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mercoledì 22 settembre 2010

I festeggiamenti di San Matteo, patrono di Salerno


EVENTI

FONTE:WWW.LAPILLI.EU

Ai festeggiamenti del Santo Patrono di Salerno che cadono il 21 settembre, quest’anno si è aggiunto, rinnovando una vecchia tradizione degli abitanti, l’allestimento del “Pennacchio di San Matteo”. Si tratta di una composizione artistica fatta di frutta, mirto, canne di bambù e uva Sanginella, un vitigno delle colline di Giovi. Un tempo gli agricoltori dell’assolata collina di Salerno ed i fruttivendoli della città offrivano tali cesti di uva Sanginella, che maturava proprio nella seconda metà di settembre, al santo Patrono, nei giorni che precedevano la festa. Famosi furono i pennacchi allestiti in passato da “Idarella” alla Dogana Regia di Largo Campo e “Mammela” sulle scale di via Antonio Mazza. La tradizione del Pennacchio di San Matteo, che affonda le sue radici nella tradizione della civiltà contadina, si era persa ma oggi, grazie alla Coldiretti, il Comune di Salerno, i Giardini della Minerva, l’Associazione Nemus e le indicazioni del dottor Ezio Basso, medico che vive a Giovi Bottiglieri e figlio di un coltivatore di uva sanguinella, si è potuta riscoprire quest’ antica usanza di devozione . Nel suo terreno, il dottore, possiede alcuni esemplari della preziosa vite, scampati alla distruzione degli anni ’60 del secolo scorso, per un’epidemia di filossera. Oggi si sta cercando in tutti i modi, di favorirne la coltivazione che è quanto mai difficile, quasi impossibile a riprodurla e che può essere fatto solo o per talea o nell’acqua. L’antico vitigno, trovava il suo habitat sulle colline di Giovi, sia per l’esposizione al sole che per il clima favorevole, infatti i due elementi ne facilitavano la coltivazione, che fu in passato una delle maggiori risorse per gli agricoltori del luogo. Il Pennacchio di San Matteo è stato in esposizione, per quanti hanno voluto riprendere l’antica memoria, nei meravigliosi e antichi Giardini della Minerva, situati nel centro storico, cuore della città.



Il sito: I Giardini della Minerva

Il giardino della Minerva è un orto botanico situato nel centro storico di Salerno. Durante il medioevo fu utilizzato come giardino dei semplici a fini didattici per gli studenti della Scuola medica salernitana; per tale motivo è ritenuto l'antesignano degli orti botanici, intesi nell'accezione moderna del termine. Il giardino si sviluppa a ridosso delle mura occidentali della città medioevale lungo il corso del torrente Fusandola. Fin dal XII secolo gli orti risultano di proprietà della famiglia Silvatico, ma è nel 1300 che il maestro della scuola medica Matteo Silvatico vi istituisce un giardino dei semplici. Da quanto si riferisce nel “Opus Pandectarum Medicinae” del Silvatico nell'orto furono interrate numerose piante di ogni provenienza per classificarle e studiarne le proprietà terapeutiche. Dal 2001 nel giardino sono state piantate numerose piante, anche rare, dando particolare rilevanza a quelle specie citate nel Regimen Sanitatis Salernitanum e nell’Opus Pandectarum Medicinae, che venivano usate nel medioevo come piante medicamentose. In particolare è presente nel giardino la leggendaria “Mandragora”, pianta che si riteneva avesse poteri straordinari. Il caratteristico microclima dell'orto, inoltre, consente la coltivazione di specie vegetali più disparate e di ogni provenienza. Il terrazzamento inferiore è stato disegnato per sistemare le piante secondo lo schema della teoria galenica dei quattro umori.

La festa di San Matteo per i salernitani

Il 21 settembre ogni salernitano è più salernitano degli altri giorni, perché è il giorno di San Matteo. Non è raro sentire nei commenti del popolo devoto e non solo “iamme a truvà a San Matteo”(andiamo a trovare San Matteo) come se fosse un parente da visitare, per mostrargli affetto. Lui per i salernitani ha un debole: li protegge da ogni sciagura, li rassicura, li sostiene perfino quando la salernitana perde e fa in modo che in ogni azione dei suoi fedeli ci sia. La città si risveglia diversa e attende impaziente l’ora della processione per vederlo attorniato da “e sore” (sorelle). In effetti le sorelle altro non sono che le statue dei martiri salernitani: Ante, Gaio e Fortunato, rinforzati da una poderosa statua di San Giuseppe e da San Gregorio VII, il papa che qui venne a morire in esilio. Per tutta la città l’odore della milza cotta nell’aceto è il profumo intenso che si sparge ma tant’è è l’usanza a cui nessuno vuole sottrarsi, neppure i mangiatori globalizzati di Kaibab della movida del sabato sera, nel pieno centro storico della città più trasformata d’Italia. Vivaddio !

Maria Serritiello

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