Aniello
De Vita era mio amico. Quando c'incontravamo per strada, al Corso a Salerno, ci
salutavamo ogni volta così: "Toh il mio cantautore preferito, oh, la mia
poetessa preferita" e poi s'iniziava a parlare di quello che stavamo
facendo. Con la sua bonomia, supportata dall'amicizia, commentò divertito i
titoli delle mie due raccolte di poesie "A nudo" e Solo a metà",
chiedendomi allusivo come avrei intitolato la prossima. E giù a ridere
entrambi. Bei tempi, e qui gli devo essere grata, per aver cantato e lui non
lo faceva mai, a casa mia per un'intera serata, intrattenendo in maniera eccezionale gli ospiti presenti al mio onomastico, Era il 12 settembre 1992 e ricordo che i miei nipotini, per anni andavano ripetendo divertiti " gnola, gnola, pummarola", parole onomatopeiche di una sua canzone che soleva inserire per rafforzare i suoi ritornelli. Quando ascoltai "Magdalena " mi commossi tanto, la realtà delle badanti era entrata anche nella mia storia personale, certo non come il romanzo, ma per essere coadiuvata nell'assistenza a mio padre. Così decisi di scrivere il mio pensiero sulla sua narrazione. Rimase sorpreso e contento di ciò che avevo espresso, tanto da fargli dire "T'inserirò nella prossima ristampa", ma io avevo scritto con il cuore...
Maria Serritiello
Magdalena
Il racconto si snoda come lu “cunto antico”dove non manca il
principe azzurro “Don Nicola»e la bella e povera ragazza “Magdalena” ad ordire
i fili della storia. All'improvviso il lettore si ritrova intorno ad
un ideale camino,con le sole fiamme del fuoco a fare luce e ad essere
incantato come un fanciullo mentre ascolta “Aniello”ed il suo modo di
raccontare tutto simile al suo canto, tanto che di lì a poco ci si aspetta che,
egli stesso, imbracci la chitarra e con voce robusta moduli la triste
narrazione. Il racconto, man mano che va avanti, inevitabilmente , spinge verso
la tristezza finale, troppo innamorato lui, troppo bella lei e questa favola
non è fatta per il lieto fine. I due personaggi si muovono in un Cilento che,
sebbene modernizzato dalla presenza delle badanti per la cura degli anziani,
mantiene rarefatto nel profondo tutto il passato con tradizioni, riti, magie e
credenze. Sullo sfondo è presente il paese a sottolineare con il suo giudizio
implacabile le azioni, di volta in volta, di Don Nicola e per esso quelle di
Magdalena. “E bravo Don Nicola” o “Povero Don Nicola” è il mormorio che
accompagna, ogni volta, il nobile al suo passaggio. Il grande palazzo cosi
protetto dalla sua struttura centenaria, ora sembra non avere più porte e
finestre e i due amanti, all’interno, essere visibili a tutti ma non è l’unico
occhio a scrutarli, dall’aldilà c’è la severa figura materna. La formazione
giovanile del marchesino era passata attraverso obbedienze, divieti,
perbenismo, legato allo status sociale e in ossequio ad una religione bigotta,
nella quale sua madre l’aveva imbrigliato, una”matriarca” come lo erano tutte
le donne di una volta,che così vincevano, all’interno delle case, lo strapotere
degli uomini. E Don Nicola non aveva fatto eccezione, come tutti gli altri,
aveva marchiato nell’intimo i “dictat” della madre fino alla magica notte di
San Giovanni, quando decise di vivere per intero la sua vita. Ecco il coraggio
gli si fa incontro e complice Magdalena, così pronta per le sue voglie ma nel
contempo così mansueta, profana la stanza da letto della “veneranda” madre,
tenuta intatta, ordinata, pulita, così come la ”buonanima” amava tenerla , da
Magdalena stessa, che già aveva capito tutto. Per l’attempato marchese la notte
di San Giovanni e quelle che seguirono furono le migliori della sua vita,
indimenticabili perché connotate dalla passione, dall’ardore e dalla
consapevolezza che la sua vita, da qui in avanti, si sarebbe connotata
diversamente. Che cosa manca a questa storia per avere un risvolto felice non
si sa, forse bisognerebbe chiederlo non tanto a Don Nicola, disposto a tutto,
anche a dar via la vita, per quel che valeva senza Magda, bensì alla fanciulla
dell’est, al suo cuore caldo per quando si è concessa morbida e al suo cuore di
ghiaccio, per quando si è ritratta lasciandosi una scia di freddo, tanto simile
al clima della sua terra. La storia, nella sua narrazione, si arricchisce di
poetiche descrizioni e si avvale di un linguaggio chiaro e semplice, per come
si riesce a comprendere la storia e a farne parte. Il dialetto, poi, senza
essere invasivo, sottolinea l’appartenenza ad una terra, falsamente povera se è
ricca di tante radicate tradizioni, di tanti usi comuni, di tanta memoria,
annidata perfino negli oggetti della quotidianità, i soli, Aniello fa dire a
Don Nicola, a non tradirci quando tutto intorno frana. Tutto il Cilento è
delicatamente presente in questa nobile storia d’amore che Aniello De Vita ha
sgranato, come in un rosario, per noi.
Maria Serritiello
Salerno11-6-2006
Aniello
De Vita. medico cardiologo , sociologo, nasce nel 1941 a Moio della Civitella
(Salerno). Frequenta la Scuola
media, il ginnasio ed il liceo nella vicina Vallo della Lucania, capoluogo del
Cilento. Si laurea a Napoli in Medicina e Chirurgia (1967). Sempre a Napoli si
specializza in Aneste siologia (1969) ed a Bologna in Cardiologia (1975). Nel 1989 a Salerno si laurea in
SocioIogia con una tesi in Antropologia Culturale dal titolo “Sessualità
Contadina” uno studio di ricerca che verrà in seguito pubblicato. Appassionato
cultore della tradizione poetico- musicale della sua terra, il Cilento,
pubblica nell’arco di trenta anni, sette raccolte fonografiche di canti e
canzoni popolari, fra cui la notissima: “So’ nato a lo Ciliento…. e me ne
vanto”. Con Magdalena, una coinvolgente storia d’amore ispirata a fatti
realmente accaduti, esordisce nella letteratura.
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