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mercoledì 26 febbraio 2014

Grazie Aniello





Aniello De Vita era mio amico. Quando c'incontravamo per strada, al Corso a Salerno, ci salutavamo ogni volta così: "Toh il mio cantautore preferito, oh, la mia poetessa preferita" e poi s'iniziava a parlare di quello che stavamo facendo. Con la sua bonomia, supportata dall'amicizia, commentò divertito i titoli delle mie due raccolte di poesie "A nudo" e Solo a metà", chiedendomi allusivo come avrei intitolato la prossima. E giù a ridere entrambi. Bei tempi, e qui gli devo essere grata, per aver cantato e lui non lo faceva mai, a casa mia per  un'intera serata, intrattenendo in maniera eccezionale gli ospiti  presenti al mio onomastico, Era il 12 settembre 1992 e ricordo che i miei nipotini, per anni andavano ripetendo divertiti " gnola, gnola, pummarola", parole onomatopeiche di una sua canzone che soleva inserire per rafforzare i suoi ritornelli. Quando ascoltai "Magdalena " mi commossi tanto, la realtà delle badanti era entrata anche nella mia storia personale, certo non come il romanzo, ma per essere coadiuvata nell'assistenza a mio padre. Così decisi di scrivere il mio pensiero sulla sua narrazione. Rimase sorpreso e contento di ciò che avevo espresso, tanto da fargli dire "T'inserirò nella prossima ristampa", ma io avevo scritto con il cuore... 

Maria Serritiello

Magdalena 

Il racconto si snoda come lu “cunto antico”dove non manca il principe azzurro “Don Nicola»e la bella e povera ragazza “Magdalena” ad ordire i fili della storia. All'improvviso il lettore si ritrova intorno ad un ideale camino,con le sole fiamme del fuoco a fare luce e ad essere incantato come un fanciullo mentre ascolta “Aniello”ed il suo modo di raccontare tutto simile al suo canto, tanto che di lì a poco ci si aspetta che, egli stesso, imbracci la chitarra e con voce robusta moduli la triste narrazione. Il racconto, man mano che va avanti, inevitabilmente , spinge verso la tristezza finale, troppo innamorato lui, troppo bella lei e questa favola non è fatta per il lieto fine. I due personaggi si muovono in un Cilento che, sebbene modernizzato dalla presenza delle badanti per la cura degli anziani, mantiene rarefatto nel profondo tutto il passato con tradizioni, riti, magie e credenze. Sullo sfondo è presente il paese a sottolineare con il suo giudizio implacabile le azioni, di volta in volta, di Don Nicola e per esso quelle di Magdalena. “E bravo Don Nicola” o “Povero Don Nicola” è il mormorio che accompagna, ogni volta, il nobile al suo passaggio. Il grande palazzo cosi protetto dalla sua struttura centenaria, ora sembra non avere più porte e finestre e i due amanti, all’interno, essere visibili a tutti ma non è l’unico occhio a scrutarli, dall’aldilà c’è la severa figura materna. La formazione giovanile del marchesino era passata attraverso obbedienze, divieti, perbenismo, legato allo status sociale e in ossequio ad una religione bigotta, nella quale sua madre l’aveva imbrigliato, una”matriarca” come lo erano tutte le donne di una volta,che così vincevano, all’interno delle case, lo strapotere degli uomini. E Don Nicola non aveva fatto eccezione, come tutti gli altri, aveva marchiato nell’intimo i “dictat” della madre fino alla magica notte di San Giovanni, quando decise di vivere per intero la sua vita. Ecco il coraggio gli si fa incontro e complice Magdalena, così pronta per le sue voglie ma nel contempo così mansueta, profana la stanza da letto della “veneranda” madre, tenuta intatta, ordinata, pulita, così come la ”buonanima” amava tenerla , da Magdalena stessa, che già aveva capito tutto. Per l’attempato marchese la notte di San Giovanni e quelle che seguirono furono le migliori della sua vita, indimenticabili perché connotate dalla passione, dall’ardore e dalla consapevolezza che la sua vita, da qui in avanti, si sarebbe connotata diversamente. Che cosa manca a questa storia per avere un risvolto felice non si sa, forse bisognerebbe chiederlo non tanto a Don Nicola, disposto a tutto, anche a dar via la vita, per quel che valeva senza Magda, bensì alla fanciulla dell’est, al suo cuore caldo per quando si è concessa morbida e al suo cuore di ghiaccio, per quando si è ritratta lasciandosi una scia di freddo, tanto simile al clima della sua terra. La storia, nella sua narrazione, si arricchisce di poetiche descrizioni e si avvale di un linguaggio chiaro e semplice, per come si riesce a comprendere la storia e a farne parte. Il dialetto, poi, senza essere invasivo, sottolinea l’appartenenza ad una terra, falsamente povera se è ricca di tante radicate tradizioni, di tanti usi comuni, di tanta memoria, annidata perfino negli oggetti della quotidianità, i soli, Aniello fa dire a Don Nicola, a non tradirci quando tutto intorno frana. Tutto il Cilento è delicatamente presente in questa nobile storia d’amore che Aniello De Vita ha sgranato, come in un rosario, per noi.

 Maria Serritiello 

Salerno11-6-2006





ANIELLO DE VITA
Aniello De Vita.  medico cardiologo , sociologo, nasce nel 1941 a Moio della Civitella (Salerno). Frequenta la Scuola media, il ginnasio ed il liceo nella vicina Vallo della Lucania, capoluogo del Cilento. Si laurea a Napoli in Medicina e Chirurgia (1967). Sempre a Napoli si specializza in Aneste siologia (1969) ed a Bologna in Cardiologia (1975). Nel 1989 a Salerno si laurea in SocioIogia con una tesi in Antropologia Culturale dal titolo “Sessualità Contadina” uno studio di ricerca che verrà in seguito pubblicato. Appassionato cultore della tradizione poetico- musicale della sua terra, il Cilento, pubblica nell’arco di trenta anni, sette raccolte fonografiche di canti e canzoni popolari, fra cui la notissima: “So’ nato a lo Ciliento…. e me ne vanto”. Con Magdalena, una coinvolgente storia d’amore ispirata a fatti realmente accaduti, esordisce nella letteratura.

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