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giovedì 21 febbraio 2013

Grande successo per "Jucature "al Teatro A. Ghirelli di Salerno

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Fonte: www.lapilli.eu
di Maria Serritiello

Come già  "Chiove", così  "Jucature", in originale "Els Jugadors", di Pau Mirò, uno dei più stimati drammaturghi iberici, ha avuto tantissimo consenso di pubblico, presso il Teatro Antonio  Ghirelli di Salerno, da giovedì 31 gennaio a domenica 3 febbraio 2013. La versione  partenopea del pezzo, Premio Butaca 2012,  è stata adattata e tradotta da Enrico Ianniello che ne è anche l'interprete, insieme a Renato Carpentiere, Tony Laudadio e Marcello Romolo.
Quattro uomini s'incontrano in un vecchio appartamento di uno di essi. Il luogo d'ambientazione s'intuisce essere Napoli, per il linguaggio tenuto dai protagonisti. Uno di essi, professore di matematica all'università, è quello che accoglie gli altri, la casa, infatti, è sua e gli ospiti che la frequentano sono un barbiere, un becchino e un attore. Ciò che li tiene uniti in apparenza è il gioco delle carte, con i suoi riti, le bevute di alcol e il parlare di sesso, ma non è solo quello, anzi, nella casa, dalla porta sempre aperta, ognuno vi accorre,  per  ricoverare  frustrazioni, insuccessi e drammi personali. La casa è per i "Jucature" una zattera di salvataggio su cui trovano riparo insieme per fare famiglia, non avendone una propria. Nell'andirivieni tra la vita spenta all'esterno e l'appartamento del professore, dove il tempo trascorre lento tra una giocata e l'altra, si vengono a sapere le loro storie che sono quattro sconfitte: il barbiere ha perso il lavoro e lo nasconde alla moglie per paura di perderla, l'attore ha vuoti di memoria, per cui ad ogni audizione viene scartato, il becchino riempie il vuoto affettivo da cui è circondato, con una prostituta di nazionalità ucraina ed infine il professore, il quale si è fatto prendere dall'ira, dinanzi ad un alunno irriguardoso e gli ha spaccato il cranio, con tutte le conseguenze del caso. I quattro, per affrontare le difficoltà impellenti del padrone di casa, ma anche per sciogliere le  proprie di tipo esistenziale, fanno quadrato e tentano di risolvere il tutto come per una partita a carte, dove sono abili esperti, giocandosi il tutto per tutto.
Il testo è risultato, gradevolissimo, sia per la traduzione di Enrico Ianniello che per l'interpretazione dei quattro valenti attori. Le loro  caratterizzazioni, infatti, sono  riuscitissime, mentre le battute sono  vivaci, il testo è intelligente e la lingua un collante piacevole. Il trascorrere del tempo, per l'incalzare degli eventi, è sottolineato sia da veloci quadri oscurati, sia dal cambio lesto dei vestiti indossati dai personaggi. Tutto contribuisce alla riuscita  dello spettacolo come i gesti precisi e ordinati  del barbiere, quando sciacqua tazze e bicchieri o quando appoggia la giacca alla spalliera, attento a non farla stropicciare. Oppure il  balbettio irrimediabile del becchino, anche se è quello che parla di più per raccontare i suoi incontri a pagamenti con l'ucraina.
"Dopo, quando le resto accanto,  sento che quello è il posto mio" dice e posto suo è anche la casa del professore, il quale vive ancora nel ricordo del padre morto, che s'intuisce gli ha tarpato le ali. Nonostante l'età, infatti, è ancora alla ricerca di un' identità precisa, che pensa di affermare inopportunamente con un gesto estremo, precipitando così nel baratro dell'angoscia. Anche l'attore, che non ricorda le battute, è solo, ma ha una consolazione, ascolta fino allo sfinimento un vecchio disco di Dean Martin ed solo è anche il barbiere, sua moglie lo trascura inculcandogli odiosi, quanto trascurati sospetti. Bravi, bravi tutti  nel muoversi all'interno di una scenografia semplice, fissa ma che descrive bene la casa in abbandono, perché retta da un uomo vecchio, ancora troppo figlio, tanto che i tre si sono accollati bonariamente la sua badanza.
Di larga esperienza, Renato Carpentieri, l'indifeso professore, che nello spettacolo è un valore aggiunto, ma  abilissimi anche Tony Laudadio e Marcello Romolo. Ottima, infine, la prova di Enrico Ianniello, eccezionale balbuziente e alter ego di Mirò. C'è sinergia tra i due giovani talenti,  la realtà catalana non è dissimile da quella napoletana, segno che solitudini e vite vissute ai margini sono uguali ovunque.  

Maria Serritiello 


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