Fonte: www.lapilli.eu
di Maria Serritiello
“La forma
dell’esistenza” di Brunella Caputo da un
idea di Davide Curzio, presso Apollonia Hub di Salerno, all’interno
della rassegna “ La notte dei Barbuti”
Ce ne sono pochi di
spettacoli come quello andato in scena, giovedì 28 settembre, presso Apollonia
Hub di Salerno, all’interno della Rassegna “La notte dei Barbuti”,
direzione artistica di Brunella Caputo, nella chiesa di Sant’Apollonia. “La
forma dell’esistenza” è il titolo della particolare pièce, tratta da
un’idea di Davide Curzio e resa teatralmente, con testi di pregevole
scrittura, da Brunella Caputo, che ne ha curato anche la regia.
La chiesa di
Sant’Apollonia è il giusto spazio per accogliere un teatro di nicchia, un
teatro che si presenta senza sipario, di fronte allo spettatore con la
semplicità della bellezza propria. Lo sguardo, nell’attesa dell’inizio, si
volge all’altare, metà coperto dallo schermo nero, unica quinta, al pulpito di
legno, sollevato da terra, al pavimento bianco e nero, lustro e di forma
particolare, si è già nel bello, introduzione a quello che verrà dopo e
perfettamente.
Alle 21:15 in punto, a
teatro pieno, l’inizio ed il sogno rientrerà in ciò che assisteremo.
Dadà è un piccolo bambino
di 5 anni, forse meno, quando per la prima volta incontra la musica, senza più
farne a meno, nel salotto buono della casa dei nonni. Gli oggetti che arredano
il luogo, a cui non ha accesso, ma lui ben elude la stretta sorveglianza, sono
tutti desiderabili, come la penna stilografica, che sedendosi sopra si
schiaccia, permettendo la fuoriuscita dell’inchiostro. Il divano tanto protetto
è contaminato dal liquido nero e con esso il divieto sempre più stretto. Il
desiderio di entrare in quella stanza proibita, prende ancor più forma, cosi
che Dadà scopre la radio ed il grammofono con il piatto di metallo su cui
girano, aiutati da un braccetto ed una puntina, quasi invisibile, dischi a 78
giri e dove il suono si ascolta, meraviglia, su tutti e due i lati. Ogni volta
che può corre nella stanza, accende la musica e con un maccherone di zito lungo,
dirige l’immaginaria orchestra, che suona solo per lui: “Maestro, maestro” immagina
di sentirsi chiamare e quell’euforia infantile non lo ha abbandonato più, anche
oggi che di anni ne sono passati, la musica, è divenuta compagna di vita, tanto
di sentirsela dentro, mentre adulto, lo troviamo di spalle a dirigere sul
podio, orchestrali immaginari “l’Adagietto di Gustav Malher. Così
l’inizio
Per un’ora e più,
all’interno di Sant’Apollonia si ascoltano le note meravigliose di Handel,
Mahler, Strauss e la canzone napoletana, frutto di una ricerca di brani e
di testi, ossatura dello spettacolo. La felice combinazione di scelta musica e
di testo recitato con la melodiosa ed appassionata voce di Brunella Caputo,
“ Lascia la spina, cogli la rosa…”, di quella stupendamente narrante di Davide
Curzio e di quella cantata dalla splendida soprano Silvia Sammarco, fanno
di questo spettacolo una rara preziosità.
E’ un viaggio nella
conoscenza musicale indiscussa di Davide Curzio, nella unicità delle parole di
Brunella Caputo e nel canto ammaliante della soprano, una sirena per bravura,
bellezza ed espressività soave, uno per tutti la cantata dello “Zoccolaro”.
La levità di Brunella, avvolta da un abito nero e lunghi capelli sciolti sulle
spalle, l’avanzata dal fondo del teatro, di estrema eleganza, la coreografa
e non solo , un unicum insostituibile, Virna Prescenzo vi ha messo di suo,
unita alla commozione di aver creato un pezzo irripetibile per il suo Dadà, si,
perché Davide e Dadà sono la stessa persona e Brunella ne ha voluto raccontare
la magica storia, è stato, questo, un momento di grazia per ognuno presente.
L’attaccamento, che dono prezioso!
E poi i raccordi di vita e di amore dei musicisti, con i quali abbiamo
saputo di Mahler, di Strauss, accompagnati da canzoni come “Funiculì, Funiculà’, ‘A Serenate d’ ‘rose, “Oje rose meje. Si
dorme chesta fata, scetátela cu chesta serenata…” un recitato appassionato
di Brunella in una rara occasione di dialetto. Tutto ha funzionato in modo completo,
uno spettacolo appassionato, elegante, sapiente; si esce dalla chiesa
sconsacrata con un pieno di magia, di sogno e di puro amore, tanto da poter dire
che è vero, la musica è la forma dell’esistenza e la tua, Dadà, ha questa forma,
ora lo sappiamo!
Allora piccolo, grande Dadà
ci sei riuscito a dirigere con la bacchetta vera, abbandonando il maccherone, con
perfetta espressività rapita, nell’assecondare la tua musica preferita, su di
un podio di teatro e nulla ha a che fare con te, se quel podio non è reale, il
sogno, che bella invenzione e il tuo sogno, Dadà, è meraviglioso!
Maria Serritiello
www.lapilli.eu
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