Fonte:www.lapilli.eu
di Maria Serritiello
L’ultimo spettacolo di
“Che Comico 2022/2023, dei 10 in cartellone, spalmati tra il Teatro Ridotto e
quello delle Arti, si è rivelato una piacevole sorpresa, sia per la scelta del
testo, che per la bravura degli interpreti, ma anche per il genere, diverso dal
solito. La commedia “Tre Sogni in
Affitto” scritta e diretta da Gianni
D’Amato, direttore artistico della compagnia “Le Ombre” e da un idea
di Mauro Collina è un progetto
giovanile che tanto piace al pubblico del Ridotto, sempre capace di sostenere
nuovi debutti.
La storia è semplice, due
giovani si trovano a vivere ed a dividere un monolocale della periferia di
Roma, lontano dalle famiglie, lasciate nel meridione, per inseguire il successo
e fare teatro. L’uno, il più fragile, per mantenersi ha trovato lavoro presso
una biblioteca, ma quest’incarico lo stressa, l’altro, più fanfarone, ad
occuparsi, stabilmente non ci pensa affatto, certo che solo il teatro gli darà
la pienezza della vita. In effetti è Filippo (Gianni D’Amato) a sostenere il peso della commedia con la sua
presenza scenica, l’impostazione della voce, le acute riflessioni, il contenuto
notevole e il desiderio di riuscire ad essere un nobile teatrante “Essere o non
essere, questo il problema” il famoso monologo di Shakespeare che va ripetendo
per casa, come un mantra, senza contaminarsi con un lavoretto per il
sostentamento, ne è una prova. Ugo (Mauro
Collina) lo affianca in maniera egregia, la figura del tapino l’interpreta
proprio bene, le sue insicurezze, le sue paure, il senso pratico, il lavoro da
mantenere, lo caratterizzano, in maniera perfetta. Insieme, dunque, funzionano
e la commedia si lascia seguire piacevolmente. Sono naturali, però, i
ripensamenti, le accese discussioni, quando la fame si fa sentire, quando i
soldi scarseggiano e quando per realizzare il progetto ultimo della vita si
dovrà scendere a compromessi. Occupandosi di sogni da realizzare, non sembrerà
strano, se nei loro vagheggi notturni, appaiono tre fantasmi (Chiara D’Amato, Francesca Canale e
Francesco Sommaripa), bravissimi con le loro apparizioni destabilizzanti e
le risate mefistofeliche, proiezioni delle loro coscienze, ad ostacolarli ad
impedire a tutti i costi la permanenza nella casa e ad avviarli al ritorno nel
paese. I rumori, gli specchi rotti, gli sghignazzi, accrescono la paura e gli
svenimenti, bravi entrambi a cadere ripetutamente, senza farsi male, ma
resistono, Filippo ha un asso nella manica, un compromesso con se stesso, per
guadagnare senza sporcarsi le mani e nel contempo intascare bene.
E così la frase ripetuta
ossessivamente “Di teatro si muore”, per Filippo purtroppo, non è una frase
fatta, Per tutto la durata della storia, il giovane beve continuamente latte. Ugo
non riesce a capacitarsi della sola scelta del bianco liquido per nutrirsi e sì
che i soldi sono contati ma la sua è un’esagerazione incomprensibile. Quale la
sua dolorosa scoperta, quando Filippo gli rivela la verità e cioè che quel
liquido innocente non è altro l’esperimento di una molecola e lui si è offerto come
cavia retribuita. La rivelazione squarcia le coscienze sia di Ugo che quelle dei
tre fantasmi, si convincono che Filippo è disposto a tutto, pur di riuscire nel
suo intento, così lasciano la casa. Ugo deluso vuole dividersi dall’amico perché
seguire i propri sogni non significa prestarsi a lavori poco chiari. Il finale,
ma per arrivarci ci vogliono quasi due ore di spettacolo, mette d’accordo un
po’ tutti e così i fantasmi tornano a sconquassare la casa, a
trasfondere amore, grazie ad Eleonora che stravede per Filippo, il sogno e la
realtà sono tutt’uno, ma anche l’amicizia di Ugo per Filippo fa la sua parte.
“Essere o non essere, questo è il problema, dormire, morire” il mantra si
ripete, ma la bottiglia di latte avvelenato, rotola sul pavimento senza che
nessuno la raccolga.
Non a caso Filippo
recita, sia all’inizio, che alla fine, la frase più celebre drammatizzata in
teatro, per cui l'interrogativo del vivere soffrendo, o di opporsi rischiando
di morire è il tema centrale della creazione teatrale di Gianni D’Amato, che
oltre ad avere sconcertante piacevolezza, lancia un messaggio etico
all’indirizzo dei giovani, da vero maestro di scena.
Per
saperne di più
La compagnia delle “Ombre” nasce nel 2012, per l’esigenza di portare in scena, da parte del direttore
artistico Gianni D’Amato, qualcosa
di nuovo, testi originali, più vicini alle nuove generazioni. E’ di quell’anno
il debutto nel mese di maggio con un suo scritto. La compagnia è fatta di
tantissimi attori, una bella sinergia che fa remare tutti per il bene del
teatro e per la passione che li lega. C’è stata qualche difficoltà per la
pandemia ma la compagnia è sempre affollata e pronta. Tre sogni in affitto è del 2013, e Mauro Collina, il bravo
interprete di Charlot, durante la rassegna estiva del più prestigioso Premio Italiano
della Comicità, ha l’idea e la popone a Gianni
D’Amato che non se lo fa ripetere. La Compagnia prende il nome di “Ombre”, perché come ci dice lo stesso
Gianni D’Amato gli piaceva l’idea di non essere illuminato dalla luce, ma da
ciò che la luce crea. I progetti per il futuro sono tanti, il gruppo teatro è
impegnato su diversi fronti come la Rassegna
al Piccolo Teatro del Giullare che si tiene tutti gli anni col nome “Neo”, che non è una macchia della
pelle, ma un particolare di bellezza, come quello di Marylin ed il suo più
famoso. La rassegna è al suo terzo anno ed ospita gruppi provenienti da
l’Italia tutta, per concludersi il 22 ed il 23 aprile prossimo, con uno
spettacolo di una compagnia di giovani nata in seno alle Ombre dal nome Toy Company.
Essa è composta da due ragazzi che hanno deciso di formare una compagine nuova
indicendo audizioni che hanno dato ottimi risultati e cioè tutti attori
salernitani che prenderanno parte allo spettacolo “Fragile”, tratto da “Il
risveglio di primavera” di Frank Wedekind, riscritto e diretto da Gianni
D’Amato.
Maria Serritiello
www,lapilli.eu
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