Salerno
celebra i cent'anni della nascita di Rocco Scotellaro, con un
convegno a Palazzo Sant'Agostino della Provincia, sito in Via Roma, organizzato
dalla novella Associazione APS “Librarsi”, Presidente Gerardina
Gabriele. Tre gli interventi, per delineare la figura del
nobilissimo poeta ed indiscusso politico, completamente dimenticato dalle
istituzioni civili e scolastiche. Scomparso, infatti, dalle antologie e testi
di studio, nulla conoscono gli allievi del suo notevole impegno, eppure la sua
breve vita è un esempio di responsabilità civile e partecipativa, come nessuno
mai in favore della sua terra: la discosta Lucania.
"Io sono gli altri" della
Prof.ssa Maria Serritiello, è una summa su come si è speso per elevare,
alfabetizzare e rendere consapevoli i suoi compaesani dello stato di miseria e
prostrazione. La Prof.ssa Adalgisa D'Amato, invece, attraverso la
disamina delle poesie, rende il suo pensiero poetico, una scrittura
neorealistica, vivo ed ammaliante. Il Pof.re Giuseppe Foscari, inoltre,
analizza la poesia come bandiera politica nel contesto storico del dopo guerra.
Coordina l’evento la Preside Prof.ssa
Caterina Cimino.
Hanno collaborato: Daniela
Caselli, Ornella Caselli, Dina Galdi, Caterina Cimino, Dina Gabriele, Maria
Gabriella Di Maio, Cristina Guerra, Francesca Buccino
Contestualmente sarà
inaugurata la Grande Mostra, vernissage in tour, direttrice Artistica Luciana
Colletta, poetessa pittrice e si ascolterà un reading di poeti lucani, su
poesie ispirate al poeta Rocco Scotellaro.
La grande mostra sarà
aperta al pubblico dal lunedì al venerdì, ore 9,00/ 19,00, dal 15 dicembre 2023
al 16 gennaio 2024
Rocco Scotellaro (Tricarico,
19 aprile 1923 – Portici, 15 dicembre 1953) è stato uno scrittore, poeta e
politico italiano.
IL 14 dicembre 2023 ore 16,30, presso la Sala Giunta della Provincia di Salerno
Introduce: Prof.ssa Florinda Battiloro
Presidente dell’Ass.Culturale “Caffè dell’Artista”.
Relazione: Chiar.mo Prof. Gaetano Pecora dell’Università “Luiss” di Roma,
dell’Università del Sannio e Presidente del Centro Studi Salveminiani di Napoli.
“Un socialista irregolare. Gaetano Salvemini e la critica del bolscevismo”
Intervento: Chiar.mo Prof. Francesco D’Episcopo dell’Università“ Federico II” di Napoli.
“La personalità e i valori di Cosmo Sallustio Salvemini espressi nei suoi Testi”.
Modera il Giornalista Arch. Aniello Palumbo.
Sarà presente una troupe di Radio Radicale grazie al Direttore Dott.re Alessio Falconio.
Evento organizzato: dall’Associazione “Caffè dell’Artista”, Presidente Prof.ssa Florirnda Battiloro,
dall’Associazione “Con noi di nuovo in volo”, Presidente Dott.ssa Antonietta Santoro
dall’Accademia Int. Arte, Cultura & Società “Alfonso Grassi” Presidente Prof.ssa Lella Grassi
con il Patrocinio Morale della Provincia di Salerno
Il 24 ed il 25 novembre,
al Teatro Ghirelli di Salerno, Cristina Donadio è stata di scena
con “Marguerite”, un lavoro scritto e da lei interpretato con Giuseppe
Alfinito. Ad accompagnarla, la Zurzolo ensemble con: Marco
Zurzolo al sax, Marco de Tilla al contrabasso e Pino
Tafuto al pianoforte. I costumi sono di Alessio Visone, le
luci di Paco Summonte, le foto di Fabio Donato ed il video di Giorgio
Pinto.
La Marguerite di
Cristina Donadio, sta per la scrittrice franceseMarguerite
Duras ed il pezzo si rifà a “L’ Amante”, opera
autobiografica, pubblicata per la prima volta, nel 1984,anno
in cui ottiene, proprio per quest’opera, il premio letterario Goncourt,
nonché la nomination al Nobel per la letteratura.
Cristina Donadio,
nata a Napoli 63 anni fa,è attiva sulla scena ed in TV da
oltre un trentennio, sia come autrice che come regista. E‘ di gran vanto tra gli attori napoletani;
spesso è stata diretta dal regista Pappi Corsicato, in ruoli di donna volitiva.
In televisione ha raggiunto notorietà nell’interpretazione di Scianel per la
serie Gomorra. Negli anni ’70, a soli 16 anni, rimane incinta, una vicenda
umana che le renderà difficile l’adolescenza. Negli anni ’80 si cimenta come
regista di un particolarissimo tipo di spettacolo: il teatro di figura, cioè
l’arte teatrale che utilizza burattini, marionette, pupazzi, ombre, oggetti, privilegiando,
così, un linguaggio visivo e sensoriale. Come autrice indirizza la sua ricerca
a personaggi femminili che delinea accuratamente. A soli 27 anni deve
affrontare un lutto terribile, la morte del marito, l’attore napoletano Stefano
Tosi, 29 anni, travolto da uno spaventoso incidente automobilistico, era
alla guida, nel quale perde la vita anche il giovane e promettente drammaturgo,
Annibale Ruccello, autore tra l’altro, di un memorabile pezzo “Ferdinando”. Nel
1987/88 Cristina debutta con “Frammenti di donna”, tratto da l’Amante di
Margherita Duras, trent’anni dopo ritorna, di nuovo, con uno studio sulla
scrittrice francese.
La scena è buia, al
centro del palco seduta c’è lei, abito nero e fumo di una sigaretta, aspirata
con voluttà. Recita in modo sommesso, la sua voce è un soffio, superata
abbondantemente dall’ ensemble di Marco Zurzolo, che da solo varrebbe lo
spettacolo. Le parole si susseguono, sono pensieri solitari, frammezzati dalla
lettura di brani della scrittrice, mentre dietro di lei, scorrono le immagini
di Marguerite sorridente, in compagnia ed a passeggio sulla spiaggia. La
scrittrice, tra i 15 e i 17 anni, con la madre ed i fratelli vive in Indocina, per
poter sopravvivere alla fame inizia una storia con un ricco e giovane cinese.
Con lui si comporta da prostituta, accetta i suoi soldi ad ogni incontro, pensa
che così facendo di essere al riparo di una qualche implicazione sentimentale,
una sorta di emancipazione e d’iniziazione, ma la sua spregiudicatezza non
l’impedisce d’innamorarsi e di restarci male quando la storia viene interrotta
dal padre di lui e da sua madre, per ragione di casta. Queste le dolorose pagine
che Cristina legge, un mantra, per lei la storia della scrittrice, che ritorna ogni
volta negli approfondimenti creativi. La selezione dei brani operati
dall’attrice è un po' confusa e non rendono fino in fondo la stesura
paratattica della scrittrice che, pure rende viva la narrazione con le sole proposizioni
principali (sono qui, mi vedo, ti sento…). In scena, l’artista, appare una
donna indifesa, per niente volitiva, sofisticatamente elegante, quando canta in
francese India Songh, ma niente di più. Il sapore retrò dello spettacolo è
innocentemente dinanzi al pubblico, una Juliette Greco rispolverata, con la
pretesa intellettualistica di recitare in lingua, per stupire ancor più il
pubblico, che invece ha apprezzato e come poteva essere diversamente, il sax di
Marco Zurzolo ed i bravi musicisti al seguito. Tutto lo spettacolo è sembrato
volesse stupire forzatamente la platea, con effetti particolari, bastava,
invece, essere semplicemente se stessa, con la sua umana storia, senza
nascondersi, ancora una volta, dietro Marguerite Duras
È di Salerno, Giulio
Della Monica, l'attore che ha interpretato la figura di Danilo Restivo,
nella fiction RAI: “Il caso di Elisa Claps”. Un personaggio scomodo,
inviso dal pubblico, per ciò che ha rappresentato nella realtà della famiglia
Claps, per la povera Elisa e per tutti gli italiani. Viso pulito, sorriso
comunicativo, statura non perfettamente longilinea, altezza 1,80, è l’esatto
opposto della figura interpretata. Un’impressionante caratterizzazione, la sua,
nei gesti pigri, nella voce roca, nello sguardo perso, nel viso inespressivo,
nella lentezza della camminata, nell’indolenza di ogni cosa,il
perfetto sgusciante assassino! La sua docilità ferina e l’ubbidienza al padre,
come sottoposto, Giulio, poi, le ha rese in modo eccezionali, suscitando, a
volte, anche un sentimento di umana pietà. Forse è proprio questa la grandezza
della sua interpretazione, nonostante sapessimo tutta l’orrenda verità, un
qualche pensiero si è avuto, ma ciò è da addebitare, quasi esclusivamente, alla
bravura dell’interprete. Il trucco, poi, ha fatto il resto, Giulio, con i
capelli radi, ingrassato e ricoperto da vestiti improvvisati, è stato l’informe
sacco che si muoveva per ogni dove lo portasse la sua voglia di uccidere.
Ancora risuona nelle orecchie dei tanti telespettatori, 3.005.000, la prima
serata, il lento parlare di Giulio, nel riproporre quella di Danilo Restivo,
insomma, un “mostro” di bravura, per l’appunto.
Giulio Della Monica, 33 anni, occhi castano-grigi, colore
capelli castano scuro, pettinatura corti lisci, ha studiato presso Scuola del
Teatro Stabile di Genova, vive stabilmente a Roma.
Due giorni in compagnia
dell'inimitabile Gea Martire, al Teatro del Giullare di Salerno, con “Della
Storia di G e G”, un pezzo scritto da Maria Grazia Rispoli, con la drammaturgia
della stessa attrice e lo spettacolo si fa di alta qualità. La storia di
per sé è semplice, la protagonista, nel giorno della morte del padre, ha un
colpo di fulmine per il responsabile delle pompe funebri, tal Gennaro Gargiulo
di una bellezza esasperante, ma di una parlata e di modi rozzi assai. Tutto sembra
capovolgersi in lei, la donna assennata, la professionista impegnata, la
compagna devota e la figlia compita cedono al desiderio lascivo di quell’uomo,
così improvvisamente forte, che il dolore della perdita del congiunto ed il
conseguente funerale passa in second’ordine. Eppure deve contenersi, deve
essere incoraggiante rassicurare la vecchia madre, è là per questo, lei che
vive altrove ed è tornata per onorare la salma e ricevere le condoglianze del
vicinato, dei parenti e degli amici. Nulla è più importante per lei che
guardare, le spalle, l’altezza, le braccia, le movenze di Gennaro, tanto da
provare fastidio per tutta quella gente, accorsa a rendere omaggio a suo padre.
Un dualismo della sua anima si palesa in scena, Gea interpreta,
indifferentemente e con una bravura la donna presa dai sensi e la puritana che
stenta a resistere. Il funerale ha una sua scadenza, deve immediatamente
trovare altre occasioni d’incontro, per soddisfare il desiderio dei suoi sensi,
un po' difficoltoso data la materia di cui si occupa il necroforo. A tratti il
pezzo, oltre alla frenesia spavalda e la conseguente ritrosia bigotta, di una
bene educata, è anche divertente, ci sono battute che suscitano ilarità anche
se la funebre circostanza meriterebbe il contrario.
I cambi di voce, poi, per
rappresentare lui, con il suo dialetto infestante, i propri balbettamenti per
l’insicurezza della sua condizione, il richiamo non elegante del padre, nel
ribadire che non aveva la testa apposto, la voce fastidiosa della madre, non sono
altro che la conferma della bravura dell’attrice, che fa delle caratterizzazioni
del recitato, i momenti più apprezzati della sua performance. È l’ennesima sua
prova d’artista che la fanno tanto amare dal pubblico del Giullare, dal quale
era lontana da ben10 anni
La scena, arredata
semplice, è al buio, una sedia, con una serie di santini e lumini accesi, funge
da catafalco, un’altra, invece, si trasforma in carro funebre, per
l’accompagnamento al cimitero e macchina per l’unica passeggiata, che riesce a
fare con Gennaro. Con l’abito che indossa, una semplice redingote, di colore
grigio scuro, riesce ad essere vertiginosamente sexy, aiutata anche dalla folta
capigliatura leonina. Immensa Gea, non far trascorrere tanto tempo, prima di
tornare!
Il 2023 si rivelato un anno ricco di centenari da commemorare. Al Caffè dell'artista di Salerno, lunedì 13 Novembre, la Prof. ssa Antonietta D'Episcopo, ha ricordato la figura di Don Lorenzo Milani, a cent'anni dalla sua nascita, con un'interessante,quanto erudita conversazione
In sintesi il suo intervento
Antonietta D'Episcopo
Sono convinta
che il modo migliore per commemorare Don Milani sia quello d’individuare gli
elementi di attualità derivanti dall’espressioneI CARE, m’interessa, per te ci sono, sono al
tuo fianco, puoi contare su di me, che assunta come bussola di orientamento,
implica responsabilità e coerenza nell’azione quotidiana dell’insegnante,
caratterizzandone lo stile, l’approccio didattico e comunicativo. Dalla scuola
dell’infanzia all’Università la mediazione culturale si basa su una intenzionale azione di cura, sul
farsicarico della totalità della
persona, di tutte le sue dimensioni, potenzialità, bisogni materiali e non
materiali per fare acquisire un bagaglio di competenze, che si avvicini sempre
più al saper fare, al saper pensare con la propria testa, al saper essere.
Fare scuola
significa svolgere un compito civile di altissimo valore: insegnare a non obbedire
acriticamente, a passare da “curvàti
ad alzati” perchèsolo insieme, in piedi, si può incominciare a trasformare il
mondo trasformando noi stessi.
Ogni realtà
scolastica, per evitare di diventareuno strumento di differenziazione sempre più irrimediabile,“un
ospedale che cura i sani e respinge i malati”,dovrebbe essere concepita come un laboratorio permanente
di ricerca e di creatività animato da una relazione educativa, in cui i saperi
vengano utilizzati come strumenti di umanizzazione attraverso l’intreccio tra
alfabetizzazione strumentale edesistenziale.
Il prendersi
cura, di fatto, acquista e trasmettesenso attraverso la coerenza delle modalità operative messe in atto,
come dimostra la scrittura collettiva promossa da Don Milani per alimentare il
confronto democratico, la condivisione e la corresponsabilità attraverso
l’esercizio del pensiero critico ed un costante allenamento al saper
discernere.
A Barbiana i
ragazzi potevano leggere tutti i giornidue giornali, uno di destra ed uno di sinistra, per confrontare punti di
vista differenti, esercitare il senso critico ed esprimere la loro personale
opinione. Ciò che caratterizza l’azione educativa di don Milani è
l’autogestione pedagogica degli apprendimenti e la capacità di
auto-correggersi. L'insegnante è un regista che favorisce la discussione, lo
scambio, la riflessione individuale e
collettiva.
Conoscere e
saper utilizzare le parole, il loro significato, e la loro potenzialità
comunicativa, è la strada maestra, che conduce alla libertà, permettendo,
attraverso il principio costituzionale del diritto alle pari opportunità, e la
visione evangelica della vita, il superamento dell’idea imprigionante di
destino.
Solo
attraverso una significativa esperienza scolastica le tante Barbianeancora esistenti, gli emarginati, gli
oppressi, gli ultimi,avranno la
possibilità di emanciparsi, di diventare protagonisti, di esprimere pienamente
la propria sovranitàcon spirito
solidale e volontà di partecipazione attiva alla costruzione e difesa del bene
comune, restituendoloro ilfuturo, di cui continuano ad essere derubati.
Curriculum Antonietta D’Episcopo
Docente, formatrice in ambito educativo-didattico, ha
sempre considerato la scuola come reale laboratorio d’umanità. Nei suoi diversi
articoli, pubblicati su riviste specializzate e testate giornalistiche locali e
nazionali, ha indagato il delicato equilibrio tra dimensione personale e
comunitaria e la sinergia, autonomia, responsabilità e partecipazione, che s’istaura
nella complessa interazione tra scuola, famiglia, cultura e società. È stata
referente nazionale per la formazione dell’Associazione Italiana Maestri
Cattolici (AIMC), associazione professionale fondata nel 1945, qualificata dal
MIUR per la formazione.
Dal 2000 è componente del Coordinamento nazionale per
le politiche dell’infanzia e della sua scuola costituito dalle associazioni
professionali “storiche” e dalle maggiori organizzazioni sindacali. Dal 2005 al 2008 è stata membro del gruppo
dei formatori per la piattaforma BDP INDIRE, gestendo un numero considerevole
di forum e di laboratori on line, promossi dal Miur, per la formazione a
distanza dei docenti in servizio e dei neo assunti immessi in ruolo, appartenenti
a scuole di ogni ordine e grado, garantendo un approccio innovativo, anche
attraverso un uso mirato degli spazi informatici, al fine di un’efficace
interazione comunicativa.
Attualmente continua a svolgere il ruolo di
formatore/coordinatore, a livello nazionale e territoriale, con gruppi di
docenti e dirigenti scolastici, istituti comprensivi e reti di scuole
dell’infanzia, primaria e secondaria, sui temi della continuità, della
valutazione, dell’autoanalisi d’istituto, della didattica delle discipline e
dell’inclusione nell’ottica della unitarietà dell’apprendimento e della
trasversalità dei saperi. Segue con particolare attenzione i processi
innovativi sollecitati dalla costituzione del Sistema integrato “zerosei”
e dagli aggiornamenti alle Indicazioni
nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo, in
termini di miglioramento dell’esistente.
Nella pubblicazione particolarmente significativa A.
D'Episcopo e C. Giuntini, Progettare la scuola che cambia, Edizioni
Cetem, Milano 28 marzo 2006, ha analizzato e proposto piste di riflessionee
di azione ai docenti della scuola primaria alle prese con i processi
d’innovazione collegatialla riforma del sistema scolastico.
Nel testo Il
bambino che unisce. Scuola e genitori in dialogo,scritto in collaborazione
con Silvana De Luca, Edizioni Società Cooperativa Editoriale Cultura e lavoro,
Roma, maggio 2015, ha analizzato i presupposti su cui costruire un’alleanza
scuola-famiglia basata realmente sul superiore interesse dei bambini.
La sua
passione educativa si riflette anche nei
testi poetici il cui linguaggio rappresenta per lei preziosa risorsa a
cui attingere per incrementare la conoscenza di sé, la scoperta del mondo, la
comprensione degli altri, attraverso un dialogo empatico e universale fra
persone: tutte simili, ma ognuna diversa.
Dopo Salvatore Gisonna,
il primo incontro della rassegna di Che Comico 23/24 al Ridotto di
Salerno, è stata la volta di Alessandro Bolide, che dal Tempio della
risata mancava da un bel po'.
Sì, lui, il ragazzone
della porta accanto, con il suo slogan, "Che ce ne fotte", che
tanto è piaciuto e piace tutt'ora. Faccia furbetta, sorriso spontaneo e mantra
che fregia la sua maglietta, ecco l’inizio del crescente monologo di circa due
ore. Ad andare sotto tiro è la famiglia, quella di origine e quella
matrimoniale, per subire la sua bonaria cattiveria dei vizi e delle virtù dei
vari componenti.
Per la madre, Alessandro
ha un affetto particolare, nella casa natia è stato fino a 38 anni, prima di
lanciarsi nella vita matrimoniale e le sue tante premure sono nostalgicamente,
ora, desiderate invano. All'inizio ha trovato difficoltà, la mamma a denunciare
la sua professione, per lei il figlio ‘attore’ non era qualcosa di cui vantarsi,
come lo era per il primogenito ingegnere, ma poi aggiungeva, mestamente che
nonostante la laurea ' nun tene fatica', invece “Alessandro ha avuto,
successo, sta in televisione”
Quando dichiarò al padre,
la sua decisione di fare l'attore, interrompendo gli studi universitari, questi
non lo prese in considerazione e lo condusse dallo psicologo, ma il risultato
fu che il padre considerò il professionista più pazzo di suo figlio e stette
alla sua decisione. Per la suocera “la gnora” ha un affetto, si fa
per dire, particolare, spaventato per come diventerà sua moglie, in seguito. La
donna della sua vita, che appena sposati, ha subito una trasformazione da come
si presentava prima del matrimonio, insomma a rimpiangere è sempre “mammà” che
lo accontentava in tutte le più impensabili necessità. Entrano nel suo monologo
tanti personaggi dello spettacolo, della politica e semplici modi di fare dei
napoletani, così diversi da tutto il resto dell’Italia. Sfilano, così, De luca,
il governatore della Campania, l’ex sindaco di Napoli, Rosa Russo Iervolino ed
Antonio Bassolino, ma anche Berlusconi, Ilary Blasi e Francesco Totti, Fassino,
i virologi, la nostra vita durante il lockdown, la dad dei nostri figli, i
vaccini, la benzina in aumento, la guerra, il clima, il piano di evacuazione,
Giulietta e Romeo versione napoletana, così come i marziani dovessero trovarsi
a Piazza Garibaldi, usciti dalla navicella spaziale.Un monologo esilarante, scritto ed assemblato
con grande maestria da sé, ma è “che ce ne fotte” a sottolineare che si può
vivere bene anche senza i tanti orpelli della vita quotidiana.
La sua storia artistica
risale agli anni scolastici, quando faceva divertire compagni e professori con
le sue performance, testando l’indice di gradimento, fino a giungere a
considerare di fare l’attore come stabile lavoro. Molto ha influito, nella sua
scelta definitiva, la famiglia “Tortora”, una dinastia importante per il
cabaret che conta, offrendogli la possibilità di esibirsi nelle manifestazioni
più prestigiose del salernitano.
La consacrazione di
comico televisivo, Bolide, l’ha ottenuto all’interno del citato spettacolo
“Made in sud”, registrato al teatro “Tam” di Napoli e trasmesso in prima serata
su Rai 2. Sempre grazie a questo spettacolo, è stato scelto da Carlo Vanzina per
affiancare Raul Bova, nella parte del tassista, nel film “Ti presento un
amico”. In seguito è lo stesso Bova ad offrirgli di partecipare alla fiction
“Come un delfino”, da lui prodotta. Ha partecipato allo sceneggiato, su canale
cinque, dal titolo “Pupetta Maresca”, con la partecipazione di Manuela Arcuri e
per la Sperling Kupfer Edizioni ha scritto un libro, con discreto successo di
vendita, dal titolo, che altro se no, “Ma che ce ne fotte”.
Due ore di spettacolo di
grande godibilità, con la risata spontanea che viene facile, perché lui sa
porgere e dialogare, con disinvoltura. Prima di lasciare il Ridotto, Alessandro
Bolide regala ai presenti tre barzellette molto divertenti
Uno spettacolo speciale,
ieri sera,10 novembre, al Teatro del Giullare, il primo dei tre in
tournée, nei teatri Salernitani: Arbostella, Ghirelli e Delle Arti,
organizzati dal duo, per l'occasione, Tortora-Caputo. Dolcissima
rappresentazione perché a recitare è stato il cuore dei due protagonisti con
poesie dedicate all'amore,
quello universale! Si sono presentati in scena come due scolaretti,
emozionati come al loro primo giorno di scuola, eppure stiamo parlando di Claudio
Tortora, il patron del Premio Charlot, per riassumere la sua
luminosa carriera di uomo di spettacolo e di Giovanni Caputo trent'anni
di teatro, spesi in quello popolare Salernitano, per intenderci, dei gloriosi Sandro
Nisivoccia e Regina Senatore. Il teatro per chi lo ama e lo amerà
sempre, questo è l'effetto che fa e l'emozione la si leggeva sui loro volti e
nelle loro voci. Eleganti nel puntuale completo nero, il rosso della
sciarpa di Tortora e del fazzoletto nel taschino di Caputo ci lanciano messaggi
subliminali, riconducibili alla loro passione per lo spettacolo teatrale,
quello che fa pulsare il sangue nelle vene, una meravigliosa sensazione!
Ed ecco buio in sala ed
il recital dei due consumati uomini di teatro ha inizio con musica, luci, video
e loro poesie, che hanno letteralmente incantato il pubblico, accorso numeroso,
per non perdersi lo spettacolo dei sentimenti ed in verità sono stati esaltati
tutti: la famiglia, il mare, la vecchiaia, la città natia, la luna, la pace, i
nipoti, ed anche uno sguardo sulla propria fine e l’andar nell’aldilà. Una
carrellata di buoni sentimenti capace, di regalarci una pausa all’andar veloce
dei nostri giorni.
Il duo nell'allestire lo
spettacolo ha previsto uno spaccato di gentilezza con la presenza dell'artista Renata
Tafuri, che ha impreziosito, la lettura con l’ armonia, la gentilezza e l'
amorevolezza, il recital.
Una serata magica, incantevole,
dunque, attraverso il delicato progetto, riservato interamente ai versi
recitati, un genere trascurato da sempre dal mondo dello spettacolo, Per un’ora
circa, siamo stati fuori da questo pozzo mondo che si è allontanato
spregevolmente dal comandamento del cuore, l'unico in grado di abbracciarci
tutti senza inesistenti distinzioni.
Grazie "ragazzi
" per aver pensato a raccogliere, in teatro, i fogli della vostra
creatività ed a regalarci una pausa di puro piacere come solo
la poesia sa fare.
Secondo appuntamento della
stagione teatrale “ Destinazione Comicità”,del Teatro Laboratorio Santa Margherita di
Salerno, con la compagnia “Il Dialogo” nella commedia “Non ti
pago” di Eduardo De Filippo.
Due spettacoli, il sabato
sera alle 21,00 e la domenica in replica alle 19,15, nei giorni 28 e 29 ottobre
e 4 e 5 Novembre
Si Legge sul sito
ufficiale della compagnia:
La compagnia Il
DIALOGO” nasce 50 anni fa, come aggregazione di giovani appassionati del
teatro che spontaneamente associandosi intesero dare vita ad un sogno… “portare
in scena le proprie emozioni”.I primi spettacoli
allestiti pagarono, ovviamente, lo scotto dell’improvvisazione organizzativa,
ma la dedizione alla causa e la forte determinazione dei fondatori tramutarono
ben presto il brutto anatroccolo in una struttura dai meccanismi ben oleati….Ad
oggi, l’associazione vanta partecipazioni alle maggiori rassegne nazionali di
teatro amatoriale con numerosi riscontri in termini di premi e riconoscimenti
ottenuti in contesti ben distanti dalla propria realtà locale.
Non ti pago
Non ti pago
è una commedia in tre atti scritta da Eduardo De Filippo nel 1940
e vienemessa in scena, per la prima volta, dalla compagnia "Teatro
Umoristico I De Filippo", l'8 dicembre 1940 al Teatro Quirino di Roma,
con discreto successo di pubblico.
La Compagnia Il
Dialogo, dopo il successo riconosciuto, per aver portato già in scena Napoli
Milionaria, si cimenta con un altro caposaldo della commedia eduardiana: Non
ti pago
Ferdinando Quagliuolo ha in
gestione un "banco lotto", ereditato dopo la morte del padre. Egli
stesso è un accanito giocatore, in cerca di numeri vincenti, a dispetto della
sua ripetuta sfortuna. Un suo impiegato, Mario Bertolini, al contrario,
inanella vincite su vincite, suscitando una feroce invidia nel suo datore di
lavoro. Mario fa la corte a sua figlia Stella, quasi a sua insaputa, con la
complicità della madre Concetta. Un giorno Mario annuncia la clamorosa vincita
di una quaterna del valore di 4.000.000 di lire con i numeri (1, 2, 3 e 4)
ricevuti in sogno, proprio dal defunto padre di Ferdinando, il quale va su
tutte le furie, s’ impossessa del biglietto fortunato e si rifiuta di
corrispondergli la vincita, rivendicando il diritto alla somma. La motivazione
risiede nel fatto che Bertolini era andato a vivere nell'appartamento dove
Ferdinando aveva vissuto fino alla morte del padre, quindi lo spirito di suo
padre si sarebbe rivolto a Mario per sbaglio, volendo destinare la vincita a
suo figlio. La disputa va avanti per due atti senza che Ferdinando cambi idea,
anzi lancia un anatema contro il possessore del biglietto,davanti
al ritratto di suo padre, invocando ogni tipo di incidente e disgrazia, qualora
i numeri vincenti fossero stati destinati dal padre a Don Ferdinando. A seguito
il povero Bartolino viene colto da una serie di disastri tanto da rinunciare al
famoso biglietto. La vicenda si conclude con la resa completa del mal capitato
al volere di Don Ferdinando, che avendo avuto ragione sul fortunato pretendente
di sua figlia Stella, gli concede anche la sua mano e i 4 milioni saranno la
dote della giovane figliola.
Nel portare in scena
un'opera di Eduardo c'è sempre il rischio palese o di eseguire un’ordinaria
imitazione o di farne una sbiadita macchietta. Tutto questo non è accaduto,
perché la compagnia de Il Dialogo ne ha dato una versione autonoma,
lineare e dignitosa. Tutti hanno interpretato il ruolo assegnatogli con
puntuale precisione e caratterizzato i personaggi con estrema bravura. Ognuno
ha dato alla propria parte il segno preciso di essere stato scelto, non a caso,
ma perché adatto al ruolo, cosicché tutti hanno concorso al successo di questo
lavoro, perciò bravi in egual misura e non solo, don Ferdinando: Salvatore
Maccaro e donna Concetta: Tina Spampinato ma anche quelle dell’avvocato:
Giuseppe Trinchesi, dell’uomo di fiducia: Alfredo Lace, della
cameriera: Lucrezia Manganelli, di Mario Bertolino: Antonio Mauro,
della zia di Bertolino: Liliana De Rosa, di Stella: Roberta Allocca, delle
sorelle zitelle: Rosanna Vecchiarelli e nella duplice veste: Liliana
De Rosa, di Don Raffele: Felice De Cicco Su tutti lui, il cocciuto
don Ferdinando, Salvatore Maccaro, rivelatosi anche il Papà di Clementino,
l’artista di successo, il rapper italiano, amato dai giovani, così come la
pacata Donna Concetta, Tina Spampinato è sua la mamma. A volte quando si
dice che i figli somigliano ai genitori, questo è il caso, bravi tutti e tre
padroni indiscussi del palcoscenico italiano. E’ stata una brillante interpretazione
il Non ti Pago della compagnia, un'opera
dal testo divertente e piacevolmente leggero, che Eduardo stesso avrebbe
gradito.
La Compagnia “Il Dialogo”,
ben conoscendo la responsabilità di interpretare un classico del teatro, ha
voluto omaggiare il grande Eduardo, nel finale, con gli attori raccolti intorno
al quadro del grande autore, con le spalle rivolte al pubblico, facendo
ascoltare voce e parole di Eduardo, un omaggio dovuto e voluto
al grande Maestro
Programma dei mesi di ottobre, novembre
e dicembre 2023
26 ottobre, giovedì: In occasione del centenario della nascita dello scrittore Italo Calvino,
conferenza tenuta dall’EmeritoChiarissimo Professore dell’Università “Federico II di Napoli” Francesco
D’Episcopo.
31 ottobre, martedì, ore 21,00, presso Chiesa Santa Apollonia, via San
Benedetto
spettacolo sul Mito Deianira e
musica.
13 novembre, lunedì, ore 17,00, presso Ente Turismo via Velia 15: Incontro con l’arte: pittori, poeti
e scrittori del nostro territorio.
14 dicembre, lunedì, presso sala Giunta della Provincia di Salerno ore
16,00: Premio
intitolato al Prof. Cosmo Sallustio Salvemini e interventi del Chiar.mo Prof.
Gaetano Pecora (Presidente del Centro Studi Salveminiani di Napoli) e del
Chiar.mo Prof. Francesco D’Episcopo. Sarà presente il Prof. Alessio Falconio
Direttore di Radio Radicale di Roma. L’evento sarà registrato da Radio
Radicale. Interverrà il Presidente della Provincia di Salerno.
Giovedì 26 Ottobre 2023 "Il Caffè Dell'Artista" di Salerno,
Presidente la Prof.ssa Florinda Battiloro,ha inaugurato l'anno sociale con una dotta relazione su Italo Calvino, in occasione del centenario della sua nascita, tenuta, con profonda leggerezza, dal Prof.re Francesco d'Episcopo.
In sintesi, il suo intervento
Nato a Santiago de Las Vegas
– Cuba il 15/10/1923 da padre Agronomo e madre Biologa, morto nel 1985. La sua
famiglia si trasferì da Cuba a Sanremo in Italia ed i genitori vollero
ricordare le loro origini chiamando il proprio figlio Italo. E’ stato un grande
scrittore e paroliere, ha spaziato tra romanzi e favole; un Intellettuale di
grande impegno politico, civile e culturale. Infatti, durante la seconda guerra
mondiale è stato un partigiano, dopo il conflitto egli si iscrisse al Partito
Comunista, ma dopo circa sei anni lasciò questa tessera perché deluso da alcuni
comportamenti assunti dal Partito. E’ stato uno degli scrittori più importanti
del Novecento in Italia, alcune opere: “Le città invisibili”, “Il barone
rampante”, “Sotto il sole del giaguaro”, “Il sentiero dei nidi di ragno”, hanno
travalicato anche il nostro Paese per avere un successo internazionale.
Calvino, oltre ad essere un fervido scrittore, fu Editore per Einaudi, quindi
Editore di se stesso e con una forte capacità manageriale. Nel 1950 collaborò a
Riviste tra cui “Il Politecnico” di Vittorini ed alcuni Quotidiani. In questo
periodo tutti i suoi romanzi furono accolti con grande stima dalla Critica
Internazionale. Nel 1966 si trasferì a Parigi e da lì collaborò con il Corriere
della sera e la Repubblica fino al 1984. Dopo fu invitato a tenere lezioni
all’Università di Cambridge, alla Harward University e preparò “Le Lezioni
americane” che vennero pubblicate postume. Nel libro “Le Città invisibili” vi è
una sospensione del tempo, giocando attraverso l’imitazione di quello che è il
suo modello: Marco Polo, e descrivendo città partendo dal Medioevo, fino a
quelle contemporanee. Nella sua vita a Parigi egli apparve molto interessato
alla Narrativa dell’Ottocento, poi conobbe gli Strutturalisti e i Formalisti e,
attraverso questi, concepì un nuovo modo di scrivere in Letteratura. Fu un
ammiratore di Duras, Borges e Puig. Calvino fu un avido lettore, che formò il
suo pensiero verso un nuovo modo di intendere la scrittura: ogni cosa descritta
poteva avere un diverso seguito, tutto poteva essere possibile nell’evolversi
delle dinamiche comportamentali individuali e sociali. Il linguaggio usato
dall’autore è complesso, ma facile da captare, fu un Avanguardista e vide la
Letteratura come Scienza delle eccezioni, in cui ogni Scrittore, di opera in
opera, si mette alla prova variando, sperimentando, osando ogni volta in campi
diversi: dalla Linguistica alla Antropologia, dalla Semiotica all’Astrofisica,
dalla Biologia alla Psicoanalisi, tutto è un serbatoio di immagini narrative.
Egli spazia dal genere avventuroso a quello erotico, dall’apocalittico a quello
spionistico, ed ogni volta resta in sospeso la trama appena abbozzata con i
personaggi del racconto lasciati ad un destino sconosciuto, poiché i veri
protagonisti sono il Lettore e la Lettrice che vivono una storia d’amore tra
loro. Una cassettiera con tanti cassetti che si aprono rivelando le loro
sorprese, un gioco ironico sulla scrittura e sulle sue potenzialità, una
interazione completa con il lettore, che può diventare un Deus ex machina, come
avviene oggi in certe narrazioni che vediamo al cinema, che spesso vengono
definite “Mentalist Story”, in cui le possibilità finali di un racconto possono
variare grazie alla personale interpretazione e visionarietà. In questo Calvino
è stato un precursore a livello psicologico del nostro tempo.
Nei giorni scorsi si è
tenuta un’interessante personale dell’artista AnnaCiufo, presso
“dal 1948 Bar Napoliello” in Via Tevere di Pontecagnano dal titolo “Foemina”
L’artista, nata a Formia,
ma Salernitana di adozione, ha iniziato ad interessarsi all’arte pittorica
intorno ai 12 anni. Più tardi stimolata, incoraggiata e seguita dal proprio
docente di disegno e storia dell’arte, ha affinato la propria tecnica,
partecipando a numerose collettive di giovani artisti. Con un considerevole
curriculum professionale e molteplici esposizioni, la pittura di Anna Ciufo
si esprime sempre in favore dei diritti delle donne, della presa di coscienza
verso gli ultimi e sguardi rivolti alla natura. Una nota particolare, Anna
Ciufo, in passato, per un breve periodo ha collaborato da Salerno per
Lapilli, recensendo mostre.
La personale “ Foemina”
esposta “nel Bar Napoliello” in Pontecagnano dal 1948 e ne ha
tutti i segni, ha dato chiarore al luogo, reso opaco dal tempo, gli stessi
anziani, seduti attorno ad un tavolino di legno rettangolare, intenti allo
svago serale, sapevano di quadro antico: “I giocatori di carte” di Paul
Cézanne.
Da premettere (n.d.r.)
che sono particolarmente attenta ai lavori dell’artista, vuoi per la tenacia
che mette nella sua voglia di ritagliarsi un suo spazio pittorico ed una sua
personalità, vuoi per l’aerea spazialità dei suoi colori chiari, vedi le opere
di dimensioni maggiori e per la delicatezza del tratto, mai duro o violento. Nell’esposizione
dei quadri, poi, ad occhio attento, si scorge tutto il suo pathos nell’affrontare
il “problema femminile”. Il numero ridotto (peccato) di piccole essenze
pittoriche della donna, nei vari suoi momenti esistenziali, sono tutti resi con
eleganza e decisione. I tratti essenziali, esaustivi ed accoglienti, sono la visione
di una donna presente e significativamente importante. L’uso di colori, quasi
mai accesi o vistosi, ben riposiziona la donna in una visione ampia e
rasserenante, una presenza fatta di accoglienza e comprensione. I quadri di dimensione
più estesa, parlano di una artista che non ha perso ancora la speranza di un
mondo più dolce, più chiaro, più motivante, più accogliente nella diversità e
più decisamente volto a dare felicità! È’ questo alla fine il mondo cui
dobbiamo aspirare tutti ed Anna Ciufo può accompagnarci
con i suoi quadri
Ad iniziare il ciclo
delle rappresentazioni, per la stagione teatrale 2023/2024, al Piccolo
Teatro del Giullare, è una pièce di forte impatto, scritta da Francesco
Maria Siani, un Salernitano talentuoso che vive in Francia.
All’inizio, tutta la
scena è al buio, un sottofondo di piatti metallici di un’invisibile batteria,
ora in crescendo, ora diminuendo d’intensità, crea un’aspettativa allarmante;
poi la luce fioca rischiara un angolo del salotto, dove, accanto ad un tavolino
su di una poltrona, c’è un uomo, con il plaid tirato sulle gambe, radio accesa
per ascoltare la parlata di alcuni politici. In giro per la stanza con vestiti
dimessi, capelli raccolti all’indietro e strofinaccio della polvere tra le
mani, presumibilmente sua moglie, ascolta umilmente le invettive dell’uomo.
Costui è un soggetto con nessuna parola garbata, né verso i politici avversari in
ascolto, né verso sua moglie che ha tutta l’aria di essere invisibile in quella
casa. Con una parlata marcatamente meridionale, siamo, però, in una città del
nord, Saverio arringa malamente i politici, ce l’ha con i comunisti e rimpiange
“lui” che manteneva l’ordine, quando, l’Italia era nelle sue mani. Sbraita a voce
alta, gli si gonfiano le vene della gola tanto è il tono elevato, ma non si
ferma, anzi oltre ai comunisti aggiunge all’imprecazione nell’ordine: i
drogati, gli omosessuali, gli emigrati. Si comprende bene che non è felice
della sua vita, è sofferente, l’arteriosclerosi lo tormenta. Intanto la moglie
gira per casa come un’ombra, lo accudisce e placa con dolcezza i suoi scatti
d’ira. Per suo conto ha una decisione da prendere, è ammalata e vuole andar via
in silenzio, accompagnata dalla buona morte. La coppia ha un figlio che
andandosene da casa ed allontanandosi, vive all’estero. La donna, dopo aver
rassettato la casa, compiuti i gesti usuali, che a nessuno interessavano, messi
i libri, gli scritti ed altri oggetti ricordevoli nel baule troneggiante la scena,
saluta il marito, che come sempre urla improperi ed insulti, una volta in più
nei suoi confronti. Marta esce dalla vita, ma resta in scena come fantasma, scalza,
umile e dolce nel voler aiutare il figlio a recuperare il rapporto con il
padre. Il dramma si fa complicato, quando tra bisticci, urla e aggressioni
fisiche da ambo le parti, padre e figlio tentano un ravvicinamento, attraverso
verità inconfessabili e vissuto ingannevole. Un atto unico che per un’ora e
venti minuti senza interruzione, poca luce e la stessa scena, per tutto il
tempo, prova a rappresentare oscure dinamiche familiari, unite a feroce scontro
generazionale.La pièce si conclude come nessuno se l’aspetta,
un’eredità, sia pure di sentimenti, che danno speranza ad un’umanità sempre più
incarognita.
Un’interpretazione
magistrale quella dei gemelli più noti del teatro salernitano, saputi come figli
di quei mostri sacri dal nome: Regina Senatore e Alessandro Nisivoccia,
riunitisi in scena dopo i 14 anni. Ci si accinge ad ascoltarli con reverenza,
cercando di scoprire in loro una certa eredità teatrale, una qualche
inflessione di voce possente di Alessandro o un tremolio addolcito di
Regina.Ed è così, scorgere i genitori,
in loro due, è stata un’emozione indicibile per un pubblico che conosce il
rimpianto. Degni figli, hanno caratterizzato perfettamente i loro personaggi,
superando se stessi, per questa raggiunta maturità artistica.
Una menzione particolare
la merita Andrea Palladino, bravo nel caratterizzare, Enzo, il figlio
della coppia, amato in modo smodato dalla madre, viceversa maledetto dal padre,
l’odio gli esce dal corpo, tant’è la forza recitativa, per impattarsi contro il
genitore. La regia di Francesco Petti è stata perfetta, attento com’è
stato a fare del dramma, un pezzo ricordevole, anche per le immagini costruite
in penombra, come quella, per esempio, di Enzo tra le braccia della madre, dopo
aver conosciuta la verità, sul baule disvelato, si ricompone una piccola pietà
michelangiolesca con il più dolce sottofondo musicale: Barber Adagio for Strings, Op.11
Maria Serritiello
www.lapilli.ru
Lo spettacolo viene ripetuto il 14 e15 ottobre, sabato ore 20,30 e domenica alle 18,30
Con “26 e 4 Remake”, ha
avuto inizio la stagione teatrale “Destinazione Comicità, presso il teatro
laboratorio Santa Margherita, nella zona orientale di Salerno, che va avanti
dal 30 settembre 2023, fino al 15 aprile 2024, con 8 spettacoli+ 2 in omaggio,
alla cifra di 70 euro , alla portata di chi si vuole distendere con il sorriso
o anche con la risata. Due spettacoli, ogni volta, il sabato sera alle 21,00 e
la domenica in replica alle 19,15.
26 e 4,
i numeri fortunati, dove 26 è la farmacia e 4 il teatro, simboli ispiratori
della scrittura di Lello Casella, che ne è anche il regista, oltre che abile
interprete. I due atti hanno come luogo fisso, proprio la farmacia, riprodotta
con artistica precisione, per fare da sfondo alle vicissitudini dei 5
protagonisti: Saverio, Lulù, Rafilina, Arturo e Franchetielle, ovvero
Ciro Girardi, Antonello Cianciulli, Roberta Manzo, Maria Luisa Pirri e Lello
Casella Ed il numero 4? Centra, oh si che centra, in quanto Arturo, che si
spaccia per dottore, altro non è che un miserevole teatrante, innamorato cotto
della bella Lulù, ma che non disdegna le altre, tipo la languida Rafilina. La
prima parte è di preparazione, i personaggi sono delineati con i loro desideri
amorosi e teatrali, quelli di Saverio il farmacista, per esempio, che paga
perfino Arturo, sempre a corto di soldi, pur di avere la parte di Romeo, nello
spettacolo in preparazione. Sia la prima parte che la seconda è intervallata da
spacchetti musicali, danzati mirabilmente da un pregevole corpo di ballo, su
coreografie di Valeria Alfano del Polo delle Arti con musiche scelte dall’antica
melodia napoletana. Lo spettacolo, continua con l’esilarante drammatizzazione
di Giulietta, Ciro Girardi e Romeo, Antonello Cianciulli, basta
vederli nei panni di scenaper ridere con gusto come la rassegna
teatrale vuole. Abbandonati i panni dei due infelici innamorati ritornano nella
farmacia per rappresentare, insieme a Lello Casella e Roberta Manzo, l’atto
unico di Eduardo De Filippo “Pericolosamente”,scritto nel 1938.
La gag è divertente ed è
ben caratterizzata; gli interpreti, ognuno per la propria parte, hanno dato il
meglio di sé. Bravo Lello Casella nel rifinire lo spettacolo,
incastrando tutti i personaggi e nel creare una piacevole contaminazione con
testi noti e di valore. L’ambientazione anni ’20, il recitato marcato e le
battute spesso a doppio senso hanno creato un clima di assoluta spensieratezza.
Lo spettacolo viene
replicato fino all’8 ottobre
Note conoscitive
Il Teatro Laboratorio
Santa Margherita, nella zona orientale della città di
Salerno, è sorto nel 2019, nella struttura, che post terremoto ’80, è servita
da chiesa.Il teatro laboratorio nasce
con l’intento di favorire attivitàche tendano a sviluppare
la socializzazione nell’area extra scolastica ed extra familiare. Un teatro di
quartiere, dunque, un centro di cultura permanente che possa liberare le
creatività.
Il Teatro laboratorio S.
Margherita è il teatro popolare della zona orientale, con 100
posti a sedere, confortevole ed a 100
metri dall’uscita della tangenziale di Pastena-Giovi e con ampio parcheggio
gratuito.
Inoltre il teatro dispone
di una dependance di oltre 200 posti “Il Giardino dell’Arte” per
dare continuità al lavoro progettuale, anche, durante il periodo estivo.