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lunedì 26 giugno 2023

Diario di un evento: Professione Reporter Memorial Antonio Serritiello 2023, III Edizione

 



di Maria Serritiello

Il 23 di giugno alle ore 19, 30 circa, nello spazio magico della Galleria Armando Cerzosimo di Via D Procida in Salerno, si è dato seguito  alla serata conclusiva del Concorso fotografico Professione Reporter Memorial Antonio Serritiello, indetto dalla sorella Maria, per mantenere viva la sua memoria.

 

“Si muore realmente, quando nessuno più ricorda il suo nome”

Quando si sparisce dalla memoria delle generazioni future,

quando scompare tutto ciò che si è stato,

quando il mondo di affetti e con esso

gli oggetti,  le azioni,  le emozioni,  i turbamenti,

la vita intera scompare  perché non c’è reminiscenza,

e su chi non c’è più, cala definitivamente il drappo del lutto.”

 

La serata ha preso il via con il benvenuto ai presenti da parte della sorella di Antonio, che ha spiegato il perché del tema di quest’anno, concorso alla sua terza edizione.

Il perché del tema di quest’anno “Ti scrivo da…” è da ricercare nel nostalgico desiderio di ritrovarsi tra le mani le cartoline di saluti spedite, un tempo, dai luoghi di vacanza o di necessità lavorativa, che non se ne scrivono più. Eppure per molti di noi, le colorate vedute di paesi lontani che ci facevano scoprire posti nuovi, portavano allegria e sentimenti.

Nel ricevere il rettangolo illustrato si avvertiva l’attenzione affettiva di chi l’aveva spedita; a volte il pensiero scritto era atteso spasmodicamente da riceventi particolari: gli innamorati ad esempio, che per periodi più o meno lunghi (il servizio militare, lavoro o altro) vivevano la separazione.

Le cartoline, inoltre avevano la capacità di promozionare il nostro patrimonio artistico con elementarità e di far fruire con gli occhi, oltre che con l'immaginazione, i luoghi simbolo.

L’hobby della raccolta delle cartoline unitamente a quella dei francobolli, inoltre, era un simpatico passatempo; a volte si intrecciavano gare per avere il possesso di cartoline più esotiche possibile.

Altri tempi, appartenuti alla nostra storia non certo recente, ma pur sempre da considerare, se la fotografia è anche documentazione.

Il tema proposto, nel tentativo di superare il surplus d’immagini dedite alla sola tavola imbandita con dovizia o al cibo che ci si appresta a mangiare, si prefigge di rilanciare la sana e bella abitudine di scegliere ed inviare la "cartolina" che più veicola a il nostro messaggio, con luoghi, paesaggi, immagini, orizzonti, costume e tradizioni.

Di seguito ha preso la parola per dare particolari sull’andamento del concorso, il dott.re Vito Egidio Ungaro, amico carissimo nonché collega d’ufficio di Antonio e cioè che dopo attenta lettura delle immagini, (circa 120), inviate dai 50 partecipanti, la giuria ha selezionato le 12 foto che sono in bella mostra esposte in galleria e che lo saranno per 10 giorni, per quanti volessero visitarle. La commissione giudicatrice, di questa terza edizione, è stata costituita dai fotografi professionisti Armando Cerzosimo e Antonio Rinaldi, coadiuvati da Maria Serritiello e con il supporto organizzativo di Vito Egidio Ungaro dell’Associazione Spazio Up Arte e di quello tecnico di Nicola Cerzosimo.

L’allestimento e la mostra è stata curata da Pietro Cerzosimo / Studio fotografico di Via Roma 210 Bellizzi – Salerno

50 partecipanti, da tutt’Italia, sono una bella cifra per il successo dell’iniziativa che ricorda Antonio e quello che più conta, grazie a loro, ha varcato l’ambito locale, ben augurante per le prossime edizioni.

Successivamente prendono la parola Antonio Rinaldi, che testimonia la scelta operata durante la selezione e la dolcissima, quanto spigliata Vittoria, ultima erede della dinastia fotografi Cerzosimo, che ha letto lo scritto del padre Armando, assente per giusta causa: il lavoro.

Il critico d’arte, Cristina Tafuri ha dato lettura delle immagini esposte in mostra, in maniera encomiabile, riuscendo a far rivivere con le parole le foto, una seconda volta.

Un vero blitz, la presenza del Sindaco della città di Salerno, Architetto Vincenzo Napoli, che saltellando su ogni manifestazione in città è voluto essere presente per testimoniare l’affetto che lo lega ad Antonio, quale cugino e fratello di tante battaglie politiche. Ha avuto commosse parole di rimpianto per la sua insostituibile persona.

Si è passato alla premiazione

 PRIMO PREMIO – VINCITORE CONCORSO

Stampa di 12 foto a sua scelta in formato 30x40 su carta fotografica con bagno chimico all'argento e contenute in un elegante cofanetto. Scultura ceramica del M° Lucio De Simone.

AUTORE CITTA'

Maurizio Anfossi Nichelino

SECONDO PREMIO – PREMIO DELLA CRITICA Coupon di € 25 per la stampa di fotografie. Scultura ceramica del M° Lucio De Simone.

AUTORE CITTA'

Fabrizio De Marco Preturo Irpino

TERZO PREMIO – FOTO PIU' VOTATA SUL SITO Coupon di € 25 per la stampa di fotografie. Scultura ceramica del M° Lucio De Simone. AUTORE CITTA'

Palma Vitiello Scafati

PREMIO SPECIALE – SPAZIO UP ARTE

AUTORE CITTA'

Alberto Bertone Bruino

 

Prima di concludere la cerimonia e passare al buffet, perché questa terza edizione vuole ricordare Antonio con l’affettività serena, consapevole che tutto ciò che si è fatto è stato possibile grazie alla cordata di amicizia di cui Antonio in vita si è sempre circondato e dalla quale in qualche modo Lui non si è mai definitivamente allontanato. A riprova lo scritto, inviato al Memorial, da un suo caro amico, Franco Malinconico, che così lo ricorda

Caro Antonio, come sempre ti parlo col cuore: mi manchi.

Il tuo sorriso...sotto i baffi, la tua voce....calda e calma, la tua amicizia...cara e sincera, le note della tua chitarra....gradita poesia       Tutto questo è in me, sempre presente, non ti cerco, perché so che ci sei, continuo a parlarti col cuore, nei miei intimi pensieri quotidiani, rivolti a tutte le persone a cui voglio bene, che sono entrate nella mia vita e non andranno mai via. ho una montagna di ricordi di vissuto insieme, e piano piano che discendo la montagna, andando a ritroso nel tempo, affiorano tanti episodi che ci legano. quasi la totalità di questi è piacevolmente sereno, tanto da farmi sorridere con gioia.

Ci siamo conosciuti sull'oratorio dei Salesiani e da lì, correndo dietro un pallone, il nostro percorso si è unito in un'amicizia fraternamente indissolubile.

Le prime partite giocate assieme, esultando nella vittoria e rattristandoci nella sconfitta; le prime sigarette, metà ciascuno; le prime scarrozzate in motorino, unendo i soldini per un litro di miscela; le prime conoscenze femminili, confidandoci le preferenze; le prime feste fatte in casa, spesso da te, col consenso e le raccomandazioni di tua sorella; il gruppo dei "maggiori", fondato sui salesiani, con una sala tutta nostra; l'invenzione e la realizzazione del primo spettacolo musicale e di quiz sul palco del teatro salesiano, con il seguito di tanti altri; le tante gite fatte assieme, sempre uniti e sempre complici a difesa di uno per l'altro....non basterebbero i fogli di un libro, per annotare cinquanta anni di amicizia. A parte il bene che ci unisce, c'è un episodio che non dimenticherò mai e che ho il piacere di raccontarlo, perché mi riempie di gioia e mi fa ridere.

Avevamo conosciuto due ragazze, eravamo giovanissimi, e passeggiando con loro, in una tarda ora pomeridiana d'autunno, già buia (all'epoca la ritirata era prima di "carosello"), ci fermammo a lungomare su due panchine diverse, isolate e in penombra.

Siamo sempre stati dei bravi ragazzi, un poco ingenui ma dal cuore d'oro, non facemmo nulla di male, riuscimmo a trovare il coraggio di baciare ognuno la sua partner. dopo una mezz'oretta tutti e quattro ci accorgemmo che era quasi ora di "carosello", ci salutammo con la promessa di rivederci ancora. Mentre rincasavamo, Antonio ed io, ci confidammo le piacevoli sensazioni e la piacevole serata, ed ognuno confessò di averla baciata. Beata ingenuità di altri tempi, chiesi ad Antonio: "e se restano incinte?" Per tutta risposta e con "saggezza" Antonio disse: "non credo, ma penso che siamo troppo giovani perché ciò accada".

Dopo circa un anno, sempre a lungomare, riconoscemmo quelle panchine e ricordammo quell'interrogativo ... ci piegammo in due dal ridere, fino a piangere dalle risate.

Ti voglio tanto bene e voglio ricordarti con gli occhi bagnati dalle risate e col cuore felice della spensierata gioventù.

L’Appuntamento resta fissato per Professione Reporter Memorial Antonio Serritiello 2024.

P.S. l’evento ogni anno vede la luce ad opera dell’amorevole partecipazione di Armando Cerzosimo che mette a disposizione mezzi tecnici e luogo, perché io continui ad avere con me Antonio vicino e di Vito Egidio Ungaro, soccorrevole ad ogni mio problema logistico, che va oltre l’amicizia che lo lega da ragazzino e successivamente come collega d’ufficio. Infinitamente grazie. 

Maria Serritiello




giovedì 22 giugno 2023

Living in the box. Aperiart al civico 23

 


di maria serritiello

Nei giorni scorsi , in occasione della presentazione della Rivista in Scatola n.4, al Civico 23 di Salerno , il critico d'arte Prof.ssa Cristina Tafuri è intervenuta con una lettura interpretativa dotta, chiara ed interessante, che  è piacevolezza  riproporla per intero.




Scatola , s.f. dal vocabolario Treccani, probabilmente metatesi del latino medioevale castula, di origine germanica. Involucro di forma varia, per lo più parallelepipedo, talora cilindrica, generalmente fatta di cartone, ma anche di legno, metallo, plastica etc., sempre munito di coperchio usato per contenere oggetti svariati.

L’idea di conservare in scatola l’opera che l’artista ha prodotto è una costante nel corso della storia dell’arte, con esiti diversi naturalmente.

 L’artista francese Christian Boltanski realizzò 646 scatole di latta arrugginita a rispecchiare la forza corrosiva del tempo che passa. All’interno di queste scatole l’artista stipò più di 1200 referti fotografici e 800 documenti provenienti dal suo studio prima di sgombrarlo. Tuttavia queste scatole non si possono aprire perché sigillate e consegnate all’oblio. Piero Manzoni sigillò 90 barattoli di latta uguali a quelli usati per la carne in scatola, ai quali applicò  un’ etichetta con la scritta “ Merda d’artista”, contenuto netto g.30. Conservata al naturale, prodotta e inscatolata nel maggio 1961. Non è previsto che il contenuto della scatoletta sia conosciuto dal fruitore, che se ne può accertare solo aprendola, dunque distruggendola e annientandone il valore. Sia nel caso di Boltanski che in quello di Manzoni, le loro scatole  non sono state realizzate per essere aperte, ma dettate dal fatto che l’opera d’arte si è trasformata in mezzo di comunicazione, per cui non è l’oggetto in sé, ma la carica eversiva e dissacrante che avvalora l’operazione artistica, ma anche dal fatto che il pensiero di questi artisti, le loro idee sono state accolte dalla critica. Nell’era del consumismo di massa tutto è impacchettato, chiuso, sigillato, a volte conta più il contenitore che il contenuto in uno slittamento significativo di valori. Non a caso Christo pensò di avvolgere monumenti aree di paesaggio con un tessuto che è capace di svelare le caratteristiche di ogni oggetto nascondendole. Tutto è sottovuoto, come i pensieri e le azioni e spesso anche l’arte, ultimamente non libera ma incastrata in un sistema dell’arte. Ma ci sono anche scatole che bisogna aprire per vedere e toccare il contenuto, perché è solo quello che dà valore all’operazione. Ci sono scatole che si aprono per far circolare immagini e idee in un flusso dinamico che estende il suo significato nel circolare liberamente, come cartoline dell’esistente. A scatola aperta puoi tirare fuori il lavoro di artisti che non hanno niente in comune se non accomunati ancora dall’idea che l’arte sia frutto di pensiero e di mani, di abilità e ricerca, di emozioni e fatiche, di ragionamento e di gioco, ma soprattutto di libertà. Apriamole allora queste scatole.

Cristina Tafuri



domenica 18 giugno 2023

Memorial Professione Reporter di Antonio Serritiello, Premiazione e apertura mostra alla " Galleria Cerzosimo" Salerno

 

di Maria Serritiello

                                      INVITO


         VENERDI' 23 GIUGNO ALLE ORE 19,30

                     PRESSO LA GALLERIA

                     ARMANDO CERZOSIMO              

       VIA GIOVANNI DA PROCIDA N°9 SALERNO



      PREMIAZIONE ED ESPOSIZIONE FOTO DEL

               CONCORSO FOTOGRAFICO

         Professione Reporter di Antonio Serritiello

                             Memorial



PROF. SSA CRISTINA TAFURI

          CRITICO D'ARTE


FRANCO MALINCONICO

"Caro Antonio"





giovedì 15 giugno 2023

Al Teatro Ghirelli è stato rappresentato per due settimane, Sabato e Domenica, “Dita” Regia di Andrea Carraro.

                        



Fonte :www.lapilli.eu

di Maria Serritiello

Da subito si è introdotti all’interno di questo, che sarà un rapimento vero e proprio. In piedi in uno spazio anonimo, che si rivela essere l’aeroporto, assistiamo impotenti al sequestro dell’attivista umanitaria Mariella e della sua guida Johanna. I movimenti sono precisi ed improvvisi, le due sagome ricoperte da capo a piedi, assaltano e riescono a prendere prigioniere le due ragazze. Con ancora le urla delle sequestrate nelle orecchie, con i gesti rudi nell’ammanettarle negli occhi, siamo trasferiti, per assistere all’interrogatorio, in uno spazio anonimo e dismesso. Tanti oggetti alla rinfusa, sgabelli, carrelli, un tavolo, su cui è posta una scacchiera, drappi, paraventi, insomma un posto squallido, come squallido è tutto il resto. Le due ragazze narcotizzate ed a capo coperto, sono ammanettate di spalle su due sedie, il silenzio le avvolge. Passa del tempo, nessuna voce, nessun rumore, in effetti sono piantonate da due arabi, poi Johanna si risveglia e chiama a gran voce Marirella. Comincia un dialogo spezzettato e misto a paura, si chiedono dove siano e in quali mani cadute. Le successive azioni sono veloci, il viso viene scoperto, sono incalzate dalle domande senza che possano capire che cosa vogliono da loro e chi siano. Un colpo di rivoltella alla guida, uccidendola è la risposta. La paura s’impossessa di Mariella, di fronte ha due donne, coperte da capo a piedi, abiti arabi, che maneggiano la pistola con molta disinvoltura, dato l’omicidio precedente. Alla domanda chi fosse e che cosa l’abbia spinta fin lì, lei dice di essere italiana e ha l'intenzione di introdurre un nuovo programma alimentare che possa aiutare i bambini del loro paese a sfuggire alla crudeltà della fame. Viaggia da sola, in compagnia della guida conosciuta in internet ed incontrata all’aeroporto. Non le credono ed ha inizio un brutale interrogatorio da parte delle due donne mussulmane, mirato a scoprire il disegno che nasconde, ma le uniche cose che riescono a sapere e che Mariella è una pianista jazz ed è fidanzata con Luca. Tutto il resto e cioè che Mariella è un terrorista senza scrupoli con l'unico scopo di comprare da un biochimico Kaled una tossina con cui infettare il cibo di centinaia di fast food, per poter così uccidere migliaia di persone, si saprà sotto tortura, dito dopo dito trapanato, fino a giungere alla inconfessabile verità.

E così “Dita”, è uno spettacolo diretto, unghiate di orrore e sangue elargito a piene mani da donne spregiudicate nel raggiungere il loro sordido scopo, alle prese con uno scricciolo di donna, italiana per amor di patria, ma di razza, di quelle che non cedono di fronte a niente, a tinte nere, senza alcuna concessione ai buoni sentimenti, con scene truci e con effetti sonori brutali e sadicamente crudi. Le dita della ragazza saltano una dopo l’altra non senza orrore da parte dello spettatore, il sangue che zampilla il trapano che trancia, un ronzio insopportabile.

Così abbiamo creduto che la giovane Mariella fosse l’eroina della storia, che le aguzzine non avessero sentimenti umani, le dita fasciate con la garza imbevute di sangue, non creavano dubbi. Mariella sebbene sofferente resiste ad ogni possibile tortura, alla sete, al getto di acqua sul corpo e lo spettatore sempre più intriso delle sue torture, quasi non resiste più e desidera che quell’orribile interrogatorio abbia fine. E fine c’è: la sua uccisione

Esaurito il compito, le due donne predispongono una nuova trappola on-line per catturare altri terroristi.

Teatro di tanta ferocia è difficile ad assistere, “Dita” non lascia respirare, trasmette angoscia, paura, dolore, ribellione, repulsione, con l’unico desiderio che tutto sia compiuto nel più breve tempo possibile. L’attesa è infernale, grazie alla recitazione scarna, essenziale, immediata ed incisiva di Amelia Imparato, Maria Rosaria Milito, Paola Senatore, Cinzia Ugatti

La Regia è di Andrea Carraro

 Tratto dal film thriller Five Fingers del 2006, diretto Laurence Malkin, Andrea Carraro ne ha saputo trarre un eccellente lavoro teatrale

Maria Serritiello




 

 

 


domenica 11 giugno 2023

Ancora un post su wz per andare oltre la morte

 


Oggi 11 giugno 2023, nella chiesa del Volto Santo di Salerno, alle 8,30,  si son tenuti i funerali di Silvana Mauro, deceduta a soli 72 anni in  seguito ad un infarto fulminante.

Silvana era ( non più è) la sorella amatissima di Luciana Mauro, giornalista del Mattino, penna finissima e curata, con la quale sono amica da più di trent'anni. Abbiamo frequentato la stessa palestra "Onda Nuoto", per oltre un ventennio, allenate dal compianto Guglielmo Buonagiunto, anche Silvana era insieme a noi, per cui la ricordo giovane , bella ed in movimento ed è questa l'immagine che vorrò conservare.

Luciana, soleva, ogni mattina, messaggiarsi con la sorella, per dare senso affettivo alla giornata, ma anche per una comunicazione affine.  Stamane Luciana ha voluto caparbiamente ripetere il rito per sfidare la morte, per dirle che nessuno, nemmeno lei, può interrompere un amore di sorelle cosi forte. 

maria serritiello


Il testo: di Luciana Mauro

 Una sorella è un pizzico d'infanzia che non potrà mai perdersi. Ed io so che oggi tu resti, solo ti allontani lasciandomi dentro un doloroso senso di sconfitta. Questa battaglia è andata persa, ma tra le tante sfide vissute assieme, lottare insieme per la vita ci ha unite ancora di più. Eravamo sicure di farcela, lo volevamo con caparbia tenacia. Come nelle nostre fughe serali, da bambine, mano nella mano, per raggiungere nostra madre che era ancora al lavoro. Non abbiamo temuto il buio, la povertà, la solitudine. Tagliavamo pile di giornali, costruendo storie e mondi fantastici, una creatività che ha alimentato la nostra vita di donne, mogli, mamme, amiche. Quante volte, in questa attesa interminabile della tua guarigione, ho pregato, sperato che tu non mi lasciassi proprio ora, che al tramonto della vita, ho più che mai bisogno della tua saggezza, del tuo conforto. Di quella spesso amara ma necessaria ironia che mi teneva viva, mi spronava, mi faceva star bene. Una vita insieme, un mondo diviso a due, come ogni cosa, nel bene e nel male. Ti ha tradito proprio la parte più grande, buona e nobile di te, il cuore. Ha ceduto per primo senza perdere quell'intimo energia spirituale che ora ti fa volare in alto. Proprio come piaceva a te. Proprio come volevamo noi. Buon viaggio, sorella mia.