Fonte :www.lapilli.eu
del 25 agosto 2015
di Maria Serritiello
Qualche temp fa nell’ inverno, in un giorno grigio e pieno di pioggia, vado a trovare, dopo aver preventivamente preso appuntamento, Mario Carotenuto, il Maestro. L’artista salernitano al telefono è molto gentile, anzi è contento di fare quattro chiacchiere e mi aspetta per le 12,00. Mario Carotenuto, classe 1922, abita nelle vicinanze del duomo di Salerno, in una zona discosta ma in centro, a scarso traffico, circondata da chiese come quella sconsacrata di Sant’Apollonia, di San Michele, di San Benedetto, con il distretto militare, ormai disabitato, dove soggiornò Ildebrando di Soana, Papa San Gregorio VII ed il Museo Archeologico Provinciale. E’ lui stesso ad aprirmi la porta, ad introdurmi nel suo studio, quasi fossi una persona di famiglia, senza formalità, nella più spontanea semplicità. Ed ecco l’ambiente dove lavora e crea, un guazzabuglio di oggetti, libri, quadri (i suoi), statue, corone, santini, madonne, presepe, campane di vetro, ex voto, arazzi, farfalle, colori, tubetti iniziati e sparsi, tutto a coprire le pareti, a strabordare dai mobili, ad ammassare il tavolo, la scrivania e perfino le sedie. Un luogo unico, illuminato da una finestra ed un balcone, dai quali riverberi di luce patinano le mille cose stipate. Qui la città s’immagina, il passo è lento ed i rumori sono ovattati, qui regna l’arte, la pittura del Maestro Mario Carotenuto.
(N.d.R. Il testo da me raccolto è come il Maestro ha risposto alle domande, non ho cambiato nulla, infatti nello scritto aleggia il sonoro della sua voce. )
- Se non avesse fatto il pittore cosa le sarebbe piaciuto fare?
- Vengo da una certa età e provengo da un certo ambiente, le famiglie allora avevano i loro sogni che cercavano di riversare sui propri figli. Io era destino ad essere un professore di lettere, questo avveniva non solo perché loro così volevano ma anche perché al liceo ho vinto un concorso di prosa latina. Da studente scrivevo in latino, sono stato il terzo in Italia ed avendo fatto questo, fu una specie di battesimo per me e tutti pensarono che avrei fatto il professore di lettere, io invece pensavo di fare il pittore. Era un sogno mio, cercavo di nascondere questa passione, di reprimerla perché ero convinto che se mi fossi messo a fare il pittore non avrei più studiato. Con molta responsabilità misi pennelli e colori da parte e cercai di studiare solamente il latino. Diventato adulto al momento di dover scegliere ho deciso di fare il pittore, per la vita comune e per il sostentamento ho fatto il professore di disegno, una cosa che era più vicina a quello che volevo fare. Abbandonando completamente le lettere mi sono dedicato all’insegnamento.
Com’ è stato il suo rapporto con gli studenti?
Un buon rapporto, a me la scuola come organismo non piaceva, perché avevo orari, era un po’ limitativa ma il rapporto con la scolaresca è stato ottimo, ho cercato di essere un buon insegnante tanto è vero che quando incontro i miei ex alunni, loro dicono che sono stato un buon insegnante. Ho fatto l’insegnante per vivere di pittura, fui costretto ad intraprendere una professione utile che mi servisse e che mi desse un sostentamento.
- Qualche suo alunno è diventato noto?
Non credo. Grossi impiegati, delle personalità sono diventati capo uffici, qualcuno è diventato poeta, scrittore, critico d’arte. Sono stato insegnante di De Silva e Sabino Bignardi.
-L’infanzia maestro
La mia infanzia è come l’infanzia di allora, mio padre era insegnante di musica, mamma insegnante di scuola elementare, da che avevo 4 anni sono stato messo vicino ai libri. Ho ho imparato a leggere a 4 anni, e disegnavo pure a quell’età lì, sono stato precoce non mi sono accorto che doveva esserci per imparare a scrivere e a leggere, il passaggio dal non leggere a leggere io non lo ricordo proprio, per me è stato naturale, mia madre mi portava a scuola a 4 anni quindi io già a 4 anni avevo l’idea della scuola ed imparavo anche perché a volte i bambini sono precoci e io lo ero
E le farfalle nella sua pittura?
Le farfalle sono state una cosa accidentale non c’è niente di eccezionale. Siccome ho insegnato nel Cilento anzi a Padula, nelle mie passeggiate in campagna raccoglievo farfalle morte che regolarmente disegnavo e ad un certo punto ho pensato: perché le farfalle morte non le faccio vive? Ho cominciato a guardarle e a studiarmele non come entomologo ma solamente gli elementi della loro fragilità, della loro grazia e velocità e forse rappresentavano nella loro essenza la brevità della vita, tutto quello che nella vita è bello finisce. Questo significato non l’ho dato io, prima i fiamminghi e poi anche il seicento dell’arte italiana e quadri caravaggeschi in cui ci sono farfalle.Non è un simbolo mio ma un simbolo che ho preso dalla storia dell’arte.
La farfalla uscita dal bozzolo non può rappresentare Lei che si è potuto dedicare alla pittura?
Siamo prima larva e poi farfalla è la vita che ci porta verso le conoscenze che è questa specie di volo
Un ricordo particolare
Un ricordo particolare della mia vita è forse quando la sera del giugno 1940, stavo a scuola, perché allora si facevano i corsi pomeridiani di ginnastica al liceo di Nocera, il preside mi chiamò e mi disse: “tu sei stato scelto al concorso di prosa latina”, per cui io e il liceo di Nocera avemmo questo onore. Naturalmente il momento più bello fu quando andai a casa, la sera tardi nel dirlo a mia madre. Lei era già a letto e quando le dissi di aver vinto il concorso di prosa latina, tocco terra e la baciò. Mia madre dette valore alla fortuna non alla mia capacità.
C’è qualche opera di cui non è soddisfatto?
Questa è una domanda che non si fa ad un pittore, di tutte le opere non sono soddisfatto, l’artista vero non è mai contento di ciò che crea. A volte passano anni e di un quadro si riescono a vedere delle cose belle, mentre lo creo io vedo solo la difficoltà i difetti quello che non è riuscito ma il bello non riesco a vederlo. Solo dopo anni quando il quadro l’ho dimenticato, riesco a vedere le cose buone.
Il presepe
Il presepe è un inciampo della mia vita, vengo da una civiltà in cui il presepe era molto praticato specialmente quello di carta a me piace quel presepe lì, quello di carta con i pastori di creta piccoli, è rimasto dentro di me come un sogno tant’è vero che quando è natale io faccio un presepe piccolo qui su questo mobile, con i pastori di creta. Ho comprato dei pastori dell’ottocento a Napoli e faccio sempre il presepe. A me piace il presepe come atto religioso, di fede, se vogliamo come desiderio di rappresentare un avvenimento. E’ la storia più bella dell’umanità, c’è una storia più bella di questa? No.
Maestro la scena sulla sinistra appena si entra nella Sala San Lazzaro del duomo, che fa parte del Presepe dipinto, suo capolavoro, rivela il suo concetto della famiglia?
E’ il concetto della nostra famiglia, quella meridionale, io vengo dai paesi dell’Agro, Angri, Sant’Antonio Abate, quando sono venuto a Salerno ero già adulto. La mia infanzia è quella lì, quel tavolo, quel buffet, quella cucina che s’intravede, quel prese di carta messo lì nell’angolo, quella è proprio la nostra vita.Io ho immaginato che ci fosse mia nonna, mio nonno, ma sono i familiari di un amico , come io avrei voluto che fosse ma non era proprio così, mio padre era musicista, mia madre preoccupata pe sti figlie ca teneva e faceva l’insegnante elementare.
Quanti ne eravate?
Eravamo 5 figli e loro due. C’era questa specie di lotta per la vita, per mantenere questi ragazzi, mio padre non è che avesse voglia di fare il presepe, comprava i pastori e li metteva là. E’ una cosa che ho visto fare agli altri, non era la mia famiglia, non avevo i nonni in casa, i nonni sono belli, fanno focolare, non so se oggi è così.
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Le piace Salerno in progress?
Si, mi piace molto. Salerno è una delle più belle città d’Italia Una volta stavo a Venezia, con amici veneziani, ero andato a vedere la Biennale e parlavo della bellezza di Venezia, una delle più belle città del mondo, uno di loro mi domandò <<tu di dove sei?>><<Sono di Salerno>> <<ebbene, tu sei di una delle città più belle d’Italia>> Lo disse lui. Secondo me, è vero, è una delle città più belle d’Italia e oggi è mantenuta anche bene, c’è un fervore particolare. Alcune città, paesi sono come se avessero la polvere, Salerno no, è sempre spolverata, viva, pronta agli avvenimenti, ad accogliere. Questo naturalmente lo dobbiamo anche al sindaco, Vincenzo De Luca (allora, oggi governatore della Campania), all’amministrazione che è molto previgente
Posso chiederle come vede la politica attuale?
R Io di politica non m’interesso, vengo da un periodo che non si praticava, noi eravamo fascisti e quindi fascisti e basta, ma vengo anche dalla grande democrazia cristiana, dal grande partito comunista. Questi attuali sono tutti piccoli, piccoli, rispetto a De Gasperi, rispetto ai grandi Nenni, Togliatti, questi qua sono allievi degli allievi. L’ultimo, più o meno, Bertinotti, logicamente Andreotti, una grande personalità, nel bene e nel male. Io ho conosciuto molto bene Cacciatore, socialista salernitano, ho fatto un viaggio a Roma. Ho conosciuto Amendola. Giorgio Amendola è venuto nel mio studio, sono persone di grande, livello. Amendola era anche un conoscitore d’arte, una persona sensibile. Io sempre curioso ad un certo punto gli chiesi << Ma vuie ce crerite?>>e lui <<Che domanda mi fai, io ti domando se sono onesto, ti dico non lo so.>> Certo poteva dirmi che essendo ateo, ma lui fu onesto mi disse “non lo so, non posso darti una risposta”. Queste erano le grandi personalità, ma che adesso non ci sono più. Mi voleva fare anche una recensione per una mia mostra poi non se ne fece nulla, io non avevo niente di pronto.
Ha frequentato le personalità in vista di Salerno?
Si, mi è successo di contattarle data la mia posizione a Salerno di pittore preminente, quindi li ho conosciuti quasi tutti quanti, ho conosciuto per esempio D’Arezzo, Menna, ho conosciuto Cacciatore, Granati, ho conosciuto tutti i partiti, naturalmente non mi sono iscritto a nessun partito, ma la mia simpatia era per la sinistra.
Perché, innanzitutto la sinistra mi sembrava abbastanza giusta in quel periodo lì e poi perché tutta la cultura italiana era di sinistra dovunque andassi, naturalmente andai a Roma mi trovai in un ambiente di sinistra, il sindacato nostro era di sinistra. La democrazia cristiana ha sbagliato non si è appropriata della cultura quello ha fatto male.
E dell’intellighenzia salernitana sparsa nel mondo?
Abbiamo avuto delle belle teste, abbiamo avuto Alfonso Gatto, Aldo Falivene, scrittori di grande qualità, mo’ teniamo Diego De Silva che è a livello nazionale e che a me piace moltissimo, perché è giusto, è semplice ed è moderno, poi conosco Massimo Bignardi che come critico d’arte storico è molto bravo. No Salerno non è male, ho conosciuto Menna Filiberto, Angelo Trimarco, la moglie. Non sono contro nessuno, perché ciascuno ha il suo ambito, ciascuno ha la sua coltura e ciascuno difende la sua cultura, naturalmente faccio una pittura che era tollerata da Filiberto Menna, però lui disse: “guarda tu sei così e così devi rimanere, sei semplice e sei tu.” Lui era per l’astratto per il concettuale a cui faccio, per carità, tanto rispetto per il suo modo di vedere la vita e l’arte, però lui disse “tu sei così e “sì buone, basta che sei preminente e non t’illudi e questo è importante”. Conosco molto Rino Mele, è una persona molto in gamba, il mio studio è aperto a tutte queste personalità che ho l’onore di ricevere.
Maestro e Peppe Barra?
E’ quasi un fratello, ogni tanto ci telefoniamo con grande affetto perché io ho conosciuto la mamma, siamo stati amicissimi, io sono stato a Procida, loro hanno una casa a Procida. Proprio un fratello per me.
Progetti per il futuro?
Sapete alla mia età, non è che se ne fanno molti di progetti, uno è vecchio. Come progetto subito, non ce l’ho sottomano, ho dei quadri in programma, delle cose da fare, logicamente per ognuno di noi, la vita è un progetto, se no non c’è vita, questo è un fatto ovvio, voglio sviluppare la mia idea del sacro perché ho da grande ho frequentato molto la pittura sacra, anche perché come soggetto il sacro, specialmente per noi meridionali sta dappertutto, gratta, gratta esce il sacro come devozione, come superstizione, come timore, come speranza, è tutto, il sacro è un fatto importante, naturalmente non è il sacro delle devozione ma il sacro come idea dell’aldilà, dell’altro, tutti quanti speriamo ci sia l’aldilà, la nostra vita si rispecchia in una vita possibile chissà altrove. Questo ci dà forza pure, o no? Sennò tutto muore con noi.
Grazie Maestro è stato gentilissimo.
Ma di che signora, non mi capita sempre di parlare e di cose che fanno parte dell’ambito culturale. La vita normale comune non ci porta a questo, noi siamo presi dalla banalità del vivere, sostentamenti, i soldi, la propria importanza, l’interesse per le cose, il linguaggio così, arte per l’arte è difficile.
Poi si capovolge il colloquio ed è lui che mi chiede:
Voi che mestiere fate?
Facevo, ho fatto l’insegnante d’italiano nella scuola media.
Soddisfatta la curiosità continua “Io sono rimasto attaccato all’insegnamento non tanto per la scuola in sé, perché la scuola è un poco barbosa, ma per il contatto con le persone, gli alunni è più quello che vi danno che quello che ricevono. E mò che fate scrivete ogni tanto?”
Gli rispondo divertita che si scrivo e mi piace che adesso è lui a fare le domande a me.
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