Fonte: www.lapilli.eu
di Maria Serritiello
Ed eccoci. Domenica
7 ottobre si è tornati a teatro, il nostro luogo prediletto, per godere di
spettacoli scelti e vicini alle nostre corde: “L’acquario” di Claudio Grattacaso. Il giovane autore, classe 1962 è
nato a Salerno, dove vive e svolge l’attività d’insegnante di scuola primaria. “L’Acquario” è il suo secondo pezzo,
dopo “Il nodo della perpendicolare”
ad essere scritto e messo in scena dalla Compagnia
dell’Eclissi.
Tre amici o ritenutosi
tali, vanno ad incontrarsi nella casa di uno di essi, Elio (Enzo Tota), scrittore in preda ad un
attacco di pancia. Vive chiuso nel suo studio, circondato da innumerevoli
libri, incasellati in un ordine maniacale nella libreria a parete, eccellente
la scenografia di Luca Capogrosso a
riprendere l’ossessività dei libri anche sulle poltrone, e sugli sgabelli. Elio
si concede due finestre, aborra i balconi e da poco si è regalato un acquario
che troneggia al centro della stanza, incastonato nei libri. Con i pesci, ai
quali ha dato nomi importanti, è in perfetta sintonia e ritrova nell’osservarli
un po’ di quel calore che gli manca. La scelta di un acquario come amico, la dice
lunga sul carattere spigoloso dello scrittore. Non da meno sono i suoi amici,
Donato (Felice Avella), per esempio,
eternamente in fuga da una situazione familiare complessa e da sua figlia che
lo spia ovunque vada e Sandro (Ernesto
Fava), belloccio, che crede di essere prestante con ogni bella donna che
gli capita a tiro, previo, poi a servirsi di stratagemmi, come l’autografo su
di una copia del libro, scritto dal suo amico, per fare breccia sulla nuova
fiamma della quale, questa volta, è follemente innamorato. Ognuno,
inizialmente, lamenta la sua condizione, che alla loro età non è certo felice,
poi mano a mano iniziano a graffiarsi come vecchie gatte sul loro vissuto,
quasi che l’infelicità dell’uno può compensare quella propria.
Fotografia amara di una collettività
sull’ orlo di una crisi profonda, di cui i tre amici ne interpretano i cardini,
avendo smarriti i valori etico- estetici ed incapaci di offrirsene di
accettabili. L’autore raschia sul fondo di un barile consunto di una società,
che poco o niente di buono lascia intravedere, se l’amicizia, valore universale
viene disinvoltamente calpestato. Si scoprono i soprannomi dei tre, ognuno sa
quello degli altri due, ma non il proprio, per cui Elio è appellato “copia ed
incolla”, Donato, “puffetone” e Sandro, “pisellino di legno”. Da questi
appellativi s’intuiscono difetti inconfessati, sebbene la loro amicizia sia di
lunga durata. Donato, che appare un infermiere ligio al dovere, non è altro che
un mantenuto, e lo si scopre dal contenuto della sua borsa professionale,
dimenticata occasionalmente a casa di Elio, lo stesso Elio è incapace di
mantenere una relazione seria con una donna e si rifugia tra i libri dai quali
attinge, si fa per dire, linfa per i suoi scritti e Sandro che fa outing sulla
propria condizione sessuale. Quello che esce dalle loro bocche fa inorridire;
cala mestamente sugli spettatori una scia sordida di umanità impietosa, sicché
dalla sala si esce sgualciti nei sentimenti ed a nulla serve la ricomposizione finale
dei tre, il danno è stato fatto ed il loro stare insieme è solo frutto di
smarrimento e paura della più ingrata solitudine.
A ben guardare fisicamente l’autore di “Acquario”, lo si direbbe incline all’ottimismo, un peana alla speranza, ed invece ha portato sulla scena una borghesia lacero-contusa, senza alcuna speranza di salvezza escatologica, impigliata, com’ è, nel niente della triste condizione di vivere, nell’ affidarsi ad un effimero bene materiale, come può essere un acquario, per convincersi di buttare alle spalle il niente della propria esistenza, il compiacersi del proprio sé e delle proprie capacità!
Bravi gli interpreti: Tota, Avella e Fava a caratterizzare i
tre amici, con i loro i tic e difetti. Un intreccio perfetto di dialogo,
battuta dopo battuta, spesa ad identificare caratteri e contesti, voluti
dall’autore , in crescita come commediografo. Sempre dosata la regia di Marcello Andria e l’impegno di Angela Guerra, come direttrice di
scena. La musica di Marco De Simone
ha sottolineato, senza invadere, i momenti salienti e buono il progetto grafico
di Giulio Iannece, su cui ha
lavorato Luca Capogrosso. Una
commedia di pregio, dunque, ad accompagnare l’apertura della stagione teatrale
del Teatro Genovesi e dei suoi
interpreti: Compagnia dell’Eclissi
Maria
Serritiello
www.lapilli.eu
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