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sabato 16 aprile 2022

“Camping” V Spettacolo in concorso per il Festival Teatro XS Salerno, con la Compagnia Ronzinante di Merate (Lc)

 


Fonte: www.lapilli.eu

di Maria Serritiello

Con “Camping”, un atto unico di 90 minuti, la Compagnia Ronzinante di Merate (Lecco) partecipa per la IV volta al Festival Teatro XS di Salerno. Un’affezione alla manifestazione, a quanto pare e sempre con pezzi di buon livello, basti ricordare “Aspettando Godot” di Samuel Bechet del 2014, VI Edizione, preceduto da “Tutto Shakespeare” del 2011, III Festival e Cirano di Bergerac in salsa comica del 2018, Edizione 10. Una bella conferma anche questa volta, infatti, Camping, scritto dal giovane Lorenzo Corengia, pure attore della Compagnia, è un pezzo che parrebbe leggero, ma così non è, e lo si apprende a mano, a mano.

 Tre amici di vecchia data, 3 settembre del 1984 a scuola, con l’aggiunta della ragazza di uno di essi, si ritrovano, come ogni volta del mese presso il lago di Memphremagog nel Vermont (USA) per trascorrere in allegria il fine settimana, tra battute, ricordi, musica, pesca e grandi bevute di birra.

Ad apertura di sipario, in scena c’è tutto ciò che serve per creare l’atmosfera spensierata di una vacanza breve, ovvero: vecchie sedie legate con lo spago, barbecue per la cottura alla brace, lenza per pescare, tronchetti di legno per accendere il fuoco, tavolino e un registratore assemblato per l’ascolto della musica. Troneggia, poi, di faccia al pubblico la sagoma di una roulotte, come unica scena, curata da Francesco De Anna e Andrea Cedraro. Siamo negli anni novanta e la musica che si ascolta li disvela in maniera ricordevole anche per gli spettatori: Ray Charles, Ludovico Einaudi, Little Waltz.

Ha inizio la storia, l’allegria è tanta, la voglia di ritrovarsi anche, ma c’è qualcosa che non quadra da subito, una sottile malinconia segue al riso persistente, forzato, a sguardi muti di due degli amici, Brian e Sean, l’altro Ethan con Elisabeth (Valentina Bucci) pensa all’amore e bene fa. Succedono varie cose, tutte finalizzate al colpo di scena finale. Il giorno e la notte, nella narrazione   sono scomposti, parcellizzati, come se il tempo si allungasse per permettere avvenimenti futuri, da subito. Nel buio, le sagome dei quattro personaggi, senza parlare, si muovono, entrano ed escono dalla roulotte, compiono azioni, pescano, bevono, tentano di accendere il fuoco, insomma si descrive il passar del tempo, come un album sfogliato per arrivare a scoprire che Elisabetta aspetta un figlio da Ethan. La sua gioia è indescrivibile e già si vede padre a raccontare la favola della Volpe e la Stella, aiutato da pupazzetto volpe e pupazzetto stella, spuntati dall’apertura-finestra della roulotte, divenuto un delicato teatrino.

C'era una volta una Volpe che abitava nel profondo di una fitta foresta. Per quel che Volpe poteva ricordare, la sua unica amica era sempre stata Stella, che ogni notte illuminava i sentieri della foresta per lui. Finché una notte Stella non apparve, e Volpe dovette affrontare l'oscurità tutto solo.”

E’ un momento di grande emozione l’ascolto della favola, ma di questi attimi, per arrivare alla fine, se ne vivono ancora

Così si comincia capire che c’è altro dietro la spensierata scampagnata, anche perché Ethan spesso lamenta dolori lancinanti alla testa. Dei due amici di Ethan (Lorenzo Corengia), libraio, Sean (Emiliano Zatelli) è impiegato di banca, Brian (Giuliano Gariboldi) è medico ed è a lui che si richiede una prestazione estrema

“Un giorno dovremo morire, ma tutti gli altri giorni no”

Ethan, scherzosamente attribuisce la frase, citandola, a Voltaire per poi svelare che era stato Charlie Brown. Il tempo dello scherzo è finito, ora sappiamo che cosa sono andati a fare i tre amici sul lago. Ethan sta male, un male incurabile e vuole darsi la morte, per mano dei suoi amici, circondato dal loro affetto e dalla conoscenza della nascita di suo figlio. 

Nel finale, il dialogo sulla morte recitato da Ethan ci fa trattenere il fiato ed accapponare la pelle, lui, invece, se ne va così, dolcemente, con il pupazzetto volpe, a fare capolino nel vano finestra della roulotte ed una scia di selle a fargli compagnia.

 

Ancora una volta la Compagnia teatrale Ronzinante di Merate ha dato un saggio della propria maestria a coniugare ”Camping” e lo hanno fatto dissimulando la profondità del tema con gag esilaranti,  con una banalità del contesto,  con semplicità di costumi,  con eloquio fluido e amicale, con leggerezza sfuggente e con velate allusioni e ad un approssimarsi di un fato improcrastinabile che, tuttavia, non si avverte mai seriamente minaccioso. Abile trucco teatrale è stato il delocalizzare la mente altrui, mentre le si dà in pasto un tema scottante e quanto mai attuale. La si tiene impegnata ad interessarsi del banale quotidiano e della normalità degli amici campeggiatori, per poi, in una sorta di crescendo, mettere le carte in tavola e coinvolgere, stavolta, la mente dello spettatore ad entrare nei meccanismi mentali dei vari attori, allorché devono compiere quei gesti che porteranno l’amico medico a somministrare ad Ethan quel veleno che gli ha chiesto per aiutarlo a morire sereno. Un tema decisamente destabilizzante duro e molto attuale, che è stato stemperato molto sapientemente in un puzzle colorato, leggero, mai tragico o banale e che si è andato componendo con fluidità e cromatismi inappuntabili, una preziosità linguistica, una gestualità minimalista, ma dettagliata e per niente fine a se stessa. Notevole è stata la sorpresa sia per il particolare coraggio di tutta la Compagnia, nel trattare un tema simile, sia per l’aderenza ed il coinvolgimento degli attori e sia ancora per la capacità teatrale, dell’equilibrio tra la leggerezza del contesto scenico e la drammaticità del tema ed ancora per la semplicità narrativa e la stringatezza ed efficacia dei concetti. Il nesso tra il pensiero dell’autore, il bravissimo Lorenzo Corengia e la capacità teatrante degli attori è stato preciso e puntuale in ogni dettaglio e questo è arrivato agli spettatori, che hanno restituito come sanno fare: un lungo e comprensivo applauso alla Compagnia.

 

Mi piace pensare (N.D.R) ad altro finale e non quello proposto dal giovane autore, la morte è bene che sia, se deve esserci, senza programmazione, almeno teatralmente, sicché, Elisabeth attrice e fotografa provetta va con i tre amici sul lago per riprendere con la telecamera un pezzo di teatro, di cui è autrice e regista.

Maria Serritiello

www.lapilli.eu

  






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