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giovedì 15 dicembre 2022

Rappresentata al Teatro delle Arti di Salerno la commedia musicale “Voce e notte” di Guido Cataldo

 



Fonte: www.lapilli.eu
 di Maria Serritiello


Venerdì 9 dicembre al Teatro delle Arti di Salerno è stato rappresentato un lavoro inedito del Maestro Guido Cataldo, dal titolo “Voce e notte” che, sebbene non ci sorprende più per la sua bravura, riesce sempre a suscitare forti emozioni, in qualsiasi campo si cimenti e venerdì scorso è stata la scrittura ad essere privilegiata.

Attingere, ogni volta, al patrimonio creativo del Maestro Cataldo è uno stato di grazia che ad ognuno di noi fa bene, una bella pausa di emotività e un pieno di poesia, per la dolce storia d’amore raccontata.

Naturalmente tutto parte dalla musica e precisamente dalla canzone “Voce e notte”, la più bella serenata mai scritta da un innamorato per la sua bella perduta. Quasi tutti conoscono la melodia ma molti ignorano la vera storia da cui è tratta la canzone e cioè l’infelice vicenda del poeta Eduardo Nicolardi. 

A supplire questa mancanza ci ha pensato il maestro Guido Cataldo, scrivendo una delicata vicenda, scegliendone anche le musiche, poi, con l’ausilio di Gaetano Stella, per la regia e la compagnia teatrale di Serena Stella, sua figlia, ha confezionato una perfetta commedia musicale. Il maestro nella composizione del copione si è lasciato guidare dai versi composti da Nicolardi e che musicati hanno dato luce a canzoni famose, ma anche alle tappe della sua vita

La storia

Nell’ospedale di Loreto Mare a Napoli, nel reparto natalità, succede un fatto inspiegabile, nasce un bambino di colore. L’evento fa scalpore ed è un passaparola per tutta la città. All’anagrafe il neonato verrà registrato col nome di Ciro ed il cognome della madre: Avitabile. Siamo nell’immediato dopoguerra, la povertà è tanta, la fame anche e di questi episodi, purtroppo ce ne saranno tanti. Le “signorine” per sbarcare la condizione miserevole, si danno alla vita con i soldati americani di stanza a Napoli. Nell’ospedale, si dà il caso che il direttore amministrativo sia Eduardo Nicolardi, poeta, scrittore e giornalista ed ecco nascere dai suoi versi e dalla musica di E. A. Mario “Tammuriata nera”, una triste istantanea della Napoli tesa alla sopravvivenza ed è il successo.

Così il maestro Cataldo, canzone dopo canzone, srotola l’esistenza del poeta Nicolardi, intrecciandovi il brano più riuscito: “Voce e notte”, per consegnarci una perfetta commedia musicale. I segni ci sono tutti, la storia, l’amore, il bene contrastato, l’infelicità, la separazione, il matrimonio di lei la serenata di lui, la morte del marito e la felicità finale. Anche il palcoscenico è addobbato per uno spettacolo leggero, il sipario luminescente irradia il pubblico, il corpo di ballo volteggia con grazia, il pianoforte sottolinea gli stacchetti, le canzoni melodiche e le canzoni di giacca, cantate dal vivo

Eduardo ed Anna s’incontrano per caso, lui si ritrova nel palazzo dove lei abita, per recarsi nella sede del giornale “Don Marzio”.  E amore fu !!

Belli, giovani ed innamorati ci sono tutte le componenti per essere felici, ma il padre della figliola, ricco allevatore di cavalli, ha altri progetti per sua figlia, Pompeo Corbera, un uomo danaroso di 75 anni di Casamicciola. Anna si oppone come può, poi l’infelice matrimonio. Eduardo non si rassegna a perderla, da lontano la segue e poi quale poeta le dedica versi i più struggenti e che hanno fatto la storia dell’amore contrastato: Voce e notte

Si 'sta voce te scéta 'int' 'a nuttata

Mentre t'astrigne 'o sposo tujo vicino

Statte scetata, si vuó' stá scetata

Ma fa' vedé ca duorme a suonno chino…

La musica è di Ernesto De Curtis.

 

La vita di Eduardo continua in solitudine, scrive altre canzoni che hanno un buon successo come “O scuitato, Sciultezza bella, versi , posie, lettere:

Fugliette arricamate, ca i’ veco int’’a vetrina

d’’o cartaro â Turretta, quanno passo â matina;

fugliette arricamate, cu na rosa o na fronna,

n’auciello o n’angiulillo, na croce o na madonna;

fugliette arricamate, rosa, janche, celeste,

ca ogne guaglione accatta primma ca piglia ‘e ffeste,

e ‘ o porta ncopp’â scola, si ancora chisto è ll’uso,

o puramente â casa p’’o scrivere annascuso,

che putenza tenite ca me nce so’ fermato

pe ve guardà nu poco, tiennero e appassiunato !

 

Pecché, guardanno a vvuje,me so’ visto criaturo

( quatto, cinco, sei anne,no cchiù ‘e chesto, v’’o giuro….

 

Il destino, però, fu benevolo con Nicolardi, Pompeo Corbera morì poco tempo dopo il matrimonio e lui ed Anna poterono coronare il loro sogno d’amore dal quale nacquero ben otto figli.

Fin qui la storia di Nicolardi, conosciuta attraverso la sua canzone più famosa, come sia diventata commedia musicale lo dobbiamo al Maestro Guido Cataldo ed invero l’impresa gli è riuscita perfettamente. Guido è sì un uomo di spettacolo, per cui si muove facile tra musica, parole, teatro e tutto quanto fa rappresentazione, ma ha dalla sua parte una straordinaria sensibilità, con la quale confeziona, ogni volta, sorprendenti cammei.  La scelta delle canzoni da inserire nella storia, la delicatezza delle parole che si scambiano Anna Rossi ed Eduardo Nicolardi, dare spazio alla voce del cantante, scegliere le macchiette, esaltare lo spettacolo con valenti ballerini, sono tutte sue straordinarie competenze. Affidare la regia a Gaetano Stella, poi, amico più che trentennale e servirsi della compagnia di Serena, sua figlia, con un ventaglio di abilità è stato magistrale, come lo è stato assistere alla staffetta tra Gaetano Stella ed Elena Parmense, marito e moglie nella vita, interpretare Eduardo ed Anna sulla scena, mentre la coppia giovane di dei due innamorati è stata affidata a Serena Stella (una vera Réunion familiare)  e Lucio Bastolla. I dialoghi tra le due coppie si sono differenziati, pieni di vigoria per i due giovani, pronti ad affrontare la vita, colmi di tenerezza per Anna ed Eduardo invecchiati. “Ti ricordi, Nannì io ti venivo a cercare di nascosto, spiavo se eri incinta, sarei stato contento per te, almeno avevi una compagnia, invece niente.” E lei “poi con te ne ho avuto otto”.

Il cuore mai invecchiato di Guido ha dialogato per loro e con loro, nella sua solitudine creativa e noi, in sala, abbiamo seguito quel cuore, quella sensibilità tanto rara e ci siamo emozionati, ci siamo lasciati trasportare all’indietro, tanto da inseguire i ricordi insieme al Maestro,

(N.D.R.)) Le canzoni, ad esempio, mi hanno riportato la voce di mia madre, una donna dolcissima, che mi cantava canzoni e raccontava storie. Mi si è parata, dinanzi un’Italia in bianco e nero, dalle e semplici pretese, si cantava, infatti, “se potessi avere 1000 lire al mese”. I profumi che sfuggivano dalle case, con ancora i segni della guerra, erano quelli del ragù o del caffè che si offriva a tutte le ore. La mia infanzia con il grembiulino e le pantofole di casa, scorticate davanti, ballavo sulle punte, volevo fare la ballerina, che ascoltavo divertita la voce di mio padre, non certo modulata, cantare, “Miezzo o grane”, lui che non lo faceva mai e non so perché la privilegiasse. Seguo il filo dei ricordi, mentre in scena va avanti il musical, quelle canzoni seppellite da tanta altra musica, diversa da quella di Nicolardi, escono fuori e mi ritrovo a ripetere a memoria le parole dei cantanti

Un bel momento, Maestro Cataldo, vissuto nell’oscurità del teatro.

Riprendo a seguire lo spettacolo e colgo il finale. Sulla scena uno stanco Nicolardi, in solitudine, la sua Nannina è già morta, segue il festival della canzone napoletana, dalla radio, come si faceva all’epoca ed attende l’esito della vincitrice, una sua canzone è in gara. Il presentatore annuncia: “la canzone vincitrice del festival della canzone napoletana 1951” è “E zucculille”, un canto onomatopeico tanto da sentire il rumore allegro degli zoccoli sull’asfalto, un ultimo pensiero per Nannina, è il 1954 quando more.

P.S. Caro Guido, la storia di Eduardo Nicolardi non mi era sconosciuta, 5 anni fa, in vacanza con mio marito a Casamicciola, ho conosciuto il nipote del poeta: Umberto Italiano, proprietario dell’Hotel ELMA, un 4 stelle di Casamicciola, dove abbiamo alloggiato. Da lui seppi il legame che lo legava al poeta e cioè suo padre Mario aveva sposato Elena Nicolardi da qui le iniziali dell’Hotel. El sta per Elena e Ma per Mario. Elena, era una delle figlie di Eduardo e Anna Nicolardi. Com’è piccolo il mondo!

Maria Serritiello

www.lapilli.eu  










 




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