Fonte:www.lapilli.eu
di Maria Serritiello
Nella
piccola chiesa sconsacrata di Sant’Apollonia, edificata fra il XVI e XVII secolo e collocata nel cuore della
vecchia Salerno, il 17 aprile scorso, Vincenzo Romano, artista, ha anticipato alcuni canti che il 27 aprile a Pagani (per il mal tempo spostata
a giovedì 1 maggio) si canteranno per la
solenne celebrazione della Madonna delle Galline. La serata, organizzata da
Antonio Daltrocanto Giordano, nell’atmosfera cupa dei Sepolcri del Giovedì
Santo, ha avuto come sfondo la meravigliosa “Crocifissione Dipinta”, il
nuovissimo capolavoro del Maestro Carotenuto, che va ad aggiungersi al noto suo
presepe miniato. Oltre ai canti devozionali, particolari quelli in dialetto
scritti da Sant’Alfonso dei Liguori, è stato
presentato al pubblico dallo stesso Antonio Giordano e commentato
dall’antropologo Vincenzo Esposito, il libro di Gerardo Sinatore “I riti della
Madonna delle Galline”, un interessante studio condotto sulla festa più
particolare della città di Pagani e della Campania tutta.
Vincenzo
Romano, cantore, ballerino e percussionista di tamburi a cornice mediterranei,
dà inizio, nell’oscurità della piccola chiesa sconsacrata, ai canti devozionali.
Risuona intorno, nel mistero sacrale della sepoltura di Cristo, la sua voce
limpida, chiara ed estesa, carezza per l’animo
di chi l’ascolta e dolcezza che giunge da vie ancestrali, quelle della terra,
entro la quale la Madonna
delle Galline fu trovata. Abili scorrono le mani sulla tammorra e sui tamburi, a volte piano e a volte con un‘energia
incredibile, un suono ritmato, un tutt’uno con le invocazioni. Alla religiosità
che si diffonde con santità, la
Madonna è presente, è tra noi, ci ascolta, Vincenzo aggiunge,
come in un dipinto del Maestro Carotenuto, la sua postura un po’ incurvata, pari
ad una genuflessione, mentre sostiene lo
strumento circolare, fatto di pelle d’animale e perciò vivo. Ieratico,
ispirato, un personale fine, unito indissolubilmente alla tammorra, dalla quale
sembra essere risucchiato e con la sua approvazione. Ha iniziato sin da
piccolo, otto anni, a seguire nei cortili, i movimenti delle mani esperte sugli
strumenti, è un’autodidatta che non si è fermato al solo suo talento naturale,
ma studia, ricerca e rintraccia i canti che si allacciano profondamente tra
passione e religiosità. E’ giovane, 24 anni, ed ha seguito, fino a quando non
se n’è andato, il maggiore artista della
tradizione popolare, l’assoluto Franco Tiano, detto l’Africano. Il suo “Tosello”,
un altare elevato nel cortile di via Matteotti, dov’era nato, ogni anno, era
inimmaginabile per come fosse ricco di simboli della terra e legati alla
devozione della Madonna del Carmelo, che a Pagani è detta delle Galline, per
via del ritrovamento della sua effige, in un pollaio. Le parole per invocare la Madonna sono quelle di uso
comune, mescolate alla vita di tutti i giorni, al duro lavoro della terra, alla
possibilità di sopravvivenza, ai pericoli evitati, alla malattia, alla morte
scongiurata e al ringraziamento per ciò che Lei, ha donato. Un modo di pregare
a tu per tu, viscerale, eppure così pregno di devozione che non può non
coinvolgere. La “Mammeddio” è una di loro, è la “Figliola” dal viso scuro
e saprà capire i bisogni dei figli suoi.
Così intonava Sant’Alfonso dei Liguori, la fonte santifica di alcuni dei più
bei canti della cultura popolare paganese, divenuto patrimonio per tutti e così
Vincenzo Romano, nella chiesa di Sant’Apollonia:
“Curri curri mamma mia, curri priesto e
nun tardà
Ca lu serpe arrassusia, già me vole
muzzecà.
“Curri curri mamma mia, curri priesto e
nun tardà
Ca lu serpe arrassusia, già me vole
muzzecà
E manche l’agge viste
E già me fa tremmà…(continua)
(Trad:
Accorri, Madre mia , fai presto e non tardare, perché il serpe, Dio non voglia,
già mi vuole mordere.
La
strofa si ripete uguale.
Neanche
l’ho scorto
e
già m’incute paura…)
Il
canto continua
La
voce è limpida nell’eco della chiesa, la mano che batte, più non si vede tant’è
veloce il movimento, il tamburo risuona
accompagnato dai cimbali, i sonaglini metallici che alimentano il ritmo dello
strumento. All’improvviso i riti della festività solenne di Pagani sono
trasportati fin qui, nella vecchia chiesa silenziosa, lontana dai rumori della
città, sì che il filo della memoria, naturalmente si srotola sul rullio
roboante delle tammorre e delle
castagnole, ora vicino, ora lontano, una colonna sonora che si ascolta
frenetica in tutti i cortili, le strade,
i vicoli accompagnato dai canti a “Figliola” e dove l’odore dei carciofi arrostiti
nelle case diventa il profumo tipico della festa, come l’incenso per la chiesa.
Anche il fumo dei carboni accesi, una
nube che si solleva alta verso il cielo, connota il sapore della giornata. Il
calore della fede, poi, è anche vampa umana, tanta è la gente al seguito della
processione, si cammina tutti insieme, si parla anche se non ci si conosce e si
invoca la Madre
Celeste.
“Mamme r’è galline miettece ‘a mano
toia”…
….esce e nove e s’arretire ch’è calata
l’ora..
Lei, incredibile, circondata da galline e
bianche colombe, sistemate tutt’intorno alla statua, sostenuta dai portatori, è
seguita dai tammorrari che per tutto il
percorso suonano senza fermarsi, senza stancarsi, fino a quando non si ritira
in chiesa, per depositare ai suoi piedi
le tammorre, come simbolico dono.
“…noi
non siamo niente non siamo nessuno però crediamo in Te, beatissima Vergine del
Carmelo, detta delle Galline, siamo dei semplici musicisti conosciuti come
tammorrari…”
E’questa
la preghiera che suonatori della tammorra ogni anno recitano salutandola
all’anno prossimo.
La data della celebrazione solenne non è fissa perché segue, l’ottava in albis di
Pasqua, festività anch’essa mobile ma è imperdibile, per il suo folklore popolare,
devoto e carico di simbologie, antiche radici del nostro passato. Un patrimonio
di inestimabile valore e bene ha fatto Gerardo Sinatore, paganese, a
raccogliere, in uno studio approfondito e cronologico, tutto ciò che
riguarda la festa così particolare del popolo
di Pagani. Il libro è fonte preziosa per chiunque voglia approfondire e
conoscere, ma è soprattutto documento storico da conservare, per mantenere vivo
presso i giovani un così immenso patrimonio. Perpetuando la ricorrenza nel
tempo c’è speranza, in un mondo sempre più, selvaggiamente, omologato, che non
si disperdano la tradizione, i riti, i canti e i luoghi della Madonna delle
Galline.
,
Quando
la Santissima
ha finito il suo percorso e si è ritirata in chiesa, ovunque, fino all’alba si
odono risuonare battiti di tammorre, tamburi,
castagnole e cimbali, mentre nella Villa Comunale volteggiano, così come
nei vicoli più stretti, in interminabili tammorriate, giovani, figliole e
coppie attempate.
Maria
Serritiello
www.lapilli.eu
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