Fonte:www.lapilli.eu del 9 febbraio2018
di Maria Serritiello
Dal 27 al 4 febbraio scorso, con il patrocinio dell’Università Popolare Nuova Sede Scuola Medica Salernitana e la collaborazione dell’IISS “Santa Caterina da Siena Amendola si è tenuta la Mostra Personale di Giuseppe Carabetta. All’interno dell’esposizione delle bellissime marine della divina costiera, disegnate dal Maestro, sono stati invitati, nei vari giorni del vernissage: Guido Rella (poeta), Maurizio Gallo (scultore del rame), Felice De Martino (scrittore), Enzo Landolfi (conduttore televisivo). Le serate, con gli ospiti, sono state condotte egregiamente dal giornalista Aniello Palumbo.
Il 1° febbraio ad impreziosire la mostra sono stati esposti i manufatti del Maestro Maurizio Gallo, scultore, con la sua versione in rame, dei monili e non solo degli antichi egizi.
Quando una passione forte e rude si mette al servizio delle mani callose e laboriose, vengono fuori lavori a sbalzo su lamine di rame che non fanno alcuno sconto in termini di pesantezza ai pensieri, sogni, fantasie di Maurizio Gallo da Montecorvino Rovella. Esposizione ricca di manufatti di rame che tendono ad abbracciare ed accompagnare alcuni paesaggi, prevalentemente marini di Giuseppe Carabetta, che mette l’anima e la sua passione per far rivivere scorci indimenticabili della nostra bella e amata costiera. A chi domandava al Maestro Gallo il perché del suo particolare interesse per il mondo antico degli egizi, infatti quasi tutti i pezzi esposti si rifanno ad aspetti di vita quotidiana ed eletta di quel mondo, ha risposto, molto candidamente, che voleva capire cosa significasse, sia in termini di fatica e tecnica manifatturiera, sia a provare, ad imitare i lavori degli orafi egizi, trattando il rame. Pochi colpi ben assestati, con un martello sferico di plastica dura, su di una lamina di rame dà dimostrazione della fatica che la lavorazione del rame comporta. Una resa dolorosa ad una sforzo tremendo, che viaggia sul crinale di rotture del materiale, duttile, sì, ma appena lavorato diventa duro, pronto a rompersi. E non si fa fatica a capire quanto poco futuro possa avere un lavoro artigianale con tanti rischi, particolarmente usurante e soprattutto così esigente in termini d’impegno. Dolorosa fatica materiale e difficoltà di passione, qualora si voglia provare a lasciare su tale superficie un proprio sogno, una propria emozione. E non parliamo di costi vivi e di giornate sacrificate ad altri affetti. E sì che il Maestro ci mette tutta la sua grinta a nobilitare un materiale così esigente e per certi versi avaro di slanci, per consegnare a quelli che verranno, un saggio della sua passione e della sua immarcescibile tenacia. Quando presenta ai curiosi di quest’arte, le sue nodose mani abituate per troppo tempo al contatto con i faticosi martelli e le grosse lamine, quasi dimentica che proprio al lavoro delle stesse, deve la riuscita dei sogni realizzati. Viso imponente come l’altezza del suo corpo, un naso significativo per il suo profilo, si muove con la difficoltà di chi per troppo tempo fa del lavoro, della fatica e della solitudine le sue cifre distintive, ma si capisce che di pazienza e di bontà ne ha da vendere e che si dispiace dover irrigidire un materiale che ha nella morbidezza naturale il suo glamour. Sacrificare le lamine e sottometterle al gioco dei suoi sogni senza mai violentarlo o ferirlo, più di tanto, è l’ispirazione di Maurizio Gallo, così come Giuseppe Carabetta filtra e trasmette il calore e la luce della sua costiera, delle sue marine, quasi a ricordare a noi fruitori che “Ruit hora” e che non ci resta altro di godere le emozioni che altre mani sanno regalare ai nostri occhi e ai nostri pensieri.
Maria Serritiello
www.lapilli.eu
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