Di Maria Serritiello
Ciao
Sergio e non addio, difficile il commiato definitivo, non ti
si addice, hai solo 57 anni e sei il più piccolo della seconda generazione Serritello.
I nostri genitori ci hanno lasciati da un bel po’, fiduciosi che avremmo avuto
anni da vivere nella felicità e nella fratellanza. Ed invece tu sei già il
secondo che se ne va, dopo Antonio, lasciando i tuoi fratelli Alfredo e
Alberto, attoniti e noi tutti. Loro più grandi di te non si danno pace.
Alberto, nell’abbraccio scambiato mi ha detto: < non è giusto, non è
giusto…> Si, è vero, nell’immaginario di ognuno c’è un’ordinata sequenza che
vede allontanarsi prima i maggiori e poi i minori. Intanto a piangerti c’è
anche tua madre, genitrice superstite, che vive in un mondo tutto suo, e meno
male, la malattia l’ha risparmiata dal dolore innaturale di sopravvivere alla
propria creatura.
Per dire di te come
figlio e fratello è bastato andare indietro
nel tempo per ritrovarti fanciullo riccioluto, cotto dal sole a giocare
interminabili partite di pallone sulla spiaggia. Il mare l’avevi di fronte ed
io ti, vi, venivo a trovare per fare i bagni con voi. Vi ho sempre accumunati,
te e i tuoi fratelli, al mare e ancora oggi è così.
Per un lungo periodo non
ci siamo frequentati, la parte centrale della nostra vita l’abbiamo trascorsa a
svolgere le attività lavorative che assorbivano tutto il tempo, ma con zio
Alfredo, mio padre, eri in contatto, il lungo filo della parentela era salvo.
Così sapevo di te, del tuo lavoro, bar tabacchi 138, della tua vita affettiva,
dei tuoi figli, tre, Danilo, Syria e Samyra, del tuo cane lupo, della tua
sensibilità per gli animali, per i disabili, per tua madre che non ti
riconosce. Un uomo, eri diventato, un uomo buono e pieno d’amore per tutti,
soprattutto per i tuoi figli e così in Danilo calibravi la solidità e le capacità,
il bastone della tua vecchiaia, pensavi e nelle tue principesse, come le
chiamavi tu, Syria e Samyra, la leggiadria tutta al femminile che ti scaldava
il cuore, quello stesso che si è spaccato in due, prima che ti accorgessi del
brutto scherzo. A volte lasciavi tutto dietro alle tue spalle e diventavi di
nuovo un ragazzino spensierato, uscivi con i tuoi nipoti, Livia e Giuseppe e la
loro comitiva, quante risate e che divertimento. Mi viene da dire meno male,
visto come sono andate le cose.
Ora tu sei nella pace eterna, il tuo tempo terreno si è concluso, consumatosi in fretta, da restare increduli, da pensare che da domani tutto ricominci d’accapo, come sempre, ovvero, apri la saracinesca del tabacchi 138, ti rammaricherai del cattivo tempo, una giornata di sole è sempre meglio, chiami al cell tuo fratello Alfredo e progetti il fine settimana, in fondo la vita è bella se non viene colpita dalla morte. Sei ancora immerso nella realtà, mentre te ne vai, nessuno se ne accorge, una giornata come le altre e dietro alla porta chiusa, metafora della morte, provi a dividerti da noi.
Dietro la porta
Dietro la porta
chiusa,
il moto della vita
s’infrange
come onda
allo scoglio.
Notte, il tuo giorno,
compiuto celere,
senza pensieri soliti,
senza parole nuove
e senza battiti d’amore.
Dal cuore impazzito, lo
schianto!
Or ora, noi, i ricordi
ci raccontiamo
Nessun commento:
Posta un commento