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sabato 13 maggio 2017

Al Festival Teatro XS di Salerno è “Terra di Nessuno” con la Compagnia Teatro Instabile di Meano

terra di nessuno 1
Fonte:www.lapilli.eu
di Maria Serritiello

La penultima opera in gara, per il Festival Teatro XS, città di Salerno, “Terra di Nessuno” è tratta dall’omonimo libro dello scrittore Eraldo Baldini, il sessantacinquenne di Russi, in Romagna, noto per il genere “gotico rurale” che imprime nei suoi tanti scritti. E’ considerato da alcuni come lo Stephen King italiano. Il racconto, dato, dall’autore, in esclusiva ad essere rappresentato in Italia solamente dalla Compagnia Instabile, vuole essere un ossequio alla prima guerra mondiale che quest’anno celebra il centenario.
Quattro reduci: Enrico, Adelmo, Settimio e Martino, della Grande Guerra, nostalgici per aver vissuto e sopravvissuto alla ferocia della guerra, pensano di potersi ritrovare, passando un pezzo della loro esistenza, lavorando e guadagnando qualcosa, abbozzando un’attività di carbonai. Fittano un pezzo di bosco, anche se non sono mancati, all'atto del contratto, oscuri motivi di paura per fenomeni magici e inverosimili che si disvelano a poco alla volta. I quattro uomini, forti della loro presunta amicizia maturata in guerra e armati da tanta motivazione, non esitano a raggiungere e ad occupare il pezzo di montagna, desolata e lontana dal paese, conosciuto con l’inquietante nome il “il bosco delle facce”. Dopo l’allegra sistemazione, la bevuta insieme e dopo aver condiviso il pane ed il companatico che avevano comprato all’osteria del paese, da quel momento in poi, per loro avrà inizio una vita non facile. L’amicizia solidale e fedele, con il passar del tempo, si allenta e sebbene indosso abbiano gli abiti, con i quali hanno fatto la guerra, le uniformi intime, i pantaloni alla zuava, fasciati in basso e le coperte, le stesse della trincea, per ripararsi dal freddo, in loro vi è una strisciante ma pervasiva sindrome post-traumatica che li accomuna e li travolge, fino a scoppiare in tutta la sua forza devastante sui poveri malcapitati, aggravata dalla fame, dagli stenti, dal freddo e dalla paura della morte. In ognuno di loro torna l’esito della guerra patita e vissuta, più evidente in Martino ed Adelmo, un po’ meno in Enrico e Settimio, a questo stato non si salva nemmeno Cadorna, l’asino di Adelmo, sensibile quanto presago annusatore di incombenti e irreali presenze, ora sotto forma di un lupo monocolo, ora di vento forte e capriccioso, talvolta di facce angoscianti, talaltro di morti misteriose. Nello scagliarsi l’uno contro l’altro vengono fuori episodi turpi della guerra, quale quello di Adelmo che aveva ucciso Astolfo, il capitano che li vessava oltre la guerra o anche quello di Francesco Baracca, l’aviatore, ammirato dai fanti, per la sua capacità di essere al di sopra delle loro teste, ma che alla fine, aveva incontrato la morte come quelli che si dannavano in trincea. Dalla terra di nessuno non si esce vivi, un mantra che ripetono spesso i quattro amici, che ormai non credono più al loro sodalizio, ma riflettono sulla realtà, che la terra di nessuno è quella striscia di humus, nel quale non si è vivi ma neanche morti. Ed allora zombie o defunti? Fantasia o realtà? L’atmosfera in cui l'autore sguazza è noir, mentre si appresta a dare una dose di angoscia tenebrosa, che forse è l'unico viatico possibile per chi voglia affrontare il tema del conflitto e i suoi inevitabili effetti indesiderati e fisiologici. Dice del suo racconto Eraldo Baldini “Volevo che il romanzo fosse tagliente come un pugnale, teso e claustrofobico come una notte in trincea, tenebroso come una foresta stregata, la mia intenzione era quella di trascinare il lettore, pagina dopo pagina in una spirale di mistero e d’angoscia, ma anche di dolorosa riflessione.” In effetti lo stesso clima aleggia nella riduzione teatrale, ad uno ad uno, infatti, gli amici scompaiono, dopo aver scoperto cadaveri nella carbonaia dirimpettaia e nell’osteria che avrebbe dovuto fornire il cibo. La domanda che si pongono più volte i 4 reduci è “Non siamo diventati tutti più cattivi?” lo spettro della guerra è là in mezzo a loro, con gli effetti negativi e per sempre. Eccellente la regia di Sergio Bortolotti ma anche il gioco di luci e gli effetti speciali di Stefano Bassetti, suggestiva la scelta della musica di Paolo Nones, puntando, nel finale, sul Requiem di Giuseppe Verdi. Curata la scelta dei costumi di Diana Sinigaglia, Katia Bonmassar e Renzo Merci. Le piccole imperfezioni recitative sono perdonabili, vista la sindrome dei reduci in atto di Luca Santuari, Kristian Civetta, Silvia De Simone e Nicola Merci In linea e tecnicamente funzionale la scenografia, per i due atti, di 50 minuti l’uno, di Paolo Nones, Thomas Donati e Renzo Merci a ricordarci il bosco carbonifero mentre il carro tirato dall'asino ben si presta a trasformarsi, nel secondo atto, a momentaneo rifugio o alato fantasma spettrale, sotto il suo lenzuolo bianco. Quattro sgabelli quadrangolari, un tavolo e diversificate "fascine" di vario spessore rendono vivo il bosco e quasi ce lo rendono amico. Il fumo che, in più riprese, avvolge il palco, scivolando lentamente verso gli spettatori, ben si presta a rendere fantastica e noir la storia.
Maria Serritiello

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