fonte: MentiSommerse.it
di Corrado Parlati
A cura di Christian Coduto
Ph: Elisabetta Fernanda Cartiere
In una fredda giornata di inizio gennaio, ho l’occasione di incontrare Tiziana Beato. “Possiamo vederci in qualunque momento, a qualunque ora, l’importante è che ci si veda a Napoli.”
Forse è poco propensa a spostarsi, ipotizzo.
Le propongo di incontrarci nel bosco di Capodimonte. Accetta con entusiasmo.
All’orario stabilito, con una puntualità ammirevole, mi si presenta davanti agli occhi una donna piccolina, con un bel sorriso, sicuramente molto affascinante.
Inizia immediatamente a parlare, con estrema scioltezza. Intorno a noi le temperature sono sicuramente basse, ma lei sembra quasi non accorgersene.
La prima è una domanda decisamente introspettiva: chi è Tiziana Beato?
Non lo so e spero di non saperlo mai (scoppia a ridere). Devi sapere che io, ogni giorno, sono alla ricerca di un nuovo progetto. Mi reinvento in continuazione.
Sono napoletana, sono laureata in Storia dell’arte e lavoro in un museo. Negli anni, però, grazie a diversi master ho sviluppato delle caratteristiche molto diverse rispetto alla mia laurea, legate a progetti formativi ed eventi culturali. Questo è il secondo settore che mi vede protagonista in qualità di Produttrice teatrale, Distributrice e Direttrice Artistica di eventi.
Sono la mamma di un bimbo bellissimo.
Sono un’inguaribile ribelle nei confronti di ogni cosa: hai presente la classica Signora del no e del perché? Eccomi.
Ironica, pratica, padrona della sua vita. Be’, come inizio non c’è male …
La tua biografia rivela “Sono nata a Napoli e vi rimarrò finché campo”. Un amore infinito, sicuramente corrisposto. Quali sono, dal tuo punto di vista, i punti di forza e quelli deboli di questa città?
Per ciò che concerne l’elemento lavorativo, la nostra cultura è pregna di tradizioni, di elementi storici ed architettonici. I punti deboli? Tutto questo non lo sappiamo curare, né tantomeno valorizzare. Non è una critica alle Amministrazioni, sia chiaro. Anzi, a voler essere precisi, soprattutto negli ultimi tempi ho trovato terreno fertile e benevolo da parte delle Amministrazioni. La critica è rivolta soprattutto al popolo, che non sempre apprezza. Napoli è una “puttana meravigliosa”: la devi pagare, ti fa soffrire, ma non ne puoi fare assolutamente a meno.
È una città con un mare immenso che ti accoglie ma, allo stesso tempo, ti respinge. Ha un’ampia gamma di contraddizioni.
Napoli è un bisogno, una necessità. Non se ne può fare a meno. Anche durante una semplice intervista. Ecco il perché della richiesta di non spostarsi. Ora mi è tutto più chiaro. Ma, d’altro canto, come darle torto? Chi vive di arte non può che rimanere folgorato da una città come questa.
Numerose pubblicazioni editoriali all’attivo. Perché la scelta della scrittura?
(Strabuzza gli occhi) eh, bella domanda. Mi sono avvicinata alla scrittura realizzando libri per bambini … una sorta di lavoro per commissione. Una scelta non sterile, ma sicuramente mirata e guidata. Ho affrontato dei temi importanti quali la celiachia e la sclerosi multipla; sai … per quanto potesse divertirmi scrivere questi progetti, c’era sempre un forte elemento didattico a farla da padrone. Poi ho deciso di scrivere per un pubblico adulto: è stato come partire per un lungo viaggio, che mi ha permesso di osservare in un modo nuovo e più profondo a ciò che faceva parte della mia vita.
Trovo la scrittura estremamente terapeutica. Si scrive soprattutto per se stessi, per lasciare qualcosa.
Ho un nuovo romanzo, scritto a quattro mani con Federica Flocco. Dovrebbe uscire a breve. È un libro che esalta l’odio, al termine di una storia.
Tiziana Beato è una notissima organizzatrice di eventi culturali ed artistici. Nel suo lavoro, che rapporto/percentuale occupano la responsabilità e il divertimento?
Ti ringrazio per quello che hai detto! Sono sincera: il 90 per cento di questo lavoro è divertimento. Anche perché, se una cosa ti diverte, automaticamente ti appassiona. Io non sono una irresponsabile, non potrei mai esserlo, però posso essere imperfetta, grazie alle mie pecche e agli elementi folli che caratterizzano il mio carattere.
I lavori che ho prodotto sono riusciti bene perché, dietro, c’era una equipe di grande qualità.
Mi diverto tanto a seguire ogni step dei progetti che coordino, a partire dall’allestimento fino ad arrivare alle prove … (ci pensa su) ti viene data la possibilità di veder nascere e crescere un progetto. Non è mica poco, ti pare?
Sai una cosa? Quando c’è la prima di un nuovo lavoro, io divento improvvisamente triste … lì il mio lavoro termina. È un po’ come quando insegni ad un bimbo a camminare: a mano a mano, esci un poco di scena, ma ti senti già pronta ad affrontare un nuovo spettacolo.
La bravissima drammaturga Anna Mazza sta scrivendo la parte teatrale del mio testo “La paura è bugiarda”; durante la prossima stagione sarò coinvolta in un doppio ruolo: sia come autrice del testo, sia come organizzatrice. Sarà una nuova entusiasmante avventura!
A proposito di eventi… sta per avere inizio una rassegna molto interessante, della quale sei promotrice. Ti va di parlarcene?
È una nuova sfida perché si parla di una rassegna teatrale. Le protagoniste sono quattro donne. Io le definisco le quattro donne della mia vita perché a loro sono legata umanamente: Lalla Esposito, Antonella Morea, Gea Martire e Rosaria De Cicco sono delle vere amiche, con le quali ho condiviso tanti momenti della mia vita. E, allo stesso tempo, rappresentano anche la storia della mia professione e delle mie produzioni. In particolar modo, con Gea abbiamo iniziato con “Della storia di G.G.” diversi anni fa. Grazie a lei, ho avuto la possibilità di aprire un’associazione culturale e teatrale, ho collaborato con il Positano Teatro Festival … Io e lei abbiamo poi lavorato per ben cinque anni di fila.
Con questo nuovo progetto avevo voglia di celebrare quattro spettacoli, ma al di fuori della mia città. Ecco perché li ho portati in una struttura meravigliosa come l’agriturismo La Colombaia (Via Grotte S. Lazzaro, 9, 81043 Capua-Caserta N.d.R.).
È un posto incantevole, accogliente, elegante. La cosa che mi piace di più è la possibilità che c’è stata data di unire, all’evento teatrale, la componente enogastronomica: gli spettatori potranno godere della parte artistica, gustando dei piatti tipici. Una serie di cene-spettacolo.
Tutto questo è stato possibile grazie alla grande amicizia e stima che mi legano a Maurizia Maiello, che mi ha voluto fortemente nel territorio di Capua, proprio nella location per cui lavora da tempo e i cui proprietari sono i componenti della famiglia Amico, nota a livello europeo come Amico Bio. Questo sodalizio amicale, quindi, si è evoluto anche in un rapporto lavorativo. Oltre a lei, desidero ringraziare Antonella Corvese che è parte attiva di questo progetto.
Lalla Esposito farà “Napoletana” con il maestro Antonio Ottaviano il 19 gennaio. Rosaria De Cicco darà libero sfogo al divertimento con “Almost famous” il 23 febbraio. Antonella Morea e Federica Aiello, il 9 marzo, saranno le protagoniste di “Ragù” lo spettacolo che, in effetti, si avvicina di più allo spirito di questa rassegna. Il 6 aprile si termina con Gea Martire che, accompagnata dal maestro Lello Ferraro, ci proporrà “Poche storie”.
4 appuntamenti e 4 donne protagoniste. Il mondo dello spettacolo è spesso misogino, maschilista. Quanto è duro, per una donna, imporsi e riuscire a dimostrarsi all’altezza della situazione a tuo parere?
Guarda, in realtà il mondo del teatro non è poi così misogino. Abbiamo molte più attrici che attori! Ci sono molte produttrici e organizzatrici teatrali. Non credo che sia duro imporsi: le donne hanno una marcia in più, da un punto di vista lavorativo, e sono in grado di farsi valere. Non sono mai stata osteggiata, lo ammetto, né da parte dei miei colleghi, né da parte degli attori. Sono stata affiancata sempre da persone perbene, voglio spezzare una lancia a favore del teatro napoletano, da questo punto di vista! Poi, viene da sé, c’è qualche professionista con il quale non si riesce ad instaurare un solido rapporto di amicizia, ma questo credo che sia normale da un punto di vista umano e lavorativo.
Considera che il teatro che vivo io è quello dei fonici, i sarti, i tecnici delle luci … persone che lavorano sodo, anche per più di 8 ore al giorno: è grazie a loro, se il teatro esiste.
Non teme il confronto né prova invidia per le sue colleghe e ha stima sincera nei confronti di chi, su quel palco, lavora duramente e si dona per la riuscita di un nuovo progetto. Il suo atteggiamento ha decisamente un qualcosa di nobile.
Ora terminiamo con un’amabile marzullata: fatti una domanda e datti una risposta
“Mi stancherò mai di fare questo tipo di attività?”
“Mi guardo dentro, fino ad arrivare al cuore … no perché questo lavoro mi emoziona.”
Sai, questa è una domanda che mi sono posta spesso negli anni. Per quanto ci siano dei problemi oggettivi, come la mancanza di fondi per esempio, o la crisi che impera … è impossibile rimanere lontani dal teatro. Anche quando ci sono meno persone, il vuoto di un teatro ti racconta mille cose.
Ho trascorso con Tiziana Beato un paio di ore.
La nostra chiacchierata mi lascia nel cuore il ricordo di un confronto fruttuoso, stimolante, pulito.
A cura di Christian Coduto
Ph: Elisabetta Fernanda Cartiere
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