Due giorni in compagnia
dell'inimitabile Gea Martire, al Teatro del Giullare di Salerno, con “Della
Storia di G e G”, un pezzo scritto da Maria Grazia Rispoli, con la drammaturgia
della stessa attrice e lo spettacolo si fa di alta qualità. La storia di
per sé è semplice, la protagonista, nel giorno della morte del padre, ha un
colpo di fulmine per il responsabile delle pompe funebri, tal Gennaro Gargiulo
di una bellezza esasperante, ma di una parlata e di modi rozzi assai. Tutto sembra
capovolgersi in lei, la donna assennata, la professionista impegnata, la
compagna devota e la figlia compita cedono al desiderio lascivo di quell’uomo,
così improvvisamente forte, che il dolore della perdita del congiunto ed il
conseguente funerale passa in second’ordine. Eppure deve contenersi, deve
essere incoraggiante rassicurare la vecchia madre, è là per questo, lei che
vive altrove ed è tornata per onorare la salma e ricevere le condoglianze del
vicinato, dei parenti e degli amici. Nulla è più importante per lei che
guardare, le spalle, l’altezza, le braccia, le movenze di Gennaro, tanto da
provare fastidio per tutta quella gente, accorsa a rendere omaggio a suo padre.
Un dualismo della sua anima si palesa in scena, Gea interpreta,
indifferentemente e con una bravura la donna presa dai sensi e la puritana che
stenta a resistere. Il funerale ha una sua scadenza, deve immediatamente
trovare altre occasioni d’incontro, per soddisfare il desiderio dei suoi sensi,
un po' difficoltoso data la materia di cui si occupa il necroforo. A tratti il
pezzo, oltre alla frenesia spavalda e la conseguente ritrosia bigotta, di una
bene educata, è anche divertente, ci sono battute che suscitano ilarità anche
se la funebre circostanza meriterebbe il contrario.
I cambi di voce, poi, per
rappresentare lui, con il suo dialetto infestante, i propri balbettamenti per
l’insicurezza della sua condizione, il richiamo non elegante del padre, nel
ribadire che non aveva la testa apposto, la voce fastidiosa della madre, non sono
altro che la conferma della bravura dell’attrice, che fa delle caratterizzazioni
del recitato, i momenti più apprezzati della sua performance. È l’ennesima sua
prova d’artista che la fanno tanto amare dal pubblico del Giullare, dal quale
era lontana da ben10 anni
La scena, arredata
semplice, è al buio, una sedia, con una serie di santini e lumini accesi, funge
da catafalco, un’altra, invece, si trasforma in carro funebre, per
l’accompagnamento al cimitero e macchina per l’unica passeggiata, che riesce a
fare con Gennaro. Con l’abito che indossa, una semplice redingote, di colore
grigio scuro, riesce ad essere vertiginosamente sexy, aiutata anche dalla folta
capigliatura leonina. Immensa Gea, non far trascorrere tanto tempo, prima di
tornare!
Maria Serritiello
www.lapilli.eu
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