Fonte:www.lapilli.eu
3 Settembre2015
di Maria Serritiello
Si, proprio lui, quello del “… Sarà il clima, so scocciata, sarà il ciclo, so scocciata… di un famoso sketch, interpretando la signora Lorena. Quel lui è Francesco Paolantoni, ecclettico uomo di spettacolo, dai tanti volti: teatro, cinema, tv ed ora anche stimato artista della Pop Art, così consacrato, recentemente, alla Biennale di Venezia, dove ha esposto, prima che a Salerno. E così al palazzo Genovese, presente dal 3 al 6 settembre, i mosaici di pane, di argilla e acrilici su carta pergamena di Francesco Paolantoni, hanno fatto bella mostra di sé. Tutta l’organizzazione è stata curata dalla Sevensalerno, portale internet di promozione territoriale e l’Associazione Culturale Il Centro Storico, l’ufficio stampa è di Maria Rosaria Voccia mentre l’allestimento è di Pasquale Cicalese e Aniello De Luca.
Il suo debutto artistico risale allo scorso anno, al Pan di Napoli, i cui “elaborati alimentari”, come lui stesso li definisce, sono stati riproposti e con successo a Salerno. Gli elementi che l’attore-artista manipola sono: la mollica di pane bianca o integrale, prevalentemente, il curry, la paprica, il prezzemolo, per non dire l’argilla, tutti ingredienti naturali di pura marca mediterranea.
Quasi tutti da bambini, a tavola, mentre si aspettava la minestra, abbiamo giocato a far palline di pane a dargli una qualche forma, ispirata al nostro mondo infantile, ebbene Paolantoni ha fatto di più, ha lavorato il pane fino a ridurlo in tanti piccoli quadretti, che sono diventate le significative tessere dei suoi sorprendenti mosaici. Nei suoi quadretti, che hanno la faccia di San Gennaro, la bombetta di Chaplin, il viso tondo di Betty Boop, l’espressività urlata di Munch, tra quelli esposti e che Paolantoni, in modo divertente reclama appartenere alla corrente del “quadrettismo”, si scorge una sottile denunzia al racket del pane. Lui dell’elemento essenziale, fatto di acqua e farina impastata, ne propone un consumo etico, spinto dalla federazione Pol.i.s Unipan di cui è autorevole testimonial. La mostra ha un che di naif, un’ingenuità di fondo, una volontà di voler essere più che apparire, una spiritualità tangibile più che immaginaria, esigenza prioritaria per Lui, al giro di boa dei sessanta. La risata divertente e spensierata provocata dai suoi monologhi, qui è assente, per perdersi nell’immagine azzurra del Vesuvio. “E luce fu”, questo il titolo della vernissage, aria nuova e pelle nuova per la maturità umana e professionale da lui raggiunta.
Maria Serritiello
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