutata in bene e conoscenza. Io stessa ho costatato che la Sanità Campana è tutt'altra cosa da come viene descritta dai giornali e dalle trasmissioni televisive. Solo attacchi mediatici,  per gettare fango, le famose formiche c'erano perché qualcuno spargeva lo zucchero sui davanzali. Che ci vuole a diffamare, notizie false e voilà Napoli è sotto i riflettori di luce sporca. Spero che chi infanga la città comprenda che non le rende un buon servizio, Napoli è una capitale, una super città con bellezze da offrire ed amore da donare. Il Fatebene Fratelli, il reparto di ortopedia è un orologio svizzero funziona senza ritardi e con competenza assoluta.
Prima di andare via conosco altre due persone Maria Rosaria che assiste sua madre una dolce vecchina di 95 anni, con rottura di femore e Antonella che sostiene la madre Maria per la rottura della spalla destra. Le lascio  con rammarico, ma è ora che vada. I volontari sono arrivati per trasportarmi ad Ischia dove c'è mio marito ad attendermi.E' il 12 agosto, e malgrado tutto sono contenta di essermela cavata alla meglio.Ischia-Casamicciola mi regala, almeno alla vista e al corpo non interessato, l'estate che ho perso a Ventotene.
Maria Serritiello